36• C'è chi ce l'ha con Kimberly, dopo questa, e chi mente

«Cosa?!» esclamò Lucas stupito. 
«Com'è possibile?» fece eco Reyna. 

«Non lo so, ma il tempo per le domande non è questo.» Chirone scosse nervosamente la coda e porse dei fogli a Reyna. «Questo è l'elenco dei semidei del Campo Giove e del Campo Mezzosangue con il numero delle loro stanze scritto accanto ad ogni nome. So che non posso darti ordini, Reyna, ma devi darmi una mano a svegliare tutti e a dire loro di recarsi fuori dall'hotel.» 

Poi senza aggiungere altro uscì fuori dalla stanza di Will. 

«Ci mancava solo questa.» borbottò Will. 

«Sarà meglio mettermi al lavoro subito.» annunciò Reyna. 

«Io e Aaron iniziamo ad andare fuori allora.» disse Gwen. I due uscirono dalla stanza silenziosamente. 

Reyna si voltò verso Lucas e gli passò un braccio attorno alle spalle. «Vieni, Lucas. Prima ti accompagno nella nostra stanza.» 

Lucas, però, rimase fermo dov'era. «Non credi che dovrei venire con te? O andare fuori?» Solo dopo aver formulato queste domande si decise a muoversi, spostandosi lentamente e con la guida di Reyna. Borbottò un «grazie per le cure» a Will – che alzò i pollici in su e poi prese a riordinare la branda e ciò che aveva usato per curarlo – e poi riportò lo sguardo su di lei. 

«Non credo. Sei ferito ed hai bisogno di riposo. Quindi non devi fare sforzi.» rispose Reyna pazientemente. Ci misero un bel po' ad attraversare i due corridoi che li separavano dalla loro stanza. Reyna avrebbe dovuto affrettarsi, ma considerava la salute e il benessere di Lucas al primo posto tra le priorità del momento. Se non altro, avrebbe concesso a Frank qualche minuto in più di riposo, anche se lui non poteva saperlo e non poteva neanche sapere che qualcuno lo avrebbe svegliato da un momento all'altro. 

«Non vedo l'ora di mettermi a letto.» annunciò Lucas. Le ferite dovevano fargli più male di quanto sembrasse. 

«Ci siamo quasi.» lo incoraggiò Reyna. «Tieni duro.» 

E Lucas lo fece. 

Arrivati nella loro stanza, Reyna lo aiutò ad allungarsi sul letto e gli sistemò un cuscino dietro la schiena per fare il modo che stesse più comodo. 

«Vedrò di fare il prima possibile, okay?» 

Lucas annuì. «Ti aspetterò sveglio.» 

«Non sei stanco?»

«Sì.» Lucas le fece l'occhiolino. «Però non ho sonno.» 

«Va bene allora.» Reyna gli diede un'ultima sistemata ai cuscini e poi lo baciò sulla guancia. «Non alzarti.» gli raccomandò. 

«Non ci penso nemmeno.» annunciò Lucas solennemente. 

• • •

Dopo circa un'ora ogni semidio del Campo Giove e del Campo Mezzosangue, ed eccezione di pochi, si trovava nell'enorme giardino dell'Hotel Valhalla, chi disteso sul prato a sonnecchiare, chi sull'attenti e con l'armatura indossata sopra il pigiama. C'era un gran baccano, ma l'arrivo di Chirone zittì tutti all'istante. Alle sue spalle c'erano Reyna e Frank, fermi e immobili e con lo sguardo fisso e severo diretto alla folla di fronte a loro. 

«Il motivo per cui siete qui» iniziò Chirone con voce impetuosa, «è il seguente: i thermos che contenevano Noto, Borea e Favonio sono scomparsi. Ho motivo di credere che siano stati rubati. Senza il signor D e il suo occhio divino e onnisciente, sono tenuto a ritenervi tutti dei potenziali sospettati. Concederò al ladro un'ora per restituire i thermos senza subire conseguenze o punizioni. In caso contrario ogni singola stanza verrà ispezionata dai semidei che nelle precedenti settimane hanno collaborato nell'impresa contro il dio dei venti e non smetteranno di frugare tra le vostre cose fin quando i thermos non spunteranno fuori. Con i pontifex in missione segreta presso la sede di Loki, Eolo ed Ermes e nessun aiuto divino dovremmo essere più uniti che mai. Non mi aspettavo un simile atto. Non ho altro da aggiungere.» 

