Parte Nona


Un'aurea di irreale staticità si stendeva come un brandello di seta su tutto il locale.
Ogni angolo, ogni spazio nella stanza sembrava un piccolo quadro impressionista.
Uno di questi dipinti raffigurava tre individui, seduti a un tavolino dai colori sgargianti, intenti a guardarsi immobili.

Zelda teneva le braccia conserte, Xavier la osservava.

Mulder parlò.
«La Callaway mi ha fatto intuire un piccolo particolare» esordì.

Zelda non disse nulla, ma smise immediatamente di giocare con il bicchiere del cocktail che aveva ordinato.
Stirò le labbra pallide in un lieve sorrisetto velato di malinconia.

«Cosa avresti intuito?» chiese Xavier, forse con una punta di arroganza di troppo che lo ricompensò con un'occhiata torva di Mulder.

Il detective prese dalla ventiquattr'ore un fascicolo scarno che Zelda ghermì repentinamente.
Xavier si sporse a guardare, poi osservò Mulder sgranando gli occhi color della menta.

«Un chirurgo plastico lavorava con Rivera?» si domandò  Zelda, osservando avidamente il fascicolo davanti a sé.

«Perché la Callaway non lo ha confessato?» chiese di rimando Xavier, riferendosi
a un Mulder già arrivato alla soluzione.

«Semplicemente perché non lo sapeva. Gentric ha chiamato un chirurgo plastico prima che sua figlia prendesse il comando del progetto. Aveva già declassato Rivera e sapeva che Gwenda lo avrebbe sostituito. Allora ha assunto questo Dottor Hussain, che ha cambiato i connotati al clone, rendendolo identico alla Callaway. Vi ricordate quando Rivera, nelle videoregistrazioni, ha affermato che non si poteva creare un essere umano a meno che non fosse uguale a una persona già esistente?» chiese il detective.

«Ma Rivera non immaginava che il suo posto sarebbe diventato di Gwenda» affermò Xavier.

«Esatto. Quindi credeva che il clone sarebbe stato identico a un genetista della squadra. Probabilmente a una donna, visto che ne aveva già le sembianze» continuò Zelda.

Mulder notò un breve bagliore guizzare dietro alle iridi della giovane con grande intensità.

Stava incominciando a capire.

«Però il concetto è lo stesso. Questo Hussain ci sarebbe stato a prescindere dal genetista capo. Quando Rivera fu licenziato, il dottore costruì un nuovo volto al clone con le sembianze di Gwenda, ma fece anche dell'altro. Un'ultima operazione.»

«Mulder... non è plausibile» esclamò Xavier scettico. «è un'ipotesi troppo macchinosa.»

Mulder scoprì Zelda sorridere, poi la ragazza lo guardò e assentì con il capo.

«Lo pensavo anche io, all'inizio.
Ma è possibile, Xavier, devi credermi» dichiarò il detective, mentre il ragazzo lo guardava sorpreso.

Non capiva la situazione, ma c'era qualcosa che gli diceva di fidarsi di Mulder, ancora una volta.
Il ragazzo si guardò intorno con circospezione, poi posò lo sguardo tagliente sul proprio drink multicolore.

«È improbabile» sospirò soltanto.

Xavier non ce l'aveva fatta nemmeno quella volta.

Come l'antagonista di un vecchio cartone, battuto sempre in tempo dal protagonista. Pensava di aver quasi risolto il caso e si sentiva orgoglioso. Eccome, se si credeva vittorioso. Provava una sana agitazione ogni volta che pensava a quando avrebbe svelato tutte le sue ricerche al detective e lui si sarebbe congratulato.

Aveva raccolto talmente tante informazioni da riempire più di due cartelle.
Quella coppia di cartelle che ora osservava e che sapeva non avrebbe nemmeno più mostrato né a Zelda né a Mulder.
Perché erano solo una enorme quantità di cazzate, di indizi che lui pensava potessero aiutare, di collegamenti che ai suoi occhi risultavano addirittura sagaci.

