Capitolo 9


I libri caddero con un tonfo, intorno a lei, facendola tremare e sussultare a ogni caduta. Isabelle sentì diversi rumori di passi, insieme a tutto quel rumore, ma non riuscì in quel momento a capirne la provenienza, tant'era spaventata. Strinse gli occhi, irrigidendo il corpo, aspettandosi che uno dei volumi le cadesse di sopra. Ma ciò non avvenne.
Non appena non sentì più alcun rumore, aprì con esitazione gli occhi, vedendo scuro dato che qualcosa le dava ombra, seguito da dei sospiri che le solleticarono il collo. Sussultando e voltando leggermente la testa dietro di sé, vide delle braccia tese sul mobile e delle larghe spalle che la coprivano .
«Cèdric!» esclamò, notando il suo viso contratto e il suo corpo arcuato per farle da scudo.
Lo vide fare un sorriso di scherno, anche se con difficoltà. «Principessa, ho vissuto nei peggiori vicoli di Parigi, convivendo con dei criminali. Ma mai ho rischiato la vita così spesso, da quando vi conosco.» Lo vide cercare di sollevarsi anche se poté notare Isabelle, il suo irrigidimento. «Mi dispiace non so cosa sia successo. Aspettate» disse lei, passando da sotto le sue braccia, per andare dietro di lui e controllare se ci fossero delle ferite aperte. Notò che diversi libri, di vario spessore, giacevano a terra e che probabilmente se l'avessero colpita in testa le avrebbero causato una commozione. Toccò la sua schiena e immediatamente lo sentì irrigidirsi, cominciando a sollevarsi.
«State fermo, per favore! Un movimento brusco potrebbe solo danneggiarvi» lo fermò, con una mano sulla schiena, che sollevò immediatamente sentendolo gemere. «Mi dispiace» mormorò, allarmata. «Ma credo che dovrò toccare la vostra schiena per distendere i muscoli, prima che vi solleviate» gli disse, sentendo le guance rosse per l'imbarazzo, ma non poteva lasciarlo in quelle condizioni.
«Chiamate qualcuno, io non andrò da nessuna parte» ironizzò Cédric, anche se aveva solo voglia di sfogare la sua frustrazione di dolore. Uno dei volumi lo aveva colpito nella spalla dolorante e adesso avevo il timore di sollevarsi perché era sicuro che si sarebbe lasciato andare a esclamazioni poco adatte alla donna al suo fianco e preferiva averla lontano.
Venne colto di sorpresa quando sentì il calore delle sue mani sulla pelle, massaggiavano con delicatezza la schiena arcuata e irrigidita.
«Non c'è alcun bisogno che lo facciate» cercò di fermarla lui.
«Non preoccupatevi, lo sto facendo per la vostra schiena, non c'è niente di sbagliato in questo» gli disse, anche se Cédric riuscì a percepire benissimo il suo disagio attraverso la sua voce, cosa che lo fece sorridere anche in quella situazione.
A poco a poco, si sentì a suo agio sotto quel leggero massaggio, cominciando a rilassarsi nonostante il dolore.
«Mi dispiace tantissimo, ero così distratta e avrò probabilmente fatto qualcosa senza che me ne rendessi conto.» Disse lei e l'uomo poté percepire agitazione e ansia nella sua voce.
«Non è stata colpa vostra. Sono riuscito a vedere di sfuggita delle piccole pesti correre via mentre io venivo verso di voi. Devono aver spinto più e più volte lo scaffale di fronte a voi affinché i manoscritti vi cadessero addosso» le spiegò, per rassicurarla sulla sua innocenza.
«Cosa?» urlò lei, non facendo attenzione e pigiando più forte su uno dei punti colpiti dal libro, facendo sussultare l'uomo. «Accidenti, donna...» imprecò tra i denti.
«Scusate, scusate! Non volevo, sono un vero disastro. Non sono riuscita neanche a rendermi simpatica a quei bambini, al punto di volermi far del male» mormorò rattristata, facendo più attenzione col massaggio.

L'altro sospirò, sentendo un principio di mal di testa. «Non è colpa vostra. Penso ci sia Dorian, dietro il piano.»
Isabelle pensò al bambino e a come l'avesse guardata e non poté negare il pensiero, dispiacendosene. «Mi dispiace che non sia simpatica a vostro figlio, monsieur Arsènè» mormorò, e lo era davvero.
«Adesso mi chiamate monsieur Arsènè? Avrei giurato di aver sentito pronunciare dalle vostre labbra, Cédric» la prese in giro.
«Vi starete certamente sbagliando, sarà stata la paura del momento a farvi credere così» buttò lì, Isabelle a disagio.

