44• Ma che fine ha fatto il signor D?

Mentre, a passo di marcia, si dirigevano vicino alla sala dove si trovavano tutti gli dèi, Daniel intercettò Alabaster, che aveva da poco finito di parlare con Reyna. 

«Ehi.» 

«Daniel.» lo salutò lui di rimando. 

«Perché avete cambiato piano?»

Alabaster si prese tempo per rispondere, perché si distrasse nel guardare Lucas avvicinarsi a Reyna, proprio nell'esatto momento in cui lui aveva salutato Daniel. 

«Non gli hai ancora chiesto scusa, vero?» gli chiese allora Daniel. 

Alabaster scosse la testa. «Non penso che voglia ascoltarmi, comunque.» 

«Tu diglielo comunque.» ribatté subito Daniel.

«Certo. Comunque stavamo parlando del piano.»

«Dimmi.»

«Abbiamo cambiato idea perché il fuoco greco è tecnicamente impossibile da spegnere, quindi per gli dèi sarà un bel grattacapo. Ci sono anche dei mortali, che hanno praticamente ancora meno possibilità di spegnere le fiamme. È sfrutteremo questa cosa a nostro vantaggio per scappare e farli saltare in aria. Ci sono dei figli di Efesto nella stanza e alcuni altri semidei che hanno dei legami con i figli di Ermes che si trovano nella sala. Loro li porteranno in salvo mentre i figli di Efesto lanceranno il fuoco greco non appena entrerò. Hanno creato dei dardi che sono semplici da lanciare senza bruciarsi, anche usando un arco. I figli di Apollo e i figli di Ares daranno loro una mano.»

Alabaster aveva parlato con entusiasmo: si capiva che andava fiero di quel piano che aveva contribuito ad architettare.

Daniel non era così sicuro che l'idea gli piacesse. Sembrava che ci fossero troppe cose che potevano andare storte. E se qualcuno fosse rimasto chiuso nella stanza? 

«Quindi Kimberly è lì con i suoi fratelli.» disse Daniel con una smorfia. 

Alabaster annuì. «E a proposito di lei, ti volevo ringraziare per aver deciso di fare questa cosa con me.» 

Daniel aggrottò la fronte. «Che cosa?» 

«Essere mio amico, avere fiducia in me… Non credo sia una cosa da tutti fare amicizia con l'ex-ragazzo della sua ragazza. Se fossi in te, sarei molto geloso e non ti lascerei parlarle né avvicinarti a lei.» 

«È una cosa su cui devi lavorarci su.» gli disse Daniel, mentre svoltavano in un angolo e si inoltravano in un altro corridoio. 

«Tu come fai?» gli chiese Alabaster, grattandosi dietro la nuca. 

«A non essere geloso? Non so, credo che non ci riuscirei, neanche se lo volessi.» Poi Daniel fece una smorfia. «Tranne che per Alvaro Soler. Ma non è per Kimberly, è solo che non lo sopporto. Ma, insomma, è una cosa stupida. E un po' lo sono stato anche di te, ma era il tuo modo di comportarti che mi infastidiva più che altro.» 

«Già, ero davvero pessimo.» concordò Alabaster. «Ma non mi hai ancora risposto.» 

«Beh, sono timido quando si tratta di sentimenti e tutto il resto, ma adoro stare con Kimberly e fare tutto quello che facciamo insieme. Poi ci amiamo, quindi non credo di avere motivi di essere geloso di qualcun altro.» 

«Ho molto da imparare da te. Dai lezioni?» 

Daniel ridacchiò. «No.» 

Alabaster fece una smorfia scherzosa. «Peccato.» 

Si erano talmente concentrati sulla conversazione, da non essersi resi conto che stavano per arrivare all'ingresso della sala da pranzo, dove schiamazzi, voci di varie tonalità e il tintinnio di piatti e bicchieri erano ben udibili anche con le doppie porte chiuse.

