6• Mai dire ad Adria di avere un millepiedi tra i capelli
Due minuti dopo Adria si ricordò che tutta quella fatica che stava impiegando per correre era inutile. Si lanciò contro un'ombra e, prima che potesse accorgersene, si ritrovò negli alloggi militari della Seconda Coorte, nella stanza privata di Josh. Il suo ragazzo stava steso sul letto; era a petto nudo e indossava i pantaloni di una delle sue divise da football.
Teneva gli occhi aperti e puntati sul soffitto; quando vide Adria si mise a sedere sul materasso e le rivolse un gran sorriso. «Ciao.»
Adria fece un cenno di saluto con la testa e gli si sedette vicino. «Hai già riposato abbastanza?»
«Non volevo proprio riposare.» La guardò con la stessa strana occhiata che le aveva rivolto nell'aula del Senato. «Solo pensare un po'.»
Dato che non sapeva che cosa dire, Adria annuì.
«Quando ho parlato con mio padre mi ha detto che è stata la tua presenza a profanare i nostri sacrifici agli dèi.»
«Profanare?» ripeté Adria, scoppiando a ridere. «Ho profanato degli orsacchiotti?»
Josh sorrise divertito. «Anche a me sembra piuttosto buffo. Però questo è quello che mio padre ha detto.»
«Quindi grazie alla mia non-presenza, tu sei riuscito a farti aiutare da tuo padre.»
Josh annuì. «Non te la prendere…»
«Beh, sono stata utile in qualche modo.» disse Adria con aria spiccia. «Come mai al Senato mi hai guardata come se avessi un millepiedi tra i capelli?»
Josh decise di non rispondere con la verità. Aveva mentito davanti al Senato. Suo padre gli aveva parlato eccome e gli aveva detto che Adria gli stava nascondendo qualcosa di pericoloso e importante. Josh inizialmente ci aveva creduto e ne era rimasto turbato. Poi ci aveva riflettuto su ed era arrivato alla conclusione che si fidava più di Adria che di suo padre. Nonostante ciò, però, aveva tenuto a mente ciò che Mercurio gli aveva rivelato. Era quello il motivo per cui aveva guardato Adria in quel modo nell'aula del Senato. In ogni caso, se lei avesse dovuto o voluto confidargli qualcosa, lui l'avrebbe ascoltata. Se non voleva o non aveva nulla da dirgli, a Josh sarebbe andato bene comunque.
«Forse perché hai davvero un millepiedi tra i capelli e io sto cercando di distrarti in modo che possa scacciarlo via senza dirti nulla.» affermò Josh, tutto d'un fiato.
«Cosa!?» strillò Adria. «Mandalo via! Uccidilo!» E in seguito sfornò una serie di imprecazioni super originali e parecchio colorite, in grado di far rizzare i capelli in testa a tutte le persone con un minimo di fede religiosa.
«Scherzavo!» esclamò Josh, per evitare che qualsiasi dio appartenente a qualsiasi culto friggesse Adria seduta stante.
Adria gli rivolse un'occhiata di fuoco. «Io ti ammazzo! Mi hai sentito? Io ti faccio fuori!» ringhiò.
Per sfuggirle, Josh iniziò a correre per la stanza, ridendo di gusto, mentre Adria lo inseguiva agitando i pugni in aria in maniera scoordinata, come il personaggio di un manga particolarmente arrabbiato, ma troppo carino per essere preso sul serio.
Alla fine i due si gettarono a terra esausti e Adria diede il suo pugno a Josh: un colpo delicato – quasi dolce – contro la spalla.
«Ahi, che male!» esclamò Josh con finta aria addolorata, stando al gioco.
«Il mio pugno trasudava d'affetto.» affermò Adria.
«Posso ricambiare con un abbraccio che trasuda d'amore, invece?» richiede Josh.
«Beh, direi che si può fare.» rispose Adria.
«Urrà!» esclamò Josh e rotolò sul pavimento, finendo a pancia in su addosso ad Adria.