Nessuno disse nulla mentre il centauro si allontanava e rimetteva piede nell'hotel. Lungo il suo cammino fece cenno a Reyna, Daniel, Kimberly, Gordon ed Edmund di seguirlo e i cinque lo fecero silenziosamente, scambiandosi strane occhiate. Beh, tutti tranne Reyna. Non era in confidenza con Gordon e Edmund e non le pareva il caso di mettersi ad interagire con Daniel, dato che lui si trovava accanto a Kimberly. Dal giorno del loro litigio, lei e Reyna non si erano ancora chiarite e Kimberly non sembrava aver alcuna voglia di collaborare. Reyna, al contrario, avrebbe voluto provare a parlarle e pensò che la sparizione dei thermos fosse un ottimo argomento di conversazione. 

Ne approfittò quando vide Edmund, che camminava davanti a Daniel e Kimberly e al fianco di Gordon, si era voltato per chiedere una cosa a Daniel e lui si era avvicinato per rispondergli, lasciando Kimberly a camminare momentaneamente da sola dietro di loro

Reyna, a quel punto, colse l'occasione e allungò il passo, ritrovandosi a percorrere i gradini che precedevano l'ingresso al fianco di Kimberly. 

«Ci aspetta una notte impegnativa, eh?» le chiese, cercando di far assumere alla sua voce un tono allegro e disinvolto, proprio come faceva Lucas quando tentava di attaccare bottone con qualcuno. 

La tattica non funzionò poiché Kimberly si limitò ad annuire un paio di volte senza neanche guardarla. 

Reyna si disse che c'era da aspettarselo: lei non aveva la stessa aria solare ed estroversa di Lucas. Decise, dunque di essere diretta. «Sei ancora arrabbiata con me?» 

Kimberly aspettò che tutti avessero varcato la soglia dell'hotel prima di risponderle. Si fermò sul gradino più in alto e affrontò lo sguardo di Reyna. 

La figlia di Bellona si accorse che Kimberly sembrava piuttosto nervosa. Le braccia, che teneva conserte all'altezza del petto, tremavano leggermente. 

La ragazza fece un respiro profondo, si inumidì le labbra e le chiese: «Sai che cosa hanno detto a Daniel mentre attraversava le fila della legione per seguirci?» 

Reyna scosse la testa, sentendosi stranamente mortificata. 

«Metà della legione gli ha borbottato dietro che è stato lui a prendere i thermos.» disse lei con la voce grave. «E gli hanno detto di restituirli perché nessuno ha intenzione di prendersi le colpe di un traditore.» 

Reyna scosse la testa. «Non credevo che…» 

Kimberly annuì. «E invece sì. Se si fosse trattato di me, non me ne sarebbe importato nulla. Avrei semplicemente rivolto un dito medio a tutti e avrei continuato per la mia strada. Ma Daniel non è così. È sensibile. E io ho visto che era sul punto di mettersi a piangere. Quindi sì, Reyna, sono ancora arrabbiata  con te.» Pronunciate quelle ultime parole, Kimberly entrò a passo svelto nell'hotel, raggiungendo Chirone e il resto dei ragazzi su per le scale. Reyna la seguì qualche secondo dopo e la intercettò afferrandole il polso destro. 

Kimberly si voltò e, non appena le vide, spalancò gli occhi, incredula. 

«Per favore, lasciami spiegare.» la pregò Reyna, mentre mollava la presa attorno al suo polso. «Mi dispiace per quello che è successo a Daniel. Voglio solo che tu capisca che non è facile essere il capo dei tuoi amici.» 

Kimberly aggrottò la fronte. «Reyna, nessuno di noi è tuo amico.» 

E poi, nuovamente, lasciò Reyna da sola su uno dei gradini delle scale. Anche quella volta lei si affrettò a raggiungere lei e il resto del gruppo, ma tenendosi ad una certa distanza. Mentre saliva le scale, pensò che i suoi peggiori sospetti non avrebbero potuto ricevere una conferma più ovvia di quello che le aveva detto Kimberly. Si era illusa: nessuno era suo amico. 

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