Capitolo 17
Mia figlia, Isabelle Mureau e il Marchese Caron convoleranno a nozze...
Isabelle non riusciva ad accettarlo, a credere a ciò che aveva appena sentito.
Era solo un incubo, pensò, si sarebbe svegliata presto e avrebbe scoperto che tutto quello era solo un incubo.
Ma bastò vedere lo sguardo del Marchese su di lei, che la fissava perplesso, per comprendere la realtà.
«Voi... voi non ne eravate a conoscenza» bisbigliò.
Isabelle non seppe che rispondere, giacché aveva il fiato corto. La gente cominciò a circondarla, congratulandosi, ma lei in quel momento desiderava solo scappare. «Vi prego... lasciatemi andare... vi...» provò di dire, cercando una via di fuga.
«Isabelle!»
Non appena sentì la voce di cui in quel momento aveva più bisogno, si sentì sollevata e lo cercò con gli occhi.
Cédric stava cominciando a farsi strada tra la folla e il suo sguardo era più che mai determinato e furioso.
Non appena la raggiunse venne ostacolato da Caron che si posizionò di fronte a Isabelle, fronteggiando l'uomo.
Cédric non si fece per niente intimorire dalla sua presenza, anzi sembrava pronto ad ucciderlo in quell'istante.
«Toglietevi di mezzo, Caron.»
«Siete voi di troppo, Arsènè.»
Quest'ultimo, già a limite, lo afferrò per il panciotto strattonandolo e mettendolo al palmo di naso di fronte a lui, ignorando i gridolini di paura delle donne.
«Sentite, damerino da quattro soldi, non giocate con il fuoco...»
«Chi sta giocando con il fuoco è colui che sta davanti a me» lo interruppe il Marchese, fissandolo gelidamente. «Quale futuro può dare a una donna come Isabelle, un uomo macchiato dalla nascita come voi?» Il suo sguardo divenne più cinico. «C'è una differenza abissale tra il trattare con le prostitute e le gentildonne...»
Aveva indagato sul suo passato, comprese Cédric accigliandosi. "Voi, razza di..."
«Ora basta Arsènè, fermatevi» Sia il padre di Isabelle sia Lacroix s'intromisero, dividendoli. Quest'ultimo fissò entrambi furioso. «Cosa sta succedendo? Devo ricordare ad entrambi dove siamo?»
Il Marchese con calma si aggiustò la giacca. «Non sono io quello che sta creando baraonda, ma colui che evidentemente fa ancora fatica a comprendere le regole della nobiltà.»
Isabelle fece per avvicinarsi a Cédric, ma venne fermata dalla mano della madre sul suo braccio. Quest'ultima con il solo sguardo le intimò di stare ferma e Isabelle si ritrovò ad obbedire, assistendo alla scena a occhi sgranati e pieni di apprensione.
Cédric, d'altronde non si fece intimorire, ribadendo il suo pensiero. «Non ho che farmene delle vostre regole se impediscono a una persona di vivere la sua vita come meglio crede.»
Il Conte Mureau si voltò verso di lui con arroganza e superiorità. «E diteci, Arsènè» mormorò, come se avesse a che fare con un imbecille «Voi che cosa suggerite?»
Cédric strinse gli occhi, comprendendo la delicata situazione. Anche se aveva le sue idee su quell'uomo, era sempre il padre della dona che amava. «Inizierei con dare molta più libertà di scelta a coloro che vogliono amare, senza sensi di colpa o essere emarginati con il marchio del disonore.»
Percepì i mormorii e bisbigli della gente, alcuni resero apertamente e altri ancora lo fissarono con pietà. Che andassero tutti all'inferno, l'unica persona di cui teneva il giudizio era Isabelle e gli bastò guardarla negli occhi per capire di avere tutto il suo appoggio.
Il Conte non emise un suono, cosa che lo sorprese non poco, dato che l'ultima volta si erano ritrovati in un faccia e faccia dove l'uomo gli era sembrato un tipo facile alla rabbia.
Il Conte si avvicinò a lui e a Cédric bastò poco per notare lo sguardo di disgusto verso colui che non considerava degno di quel ambiente.
«Ascoltatemi bene, ragazzo» iniziò l'uomo. «L'amore, nel nostro mondo viene preso in secondo piano. Esiste il rispetto e il dovere. Siamo nati e cresciuti con questi valori e continueremo a vivere in questo modo, con o senza la tua approvazione.»
Detto ciò per il Conte la conversazione finiva lì e dopo un cenno si voltò dandogli le spalle.
Ma Cédric non era dello stesso parere. «Ma Isabelle non è nata in questo ambiente!»
Esclamazioni di sorpresa invasero la sala, non per quello che aveva appena pronunciato, giacché era una notizia che molti sapevano, ma comunque rimaneva qualcosa di estremamente delicato. Rimasero sbalorditi dal fatto che l'uomo avesse appena nominato la fanciulla col suo nome di battesimo e non con il suo titolo.
Il Conte si fermò sui suoi passi, per poi girare sui tacchi e linciarlo con gli occhi prima di avvicinarsi e alzare la mano per colpire la guancia di Cédric.
«No...» mormorò angosciata Isabelle cercando ancora una volta di raggiungerlo ma le dita della madre sembravano una tanaglia sul suo braccio e la fissavano così freddamente come mai. «Non muoverti, Isabelle.»
Cédric non emise una parola né un gemito di dolore, accettando il colpo in silenzio, per poi guardare il Conte con i suoi occhi zaffiro che sembravano lanciare fiamme.