Sagace.

Una parola che abitava veramente alla perfezione nella mente di sua sorella, ma non aveva niente a che fare con lui, ancora una volta.
Dopo le poche parole di Mulder, Xavier capì immediatamente che le sue prove, le sue informazioni, erano totalmente futili.
Da buttare nel cesso, subito.

Perché lui aveva avuto la superbia di prendere la strada più facile, di poter azzardare l'ipotesi che Rivera avesse lasciato lo stato o che fosse morto ammazzato.
No, Mulder sapeva la verità come la sapeva Zelda, e lui si sentiva così isolato, in imbarazzo per non averlo capito prima.

Ma ora finalmente, quando era troppo tardi, gli era tutto molto più chiaro.

Rivera non era morto, non era fuggito.
Era sempre stato lì, con loro.

«Rivera è stata l'ultima opera di Hussain» disse Xavier, sforzandosi in un sorriso amaro.

«Lui deve aver contattato, pagato Hussain per farsi cambiare i connotati.
Non c'era ancora il carcere per gli omicidi di cloni, è vero, ma oltre a perdere il posto sarebbe stato denunciato da uno degli uomini più ricchi del pianeta, Gentric.
Non poteva permetterselo, ma soprattutto non poteva accettarlo» continuò Zelda, poi diede una fugace occhiata ai fascicoli che Xavier teneva stretti sotto il braccio.

«Così Hussain lo ha aiutato, è stato pagato con una bella somma e ha promesso di  mantenere il silenzio. Dobbiamo trovare questo chirurgo, dobbiamo interrogarlo» affermò alla fine Mulder, cercando di nascondere la soddisfazione per aver trovato piste utili.

Il detective alzò lo sguardo dalla fetta di crostata e notò che Xavier stava digitando qualcosa sul portatile.
La sua espressione rimase neutra fino alla fine, i suoi occhi scintillarono della stessa luce smeraldina di sempre. Poi, le iridi smisero semplicemente di luccicare.

«È morto. Hussain è deceduto quattro anni fa» dichiarò infine.

«Non è possibile!» esclamò quasi urlando Zelda, perdendo tutta la sua compostezza.

Mulder si limitò a sibilare qualche imprecazione sottovoce.

«È stato ammazzato. Quello stronzo ha ucciso pure lui.
Non avrebbe mantenuto il silenzio, Rivera lo sapeva bene» concluse la ragazza, per poi bere metà del drink del fratello.

Lui sembrava non vederla.

«Sentite, ho bisogno di pensare.
Vado a farmi un altro drink sperando che non sia una merda come questo. Voi riflettete.» esclamò Mulder come se impartisse dei compiti ad una scolaresca, poi si alzò con movimenti impacciati e lenti e si avviò verso il bancone illuminato.

I due fratelli rimasero qualche attimo in silenzio. Zelda giocherellava con il bicchiere, Xavier teneva le braccia conserte e guardava oltre la sorella.

«Non ci credo, cazzo. Avevamo una pista, finalmente!» si lasciò andare Zelda, ma non ottenne nessuna risposta dal ragazzo.

Lui semplicemente stava in silenzio osservando un poster dei Pink Floyd alla parete.
La ragazza assunse un atteggiamento più rilassato.

«Nelle cartelle. So che c'erano delle informazioni che avevi raccolto» dichiarò Zelda, appoggiandosi allo schienale della sedia.

Xavier spostò velocemente lo sguardo verso il volto serio e tempestato di lentiggini della sorella. Quel viso così simile al suo.

«Non erano importanti. Ho sbagliato pista, ma è uguale. Ci siete arrivati te e Mulder» affermò soltanto, cercando di nascondere quella infantile delusione inattesa.

