45• Era proprio necessario? Sì, lo era!

«Kimberly!» 

L'urlo di Daniel fece distogliere l'attenzione di Kimberly sulla sua casa in fiamme. Il primo piano era lì lì per cedere come i piani di una torta troppo farcita. 

La ragazza si voltò e si ritrovò circondata dalle braccia di Daniel, che balbettò: «Cre-Credevo fossi ancora là dentro.» 

«Tranquillo. Sto bene.» mormorò lei, seppellendo la faccia contro la sua spalla. Non era esattamente vero ciò che aveva detto: la schiena le bruciava in una maniera così dolorosa che aveva paura che stesse andando a fuoco un'altra volta e la stretta di Daniel per quanto affettuosa che fosse era anche dolorosa. Ma Kimberly non glielo disse: non voleva che lui si allontanasse. 

Poi Daniel vide qualcuno venire fuori direttamente dalla casa in fiamme e sollevò la testa dalla spalla di Kimberly per vedere chi fosse tanto abile da riuscire a fare una cosa del genere. 

«Che c'è?» gli chiese Kimberly, notando il movimento, ancora ignara di ciò che si trovava alle sue spalle. 

«Dioniso è appena spuntato da casa tua, tiene qualcosa…qualcuno tra le braccia. Sembra che sia morto. È…» Poi Daniel lo riconobbe. «No. Anche lui no.» 

«Chi è?» Kimberly tenne gli occhi chiusi. Non voleva guardare. «Daniel, chi è? Chi tiene tra le braccia?» 

«Aaron.» 

• • •

Lucas guardò Kimberly e Daniel abbracciarsi; era felice che lei stesse bene e avrebbe voluto andare lì a dirglielo, ma pensò che fosse meglio lasciar prima qualche minuto a lei e Daniel. Reyna stava ancora discutendo con Frank e Chirone per stilare l'elenco dei feriti e organizzare il viaggio per tornare al Campo Mezzosangue e al Campo Giove. Prima, però, si erano assicurati che tutti quelli che erano rimasti in casa fossero tornati tutti sani e salvi. Purtroppo non era andata così. All'appello mancava una persona: Aaron. Non avevano ancora diffuso la notizia, c'era un'aria gioiosa lì intorno, tutti che si abbracciavano e festeggiavano perché erano riusciti a sconfiggere il male ancora una volta. Lucas sapeva di lui solo perché era stata Reyna a dirglielo. 

Gironzolò lì intorno, cercando di capire se poteva essere utile a qualcuno. Si avvicinò ad uno dei furgoni del Campo Mezzosangue, dove Will e un paio di altri figli di Apollo sembravano piuttosto indaffarati. Vide anche Edmund, appoggiato con la schiena ad uno dei portelloni posteriori. Sembrava che fosse piuttosto preoccupato. 

Lucas decise di andare a parlargli, pensando che il suo sostegno avrebbe potuto aiutarlo in qualche modo. 

Ma poi un'improvvisa comparsa catturò l'attenzione di tutti: Dioniso era spuntato indenne dalla casa in fiamme, tra le braccia teneva qualcuno. 

Lucas non ebbe bisogno di avvicinarsi troppo per capire che si trattava di Aaron. Lentamente i semidei iniziarono ad avvicinarsi e Lucas fece lo stesso. Voleva avvicinarsi a Daniel e Kimberly, cercare di rassicurarli in qualche modo perché sapeva che loro due erano particolarmente legati ad Aaron. E quando finalmente li raggiunse, notò che inginocchiata accanto ai due, vicino al corpo di Aaron, c'era anche sua sorella. 

Lucas non ci mise molto a fare due più due: dopotutto aveva un talento per quel genere di cose. In un attimo fu al fianco di sua sorella e la abbracciò mentre lei gli singhiozzava contro il petto. 

«Mi dispiace tanto, Gwen.» le disse. Non aveva altro da aggiungere, ma si mise a pensare ad Aaron e alla vita che avrebbe potuto vivere se solo non fosse stato ucciso, ricordò anche di quelle poche volte in cui avevano parlato: avevano lo stesso senso dell'umorismo. L'evento portò i suoi pensieri a concentrarsi anche su Josh e Adria e allora iniziò a piangere anche lui. Non credeva che sua vita avrebbe preso una piega tanto pessima. Se era quello che voleva dire essere un semidio, allora odiava esserlo. 

Fu dopo quella che a Lucas parve un'infinità di tempo che lui e Gwen smisero di abbracciarsi. Aaron era ancora là, accanto a loro, ma i semidei si erano allontanati e lì intorno c'erano solo lui, Gwen, Daniel ed Edmund. 

Gwen si avvicinò ad Aaron e gli baciò la fronte, poi estrasse il pugnale che aveva conficcato nel corpo, all'altezza del cuore. Lucas la vide studiarlo e poi infilarlo in una delle tasche dei suoi jeans. 

«Hey.» Daniel salutò Lucas che, preso alla sprovvista, sobbalzò. 

«Come stai?» gli chiese Lucas, notando gli occhi lucidi. Gli aveva rivolto una domanda stupida, ma era convinto che parlare avrebbe fatto bene ad entrambi. 

«Uno schifo.» rispose Daniel tirando su col naso. 

