Capitolo 6


In passato aveva visto cose che un bambino, con una vita normale, non avrebbe mai immaginato esistessero. Cédric si era ritrovato a vivere una vita dove i suoi compagni erano dei fuorilegge, assassini e banditi.
Imparò ad aprire e scassinare qualunque cosa, svaligiando case e empori. Aveva anche contribuito ad un omicidio, pensò con angoscia. Ma non avrebbe mai collaborato al traffico di bambini! Paul ci aveva tentato più volte, ma lui aveva sempre cercato di deviare la missione senza mai farsi scoprire, fino all'ultima volta in cui era scappato...
Adesso tutto ricominciava e i ricordi con lui. Da anni cercava di rimediare ai suoi errori, ma sembrava che niente potesse coprire ciò che aveva fatto. In qualunque modo, usciva sempre alla luce.
«Cédric?»
La voce di Isabelle lo riportò alla realtà, rendendosi conto in quel momento di essere sparito con la mente e di non aver sentito più niente di ciò che si erano dette le due donne.
La contessina lo guardava con occhi di chi non sapeva come comportarsi. Cosa poteva saperne lei? Era una fanciulla pura, innocente sotto tutti i punti di vista e lui si ritrovò ad essere furioso con colui che l'aveva spinta fin lì, in un mondo completamente corrotto.
Non riuscendo a incrociare il suo sguardo, si rivolse all'altra donna, altamente provata e giustamente spaventata. «Colette, vi aiuterò io» disse a bruciapelo, sotto lo sguardo sbalordito di entrambe le donne.
«Come? Non capisco» disse la prostituta, con molto meno coraggio e sfrontatezza avuta solo pochi minuti fa, con occhi sbalorditi.
Cédric si staccò dalla parete, dov'era rimasto per tutto il tempo, e si avvicinò alla donna prendendole una mano tra le sue e guardandola dritto negli occhi, trasmettendole la sua solidarietà. «Prendete tutto ciò che possedete, vostro figlio e dirigetevi al porto. Una delle mie navi partirà per l'America tra due giorni.»
L'altra cercò di parlare, ma ebbe difficoltà a emettere fiato, sorpresa com'era dalle parole dell'uomo. «Ma, ma io non ho ancora il denaro sufficiente per pagare i biglietti della vostra nave, non ancora almeno...»
«Non pensate a quello. Pagherò tutto io, tenete i vostri risparmi per quando sarete in America. Farò in modo che una carrozza venga a prendervi questa sera e alloggerete in una locanda. Il proprietario è un mio amico e si chiama Claude, vi darà una stanza e del cibo fino al giorno della partenza» le spiegò dettagliatamente, senza sentimento di pietà nelle sue parole emanando soltanto sicurezza e serenità ed è ciò che probabilmente percepì anche Colette, poiché sembrò che la sua corazza si fosse distrutta in mille pezzi. La donna, dopo aver sgranato gli occhi ascoltando le parole di Cédric, mise le mani sulle labbra trattenendo dei sussulti, mentre lacrime calde cominciarono a versarsi sulle sue guance scarne. «Vi-vi, ringr-grazio... non so cos'altro dire. Grazie...» balbettò, crollando ai piedi di Cédric e afferrando la sua giacca. «Grazie, grazie. Potrò salvare mio figlio e assicurargli un futuro migliore.»
Isabelle guardò la scena, commossa e felice, non aspettandosi un gesto così generoso da una persona all'apparenza cinica e fredda come l'uomo di fronte a lei.
Non appena si accordarono su tutto e Isabelle riuscì ad alzarsi senza esitazione, uscirono dalla casa della donna, diretti fuori da quella zona, ora più che mai, pericolosa, date le ultime notizie. Si ritrovò a guardare l'uomo, con un'altra prospettiva, quella di un essere umano con un cuore grande che aveva soccorso una donna a lui estranea e il suo bambino. Un'estranea come lei.
D'altronde non avevano alcun legame, eppure l'aveva raggiunta e accompagnata in quel luogo e dopo aiutata quando ne aveva avuto più bisogno. «Avete fatto un gesto onorevole, da vero gentiluomo» mormorò al suo fianco.