Iniziò a cantare una canzone piuttosto stupida e dato che Adria non ne poteva più di sentirlo stonare, disse: «Silenzio, Carotina.», e lo zittì con un bacio.
• • •
Quando il suo telefono squillò, Kimberly era sotto la doccia.
«Daniel, puoi rispondere tu per favore?» Dovette gridare parecchio per farsi sentire, nonostante Daniel fosse nella stanza a fianco, immerso in una vasca termale.
«Sì, vado!» rispose lui, uscendo dalla vasca. Corse nella camera accanto, sgocciolando acqua su tutto il pavimento a causa del costume da bagno zuppo e frugò nella borsa di Kimberly, riuscendo quasi immediatamente a scovare il telefono.
«È tua madre.» la informò, controllando sul display. «Devo rispondere comunque?»
«Sì.» confermò Kimberly.
«Okay.» Daniel si schiarì la voce e cliccò sullo schermo, in corrispondenza dell'icona colorata di verde. «Pronto?» chiese timidamente.
«Daniel!» esclamò subito Kat. «Come stai?»
Daniel rimase sorpreso dal fatto che la madre di Kimberly lo avesse riconosciuto dalla sua voce. Non si vedevano da più di un mese. «Salve. Molto bene. E lei, signora Morgan?»
La sentì ridere dall'altra parte del telefono. «Non riesco più a tenere a mente le volte in cui ti ho detto di darmi del tu e di chiamarmi Kat.» dichiarò. «Comunque anche io sto molto bene, grazie. E Kimberly? Scommetto che è andata a farsi una corsa, dimenticandosi di portarsi dietro il cellulare, distratta com'è.»
«In realtà, si sta facendo la doccia e mi ha chiesto di rispondere.» ribatté Daniel.
«Eccomi qua.» disse Kimberly, uscendo dal box doccia avvolta in un accappatoio e con il cappuccio di spugna calato sulla testa.
«Ed è appena uscita.» continuò Daniel.
«Puoi passarmela, per favore?» gli chiese Kat.
«Certo.» acconsentì Daniel. Porse il telefono a Kimberly e le indicò sé stesso. «Vado a vestirmi.» mormorò.
Kimberly annuì e gli scompigliò i capelli. Poi si allontanò dalle docce e si portò il telefono all'orecchio.
«Mamma?» chiamò.
«Kimberly!» esclamò lei. «Allora, sei pronta per il matrimonio?»
«Quale m-matrimonio?» balbettò lei.
«Il mio! Mi sposo tra due giorni! Ti ho già prenotato un biglietto aereo e ne ho pagato uno anche per Daniel, perché ho pensato che gli avrebbe fatto piacere venire.»
«Tu hai fatto…cosa?» chiese; il suo tono di voce ad ogni parola si era fatto via via più acuto e l'ultima sillaba venne fuori con un suono simile ad uno stridio. «E poi…ti sposi? E con chi?» continuò.
«Victor, un collega.» rispose frettolosamente sua madre. «Il tuo volo parte domani mattina alle dieci. Vedi di essere puntuale. Ti ho mandato le copie dei biglietti per e-mail. Stampali e non dimenticare di portarteli dietro! E non perderli!»
Kimberly la ignorò. «Io non conosco nessun Victor!» strillò come una bambina che faceva i capricci. «Da quand'è che state insieme?»
«Un paio di mesi. E prima che tu me lo dica, sono molto felice di sposarlo.»
«Ma perché…così, all'improvviso?» domandò Kimberly. «Non puoi sposare una persona con cui stai da due mesi!»
«Conosco Victor da una vita.» ribatté sua madre. «Lo hai visto un paio di volte, quando eri bambina. Dunque, ci vediamo domani!» Sua madre riagganciò, senza nemmeno darle il tempo di controbattere.