Isabelle percorse tutta la spina dorsale, salendo verso le spalle, senza metterci troppa forza e notando i muscoli meno irrigiditi. Cercò di non far troppa attenzione al calore che emanava il suo corpo e di non osservare in modo sfacciato la larga schiena. Ma comprese che era impossibile. Osservandola, ebbe più volte la tentazione di circondargli la vita stretta e di poggiare la guancia su quella schiena, facendosi sostenere.

«Isabelle?»
La voce dell'uomo, a cui stava dedicando i suoi pensieri poco consoni a una gentildonna, la fece irrigidire e divenne rossa d'imbarazzo. Ringraziò il cielo che fosse voltato e non potesse vederla. «Sì?»
Ci fu un
attimo di silenzio, dove l'unico rumore era quello delle sue mani sul tessuto della giacca dell'uomo. «Dorian è figlio dell'unica donna che io abbia mai amato»
Isabelle ebbe una stretta al petto così forte da farle male, ma non fermò i suoi movimenti, trovandoli come distrazione per non far percepire all'uomo cosa provava.
Ma cosa provava davvero?

Infondo la sensazione sentita nello scoprire la verità sul bambino non era già una dimostrazione di ciò che in realtà le suscitava quell'uomo?

Non poteva negare a se stessa che si era infatuata di Cédric fin dalla prima volta che aveva incrociato il suo sguardo. Inizialmente per un motivo, strettamente nostalgico, al ricordo della somiglianza con quel ragazzino del suo passato. Adesso lo vedeva con occhi diversi, come l'uomo che aveva imparato a conoscere in quei giorni, il non gentiluomo, ma con un cuore. Forse ferito e amareggiato, ma comunque grande, così tale da aiutare tanta gente.
E adesso sentirlo dire che aveva amato una donna, la rendeva estremamente triste e la cosa più preoccupante fu non riuscire a mantenere il suo solito tono d'indifferenza. Non riusciva a rimettere la sua maschera, proprio adesso che ne aveva più bisogno.

Cédric, ignaro del suo tormento interiore, cominciò a parlare, con lo sguardo fisso sui libri di storia e filosofia davanti a lui.
«Si chiamava Inés, era una donna dolce, ma allo stesso tempo emanava una forza che in pochi possedevano. Riusciva a essere più indifesa di un uccellino e poco dopo forte come un leone, dipende le circostanze. Era una vedova sola con un figlio piccolissimo, abbandonata al suo destino. M'innamorai quasi subito di lei.» Ricordando alcuni episodi con la donna, un sorriso spontaneo spuntò sulle sue labbra.
«Era riuscita ad addolcire quella parte di me che sembrava morta. Mi aveva ridato il calore umano, l'affetto che solo una donna sa dare. Oltre a Claus, lei era l'unica persona di cui mi fidassi cecamente.»

Isabelle ascoltò le sue parole senza fiatare, incuriosita suo malgrado dall'unica donna che fosse riuscita a perforare le difese dell'uomo di fronte a lei.
«Cosa è successo?» Chiese, immaginando niente di buono se Dorian era finito in un orfanatrofio e considerando l'amarezza e tristezza nella voce di Cédric.
Lo sentì sotto le sue mani irrigidirsi e Isabelle inizialmente temette di aver fatto di nuovo troppa pressione su uno dei lividi.

«Inés è stata coinvolta tra coloro che venivano rinchiusi in prigione da Lucien Duval.» La voce dell'uomo non esprimeva nessun tipo d'emozione, ma il suo corpo parlava più delle sue parole.
«So che ha fatto molto male a tanta gente» mormorò lei, non sapendo cosa dire e non solo perché ne era poco informata, ma soprattutto per Cédric, immaginando la sofferenza provata. Lo vide cominciare a muoversi, sollevandosi anche se gemendo per il dolore, aiutandosi con gli scaffali della libreria per rimettersi dritto.
Isabelle allontanò le mani dalla sua schiena a malincuore, sentendo già la mancanza del suo calore, mentre lui rimaneva fermo senza voltarsi.

«Non essere delicata nel parlare di lui» la fermò Cédric, «Lui, non era niente per me. Per colpa della sua mente malata, tanta gente ha sofferto, la sua famiglia ha sofferto , mia madre e Inés...»
«E tu» lo interruppe lei.