«Non è stato un gesto da gentiluomo, ma umano» disse lui con tono duro, oscurandosi in viso.
«Quella donna ha fatto di tutto per proteggere suo figlio e meritano entrambi di rifarsi una vita migliore.»
Isabelle ricordò il passato di lui, ciò che gli era successo e si sentì una stupida per non averci pensato prima. «Vostra madre deve aver fatto molto per voi» bisbigliò esitante su cosa fosse meglio o no dire.
L'uomo non si accigliò, non imprecò, ma parlò con tranquillità, continuando però a non rivolgerle lo sguardo. «Ci ha provato. Ha cercato qualcosa di diverso, ma in una città dove chi è una prostituta resta una prostituta, difficilmente qualcuno ti apre le sue porte per offrirti un lavoro diverso.»
Il suo sguardo divenne improvvisamente duro, irrigidendosi, e Isabelle percepì quasi subito la tensione di lui avvolgerlo. «Poi mia madre, colta dalla disperazione, prese la decisione di chiedere al Duca aiuto, ricevendo un rifiuto categorico» il ricordo del suo sguardo freddo mentre lo fissava, gli era ancora impresto nella mente.
«Non riuscite a nominarlo come vostro padre» disse con più con convinzione, che con domanda Isabelle.
L'altro la sorprese, ridendo senza davvero emanare allegria. «Come potrei mai nominarlo in quel modo, dopo il male che ha fatto a mia madre? Dopo tutto ciò che ha fatto e continua ancora a fare, nonostante sia ormai deceduto da anni. Che possa marcire all'inferno.»
Isabelle non sussultò tanto per le sue parole, ormai abituata al suo linguaggio, bensì per la rabbia che sprigionavano. Si percepiva una profonda rabbia unita a un dolore immenso che continuava insistentemente a colpire il suo animo, già così fragile.
«Per questo non potrò mai capire ciò che tu stai cercando» continuò lui, sorprendendola. «Stai cercando qualcosa che probabilmente, a quanto abbiamo potuto vedere, ti farà solo soffrire e continuando per questa strada farai soffrire altre persone, rimanendo sola» le disse lui, presagendo ciò che sarebbe potuto accadere se avesse continuato quella strada.
«Sono consapevole del vostro pensiero, ma io rimango convinta del mio. E' successo qualcosa, quando ho visto quella casa. Sono sicura che continuando a cercare...»
«Perché, accidenti, perché?» Si fermò bruscamente Cédric, parandosi di fronte a lei. «E' evidente che quella casa vi riporta ricordi spiacevoli, creandovi delle crisi. Ricordi che la vostra mente vuole che dimentichiate. Ma nonostante gli avvertimenti, volete continuare con le vostre stupide ricerche.»
Isabelle rimase inizialmente sorpresa dal sua accanimento, ma poi lo fissò dritto negli occhi, non volendo cedere. «Non sono stupide ricerche, sto cercando la verità, la mia verità! Voglio sapere cosa è successo prima ancora di finire in orfanotrofio e perché non ricordo. E' così difficile da capire il mio desiderio di sapere le mie radici e il perché i miei genitori mi hanno lasciata? Se davvero è stato così» mormorò alla fine, non convinta più di niente.
Lo vide scuotere la testa. «Ciò dimostra solamente quanto tu sia stata fortunata e quanto in realtà tu sia una principessa avida di avventure» l'accusò. «Cosa succederebbe se scoprissi una verità che potrebbe ferirti? Hai già visto con i tuoi occhi che molta gente non ha avuto la tua stessa fortuna di capitare in una famiglia nobile e ricca, in questo luogo si soffre la fame e come hai visto molti bambini vengono rapiti per essere venduti a sceicchi o messi in schiavitù. Questa non è una avventura dei tuoi libri, è la realtà.» Il suo sguardo era ritornato freddo e cinico, come la prima volta che l'aveva visto, facendola interiomente tremare.