Tutta quella questione del matrimonio non la convinceva affatto; sua madre non era il tipo per quelle smancerie – era così che le chiamava lei –. Eppure ora, di punto in bianco aveva deciso di sposarsi. E chissà con chi poi! Un tipo che Kimberly non conosceva. Sua madre le era sembrata anche fin troppo distratta mentre le parlava. Solitamente le faceva molte domande su come andavano le cose nella sua vita da semidea; quel giorno, invece, non le aveva chiesto nulla ed era andata dritta al punto.
Tutta quella questione era strana. Per quello decise che avrebbe preso quel volo e che sarebbe tornata a casa sua per controllare che stesse andando tutto bene. E, se fosse stato necessario, avrebbe fatto saltare le nozze di sua madre.
• • •
Quando si riunirono alla mensa per cena, Kimberly raccontò a Daniel e ai suoi amici della conversazione telefonica avuta con sua madre, avvisando anche Reyna che sarebbe partita il giorno seguente.
«Ovviamente puoi andare, però parlane anche con Frank.» le disse la figlia di Bellona.
Kimberly annuì. «Gli parlerò dopo cena.»
«Cerca anche di tornare il prima possibile. Sei una dei migliori qui.»
«Ma dai, così mi lusinghi.» rise lei.
«Ehi, solo io posso flirtare con Reyna.» si intromise Adria.
Lucas si alzò in piedi. «Scusatemi, signore.» affermò con aria teatrale. «Ma l'unico a cui è ammesso di flirtare con Reyna sarei io, nel caso l'aveste dimenticato.»
Tutti scoppiarono a ridere e Josh e Lucas si batterono il cinque.
«Comunque,» esordì Daniel ad alta voce, richiamando tutti all'attenzione, «credo che qualcuno dovrebbe accompagnare Kimberly. Non può andare da sola. È pericoloso.»
Kimberly lo guardò. «Io non soffro di vertigini.» gli ricordò. «Però potresti accompagnarmi tu se ti va. Mia madre ha deciso di invitare anche te al matrimonio e ti ha preso un biglietto aereo. Stavo giusto per dirtelo.»
«Oh.» fece Daniel sorpreso. Poi sorrise. «Allora è deciso! Tu che ne dici, Reyna?»
«Mi dispiace, Daniel. Tu non puoi.»
Il sorriso di Daniel si afflosciò nel giro di un istante. «Oh, certo. Capisco. La Coorte non può rimanere senza centurioni, a meno che non ci siano questioni importanti in ballo.»
«Sono sicura che il matrimonio della madre di Kimberly lo sia.» continuò Reyna. «E mi piacerebbe poter concedere una vacanza a tutti, ma non è possibile.»
«La Terza Coorte non potrebbe controllarla quel tipo, Aaron?» propose Lucas.
Daniel scosse la testa. «Aaron non è un centurione. È un nostro amico e ci fa dei favori. Ma in realtà è il primo che meriterebbe un po' di riposo.»
Kimberly scrollò le spalle. «Posso andare anche da sola. Non c'è problema.»
«Potrebbe venire Aaron con te.» rifletté Daniel. E lanciò un'occhiata a Reyna.
«Lui va bene.» approvò la figlia di Bellona. «Non ha nessun dovere in particolare da svolgere. Kimberly?»
«Non ho bisogno che qualcuno mi accompagni.» dichiarò lei con fierezza. «È solo un viaggio. Che vuoi che succeda?»
«Non si sa mai. Credo che chiunque di noi ti accompagnerebbe se potesse e sono sicura che Aaron accetterà.»
Kimberly sospirò. «D'accordo.»
• • •
Fu così che alle dieci del mattino seguente Aaron e Kimberly erano pronti al decollo verso New York, seduti sui comodi sedili della seconda classe di un aereo. La sera prima, quando Kimberly aveva proposto al suo amico di accompagnarla, lui aveva accettato senza neanche pensarci e mentre le rispondeva, aveva già iniziato a preparare le sue cose e raggrupparle tutte in uno zaino. Non era mai stato a New York e aveva confessato a Kimberly di essere super curioso di visitare i vicoli.
«Non sono niente di che, in realtà.» gli aveva risposto Kimberly. «Sono solo pieni di randagi.»