«Sì, anchio...» bisbigliò lui. «Ma niente è paragonabile al dolore che ho provato nel vedere coloro che più amavo, morire per causa dell'uomo che ha il tuo stesso sangue. Avrei fatto qualsiasi cosa per non sapere... per non avere quell'invisibile legame che mi lega a lui.»
Mise una mano sugli scaffali, cercando di deviare lo sguardo di lei, non sentendosi pronto ad affrontarlo. «Costruire questo orfanotrofio è stato il mio obiettivo fin da quando ero piccolo. Volevo un luogo dove i bambini orfani o molestati dagli adulti, potessero trovare del calore umano. Dargli una seconda possibilità, un modo per ricominciare in modo sereno. Dopo la morte di Inès, Dorian non avrebbe più avuto nessuno e per nessuna ragione al mondo avrei permesso che fosse lasciato al suo destino.»
«Non volevi che accadesse a lui ciò che è successo a te» mormorò lei, non resistendo dal toccarlo. Anche se ciò che le aveva detto non era stato gradevole, si sentiva stranamente felice del fatto che le avesse fatto una tale confidenza. «Sono felice che me l'abbiate detto. Sono felice che mi abbiate fatto conoscere questo luogo. Sono sicura che la vostra Inès vi stia guardando da lassù, felice e fortunata di avervi avuto nella sua vita.» Lo pensava davvero, si rese conto lei. Probabilmente quella donna aveva visto qualcosa in lui, che in molti non conoscevano. Un Cèdric nascosto per tutti, tranne che per quella donna.
Quest'ultimo, sentendo il calore della sua mano sul braccio, la fissò. I suoi occhi verdi, splendevano come cristalli, emanando solidarietà e non compassione. Stranamente, la sua mano sul braccio, gli creò un calore sul petto rispetto a quando aveva sentito le sue mani sulla schiena.

Perchè quel gesto aveva significato molto di più di quanto sembrasse.

Il suo corpo reagì senza che riuscisse a controllarlo e improvvisamente si ritrovò a tenere tra le sue braccia la donna, baciando le sue labbra tentatrici. La spinse leggermente fino a poggiare la sua schiena sugli scaffali, mentre lui aderiva a lei, lasciandosi travolgere dal momento. Temette che si divincolasse ma invece, sorprendentemente, gli cinse il collo con le sue mani calde, dandogli un incitazione in più a continuare il suo assalto sulle labbra dolci e invitanti.
Era come se non avesse aspettato altro, desiderava ardentemente stringere quel corpo a sé, volendo tutto il suo calore.
Per Isabelle era come sentirsi stravolgere da una miriade di emozioni che, insieme ai baci dell'uomo, la lasciarono quasi senza fiato. Era stata colta alla sprovvista, ma non appena aveva sentito le sua braccia stringerla, sentendo il suo profumo e il suo calore, non era riuscita a staccarsi da lui e non credeva di poter riuscirci nemmeno adesso. Sentì la sua lingua fare pressione sulle sue labbra affinché gli desse accesso, stuzzicandola fino a che non le aprì, venendo colta dall'ennesimo calore al petto.
Nessun uomo aveva mai osato arrivare a tanto, nessun uomo l'avrebbe stretta così possessivamente invadendo prepotentemente la sua bocca. Nessuno tranne Cédric.
Lui non seguiva un'etichetta, lui non era uno dei gentiluomini che lei conosceva. Non le avrebbero accarezzato in modo audace il collo, fino a scendere verso il petto e arrivare al seno. Sentendo le sue dita tastarlo.
Fu imbarazzante ed eccitante allo stesso tempo. Se una parte di sé voleva fermarlo, sapendo che ciò che stava facendo era sconveniente, l'altra parte di lei avrebbe voluto continuare fino a che i loro cuori non avessero smesso di battere. Mise le mani sui suoi capelli dal colore dell'ebano, sentendoli folti e morbidi al tatto, dandogli ancor più un incoraggiamento per aderire a lei, percependo così i suoi muscoli, così come lui la sua morbidezza.