«Sapete, voi non mi conoscete, non sapete chi sono e cosa ho provato quando mi sono ritrovata in orfanotrofio» disse improvvisamente Isabelle, sentendo la rabbia innescarsi in lei. «Quanto mi sono sentita sola e confusa, non ricordando niente di quello che era successo e del perché fossi lì. Sì è vero, sono stata fortunata ad essere stata scelta dai miei attuali genitori. Ma quel vuoto che ho sentito dentro non è cambiato ed è rimasto dentro di me, nonostante gli anni, e ora che ho l'occasione di riempire quel vuoto non mi fermerò.»
I due si incenerirono con gli occhi per una manciata di secondi, senza emettere suono, ognuno sicuro delle proprie convinzioni. Fu Cédric il primo a romperlo, sbuffando e andando avanti, mentre lei rimase a guardare le sue spalle larghe ancora accigliata.
Non riuscivano proprio a trovare un punto d'incontro, nonostante quello che avevano condiviso quel giorno.
Camminarono separati per tutto il tragitto, con lui davanti, senza provare minimamente ad avere una conversazione.
Che cosa sarebbe successo adesso? Cosa doveva fare? Isabelle cercava di darsi una risposta nonostante lo sconforto che sentiva, poiché non aveva uno straccio d'indizio se non quella casa ormai in ceneri. Però in quel momento non riusciva a pensare a cosa fare adesso per trovare i suoi genitori, bensì all'uomo scorbutico e per niente gentiluomo che si trovava davanti a lei. Lo trovava enigmatico, incomprensibile ai suoi occhi. Non riusciva a capirlo, lo trovava gentile e premuroso, cavaliere con i bisognosi d'aiuto e poi scorbutico e aggressivo.
Non era una sciocca e poteva intuire benissimo il perché della sua reazione, dato il suo passato, ma ciò non giustificava il resto. Lo guardò continuare a camminare davanti a lei, senza diminuire la velocità, restando leggermente distante da lei. Si accigliò, sentendo di detestarlo in quel momento e contemporaneamente vogliosa di farsi avanti e di chiarire con lui.
Improvvisamente venne colta di sorpresa quando una piccola presenza corse al suo fianco, per poi sentire qualcosa scivolarle via dal braccio. Colta di sorpresa e disorientata, vide un ragazzino dai capelli cenciosi e scuri, scontrasi con Cèdric che si fermò, colto di sorpresa. «Cosa diavolo...» mormorò, mentre vide di sfuggita il ragazzino toccargli la giacca, nello scontro, per poi passargli al fianco.
«Oh, scusate tanto» disse con un sorrisetto furbo, non fermandosi e continuando a correre e allontanandosi.
Isabelle istintivamente venne colta da un'illuminazione e guardò le sue braccia, rimanendo a bocca aperta non appena comprese ciò che era successo. «Ha rubato la mia borsetta» disse sgomentata, e lei non se ne era nemmeno accorta.
Sentendola, anche Cédric si tastò la giacca, imprecando dopo sonoramente. «Dannato ragazzino, si è preso anche il mio orologio.»

Isabelle venne colta da un altro pensiero non appena ricordò il contenuto della sua borsa. «Oh no!» Urlò, correndo, verso il percorso fatto dal ragazzino, ma venne fermata da Cèdric. «Dove avete intenzione di andare?»
«Dentro la borsa c'era il biglietto che diceva di venire qui, senza quello non ho più niente che possa aiutarmi» disse angosciata, guardando Cédric con le lacrime agli occhi. Lui la guardò sgranando gli occhi e lei si sentì ancor più triste ben consapevole del suo pensiero.
«Maledizione» lo sentì imprecare, per poi correre. «Dove andate?» Gli urlò lei, sorpresa.
L'uomo si voltò leggermente verso di lei, continuando a correre. «Cosa pensate? Vado a riprendermi l'orologio. Voi andate dove avete lasciato la carrozza, ci ritroveremo lì.»
Isabelle lo fissò allontanarsi, lasciandola ancora un volta disorientata dal suo comportamento.


Cédric si guardò intorno, cercando il ragazzo che era riuscito a sfuggirgli. Accidenti, era veloce!