Zelda si passò leggera una mano tra la chioma vermiglia, sospirò appena e cercò di ritrovare l'irremovibilità perduta.
Odiava, odiava così profondamente quando il tono della voce non usciva come voleva, con il suo classico timbro limpido e scientifico. Odiava quando non sapeva cosa dire, non sapeva cosa ribattere.

Con suo fratello era sempre così, le sembrava di parlare con la parte più sensibile di se stessa. Non ci riusciva, falliva ogni volta dall'essere quello che avrebbe voluto, davanti a uno sguardo che le assomigliava estremamente, ma aveva tutt'altra essenza.
Sarebbe sembrata pazza nel sentirsi così solo per una stupida affermazione di Xavier, eppure lei, ogni volta, si trovava di fronte alla consapevolezza che il fratello la considerasse migliore di se stesso, quando in realtà lei aveva solo una mente più calcolatrice.

E questo le pesava, ma si irava con se stessa per non dispiacersi abbastanza.
Per non riuscire a dispiacersi abbastanza.
E si sentiva errata. Crudele, per non provare quell'empatia tanto agognata.
Nemmeno ora la sentiva, la delusione di Xavier. Era distante, ancora una volta.

«Non importa se ci siamo arrivati noi.
Potresti aver trovato qualcosa di interessante comunque.» tentò Zelda, pentendosi subito dopo. Il tono... era troppo freddo, sarebbe sembrato quasi falso. Ma non otteneva mai di meglio.

«No. No, Zelda. Non lo dire solo perché ti faccio pena, o altro. »
Ecco, lo aveva detto, finalmente. Quello che pensava, quello che pensava davvero.
Sapeva che Zelda non le sentiva quelle parole, quelle implicite scuse per essere meglio di lui. Il suo tono era troppo distaccato, era il tono di chi mentiva.

Zelda deglutì, poi sorrise imbarazzata.
«Perché dovresti farmi pena?»

«Eccomi! Il cocktail era uno schifo, ovviamente. Che mi sono perso?» esclamò Mulder, squadrando i gemelli con un velo di perplessità.

Xavier buttò fuori un lungo respiro che sembrava aver trattenuto per tutta la discussione con Zelda.

«Niente di importante.» assentì il ragazzo. Zelda abbassò lo sguardo.

Mulder osservò di nuovo entrambi, poi si espresse in un semplice «Mh»

Intanto, il Freddie Mercury del Miller's stava intonando A Kind Of Magic.
Mulder camminò intorno al tavolo e prese posto, poi, dopo qualche attimo di silenzio d'effetto tipico di quando sentiva di star per dire qualcosa di importante, esordì:
«Quel drink sarà pure stato un inferno, ma mi ha schiarito le idee.»

Zelda e Xavier rimasero in silenzio, lasciando spazio solo alle parole del detective.

The bell that rings inside your mind
It's a challenging the doors of time

«Un uomo che vede il suo lavoro di una vita dato in pasto a un'estranea, uccide in un momento di cieca collera. Cosa avrà potuto pensare, dopo aver compiuto l'assassinio? Il primo pensiero è stata la sua incolumità, e quello a cui l'omicidio avrebbe portato. Perdita completa del posto, denuncia milionaria che non avrebbe mai potuto permettersi. Allora cosa fa? Decide di contattare Hussain, di farsi cambiare i connotati e di rendersi invisibile, scomparso. Come se non fosse mai esistito. Qualcuno deve averlo aiutato. Qualcuno di molto bravo, visto che nemmeno Gentric è riuscito a trovarlo.
Ma oh, peccato, il chirurgo si scopre più debole del previsto, Gentric potrebbe interrogarlo in ogni momento e lui di sicuro parlerebbe. Quindi l'unico modo è toglierlo di mezzo.
Lo uccide, lo fa sparire e può far sonni tranquilli.
All'inizio ho pensato che Rivera fosse espatriato il più lontano possibile, ma sarebbe stato troppo... semplice» continuò.

Troppo semplice.
Pensò Xavier.
Troppo stupido.