Alabaster si fece coraggiosamente avanti. «Tocca a me.» disse. E quando aprì la porta, da ogni dove spuntarono volute di fumo in varie colorazioni di verde. La battaglia era iniziata e questa volta sarebbe stata l'ultima: quella vincente.

• • •

La battaglia era iniziata. Aaron si trovava ancora su una delle travi di legno del soffitto, con un paio di sacchetti da lanciare. Voleva aspettare che il fumo si allontanasse dal pavimento sotto di lui prima di scendere e lanciare un altro paio di sacchetti di fuoco greco durante la discesa. Aspettò un paio di secondi, e poi saltò, mollando a terra i sacchetti mentre ancora era in caduta libera. Atterrò accovacciandosi sulle gambe e si rimise in piedi immediatamente. La maggior parte del fumo aveva già rivelato diverse fiamme di fuoco greco, impossibili da spegnere. Poi seguì le istruzioni che gli erano state impartite: zigzagò tra figure indefinite e sacchetti di cuoio disseminati sul pavimento della stanza per correre via. Attorno a sé sentiva il rumore di un combattimento e le urla di qualcuno, tutti suoni alternati allo scricchiolio delle fiamme di fuoco. Doveva muoversi, prima che la stanza saltasse in aria. Non erano sicuri che la casa di Kimberly avrebbe tenuto all'impatto, perciò doveva anche sbrigarsi ad uscire fuori dall'edificio. 

Con tutto quel fumo era difficile per lui capire se fosse vicino all'uscita o meno o se fosse giusta la direzione che aveva preso. E dato che non riusciva a distinguere bene chi aveva intorno andò a sbattere contro qualcuno. Lo vide bene in volto: era suo padre, il viso distorto da un malvagio sorriso, che gli metteva in mostra i denti quasi come se fossero le zanne di un lupo. In mano teneva la pesante spada d'oro della famiglia dei Giulio-Claudia. 

«Eccoti qui, Aurelio.» gli disse, sorridendo ancora di più e facendo capire ad Aaron che quelle che aveva in volto non erano rughe, ma tagli che rendevano il suo volto ancora più terribile da guardare. «È ora che ti insegni un po' di buone maniere.» 

• • •

A Kimberly non piaceva quell'idea del fuoco greco: non voleva che casa sua saltasse in aria. Non sapeva dove fosse sua madre e non aveva modo di avvisarla. E se si fosse trovata in casa proprio in quel momento? Aveva controllato prima di approvare quel piano, vagando di stanza in stanza e non l'aveva trovata. Cercò di costringersi a pensare per l'ultima volta che lei fosse al sicuro, poi lanciò il suo sacchetto di fuoco greco sul pavimento e si trasformò in un'aquila, volando via dalla trave e atterrando sul pavimento. L'aria era irrespirabile, il fuoco irrompeva un po' ovunque e lei era sicura di essere una delle ultime che ancora si trovava nella stanza. Non vedeva molto con tutto quel fumo, neanche l'uscita. Sentiva solo voci sconosciute che gridavano, poi una risata. Una folata di vento gelido attraversò la stanza e fu quasi piacevole in mezzo a tutto quel calore generato dalle fiamme. Poi qualcuno lanciò un urlo disumano e qualcun altro gridò: «Ma come hai potuto!» 

Kimberly rabbrividì. Per quanto la tentazione di uscire da lì e mettersi al sicuro fosse alta, là dentro c'era qualcuno che stava soffrendo, e che forse stava morendo. Iniziò a strisciare a terra per respirare meglio e cercò di raggiungere chi aveva gridato. Capì di averlo raggiunto quando sentì gridare nuovamente, ma questa volta più con rabbia che con dolore. Una folata di vento caldo la investì e solo dopo qualche secondo si rese conto che la sua schiena aveva preso fuoco. 

