25• Dioniso è il creatore di insegretosemidivino.com

«Ehi, datevi una mossa!» esclamò Aaron mentre suonava ripetutamente il clacson della jeep di Edmund. Il figlio di Eolo e Gordon, si erano ritrovati per caso a viaggiare insieme con Aaron e quest'ultimo aveva preso fin da subito confidenza con loro, guadagnandosi le loro simpatie grazie ad un paio di battute, al suo spirito avventuriero e al suo essere irritabilmente spassoso.

«Non rompere il mio clacson!» sbraitò Edmund mentre cercava di smontare la tenda senza fare danni. Frank e Reyna le avevano ordinate su uno sito alquanto strano e le istruzioni erano scritte in arabo, in tedesco e russo. Non il massimo per uno che conosceva solo l'inglese e il greco antico.

Gordon, accanto a lui, stava cercando di chiudere il suo zaino nel quale aveva ammucchiato una coperta insieme ad altri oggetti assolutamente indispensabili.
«Non potresti venire a darci una mano al posto di fare rumore?»
«Vi sto aiutando!» protestò Aaron. «Questo “rumore”» spiegò con aria fastidiosamente saccente, «infastidisce anche i mostri, le divinità e quant'altro. Ci sto salvando la vita.»

Gordon incrociò lo sguardo di Edmund. «Perché ho voglia di tirargli un pugno, ma allo stesso tempo di dargli il cinque?»
Il figlio di Eolo alzò le spalle. Poi ridacchiò. «Hai finito di dare della “verdurina schifosa” al tuo zaino?» gli chiese per prenderlo in giro.
Gordon lo guardò male e poi gli lanciò il suo zaino. «Beh, provaci tu a chiuderlo, mister non-riesco-a-smontare-una-tenda.»

Il figlio di Apollo si allontanò verso i secchi della spazzatura, gettando le cartacce delle barrette al cioccolato con le quali avevano cenato la sera prima. C'era stato un tempo in cui si sarebbe proposto per cucinare, ma da quando si era reso conto di non essere affatto bravo si teneva sempre ad una debita distanza dai fornelli. Edmund e Aaron erano negati quanto lui, perciò avevano deciso di farsi un giro al supermercato prima di ripartire per il prossimo campeggio dato che avevano finito tutto il cibo confezionato. Non mancava molto per Boston ormai.

«Questo bellissimo ragazzo è arrabbiato con me, per caso?» sussurrò Edmund all'orecchio di Gordon, cogliendolo di sorpresa. Lo abbracciò da dietro, poggiando il mento sulla sua spalla destra e guardando il profilo del suo viso in attesa di una risposta.
«In realtà sono molto arrabbiato con te, Lee.» sottolineò Gordon.
«Mi chiami per cognome, eh?» fece lui. «Mi tocca farmi perdonare, allora.»
«Puoi dirlo forte.»
«Meglio di no. C'è già Aaron a fare chiasso e non ho alcuna voglia di unirmi.»

Gordon sollevò leggermente all'insù gli angoli delle labbra.
«Sono stato – come posso dire? – una “verdurina schifosa”.» continuò Edmund. «Che ora è anche tanto dispiaciuta e ha voglia di essere perdonata e baciata.»
Gordon si voltò, in modo da riuscire a guardare Edmund negli occhi. «Va bene, ti perdono.» gli concesse. «Ma non avrai nessun bacio.»

«Perché no?» volle sapere Edmund,
«Perché ho deciso così.» affermò lui con aria soddisfatta. Poi aggrottò la fronte. «Non ti sembra che manchi qualcosa?»
Edmund annuì, facendosi serio e lasciando scivolare le braccia lungo i fianchi. «Aaron?» chiese al suo amico, appoggiato alla macchina con l'aria annoiata. «Perché hai smesso di suonare il clacson?»

Lui alzò un sopracciglio. «Perché? Volevi che continuassi?»
«Ovviamente no.»
Aaron scrollò le spalle. «Comunque me l'hai chiesto lui di smettere.» Indicò i rami di un pino. «Mi ha detto che sono irritante e che non si prenderebbe neanche la briga di trasformarmi in delfino perché non merito di unirmi al loro onorevole popolo.» recitò tutto d'un fiato.

«Chi? Una driade?» chiese confuso Edmund.
«No. Dioniso.» ribatté Gordon, guardando il dio del vino scendere dai rami dell'albero.
«Sarò breve.» esordì lui, facendo sfoggio di un'agilità che nessuno gli aveva mai attribuito. Dioniso appariva molto più giovane del solito ed indossava un'armatura e un mantello viola. Abbigliamento alquanto strano per un pigro che passava le giornate a bere Diet Coke e a cercare di battere un centauro a pinnacolo. Forse le bibite energetiche che aveva consumato per tutti quegli anni avevano fatto effetto. «Dove sono i thermos?»

«Non lo sappiamo.» rispose Gordon con determinazione. «Perché li vuole, Signor D?»
«Per proteggerli, ovviamente.» rispose lui frettolosamente. Indicò Aaron. «Tu, Giulio-Claudia. Vieni con me.»
Aaron deglutì. «Perché?»
«Perché te lo dico io.» Lo spinse davanti a sé per le spalle, iniziando a condurlo nelle zone in cui la vegetazione si infittiva. «Voi due continuate pure, Ernest e George. Riavrete Arnold tra un secondo.»
«Mi chiamo Aaron, in realtà.» lo corresse il sottoscritto, seccato.
«Zitto, Aurum.»