Riconobbe la zona del mercato povero. Molta di quella roba, tra alimenti e oggetti vari, veniva rubata per essere venduta in quei mercati a prezzi bassissimi dato gli abitanti del luogo. Dovette più volte rallentare, dato l'afflusso di gente, ma era alto abbastanza per poter vedere oltre le teste. E fu in quel momento che riuscì ad adocchiare il ragazzino. Si stava guardando intorno, probabilmente temendo che qualcuno lo stesse seguendo, e con ragione. Entrò in un vicolo stretto, coperto leggermente da due tendoni del mercato. Dopo essersi divincolato dalla massa, non con una certa difficoltà, s'inoltrò nel vicolo. Ovviamente non c'era nessuna traccia del ragazzino.

Fece qualche passo avanti trovandosi altri incroci. Di quel passo non l'avrebbe trovato mai, quindi diede un'occhiata in giro.
Alzò gli occhi verso i tetti, notando che non erano poi così alti. Un sorriso furbesco apparve sulle labbra non appena gli venne un'idea. Fece qualche passo indietro, fino a toccare l'altra parete, per poi fare uno scatto in avanti aumentando la velocità. Con un movimento fluido, riuscì a fare un salto abbastanza potente per arrivare ad afferrare l'angolo del tetto. Si diede aiuto con le gambe dandosi una spinta sul muro, ma gli stivali eleganti che indossava non gli permettevano una buona aderenza, scivolando. «Dannazione, maledetti damerini e le loro mode» imprecò a denti stretti mentre riprovava ancora una volta. Questa volta riuscì a sollevarsi, arrivando al tetto. Fece un respiro profondo, pensando che scavalcare muri era molto più complicato senza il dovuto equipaggiamento.
Da lì poté avere una buona visuale dei vicoli e non ci mise molto a individuarlo. Stava attraversando un altro vicolo e Cédric dovette saltare su un altro tetto per raggiungerlo, rimanendo in assoluto silenzio mentre lo seguiva e facendo il meno rumore possibile.
Poco più avanti vide un uomo, poggiato comodamente alla parete che, non appena vide il ragazzo, si sollevò parandosi di fronte.
A quel puntò Cédric si fermò, restando fermo e in ascolto, aspettando l'arrivo del ragazzino.
«Ce ne hai messo di tempo» disse l'uomo al ragazzo, in tono scorbutico, mentre il ragazzo riprendeva fiato.
«Scusa, stavo scappando da un tipo che m'inseguiva
«Cosa? Ti stava inseguendo?» Chiese l'uomo, irrigidendosi. «Maledizione, ti sei fatto inseguire e magari l'hai portato nelle vicinanze.»

«No, no, no stai calmo! L'ho lasciato a metà strada che cercava di riprendere fiato, sta tranquillo. Non c'è nessuno che può prendermi» disse il ragazzino, sicuro di sé.
L'altro sbuffò, continuando a guardandosi intorno. «Esci tutto quello che hai preso, forza. Voglio proprio vedere cosa sei riuscito a prendere» disse, aspettando che il ragazzo uscisse tutto dalla sua vecchia giacca, dalle tasche dei pantaloni e persino dal cappello. Monete, piccole spille e altra cianfrusaglia. «Ed ecco il piatto forte» disse euforico il piccoletto, mostrando l'orologio tascabile e la borsetta. «Non ho ancora avuto modo di vedere il contenuto della borsa, ma sembrava appartenere a una signora» gli disse, vedendo l'uomo prenderla e aprirla. Fece uscire il contenuto, dove volò il biglietto che finì a terra, senza dargli importanza, mentre le poche monete finirono nella sua mano. «Bene, noto che questa volta è andata meglio» commentò l'uomo, in tono apatico, mettendo tutto in tasca. «Continua così e avrai dei buoni risultati» mormorò in tono conclusivo, facendo qualche passo per andar via.
