48• Lucas potrebbe avere una nuova fiamma aka una palla di fuoco

«Daniel, aspetta.» lo chiamò Reyna, proprio quando lui era sul punto di entrare in infermeria per andare a trovare Kimberly. «Devo parlarti di una cosa importante.»

Daniel si voltò un po' a malincuore. Non che non volesse parlare con Reyna, ma era impaziente di entrare in infermeria per sapere come stava Kimberly dato che quando era arrivato al Campo Mezzosangue lei dormiva. «Certo. Dimmi.»
«Stavi andando da Kimberly?»
Daniel annuì.

«Allora vado subito al sodo: vorrei che tu prendessi il mio posto come pretore.»
Daniel era così scioccato da quella proposta che riuscì a malapena a balbettare un: «I-Io?»
«Sì.»
Daniel si leccò le labbra, nervoso. «Non so che dire.»

«Mi farebbe davvero piacere se accettassi, ma non devi rispondermi subito.» gli disse Reyna. Gli diede una pacca sulla spalla. «Però pensaci, d'accordo?»
Daniel annuì. «Sì. Grazie.»

Entrò in infermeria così distratto da non guardare neanche dove stava andando, col risultato che inciampò davanti ad un letto, causando un gran fracasso, e finì lungo disteso sul materasso vuoto.
“Beh, almeno non c'è nessuno” pensò.
«Oh dei, Daniel!» esclamò Kimberly. «Ti sei fatto male?»

Daniel si stava già alzando dal materasso bitorzoluto. «No, sono caduto sul morbido.» disse, dando un colpetto sul materasso. Rimise a posto il letto e si avvicinò a quello di Kimberly. Gli sembrava che il suo viso avesse ripreso un po' di colore.

Kimberly batté una mano su un lato del materasso. «Vieni. Siediti qui.»
Daniel si accomodò. «Come stai?»
«Meglio. Will mi ha detto che tra un paio d'ore posso andare, ma che devo passare tutti giorni perché deve mettermi quest'unguento sulla schiena.» Indicò un becher, posato sul comodino accanto al letto, che conteneva una strana poltiglia. Era chiuso da una sorta di coperchio. «Sapessi che puzza.»

Daniel ridacchiò. «Però sono contento che tu possa già uscire.»
«Ma a te è successo qualcosa?» gli chiese Kimberly preoccupata.
«Oh, parli di prima? Sto bene, solo che non guardavo dove stavo andando.»
Kimberly non si lasciò convincere. «Sicuro? Avevi una faccia…»

Daniel aggrottò la fronte. «Che vuoi dire?»
«Eri tutto rosso. Come se fossi imbarazzato.»
«Oh, ehm… è che… in effetti è successa una cosa.» biascicò Daniel, di nuovo imbarazzato. «Reyna mi ha chiesto di prendere il suo posto. Sai, come pretore.»

«Ma è meraviglioso!» esclamò Kimberly contenta, prendendogli la mano.
Daniel distese le labbra in un sorriso un po' forzato. «Sì. Solo che non ho ancora accettato.»
«Come mai?»
«Forse è una responsabilità troppo grande per me. Non credo che ne sarei in grado.»

Kimberly increspò le labbra, pensierosa. «Forse ho capito qual è il problema. Ricordi quando Reyna ti aveva tolto il ruolo da Centurione? Ricordi quello che mi avevi detto?»
Daniel scosse la testa.

«Mi avevi detto che alcuni volevano prendere ordini da te anche se non eri più Centurione. E questo perché avevano fiducia in te.» Kimberly gli strinse più forte la mano. «Quindi secondo me non dovresti rinunciarci perché sei tagliato per fare il Pretore. Dovrai solo abituarti a comandare un esercito al posto di una Coorte e ad indossare un mantello per tutto il tempo.»
«E mi dovrò tagliare i capelli.» aggiunse Daniel con una smorfia.

«Oh, per quelli troveremo un compromesso. Ma nessuno toccherà il tuo bel ciuffo.» E Kimberly glielo scompigliò. «Quindi vuol dire che accetterai?»

Daniel ci pensò su prima di rispondere, ignorando suo padre che gli diceva qualcosa sarebbe stato sexy col mantello da pretore e sua madre che gli diceva che il viola lo avrebbe invecchiato. «Grazie per avermi incoraggiato, Kimberly. Mi hai aiutato davvero tanto. Ma il fatto è che se accettassi, dovrei sempre stare a San Francisco e…non potrei mai venire a trovarti a New York. Forse a Natale e per il Ringraziamento sì, ma è davvero poco per me. E poi avevo promesso a Lucas che saremmo stati sempre tutti insieme e anche lui vive qui. Devi vederlo, è veramente a pezzi per quello che è successo. Insomma, come noi.»