Ed Aaron obbedì, anche se per la precisione si ammutolì proprio perché Dioniso era riuscito ad azzeccare uno dei suoi nomi di battesimo.
«Bene, fermiamoci qui.» ordinò il dio del vino, facendo comparire dal nulla una lattina di Diet Coke e facendo cenno ad Aaron di accomodarsi su una panca di legno.
Aaron si sedette, guardandosi nervosamente alle spalle. Non riusciva più a vedere né la jeep, né Gordon e nemmeno Edmund.
«La tua famiglia dice che dovresti unirti a loro.» affermò ad un tratto Dioniso, con la voce monotona.

«Lei non sa niente della mia famiglia.» ringhiò Aaron a denti stretti. Non voleva che quella storia venisse a galla.
«Ne so più di quanto credi, invece. Dove sono i venti?»
«Sa già la risposta.»
«Beh, allora trovali e consegnali a me.»
«Non prendo ordini da nessuno. Men che meno da te, ubriacone!» esclamò Aaron, non riuscendo proprio a trattenersi.
«Credimi, i tuoi genitori lo sono ben più di me.» ribatté lui con l'aria di uno che avrebbe potuto urlargli in faccia da un momento all'altro, ma che tentava di trattenersi perché sapeva che non sarebbe servito a nulla sbraitare contro un diciannovenne. «E io non tocco un goccio di vino da più di mezzo secolo.»

«Conosco i miei genitori. E non ho intenzione di fare nulla per loro.»
«Devi solo portarmi i venti. Nulla di più. Poi ti lascerò in pace.»
«A cosa le servono i venti?»
«Per portarli ad Ermes, è chiaro.»
Aaron sgranò gli occhi e balzò in piedi, tirando fuori il suo stiletto dalla tasca posteriore dei suoi jeans. «Lei si è unito a Mercurio?»

Dioniso alzò le braccia verso il cielo e la cosa contribuì a far agitare Aaron più di quanto non fosse già. Puntò il suo corto pugnale contro il dio del vino, pur sapendo che la sua arma e quel gesto fossero praticamente inutili. Sarebbe stato come attaccare un drago sputafuoco con un mucchietto di legnetti.

«Sì. Lui non sa che sono qui. Ho deciso di attuare una missione diplomatica.»
«Un diplomatico? Lei?»
Dioniso iniziò a fare qualche passo verso Aaron, tenendo sempre le mani bene in vista e le braccia protese verso l'alto.

Il ragazzo indietreggiò nello stesso momento, agitando il suo pugnale e ringhiando: «Non si avvicini!»
«Dici di non sapere dove si trovano i venti. E ti credo. Ma dovrai trovarli per me.» 
Aaron quasi si lasciò sfuggire una risata. «Sì, come no.» disse sarcasticamente. «Ho già detto che non prendo ordini da nessuno.»

«Neanche se ti dicessi che conosco il tuo segreto?» ribatté Dioniso. «Tu e lei. Vi ho visti al Campo Mezzosangue. Vi ho visti baciarvi molte vole, sai? Oh, e quand'è l'ultima volta che avete avuto l'occasione di stare da soli? Ah sì. Quando sei venuto a New York. Siete stati insieme, no?»

Aaron divenne bianco come un cencio. Bacco non poteva sapere anche quello. Era stato così attento a non farsi scoprire. Lo erano stati entrambi. E lui era stato così bravo a far finta che non volesse nulla di serio con nessuna ragazza quando invece era tutto l'opposto. «Lasciala fuori da questa storia. Lei non c'entra nulla. Non farle del male.»

«Questo dipende da te e dalla tua fedeltà.» Dioniso pareva soddisfatto: aveva un sorriso fiero stampato sulle labbra e le pupille dilatate. «Aiutami e non le torcerò un capello. E, ovviamente, non devi farti scoprire e non dire di me a nessuno.» Il dio iniziò a scomparire. «Agisci con saggezza.» E poi svanì definitivamente. L'aria era carica dell'odore di alcol stantio e Aaron tossicchiò un po', allontanandosi da quel luogo. Rimise il suo stiletto nella tasca dei pantaloni e prese il suo cellulare, cercando un numero in rubrica e avviando una chiamata una volta che lo ebbe trovato.

La persona che contattò rispose quasi immediatamente.
«Dimmi, Aaron.»
«Kimberly, sei da sola? Dobbiamo parlare.»

Era da tantissimo che volevo pubblicare questo capitolo 😳
Ipotesi su chi sia la misteriosa spasimante di Aaron?
Diciamo che non avrei neanche dovuto pubblicare oggi, perché non ho ancora finito di scrivere il capitolo e mi infastidisce molto perché sto perdendo un po' di interesse per la storia per vari motivi, però non mi va di lamentarmi qui, quindi vi dico solo che ho tanta voglia di finire per scrivere la storia "più seria", perché questa è stata un po' un esperimento ✨
Beh ci vediamo al prossimo capitolo 🌝

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