«Cosa? Tutto qui?» Domandò, colto alla sprovvista da quella risposta, il ragazzo. «Ho raccolto un bel po' di roba e non mi dai niente? Non erano questi i piani» gli urlò furioso, notando che si allontanava sempre di più gli corse dietro, afferrandolo per un braccio. «Stammi a sentire...» L'uomo lo bloccò, spingendolo al muro, con una mano stretta sul suo collo. Il suo sguardo aveva perso quell'espressione apatica, divenendo furiosa e cattiva. «Stammi a sentire tu moccioso. Qui comando io, tu sei solo una pedina del sistema e quel che decidiamo noi è vitale per te» disse, mentre la sua stretta divenne più stretta e il ragazzo cominciò a divincolarsi. «Quando il gioco non ti andrà più bene, basterà dirlo e noi concluderemo la partita con la tua vita, piccolo bastardo...» Improvvisamente venne preso per il colletto e scaraventato al muro di fronte, mancandogli l'aria per il colpo ricevuto e per la sorpresa.
Il ragazzino si accasciò a terra riprendendo il respiro, alzando il viso per capire cosa era appena successo. Sgranò gli occhi sorpreso non appena si rese conto di trovarsi davanti a colui che aveva derubato, sentendo il cuore battere ancor più forte, notando il suo sguardo che sembrava voler uccidere. Ma non era diretto a lui, bensì a l'altro.
Lo vide avvicinarsi al suo strozzino, per poi alzare una gamba. Il ragazzino sgranò gli occhi, spaventato all'idea che potesse fracassargli la testa con un colpo di stivale. Anche l'altro ebbe lo stesso pensiero, poiché non appena lo vide avvicinarsi e alzare velocemente la gamba, non riuscì a trattenere un urlo di terrore. Chiuse gli occhi, pensando alla fine miserabile con il suo sangue sparso alla parete, per poi sentire lo stivale sfiorare il suo orecchio. Ci mise un po' a decidersi ad aprire gli occhi e voltarsi, notando una lunga gamba e lo stivale piantato nella parete. Seguì la gamba fino a incrociare uno sguardo blu che gli mise i brividi. Non appena vide la cicatrice sul volto e l'orecchino, non ci mise molto a comprendere chi fosse.
Gemette, mentre cercava di mantenere la calma. «So chi sei, riconoscerei ovunque quello sguardo e la cicatrice. Che ci fai da queste parti?»
Cédric si avvicinò con la testa a lui, inchiodandolo con lo sguardo. «Sono venuto per schiacciare come si deve, moscerini come te che sfruttano dei ragazzini per le loro meschinità» gli disse a denti stretti, per poi alzare un sopracciglio indagatore, nel momento in cui un pensiero salì nella sua mente. «Cosa sai della scomparsa di bambini, in questa zona? Quanto sei coinvolto?»

L'altro sgranò gli occhi a quelle parole. «Io non ne so niente, ho sentito in giro della scomparsa di mocciosi nell'ultimo periodo, ma ti giuro che non ne so niente. E' la verità!» Urlò spaventato, allorché lo vide scrutarlo attentamente, facendolo sudare per la paura.

Dopo qualche secondo di silenzio, Cédric tolse la gamba dalla parete, lasciando finalmente l'altro fare un sospiro di sollievo. Ma che ebbe poca durata allorché lui ricominciò a parlare. «Va bene, ti credo» mormorò mantenendo un tono inespressivo. «Ma ti terrò d'occhio e se scoprirò che continui a sfruttare dei ragazzini per i tuoi scopi ti ritroverò, ovunque tu sia, e ti farò passare momenti infernali e saprai chi sono non solo per nome, ma di fatto.» gli bisbigliò alla fine, affinché nessuno potesse sentirlo all'infuori dei due uomini.
L'altro annuì solamente e non appena Cédric fece qualche passo indietro, si alzò e andò via velocemente.
Il ragazzino, che nel frattempo aveva assistito a tutto, non resistette più nel rimane in silenzio. «E' stato fantastico! Non l'avevo mai visto così spaventato, certo che sapete come intimidire. E poi da dove siete sbucato? Ero sicuro di avervi seminato» disse il ragazzo senza riuscire a fermarsi, entusiasta, seguendolo con gli occhi mentre Cédric prendeva il cappellino consumato del ragazzino, caduto quando l'altro lo aveva aggredito, spolverandolo dalla polvere.