«Quando uscirò, voglio andare a parlargli.» disse Kimberly a voce bassa, come se fosse un segreto che lei e Daniel dovevano mantenere. «E per me non sarà un problema venire a San Francisco. Qui a New York una casa non ce l'ho più.»
Daniel abbassò lo sguardo, mortificato. Si era dimenticato che la casa di Kimberly era bruciata. Dall'espressione sul suo viso capì che parlare di casa sua l'aveva rattristata e pensò che non fosse stata affatto una buona idea averle parlato del ruolo di pretore, dato che erano andati a parare proprio su quell'argomento.

«Scusa se ne ho parlato.»
«No, non fa niente. È solo che pensavo che magari potrei provare a convincere mia madre a venire a vivere a San Francisco. Prima mi ha chiamata al cellulare: mi ha detto che mio padre è andato a prenderla e…»
«...l'ho portata a casa di quel giovane appassionato d'amore, Lucas. Afrodite ha un debole per lui, dice che farà tanta strada.» concluse una voce profonda proveniente dalla porta.

Kimberly sapeva a chi apparteneva, prima ancora che il suo proprietario si avvicinasse a lei. Era di Ares, che avanzò verso il suo letto con aria disinvolta. Era vestito completamente di nero e la sua presenza diffuse nella stanza qualcosa che spinse Kimberly ad alzarsi dal letto e a prendere in mano la prima arma disponibile: un cuscino.

«Bene, bene. Kimberly.» Fece una sorta di inchino verso di lei e poi si voltò a guardare Daniel, che intuì immediatamente che volevo parlare da solo con lei. «Credo che anche per te ci sia qualcuno fuori.» gli disse.
«Oh, ehm, bene. Ci vediamo più tardi Kimberly.»

Lei annuì rivolgendogli un sorriso.
Daniel si allontanò proteso in avanti e andò a sbattere di nuovo, questa volta contro qualcuno.
«Oh, ehi.» Era Lucas. «Perché cammini in questo modo?»
Daniel si girò verso di lui. «Di là c'è Ares. Quindi, ehm…»
«…volevi fare una buona impressione.» concluse Lucas. «Sai chi sono queste persone?» Indicò i numerosi adulti raccolti al di fuori dell'infermeria.

Un ragazzo della sua età dai capelli dorati e dell'aria di uno che passava ore davanti al sole, li superò, entrò nell'edificio e chiese: «Chi ha bisogno delle cure del dio della medicina? E dove mio figlio Gordon? Goooordon?!»

«No, aspetta, quello era Apollo?!» chiese Lucas sgranando gli occhi.
«Proprio lui.» confermò Daniel.
«Che schianto! Nulla a che vedere con Reyna, però…wow!»
Daniel rise. «Comunque credo che questi siano gli dèi.» aggiunse.
Chirone si avvicinò a loro nella sua forma equina. Sembrava avere un'aria gioiosa. «Beh, il Consiglio si è aggiornato nel migliore dei modi! E c'è più di qualcuno che vuole parlare con te, Lucas.»

«Me?» chiese lui sbalordito.
«Oh sì.» confermò Chirone.
Lucas solitamente era sempre sicuro di sé, ma in quel momento aveva solo voglia di raggomitolarsi da qualche parte fino a quando ne avesse sentito il bisogno. Parlare con un dio o con una dea era una cosa grossa…
Si guardò intorno per cercare Reyna e la individuò; stava parlando con una dea – non poteva essere altrimenti – che le somigliava molto in viso e nella compostezza. Bellona forse?

«Posso presentarti agli altri.» gli propose Chirone.
Lucas annuì. «Daniel, tu…»
«Vado dai miei genitori. Li ho visti là in fondo. Ci vediamo tra un po'.» E si allontanò in mezzo alla folla di divinità.
«Vieni. Ti accompagno.» disse Chirone.

Nel giro di un'ora Lucas aveva parlato con numerosi dèi e dee: Atena, Apate, Efesto, lo stesso Dioniso, Poseidone, Ade, Afrodite. E poi Ermes.
«Devo scusarmi.» iniziò prima che Lucas potesse rifilargli la frase spontanea che aveva riservato agli altri dèi, ovvero “sua divina altezza”. «Ho sbagliato ad allearmi con Eolo e con Loki. È solo che è difficile farti ascoltare quando il tuo lavoro è quello di portare i messaggi degli altri.»

«No, io la capisco.» rispose Lucas.
«Grazie. Ora comunque è tutto apposto. Le scuse e gli abbracci fanno miracoli. Avremmo potuto evitare che succedesse tutto questo, ma noi dèi siamo così cocciuti e non impariamo mai dai nostri errori. Una delle volte in cui siamo stati sul punto di svanire ho perso un figlio, Luke Castellan. Mi sono pentito di essere stato assente nella sua vita. Sapevo che Josh sarebbe morto, ma ho voluto passare con lui più tempo che ho potuto.»