Quando l'aereo ebbe preso quota, i due iniziarono a discutere su come si sarebbero comportati nei confronti della madre di Kimberly e come lei avrebbe spiegato a sua madre la presenza di Aaron in sostituzione a quella di Daniel. Purtroppo, non avrebbero potuto usare la Foschia come avevano fatto quella mattina per nascondere le armi, truccare i documenti di Aaron e diverse scartoffie necessarie da portarsi dietro prima di imbarcarsi per un volo, per fare il modo che lui passasse come “Daniel Morris” e non “Aaron Giulio-Claudia”.
La madre di Kimberly era perfettamente in grado di vedere attraverso il velo che nascondeva il lato divino del mondo.
«Potrei fingere di essere Daniel.» suggerì Aaron.
Kimberly fece una smorfia. «Mia madre conosce Daniel molto bene. Quando andavamo a scuola, vivevamo tutti e tre insieme a casa mia.»
«Peccato.» Aaron alzò le spalle. «Credo che sarebbe stato piuttosto divertente spacciarmi per Daniel.»
«Non saresti stato abbastanza convincente.»
«Perché no?» chiese Aaron sorpreso. «Escludendo l'aspetto fisico, è chiaro.»
«Beh…innanzitutto, Daniel non si metterebbe mai a fissare le hostess che fanno avanti e indietro lungo il corridoio di questa cabina.» Poi si schiarì la voce per attirare l'attenzione di Aaron, che erano assorto nell'attività che aveva nominato poco prima; da quando si erano accomodati su quell'aereo il ragazzo aveva fatto solo quello, oltre che parlare con Kimberly.
«Hanno tutte un'ottima postura, sono tutte molto carine e hanno un bel sorriso. Accidenti, non so proprio quale scegliere.»
«Non devi sceglierne nessuna.» gli disse Kimberly. «Dobbiamo solo discutere riguardo a come comportarci con mia madre.»
«Okay.» Aaron sbuffò e distolse lo sguardo da una delle hostess più giovani. Era splendida, proprio come tutto il resto presente in quella cabina dell'aereo: i sedili erano più comodi di un divano e poggiapiedi e poggiatesta conferivano all'ambiente un'aria confortevole, permettendo a tutti i passeggeri di poter spaparacchiarsi come meglio preferivano. A coronare il tutto c'era un gradevole profumo di frutta esotica, che ad Aaron ricordava tanto il succo di frutta che beveva da piccolo. «Potresti presentarmi come la tua dama di compagnia.»
Kimberly bocciò quasi subito quella proposta. «Neanche questa idea va bene. Nessuno ha più una dama da compagnia.»
«Uffa» Aaron sbuffò. «Allora faremo così. Tu dirai a tua madre che Daniel non è potuto venire e io resterò nei pressi di casa tua, così se ti servirà aiuto potrai chiamarmi.»
«E dove hai intenzione di dormire esattamente?»
«Oh, beh…mi troverò un posto.» affermò lui con disinvoltura. «Tipo in un B&B o posti simili.»
«Credo sia l'unica decisione sensata.» approvò Kimberly. «Ora mi metterò a dormire un po' se non ti dispiace.» Gli mise una mano sulla spalla. «Tu vedi di non farti beccare dalle hostess a fissarle. Soprattutto se sposti lo sguardo in posti poco consoni.»
Aaron rise. «Se al tuo risveglio non mi troverai, vorrà dire che sono riuscito a farmi rapire da una di queste belle signore.» E ammiccò ad una di loro, che stava passando accanto ai loro sedili proprio in quel momento.
Hei! Dato che ho finito il capitolo 21, ho deciso di pubblicare ora! Vi vedo sempre meno attivi, spero che la storia non vi stia annoiando ;(
Spero anche che questo capitolo vi sia piaciuto! Alla prossima!
(probabilmente sabato)
Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto con un commento e/o una stellina, mi raccomando! ;D
Domandina, così vi riattivate un po': state guardando HP? Io sì! :D
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