Si avvicinò con in mano ancora il cappellino , avvicinandoglielo col braccio con un sorriso ironico. «Che ne dici di fare un patto? Risponderò a tutte le tue domande se tu mi seguirai. Ti sembra abbastanza equo?»


Isabelle per tutto il tempo non aveva fatto altro che andare avanti e indietro, ansiosa e preoccupata. Ma non tanto per la sua incolumità, era ormai ai confini di quella zona poco raccomandata ed era meno rischiosa. Era preoccupata per Cédric, aveva paura che gli fosse successo qualcosa, inseguendo quel ragazzino chissà dove. Magari era stato tutto calcolato affinché lui lo inseguisse e finisse nelle mani di malfattori per derubarlo del tutto e dopo ucciderlo. No, la sua mente stava andando anche oltre, doveva essere realista. Lui era vissuto per strada, l'aveva detto anche lui no? Era abituato a quei luoghi e alla delinquenza. Doveva stare tranquilla.
E allora perché non riusciva a calmare il suo cuore agitato, mentre si guardava intorno, cercandolo con gli occhi?
Era un cafone e maleducato senza alcuna traccia di gentiluomo, ma non meritava di morire per questo.
La sua apprensione era dettata da questo, no? Non c'erano altri motivi, se non un dispiacere per un essere innocente.
Fu sollevata quando finalmente riuscì a vederlo da lontano, così che i suoi pensieri smettessero di vagare in luoghi a lei sconosciuti.
Non appena incrociò il suo sguardo, Cédric le sorrise alzando una mano a mo di saluto.
Quel gesto fece inspiegabilmente battere più forte il cuore di Isabelle che sentì le guance arrossire, emozionata. Si sentiva felice nel saperlo incolume e sereno.
«Oh, devo darmi un contegno. Ma perché reagisco in questo modo?» Mormorò sentendosi talmente disorientata dalle sue emozioni improvvise.
Il suo sguardo divenne sorpreso, allorché notò il ragazzino al suo fianco.
Cédric afferrò la spalla del ragazzo spingendola avanti verso Isabelle. «Non hai qualcosa da dare alla signorina?»
Il piccolo si mosse a disagio, alzando gli occhi verso di lei e porgendole la sua borsa. «Mi dispiace, ma per me è una questione di sopravvivenza» spiegò con una serietà da adulto, guardandola attentamente e aggrottando la fronte.
Isabelle guardò frettolosamente all'interno, cercando l'unica cosa davvero importante per lei. Cédric, intuendo i suoi pensieri, sorride guadandola trafficare ansiosa per un po', per poi uscire dalla tasca il foglietto col messaggio. «Cercavate questo?»
Sorrise, mentre lei lo fissava a occhi sgranati per poi lanciargli uno sguardo adirato, togliendo dalle mani dell'uomo il biglietto. «Siete proprio un demonio» lo accusò, sentendolo ridere di gusto. Il ragazzino, che aveva seguito la scena, sgranò gli occhi allorché vide il bigliettino. «Voi... voi siete la Contessina Mureau.»
Entrambi gli adulti interrupero ciò che stavano facendo per guardare il ragazzino, altrettanto sorpresi. «Sì, sono io. Come fai a sapere chi sono?» Chiese lei, stranita dal fatto.
Il ragazzino sembrò a disagio e improvvisamente timido, prendendo il suo cappello nelle mani e lasciando che i capelli castani si scompigliassero ancor di più. «Io, ecco, non volevo causarvi dei disagi. Dico davvero! Ma avevo bisogno di soldi e ogni occasione era buona e perciò vi ho fatto portare fin qui anche se...»
«Cosa, cosa, frena un secondo» lo interruppe Cédric con la mano alzata. «Cosa stai farneticando, ragazzo?»