This rage that lasts a thousand years
Will soon be will soon be
Will soon be gone
This is a kind of magic

«No, Rivera non ha mai lasciato lo stato, non credo abbia nemmeno mai lasciato la città. Poteva permetterselo, con una nuova faccia e qualcuno a coprirgli le spalle.»

Zelda guardò negli occhi il detective, poi lentamente la sua bocca si inarcò in un sorriso esagerato. Per un attimo dimenticò tutto il resto.

Aver risolto il caso era l'unica cosa che sembrava importarle, in quel momento.

Mulder rimase un momento interdetto.

Così, l'aveva vista sorridere pochissime volte.

It's a kind of magic

«Siamo giunti ad una conclusio-» la ragazza non riuscì a finire la frase, che un rumore improvviso dietro di lei fece zittire tutta la sala.

«Il clone...» sibilò Xavier, guardando attonito la scena.

La copia di Freddie Mercury era piombata a terra con una caduta innaturale, e ora le persone intorno a lei stavano via via allontanandosi.
Lo sguardo così sbarrato tradiva tutta la sua artificiosità, nelle scure iridi morte e gelatinose si nascondeva la consapevolezza di non essere umano.
Sangue dalle sue orbite, dal naso e dalla bocca sgorgava a fiotti sul pavimento di mattonelle bianche e nere.

Squallore.

L'unica parola che si poteva usare per descrivere la scena.

«Cazzo» riuscì solo a dire Zelda, poi guardò Mulder.

«Ecco cosa accade quando non si crea un clone con le sembianze di una persona esistente.
Ci scommetto tutto quello che vuoi che quello stronzo di Kellerghan usa dei modelli di partenza per i suoi cloni e...»

«Dopo gli modifica la faccia.
E tutto ciò che ottiene sono esseri senza coscienza che muoiono all'improvviso, più simili a giocattoli costosi» la voce di Xavier era increspata di ribrezzo.

«Perfavore, spostatevi, non c'è niente che non vada.» strepitò un uomo sulla cinquantina, probabilmente il proprietario.

«Non c'è niente che non vada? È appena morto qualcuno, cazzo!» sbraitò Mulder, avvicinandosi all'uomo.

«Signore, si calmi. È un nostro clone, vede? Questo genere di incidenti sono già successi diverse volte, dopotutto questo» e indicò l'essere,«era fuori garanzia.»

Fuori

Garanzia

Mulder squadrò il proprietario che sorrideva affabilmente.
Solo una parola gli rimbombava in testa:

Kellerghan

Come erano arrivati al punto di rendere legali questi difetti di fabbrica?
Kellerghan se ne fotteva di coscienze, anzi, meglio che i suoi prodotti non ne avessero una. Gli serviva solamente che fossero utili.

Utili alla gente e utili a lui per fare bei soldi.

Loro si stavano svenando, morivano dietro al caso di un clone assassinato e nel frattempo le persone chiamavano difetto la loro morte improvvisa.
Ma Mulder lo sapeva bene.

Se ad essere morto ammazzato fosse stato il clone di una casalinga, che aveva speso tutti i suoi risparmi per un aiuto in casa, o di una persona qualsiasi, loro non avrebbero nemmeno riaperto le indagini.
Però a morire era stato il clone della dottoressa Gwenda Callaway, figlia dell'uomo più ricco e influente del mondo.

Gwenda.

O almeno il guscio con cui aveva avuto modo di parlare, perché Gwenda era morta quattro anni prima, nel momento in cui trafiggeva Harrison, la persona sbagliata, con un coltello da cucina. Adesso solo il suo corpo sopravviveva, adesso poteva essere paragonata a uno di quegli esseri: senza coscienza.

«Kellerghan. C'entra qualcosa.» disse infine Mulder.

Certo, lo sapevamo già.
Avrebbe voluto dire Zelda, ma il detective sembrò leggerle nel pensiero.

«Non come pensiamo.»

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