Lucas annuì, abbassando lo sguardo. Non riusciva ancora a parlare di Josh e Adria.
«Ci hai davvero aiutati Lucas.» continuò Ermes. «Forse Ade te lo ha già detto ma ad Adria, Josh e Aaron e ai miei figli che hanno perso la vita» Emise un sospiro tremante, «è stato concesso di andare all'Isola dei Beati. Se lo sono meritato.»
Lucas non sapeva che cosa fossero le Isole dei Beati, ma pensò che dovesse essere una cosa bella.

«Si divertono da matti lì.» aggiunse Ermes, come se gli avesse letto nel pensiero.
«Sono felice per loro.» disse Lucas a disagio.
«Lucas Hale?» Qualcuno gli diede un colpetto sulla spalla e lui si voltò. «Sono Apollo.»
«Ah, piacere, sua altezza divina.» rispose Lucas automaticamente.
«Sua altezza divina?» Apollo guardò Ermes. «Mi piace il ragazzo! Di un po', quand'è che sei libero questa settimana?»
«Ehm…mai.» rispose Lucas dubbioso.
Apollo scoppiò a ridere. Poi gli diede una gomitata. «Su, avanti. Ti prendevo un po' in giro. So che tu e Reyna state insieme. Ragazza incantevole, tra parentesi. Comunque se puoi chiamarmi sua altezza divina, se ti va.» Apollo si sfilò gli occhiali da sole. «Sai perché sono qui immagino.»

«Per parlarmi, credo.»
Apollo annuì. «Di ciò che ha detto Rachel Dare in giugno. La sua profezia si è completamente realizzata.»
«Sono successe così tante cose da allora che mi ero completamente dimenticato della profezia.» osservò Lucas stupito.

«Comprensibile. Ora fa' attenzione. “Tu sarai colui che lo sconfiggerà”; questa era riferita a te.»
«Ricordo questa frase, ma non mi pare di aver sconfitto nessuno.» replicò Lucas.

Apollo annuì incoraggiante. «Non è una persona, né una divinità. Hai sconfitto, forse temporaneamente forse no, tutto ciò che ha causato la guerra negli ultimi anni. L'astio tra di noi e quello che proviamo per i nostri figli.» Protese una mano verso le divinità che parlavano con i propri figli semidei e li abbracciavano. «Una cosa del genere non si è mai verificata prima d'ora. E tu sei stato capace di farlo, anche se forse non te ne rendi conto.»

Lucas non disse niente, fu poi Apollo a continuare a spiegargli la profezia. «“Non sfidatelo o morirete!”. I tuoi amici Josh e Adria hanno sfidato Loki e sono morti per sconfiggerlo.» Apollo poi gli parlò degli altri versi della profezia, quelli di cui Lucas conosceva già la spiegazione.

Infatti si distrasse e guardò per un attimo tra la folla: vide Daniel, con un mantello viola poggiato sulle spalle, parlare con due divinità. C'era anche Reyna, che incrociò il suo sguardo e gli sorrise. Lucas ricambiò e poi si voltò di nuovo per vedere Kimberly passare accanto a lui e ad Apollo. Non si fermò lì, ma lo salutò con la mano e mimò con le labbra “Io vado da Daniel e Reyna. Tu vieni?”
Lucas annuì e le mostrò l'indice “Tra un minuto”.

«…quindi per ciò che hai fatto per noi, ti concedo una cosa, Lucas. Potrai farmi una domanda sul tuo futuro e io risponderò con sincerità.»
Lucas strabuzzò gli occhi. «Davvero posso?»
«Certo. Spara.»

Lucas ci rifletté su per parecchio, arrovellandosi su ciò che gli sarebbe stato più utile sapere. Poi guardò in direzione degli suoi amici e di Reyna. Kimberly stava sistemando meglio il mantello viola sulle spalle di Daniel, mentre Reyna e Frank gli stavano appuntando delle spille sulla maglietta che indossava, entrambi con un'espressione d'orgoglio stampata in volto. E tutti - dèi e semidei - erano voltati verso di loro, ad osservare l'ufficializzazione di Daniel come pretore.

Era probabile che Daniel non avesse avuto il tempo di dire a Lucas che aveva accettato il posto, ma lui si ricordava che Reyna voleva chiedergli di assumere quel ruolo al suo posto.

Rivolse loro un sorriso prima di guardare Apollo. «Noi quattro - io, Reyna, Kimberly e Daniel - staremo sempre insieme?»
Apollo sembrò non pensarci due volte. «Sì, starete sempre tutti insieme.»

È finita 🤧
E niente tutte le cose smielose nel prossimo capitolo. E poi vado a piangere e ad abbuffarmi di gelato perché Lucas è troppo un cucciolo 👀

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