Quest'ultimo fermò la cascata di parole, sentendosi ancor più a disagio, mentre Isabelle era rimasta in silenzio per collegare le parole del bambino. Fino a che un illuminazione spuntò nella sua mente, lasciandola senza fiato. «Oh mio dio, tu sei il ragazzino che portava i messaggi?» chiese eccitata, mentre lui diventava ancora più rosso in viso. «Mi dispiace, mi dispiace! Mi servivano i soldi e avevo trovato un modo veloce per averli, oltre a quello che già facevo.»
Isabelle, intenerita dalla sua ansia, s'inginocchio di fronte a lui guardandolo dritto negli occhi. «Non sono arrabbiata con te, non preoccuparti, anzi sono l'opposto. Mi hai dato una nuova speranza e adesso lo stai rifacendo» spiegò sorridendogli, sotto lo sguardo sorpreso di lui, inconsapevole di ciò che aveva fatto. «Davvero non siete arrabbiata con me? E non mi punirete?» chiese e da lì, sia Cédric sia Isabelle, compresero quali erano le paure del ragazzino. Chissà cosa aveva passato e quali abusi aveva subito. Isabelle prese le sue mani, stringendole. «Non potrei mai farti del male. Ho bisogno che tu mi dia una mano e ti confidi con me, su chi ti ha dato quei biglietti» disse, ma si rattristò allorché lo vide chiudersi a riccio. «Mi è stato detto di non dire niente, che se avessi continuato avrei ricevuto altro denaro. Non posso parlare» le disse, lanciandole uno sguardo implorante, come se stesse cercando di farle capire quanto volesse dirle ciò che sapeva, ma che altre esigenze avevano la priorità.
Ed era da lì che dovevano iniziare. «Hai una famiglia? Come ti chiami?» Chiese a bruciapelo Cédric.
«Mi chiamo Robin. Non ho più i genitori da tempo, ho solo il mio fratellino... Roland.» la sua voce s'incrinò mentre parlava del fratello. «Dov'è il tuo fratellino, Robin?» Chiese Isabelle, rattristandosi per il ragazzino, che poteva aver circa undici anni e doveva già affrontare la dura vita di strada. Robin scosse la testa, cercando di frenare le lacrime, come un adulto. «Non lo so... non lo vedo da due settimane» mormorò mettendo entrambe le mani sul viso, mentre la Contessina sgranava gli occhi, spaventata da un pensiero e bastò un'occhiata a Cédric per comprendere che anche lui aveva pensato la stessa cosa.
«Stava vendendo dei fiammiferi nella solita piazza dove lo lasciavo fino a sera, mentre io compivo qualche lavoretto come nel caso vostro, mandare messaggi o rubare oggetti e guadagnarci qualcosa. Ma quando sono ritornato a riprenderlo lui non c'era.»
«Non è possibile che si sia allontanato da solo, da qualche parte?» Chiese Isabelle, mentre il suo cuore sanguinava sentendo quel racconto. Due bambini lasciati al loro destino e a cavarsela da soli, con le loro forze.
Robin scosse la testa, alla sua domanda. «Impossibile. Sapeva che non doveva mai allontanarsi da quella zona, fino al mio ritorno. Lui ha soltanto me, non se ne sarebbe andato di sua volontà. Devo guadagnare i soldi per chiedere ad un investigatore di cercare mio fratello. Non so quanto ci vorrà, ma devo riuscirci e trovarlo.»
Cédric, che era rimasto in silenzio per tutto il racconto del ragazzo, rimase rigido sul posto con le labbra strette in una linea dura. La situazione era davvero grave, tanti bambini erano sotto mani pericolose e lui era più che mai sicuro di chi si trattasse e il solo pensiero scaturì in lui una rabbia ceca. Ma non poteva espanderla lì, ma sapeva dove e come. Stare ancora lì, dopo che quel tizio l'aveva riconosciuto, era un rischio per Isabelle.
«Ti aiuterò io, Robin» disse ad uno stupito ragazzino che lo fissò intensamente. «Ti aiuterò a cercare tuo fratello.»
Notò lo sguardo del fanciullo farsi dubbioso e scettico. «Grazie, ma so cavarmela da solo. Ho dei soldi da parte e riuscirò a pagare l'investigatore.»