Completamente nel panico, iniziò a rotolarsi sul pavimento, ignorando le fitte di dolore e cercando di gridare il meno possibile, fin quando ebbe l'impressione di aver spento le fiamme. Cercò di sfilarsi la maglietta giusto per sicurezza, ma si accorse che le si era incollata sulla schiena come una seconda pelle. Forse il danno era più grave di quanto credesse. Con una smorfia riprese a gattonare e in mezzo al fumo vide qualcuno chino su una figura distesa a terra che si lamentava.

Davanti a loro c'era un cumulo di cenere dall'aria strana. 

«L'hai-l'hai u-ucciso?» chiese la persona distesa a terra. Aveva la voce bassa e parlava a fatica, forse per il fumo. 

«S-s-sì. C-Credo.» replicò l'altro, tutto tremante. «N-Non potevo lasciarlo. Non dopo averti-averti…» 

Kimberly lo riconobbe. «Edmund!» Strisciò rapidamente verso di lui. 

«Kimberly.» Edmund si voltò. Kimberly distinse delle lacrime sul suo volto. 

«Che è successo?» gli chiese. Poi guardò la persona stesa accanto a loro. Sotto tutte le vesciche e la fuliggine riconobbe Gordon. Si coprì la bocca con una mano. «È stato mio padre.» spiegò Edmund, la voce di nuovo investita dalla rabbia. Si strofinò con rabbia gli occhi. «L'ho ucciso. Se lo meritava, no?» Indicò il mucchio di cenere e guardò Kimberly con rabbia, come se volesse sfidarla a dire il contrario. 

Ma lei annuì. Era curiosa di scoprire il modo in cui Edmund aveva ucciso Eolo (e doveva essere stato parecchio difficile perché gli dei non morivano e lui aveva anche inglobato dentro di sé Zefiro, Noto e Borea), ma quello non era proprio il momento più indicato. Aveva già perso Adria e Josh, non poteva lasciar morire anche Gordon. 

«Dobbiamo uscire.» disse ad Edmund. «Gordon, qual è il punto in cui le ferite ti bruciano meno?» 

«Non lo so. Mi fa male ovunque.» rispose lui con un filo di voce. Poi guardò l'espressione afflitta di Edmund e aggiunse: «Ma guarirò. Mi aiuterà Apollo.»

«Ora noi proviamo a tirarti su, d'accordo?» gli disse Kimberly. 

«Va bene.» 

Lei ed Edmund si sistemarono ai due lati di Gordon e lo tirarono su lentamente, cercando di fargli meno male possibile. 

Lui respirò affannosamente per una dozzina di volte e strizzò gli occhi, ma non si lamentò. Kimberly gemette quando Gordon abbandonò la mano contro la sua schiena. 

«Hai delle ustioni sulla schiena.» la avvisò lui. «Dovrei controllarle.» 

«Penso che sia il caso che qualcuno controlli te, prima.» ribatté Kimberly. 

«Siamo quasi all'uscita.» disse Edmund. «Come faremo una volta arrivati alle scale?»

«Correte fuori!» urlò qualcuno. «Sbrigatevi!» 

Kimberly non riuscì a credere che fosse proprio il signor D, che stava combattendo contro qualcuno che lei non riusciva a vedere. Sembrava stesse facendo un grande sforzo. «Voi tre! Kimberly, Edmund e Gordon! Andate fuori! Tu, Alabaster, vai con loro!» 

Solo in un secondo momento Kimberly si rese conto che Alabaster era accanto a lui e che, come le sue, teneva le mani protese in avanti. 

«Andate!» gridò di nuovo Dioniso. La sua figura stava iniziando a perdere forma, diventando qualcosa di luminoso ed astratto. Poco prima che esplodesse tutto attorno a loro Kimberly, Gordon, Edmund ed Alabaster si ritrovarono fuori dalla casa, al sicuro. Al sicuro grazie al signor D, che non aveva pensato solo a sé stesso per una volta. E che si era ricordato i loro nomi. 

*Aurelio è uno dei nomi di Aaron :D

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top