Era assurdo, era sbagliato, era
meravigliosamente imperfetto.
Il rumore di piccoli passi che correvano nei corridoi, seguito dalle risate, ruppe l'incantesimo creatosi tra loro. In un attimo si resero conto di dov'erano, in un orfanotrofio con dei bambini, in una stanza con la porta aperta.
Cédric fu il primo a scostarsi da lei, ansimante. Non emise parola, voltandosi verso la porta per vedere se erano ancora soli.
Isabelle rimase dov'era, non riuscendo a riprendersi con la stessa velocità. Cos'era appena accaduto?
Stavano parlando e improvvisamente un piccolo gesto e uno scambio di sguardi era bastato per accedere un fuoco? No, si rese conto lei mettendo le mani sulle guance calde, il fuoco tra loro si era già acceso ed era bastato una piccola spinta per divampare.
Si guardò intorno, non vedendolo arrivare uscì da dove si trovava e lo trovò di spalle vicino alla porta, con una mano sulla parete.
«Sembra che non ci sia nessuno, fortunatamente» disse con voce rigida Cèdric, continuando a darle le spalle.
Isabelle, ebbe la tentazione di avvicinarsi a lui, di risentire di nuovo il suo calore, ma non osò. «Bene» cosa poteva dire? Fin'ora non le era mai successa una cosa del genere, sempre protetta dalla sua famiglia. Per la prima volta si era lasciata trasportare dalle sensazioni che in quel momento aveva sentito e ne era... felice.
«Scusatemi» la voce dell'uomo la riportò alla realtà. «Di cosa vi scusate?»
«Per ciò che ho fato, non volevo.» Nel pronunciare quelle parole, la sua mano s'irrigidì sulla parete, come se si stesse trattenendo.
Per Isabelle l'ideale sarebbe stato accettare le sue scuse e far finta che non fosse successo niente. Le stava dando l'occasione perfetta per far in modo di uscirne come la brava gentildonna che era.
«Siete un pessimo bugiardo.»
Le parole della donna uscivano senza esitazione, sorprendendo anche se stessa. Ma la cosa che più la meravigliò fu il vedere le sue spalle tremare, nel trattenere una risata. «Certo che non mi rendete la vita facile.» Si voltò verso di lei, con un sorriso sulle labbra e incrociando le braccia sul petto. «No, avete ragione» concordò con lei Cédric, avvicinandosi a lei e facendola interiormente tremare. «Non mi dispiace di avervi baciato, ne di avervi stretta a me...» parlò continuando ad avvicinarsi, fino a un passo da lei. Si fissarono negli occhi, comunicandosi le loro perplessità e le loro domande, cercando le risposte. «Siete dannatamente diversa da come vi immaginavo, principessa» sbuffò dopo lui, scostandosi una ciocca di capelli neri, sfuggita al nastro che li legava. Isabelle, rendendosi conto che era stata lei a scompigliarglieli quando ne aveva addentrato le dita, sentì le guance porpora pensando al gesto dettato dalla passione del momento, cosa che non sfuggì a Cédric che le lanciò uno sguardo piratesco. «Dovrò legarli ancora più stretti, se non voglio rischiare che vadano liberi sulle spalle. Sapete, solitamente li slego solo a letto.»
Quell'ultima affermazione fu troppo per lei che, se non voleva rischiare di svenire davanti a quella canaglia, gli lanciò un'occhiataccia per poi passargli accanto per uscire. «Siete proprio l'opposto dei gentiluomini che conosco.»
Quasi corse, mentre usciva da quella stanza con il cuore che rischiava di esploderle nel petto, non notando così lo sguardo cupo dell'uomo.