«Anch'io. Non è giusto che siano morti.» 

Daniel annuì. «Vorrei che ci fosse un modo per cambiare le cose.» 

Lucas si morse l'interno della guancia per evitare di mettersi a urlare contro gli dèi per dire loro di riportare in vita i loro amici. Tutta quella battaglia era stata fatta per evitare che qualcun altro prendesse potere al loro posto, quindi perché non si facevano nemmeno vedere? Neanche un ringraziamento? 

Lucas non li avrebbe mai capiti.

«Kimberly come sta?» chiese a Daniel giusto per cambiare discorso. 

«Non benissimo. Non ha preso troppo bene tutta questa questione di Aaron, di Josh e Adria. E poi ha delle ustioni sulla schiena, Will le ha detto che sono piuttosto gravi. E casa sua è praticamente distrutta. Non ha idea di dove si trovi sua madre.» 

Lucas si passò le dita tra i capelli. «Io…spero tanto che riesca a rimettersi. Staremo sempre tutti insieme, vero?» Alzò lo sguardo verso il viso di Daniel, guardandolo intensamente negli occhi. 

«Sì, certo.» rispose lui, ricambiando l'occhiata di Lucas. Non c'era bisogno di specificare a chi Lucas si era riferito. Lo sapevano già entrambi. 

• • •

Dopo un paio d'ore tutti i furgoni erano pronti a partire. I figli di Apollo erano già partiti un'ora prima, con a bordo tutti i feriti più gravi che non potevano aspettare troppo per essere curati. Tra loro c'era Kimberly. 

Era stesa nel retro del furgone su un sedile, che i figli di Apollo avevo smontato e riassemblato per lei e Gordon, con un unguento che Will le aveva applicato sulla schiena. Sicuramente l'avrebbe aiutata a guarire, ma quell'unguento le faceva bruciare la pelle in una maniera piuttosto dolorosa. Will le aveva detto che era normale dato che tecnicamente il fuoco greco avrebbe dovuto ridurla in un mucchio di ceneri semidivine. Kimberly non aveva idea di come avesse fatto a sopravvivere, ma era sicura che ci fosse opera di Ares. 

Accanto a lei, Gordon si lamentava per il bruciore che gli procuravano le sue ustioni, ben più gravi di quelle di Kimberly. 

«Gordon. Cerca di non pensarci.» gli sussurrò Kimberly. 

«È difficile.» le rispose lui. 

«Cerca di pensare a qualcos'altro. Qualcosa di bello.» Schioccò le dita. «Pensa a Edmund.» 

«Lui ha ucciso suo padre per me.» disse lentamente Gordon. «Fa sempre tante cose per me. Lo amo tanto.» 

Kimberly sorrise. «Va già meglio, no?» 

«Un po'. Tu stai pensando a Daniel, allora?» 

«Sì.» 

«Qualcosa in particolare?»

«No.» 

«Hai esitato.»

«Non iniziare a fare come Lucas. Uno basta e avanza.»

Gordon rise. «D'accordo. Sto zitto, allora.» 

Passarono qualche minuto senza parlare. 

Poi Gordon disse: «Kimberly?»

«Sì?» 

«Ci possiamo tenere per mano?» 

«Certo.» 

Kimberly tese la mano verso di lui e Gordon gliela strinse. 

«Credi che resteranno i segni delle ustioni?» le domandò Gordon. 

Kimberly si inumidì le labbra. «Penso di sì.» Temeva il momento in cui avrebbero raggiunto il Campo Mezzosangue; Will le aveva detto che le avrebbe fatto del suo meglio per staccarle la maglietta dalla pelle quando sarebbero arrivati. Non avevo voluto farlo lì perché non aveva gli strumenti adatti e avrebbe rischiato di farle più male di quanto fosse normalmente previsto. Poi pensò alla battaglia e un dubbio la assalì all'improvviso. «Gordon, tu non credi che abbiamo vinto troppo facilmente?» 

Lui non rispose. 

«Gordon?» Kimberly si voltò verso di lui: lo sbuffo di aria che usciva regolarmente usciva dalla sua bocca e l'espressione serena le fecero capire che si era addormentato. 

Inutile dire che ho pianto dopo aver scritto questo capitolo, mi ero affezionata ad Aaron e alle sue bandane rosse :')
Oggi tre capitoli perché sono tipo 17 giorni che non mi faccio sentire, perciò ve li meritate. Ora ne mancano altri 3 e poi sarà finita. Vi lascio tre piccole curiosità:
–In una delle versioni della storia Kimberly diventava una Cacciatrice e Daniel, dopo tipo cinque anni, andava a confessare ciò che provava, ma lei lo respingeva (del tipo "bro, potevi parlare prima, ormai ho fatto voto ad Artemide). Quindi tra loro finiva malissimo (e che credo che mi siate grati per non aver scritto una versione del genere
–Ricordate il capitolo in cui Daniel "muore" ma in realtà non muore perché non era lui? Ecco, all'inizio avevo valutato l'idea di farlo morire per davvero, ma poi mi sono detta "no, non posso"
–Alla fine di questa storia volevo far mollare i Reycas, ma poi mi sono detta di finirla con queste idee

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