Ovviamente, pensò Cédric impietosito, rinunciando a un pasto decente e un letto per ottenere una somma che non avrebbe ottenuto neanche in due anni di lavoro, non in quel modo almeno.
S'inginocchiò anche lui, stando alla sua stessa altezza e guardandolo dritto negli occhi con serietà. «Ascoltami attentamente. Non riuscirai mai a trovare tuo fratello» decretò, facendo sbiancare il viso di Robin.
«Cédric!» Gli urlò adirata Isabelle. «Ma come puoi esser così senza cuore?»
Lui la ignorò, continuando a fissare il ragazzino. «Non lo troverai e probabilmente verrai ucciso o morirai di fame in poco tempo e tuo fratello potrebbe essere chissà dove a chiedersi dove sei» disse con serietà e mostrandogli la realtà dei fatti, prima di lanciargli la sua freccia. «Io ho bisogno di qualcosa che tu hai. Le informazioni su quei biglietti che mandavi alla Contessina nella sua residenza. Se tu me li darai, io farò in modo di scoprire dove sia tuo fratello. Quello che ti sto proponendo è un accordo di lavoro, niente di più niente di meno. Ci stai?» Concluse alzando la mano verso di lui, aspettando la sua. Robin la fissò attentamente per alcuni istanti, comprendendo la sua esitazione se fidarsi o meno e la consapevolezza che ciò che sapeva poteva dargli una veloce possibilità di trovare il fratello. Alla fine strinse la sua mano minuscola in confronto a quella dell'uomo di fronte a lui. «Va bene, vi dirò quello che so.»
A quel punto Cédric gli sorrise, sollevandosi. «Bene. Ma non qui. Vorrei che tu m'incontrassi tra due giorni alla piazza Place des Vosges, nel quartiere Marais.Lo conosci? » gli disse mentre si guardava intorno in cerca di una carrozza nelle vicinanze.
Il ragazzino, dopo un attimo di disorientamento, ritornò col suo sguardo sicuro e furbesco. «Certo che lo so! Sarò anche nato e cresciuto in questi luoghi, ma conosco la mia città.»
L'uomo gli lanciò uno sguardo divertito. «Bene, ci troveremo lì a mezzogiorno» detto ciò, fermò una carrozza, mentre Isabelle era rimasta in silenzio per tutto il tempo ad ascoltare. Era senza parole, ancora una volta la personalità di Cédric cambiava e la lasciava persa su come pensarla su di lui. Era riuscito a gestire una trattativa con un bambino orgoglioso, senza farlo sentire inferiore, anzi, aiutandolo.
Incrociò il suo sguardo e non vide alcun calore nei suoi occhi, come quando si era rivolto a Robin. Ancora una volta si era rimesso la sua maschera. «Andiamo, abbiamo già fatto abbastanza tardi» disse, portando Isabelle a guardare il cielo, che rimase sbalordita allorché lo vide tramontare. Era passato parecchio tempo da quando era arrivata lì ed erano successe talmente tante cose che si ritrovò disorientata, tanto da non obiettare quando lui la spinse verso la carrozza. Ma si ricordò di Robin in tempo per fermarsi davanti allo sportello. «Non possiamo lasciarlo da solo!» Disse, voltandosi verso quest'ultimo.
Robin le sorrise alzando una mano per salutarli. «Non preoccupatevi mademoiselle, sono forte e in gamba. Conosco questo luogo come le mie tasche, starò bene.»
Isabelle non era per niente d'accordo e cercò di convincerlo diversamente, ma la mano sul fianco di Cédric glielo impedì. «Se la caverà, non accetterebbe neanche insistendo» le bisbigliò, guardandola con la sua solita sicurezza.
L'altra sospirò, cedendo e salutando con la mano Robin mentre la carrozza si allontanava. «Non credo sia stata una scelta saggia» mormorò tristemente, facendo il resoconto di tutto ciò che era capitato quel giorno.
«No, non lo è stata» confermò Cédric, seduto davanti a lei con le braccia incrociate, in una posa rilassata.


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