Dopo un pranzo a dir poco delizioso, con cibi semplici e nutrienti, dando una dimostrazione in più di quanto l'orfanotrofio fosse ben seguito.
Non riuscì a incrociare lo sguardo di Cédric, seduto al suo fianco. Sapeva che non sarebbe riuscita a mascherare l'imbarazzo che stava cercando di mantenere sotto controllo.
Quel bacio era stato così sconvolgente e sensuale.
Anche se i baci scambiati con alcuni gentiluomini erano stati solo lievi carezze in confronto, pensava che le emozioni provate con quell'uomo non le avrebbe vissute con uguale intensità con un altro.
Poco dopo i bambini avrebbero dovuto seguire una lezione, ma dato la presenza degli ospiti fecero un'eccezione, lasciandogli la possibilità di giocare fuori dato che il sole permetteva un po' di calore in quella giornata fredda, con Cédric al seguito.
Isabelle stette a passeggiare nei giardini, lanciando qualche occhiata ad un gruppetto in particolare di bambini che stava intorno a Cédric, mentre quest'ultimo stava parlando a loro coinvolgendoli con qualche storia. Isabelle provò un'ondata di tenerezza a quella scena.
Notò che Dorian di tanto intanto le lanciava uno sguardo, ma lei cercò di non dargli peso, comprendendo in un certo senso il suo disappunto. Quell'uomo era tutto ciò che le rimaneva e chi più di lei poteva capirlo?
Lei era stata fortunata, oltre a non ricordare la sua prima famiglia e così da non dover avere nostalgia di loro, aveva dei genitori che l'avevano accolta e amata.
Le ritornarono in mente le immagini di quella casa in fiamme e ricordava la sensazione orribile provata. Aveva sentito il respiro mancarle e la testa scoppiarle. Da quel giorno non le era successo più, ma quella sensazione orribile non l'abbandonava. Forse quello era stato un avvertimento, affinché lasciasse perdere.
Il suo sguardo cadde su una piccola bambina dai capelli castani, seduta sulla scaletta della porta che dava alle cucine. Notò che era sola e che guardava intensamente il cielo.
Incuriosita, Isabelle fece qualche passo verso di lei e quel semplice movimento dovette sentirlo allorché distolse lo sguardo per incrociare il suo. Isabelle ebbe modo di vedere un bel viso a cuore, con delle sopracciglie lineali e due occhi azzurri come il mare. Il suo sguardo si oscurò improvvisamente, pronta a scappare da un momento all'altro.
«Mi dispiace, non volevo spaventarti. Sono un' amica di Monsieur Dumas» cercò di rassicurarla lei, ma la bambina non sembrava per niente convinta di quell'ultima rivelazione.
Isabelle cercò di trovare qualcosa da dirle per rasserenarla sulle sue intenzioni e notò che la bambina era rimasta affascinata dal suo scaldamani di pelliccia.
Le sorrise. «Ti piace? Vuoi toccarlo?» La incoraggiò, ma la bambina sembrava ancora sospettosa, cosa che la stranì. Gli altri bambini sembravano tutti così socievoli e allegri, mentre lei era decisamente spaventata e diffidente.
Provò a fare qualche passo verso di lei, soddisfatta nel notare che non fosse scappata. «Toccalo pure, non ti fa niente sai» scherzò, notando che gli occhi della bambina erano ritornati a fissare l'oggetto.
Non appena fu abbastanza vicina si fermò, allungando il braccio con lo scaldamani verso la bambina. Quest'ultima dopo un lungo minuto di esitazione, avvicinò la sua piccola mano verso la pelliccia.
Isabelle sorrise, nel notare il viso della bambina farsi sorpreso non appena toccò l'oggetto morbido.
«E' caldo» disse improvvisamente la piccola, cogliendola di sorpresa. «Sì, serve proprio a questo
, a tenere le mani calde.»
La bambina alla fine lo prese e Isabelle le spiegò come metterlo, continuando a mantenere le distanze. Ebbe un momento di tenerezza nel notare la sorpresa e lo sguardo affascinato della bambina mentre toccava e percepiva il calore della pelliccia.
«Fa molto freddo qui?» Chiese.
La bambina scosse la testa, con la testa china sulla pelliccia. «Qui no. Nella cantina sì» quella risposta lasciò Isabelle di stucco. «Cantina?»
La bambina non rispose, perché la sua attenzione ritornò nel cielo, dove le nuvole avevano ricoperto il sole. «Il sole è andato via» mormorò.
Isabelle voleva riprendere l'argomento di prima, ma comprese che avrebbe dovuto girarci intorno. «Ti piace molto il cielo? Ho visto che lo guardavi intensamente.»
L'altra annuì. «Prima vedevo solo il buio e quando uscivo era già notte.»
Isabelle sentì un brivido percorrerle la schiena, mentre ascoltava le parole della bambina, la sua mente cercava di vedere altre possibilità che quelle frasi avrebbero potuto intendere. Ma non era così ingenua da non comprenderne il significato, sapendo benissimo che quei bambini erano lì per diversi motivi.
«Ma poi degli uomini in maschera mi hanno portato via da quel luogo» continuò la bambina, ignara di ciò che aveva appena scombussolato in Isabelle, con le sue parole.
«Uomini in maschera» mormorò lei, ancor più sconvolta, mentre l'altra annuiva accarezzando la pelliccia «Mi hanno presa e portata qui.»
Ma che significava? Uomini in maschera, gli unici che le venivano in mente erano i banditi. Da quando quei tipi prendevano dei bambini da luoghi inadatti a loro, salvandoli e portandoli negli orfanotrofi? Tutto ciò era assolutamente assurdo e surreale e in più l'unico bandito di suo conoscenza, ne era sicura, non avrebbe mai fatto un'azione del genere. I banditi rapinavano le carrozze, svaligiavano dentro le residenze e baciavano delle fanciulle indifese al massimo... No, probabilmente la bambina si riferiva a qualcuno in particolare. Ma a chi?
«Contessina?»
La voce di Cédric la spaventò, concentrata com'era dai suoi pensieri.
Quest'ultimo si portò in avanti e guardando dietro la donna, vide la bambina. «Céline.»
Cédric le si avvicinò inginocchiandosi alla sua altezza. «Vi stavamo cercando per giocare insieme. I tuoi compagni vogliono giocare a nascondino e hanno chiesto esplicitamente la tua presenza.»
La bambina non sembrò, inizialmente, entusiasta di stare in compagnia.
Ma come lei, non poté resistere al carisma dell'uomo che le stava di fronte e decise di alzarsi per raggiungere gli altri bambini
Le porse il pellicciotto senza pronunciare parola e Isabelle dovette trattenersi dal fermarla per porle altre domande.
Non appena rimasero soli, un'atmosfera tesa invase l'aria.
Isabelle decise di giocarsi la carta del sorriso, facendo qualche passo indietro per far capire le sue intenzioni di andare via da lui. «Sarà meglio che li raggiungiamo, non credete?
L'uomo la fissò, come se si fosse accorto solo in quel momento della sua presenza. «Sì, avete ragione» mormorò solamente, cosa che infastidì molto Isabelle anche se non riusciva a spiegarsene la ragione. Infondo era stato solo un bacio, lui la stava semplicemente aiutando.

Si voltò senza aspettarlo, facendo una camminata veloce, resistendo all'impulso di correre e aumentare la distanza tra loro.
Eppure cominciava a provare qualcosa per quell'uomo. Il suo spirito romantico non poté negare di essere stata affascinata dal suo voler aiutare quei bambini dopo ciò che aveva passato sulla sua pelle.
Era una parte di lui che solo in pochi conoscevano, e lei era una di quelle persone.
Ma la razionalità fece ingresso nella sua mente, mettendola faccia a faccia con la realtà.
Gemette, sentendo il petto farle male. «Perché la vita è così difficile. Perché non è come nei romanzi?»
L'uomo s'innamora della fanciulla, come lei di lui e insieme superano varie peripezie per poi coronare il loro sogno d'amore.

Riusciva a stento ad immaginarsi Cédric che correva verso di lei chiamandola a gran voce e dichiarandole il suo amore, di non lasciarlo per stare insieme tutta la vita.
Non poté trattenere una risata, nell'immaginare la scena a dir poco surreale, compiuta poi proprio da lui.
La sua risata divenne lieve, fino a che non smise, sentendo un groppo alla gola.
Purtroppo sapeva a sue spese quanto la vita fosse dura e che le idee romantiche non erano considerate accettabili. Anche se la sua vita era cambiata in modo positivo, rimaneva comunque vincolata in mondo che non le apparteneva. Se prima l'idea di innamorarsi era fuori questione per via della sua vita così sgretolata da non sapere neanche se sarebbe sopravvissuta. Adesso invece, doveva aver a che fare con una società dove l'etichetta e l'apparenza era tutto e dove i matrimoni venivano combinati affinché le due famiglie potessero unirsi e rafforzarsi. Non esitavano compromessi.

In un modo o nell'altro, Isabelle sentiva di essere in trappola.
Non appena i bambini la videro, la raggiunsero per dirle le ultime novità.
«Abbiamo deciso come giocare» disse entusiasta uno di loro.
«A nascondino!» Gridò un altro.
«Nascondino?» Non credeva di averci mai giocato nella sua infanzia, anche se conosceva le regole del gioco.
Anche Robin, sembrava perplesso, forse anche lui non ci aveva mai giocato.
Non appena Cédric li raggiunse, i bambini corsero a informarlo della loro scelta.

«Bene, se siete tutti d'accordo, giochiamo» accordò, rendendo felici i bambini, entusiasti.
Il fatto che quei bambini, nonostante ognuno di loro avesse un vissuto particolare dove gli adulti erano i loro nemici, avessero coinvolto due di loro con tanta disinvoltura era solo merito di Cédric che era riuscito a conquistarsi la fiducia di ognuno di loro.
Iniziarono a giocare e ognuno corse a nascondersi mentre il bambino pescato per la conta iniziava. Inizialmente provò un po' di imbarazzo mentre cercava un luogo dove nascondersi, ma poi l'entusiasmo dei bambini coinvolse anche lei.
Camminò in fretta guardandosi in giro, per cercare un nascondino, cercando di non guardare in quale direzione fosse andato Cédric.
Raggiunse la stalla, trovandolo un buon luogo dove nascondersi. Entrò dentro e la prima cosa
che sentì fu l'odore del fieno e legno. I cavalli, accorgendosi della presenza di un estraneo cominciarono a nitrire, dentro le loro scuderie. Isabelle si avvicinò a uno di loro. Questo aveva una manto color della terra bruciata e la fissava con i suoi profondi occhi scuri. Gli accarezzò il muso e quest'ultimo gradì il contatto dal momento che, con un lieve nitrito, si avvicinò ancor di più alla sua mano.
Isabelle lo guardò con tenerezza, trovando serenità e tranquillità al contatto con l'animale.
«Cosa ci fai tu qui?»
Isabelle fece un passo indietro spaventata, voltandosi in direzione della voce, trovandoci Dorian che la fissava accigliato.
Decisamente non la vedeva di buon occhio, pensò lei. «Mi hai spaventato. Stavo cercando un posto dove nascondermi, ma poi sono stata distratta...»
«A lui non piace essere accarezzato sul naso» la interruppe, avvicinandosi al cavallo al suo fianco. Isabelle non emise una parola mentre lo vedeva avvicinare la mano al muso dell'animale. Quest'ultimo sembrò averlo riconosciuto perché con un lieve nitrito, si avvicinò alla sua mano.
«Gli piace quando lo tocchi in mezzo alle orecchie» mormorò il bambino, mantenendo un tono neutro, ma notando il suo viso ammorbidirsi.
«Ti piacciono i cavalli?» Chiese con disinvoltura lei, verso il bambino.
«Sì, mi sono sempre piaciuti. Da quando papà mi ci portava in groppa quand'ero più piccolo» spiegò e in quel caso non riuscì trattenere l'affetto che provava per l'uomo che l'aveva salvato da un destino orrendo.

«Anche a me piacciano tanto, li trovo degli animali nobili e gentili.»

Questa volta, Dorian sembrò ricordarsi con chi stesse parlando e si voltò verso di lei con il suo solito sguardo accigliato. «Non m'interessa cosa ti piace. A me l'unica cosa che importa è che tu te ne vada e che stai lontana da mio padre.»

Isabelle rimase sorpresa, davanti a quella reazione al quanto, a suo parere, esagerata. «Ma, non capisco, io e tuo padre siamo solo... » Cosa? Cos'erano? Amici, conoscenti?
Dorian non sembrava convinto delle sue parole e tornò alla carica.
«Sappi che non ho intenzione di stare con le mani in mano e farò di tutto per farti allontanare da lui. Non me lo porterai via.»
Isabelle stava per dirgli la sua, ma venne interrotta da un forte nitrito e subito dopo da un urlo,
proveniente da una delle stalle.
Isabelle corse subito a guardare tutti i box per cercare di comprendere la causa del suono, quando un altro urlo poco lontano da dove stava lei, la raggiunse. Non appena trovò il box giusto, sgranò gli occhi, sconvolta. «Oh no!»
Una bambina stava praticamente attaccata alla parete, terrorizzata a morte, mentre il cavallo era sempre più agitata e altrettanto spaventato dalle urla. Un movimento sbagliato e il cavallo avrebbe ucciso con un colpo del suo zoccolo, la bambina.
«Elise!» Dorian l'aveva raggiunta e guardava anche lui spaventato, la scena. «Elise aspetta, vengo subito» urlò, facendo per aprire il box.
Isabelle fu lesta a fermarlo. «No, potrebbe soltanto infastidirsi di più, con troppa gente vicino»
L'altro aveva temporaneamente perso l'odio nei suoi confronti, aggrappandosi a lei come unico aiuto. «Cosa possiamo fare?»

Nel frattempo il cavallo sembrava sempre più agito e non smetteva di muoversi mentre la bambina cominciava a piangere in modo disperato.
Isabelle mise le mani sulle spalle del bambino, cercando di mantenere il controllo.

«Corri più veloce che puoi e chiama chiunque, tuo padre, la direttrice, qualcuno della servitù. Vai!»
Il bambino annuì, si voltò e iniziò a correre più veloce che poteva.
Isabelle si girò verso la bambina, cercando di mantenere il panico che sentiva addosso. «Resisti Elise, ti tireremo fuori di lì.»
Ma la bambina non sembrava sentirla e piangeva senza alcun controllo, facendo nitrire il cavallo che si agitava con le zampe.
Isabelle comprese che gli altri non avrebbero fatto in tempo ad arrivare, prima che succedesse il disastro. Sentendo le mani tremare, si guardò intorno cercando qualcosa, qualsiasi cosa che potesse aiutarla.
Trovò ciò che cercava, proprio a poca distanza da lei. Dei sacchi con del fieno e delle mele!
Ne afferrò immediatamente una, avvicinandosi poi all'animale. «Vieni qui, guarda cosa ho nelle mani!» Cercò di attirare la sua attenzione, ma il cavallo non sembrava voler darle attenzione.
«Per favore, guarda cos'ho qui.»
Non la considerava proprio. A quel punto decise di fare un'azione che avrebbe potuto mettere ancor più a rischio la bambina, ma cos'altro poteva fare?
Aprì il box lentamente, cercando di non far agitare ancor di più l'animale. Quest'ultimo sembrava guardarla minacciosamente, come se avesse capito le sue intenzioni e aspettasse il momento giusto per agire. Isabelle si mosse con calma e lentezza.
Sudava freddo e le sue mani tremavano così tanto da rischiare di far cadere la mela.
«Voglio solamente darti la mela. Ti piace, no?» Riusciva a stento a crederci, stava parlando ad un cavallo. Avrebbe riso, se non fosse stato per la situazione drammatica del momento.
La porta si aprì del tutto e lei ebbe modo di constatare le dimensioni dell'animale, a dir poco enormi.
Con coraggio, avvicinò il braccio con la mela verso lui, aspettando che si concentrasse su di lei. L'animale, riconoscendo il frutto, lo annusò continuando però ad essere diffidente e lanciandole delle occhiate che le ricordavano Dorian.
«Su, accetta il mio regalo. Siamo amici, non voglio farti del male.»
Il cavallo fece qualche passo verso di lei e Isabelle dovette trattenersi dall'indietreggiare per la paura.

La bambina dal canto suo, sembrava essersi calmata , seppur continuando a piangere, fissando la scena a occhi sgranati per la paura.
Improvvisamente il rumore di passi e voci si distinse in lontananza comprendendo che Dorian era riuscito nel suo compito. Sia ringraziato il cielo, pensò lei sospirando dal sollievo.
Anche la bambina riuscì a sentirli, ma a differenza sua non mantenne la calma che in quel momento era di vitale importanza.
«Aiuto! Madame Lambert, Monsieur Dumas!» Urlò, correndo intorno al box per uscire da lì, così presa dal panico che non ricordò della situazione in cui si trovava.

Ma il cavallo lo ricordava eccome e tutta la sua agitazione ritornò, se non raddoppiata, nitrendo e sollevandosi su due zampe anteriori.
Isabelle rimase per un attimo bloccata sul posto ma dopo, all'urlo della bambina, riprese il controllo lasciando la mela e raggiungendo la bambina. Il cavallo seguì il suo movimento e cercò di calpestarla con le zampe. Isabelle fu lesta ad afferrare la bambina e saltare dall'altra parte.
Non ebbe nemmeno il tempo di respirare che l'animale, dopo il primo attimo di sorpresa si ricaricasse. Contemporaneamente sentì la voce di Madame Lambert urlare disperata e anche dei bambini, ma ebbe a stento il tempo di metabolizzare il suono, prima di fare un altro balzo lontano dai suoi zoccoli che presero la stoffa, lacerandola. Questi ultimi le davano poche possibilità di movimento e per questo aveva timore di correre verso l'uscita, considerando il peso che teneva addosso che sembrava non riuscire a controllare le sue lacrime. Veniva di piangere anche a lei.
Improvvisamente vide spuntare un'altra presenza, che riconobbe, Cedric. Quest'ultimo afferrò per il collo l'animale, cercando di dominarlo così da calmarlo.
Isabelle rimase impietrita, mentre l'uomo, rosso in viso e con i muscoli tesi, cercava di sovrastare il cavallo che non sembrava voler cedere.
Lo vide bisbigliargli qualcosa e nel frattempo spostarlo lontano da loro.
«Contessina, presto!» Venne colta alla sprovvista quando si sentì richiamare, vedendo la direttrice segnalarle di allontanarsi e raggiungerla.
Isabelle tenne stretta la bambina e si sollevò, dando una sbirciata ansiosa all'uomo, raggiungendo l'uscita del box. Pochi secondi dopo corse dentro anche un altro uomo, che scoprì dopo essere lo stalliere, raggiungendo Cédric e insieme riuscirono a calmare il cavallo.
La direttrice prese la bambina terrorizzata cercando di calmarla, mentre Isabelle sentiva ancora la tensione addosso e le mani cominciarono a tremare.
«Grazie Contessina, grazie con tutto il cuore» mormorò l'anziana donna con le lacrime agli occhi.
Isabelle riuscì a fare uno sdentato sorriso, prima che una nube nera si abbattesse davanti ai suoi occhi e le gambe smisero di reggere il suo peso.
«Contessina? Oh no, monsieur Dumas!»
L'ultima cosa che percepì, fu il calore della pelle che riconobbe immediatamente unita alla sua voce un po' rauca e dura, ma che in poco tempo era riuscito a entrare dentro il suo cuore. «Principessa.»


PICCOLO SPAZIO A ME!!!!!!!

Spero vi sia piaciuto il mio piccolo regalo, io sono contenta di essere riuscita a mandare il capitolo molto tempo prima del mio solito. XD
Questo capitolo ha rivelato passioni, ma anche altri indizi e sospetti... 
A proposito di rivelare, vorrei darvi una piccola anticipazione... nel prossimo capitolo verrà rivelato qualcosa di molto importante per i due protagonisti e.... stop! 
Termina qui la mia anticipazione, nel frattempo continuo a invitarvi a seguirmi con Oltre la maschera e di commentare e dire la vostra!
Per oggi è tutto, a presto con il prossimo capitolo!!!!

CIAOOOOOO RAGAZZIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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