Quest'ultimo, nel notare quello sguardo, ne fu intimorito portandolo a reagire con rabbia per non farsi sovrastare. "Ho avuto fin troppa pazienza con te, ed è ora che ricordi quale sia il tuo posto." La sua voce emanava tutto il suo disgusto e disprezzo per lui. «Abbiamo sopportato la tua presenza per una questione di doveri, ma è evidente che non è possibile continuare così. Non conosci i limiti.»
Cédric a quel punto emise una risata di scherno. «Davvero, mi avreste quasi convinto, ma dimenticate che io sono nato nei bassifondi di questa città e conosco bene la gente viscida come voi.»
L'altro strinse i denti e il suo viso divenne rosso, sentendo quelle parole. «Come osi...»
«Oso e come, monsieur» lo fermò il giovane, sentendo la pazienza venir meno "dato che nonostante i vostri principi avete fatto di tutto per impedire la costruzione di un orfanotrofio"
Isabelle fissò sconvolta Cédric, incredula.
Mureau rimase senza parole. «Come, come è possibile... come puoi...»
«Posso invece.» La voce di Cédric era diversa da prima, più fredda e calcolata. «Mascherate le vostre azioni, il che è a dir poco riprorevole, ma nascondervi dietro scudi come i doveri... mi fate pena.»
L'uomo si avvicinò a lui mantenendo una distanza minima. «Tu razza di straccione, come osi? Non sei degno di camminare sotto questo pavimento o di essere circondato dalla nostra presenza. Non dimenticare di chi sei figlio.»
«Non lo dimentico affatto, Conte» rispose l'altro, per niente intimorito e pronunciando il suo titolo con beffa. «Sono il figlio di una prostituta e posso confermarvi che mia madre, nonostante il suo mestiere discutibile, ha saputo darmi degli insegnamenti che in voi e vostra moglie ho notato spesso mancare.»
La donna in questione s'irrigidì sul posto, mentre il marito non riuscì a mantenere lo stesso contegno.
«Non vi permetto di continuare razza di sciattone» disse con ferocia pronto a colpirlo un'altra volta, ma questa volta la sua mano venne frenata. Dal Duca Duval.
Persino Cédric fissò allibito l'uomo biondo, mentre teneva stretto il braccio dell'uomo e i suoi occhi, uguali a quelli del cugino, risplendevano di rabbia. «Non osate un altro movimento, Conte.»
Quest'ultimo, dopo il primo attimo di stupore, scostò con violenza la sua mano, fissando entrambi con ferocia. «Duca Duval, ovviamente. Cosa potevo aspettarmi da voi dopo tutto.»
S'interruppe quando vide aggiungersi il Conte Vumont, che fissò l'uomo accigliato. «Penso si sia superato il limite dell'assurdità.»
Richard lo fissò senza scomporsi. «Abbiamo già detto l'ultima volta ciò che pensiamo l'uno dell'altro, ma non vi permetto di andare avanti con monsieur Arsènè, poiché anche se non è scritto in un pezzo di carta, nel suo sangue scorre quello dei Duval.»
Mureau a quel punto rise di gusto. «Volete proprio prendere questo argomento Duca? Voi e la vostra famiglia potete anche fingere ma la realtà sta proprio dietro di voi» urlò, indicando Cédric.
«Avete permesso che il figlio di quell'assassino s'inoltrasse nel nostro mondo. L'uomo che ha ucciso vostro padre, colui che ha rinchiuso voi nei sotterranei e maltrattato vostra sorella, si trova qui reincarnato in lui!» Pronunciò indicandolo col dito.
Per Cédric fu troppo da sopportare e prima che se ne rendesse conto, si avventò sul Conte, afferrandolo per la giacca e strattonandolo. «Rimangiatevelo!»
Le urla non riuscirono a sovrastare la sua furia, mentre strattonava l'uomo.
Richard e David intervennero immediatamente, cercando di allontanarlo dall'uomo, ma sembrava che la sua forza fosse aumentata, come la sua collera.
«Cédric lascialo!» Gli urlò all'orecchio Richard.
Ma lui non ascoltava.
«Quello è un pazzo!» Urlò uno, tra la folla che stava distanziata da loro. «Sta per uccidere un innocente, come fece suo padre!»
«Cédric, ti prego fermati! Non fare il loro gioco!» Isabelle urlò con quanta voce aveva in corpo.
La madre fissò sconvolta la figlia. «Isabelle cosa stai dicendo! Quell'uomo sta uccidendo tuo padre e tu...»
Ma Isabelle la ignorò, continuando a urlare dato che non poteva raggiungerlo fisicamente. «Tu non sei tuo padre, sei Cédric!»
La voce della donna perforò la barriera di rabbia e Cédric riconobbe la sua voce così come le sue parole, rendendosi conto di avere le mani strette sulla camicia dell'uomo. Mollò subito la presa, così che Richard e David potessero allontanarlo e gli altri soccorrere il Conte, che era per lo più spaventato che ferito.
Il Marchese Lacroix a quel punto, dopo essersi accertato che il Conte stesse bene, si voltò verso il trio e incrociando lo sguardo di Cédric disse «Penso sia ora che andiate via.»
Cédric respirava affannosamente, rendendosi conto solo in quel momento di ciò che aveva appena fatto. «Io...» Provò a dire qualcosa ma la sua voce aveva difficoltà ad uscire.
Nel frattempo il conte si era sollevato e stava fissando Cédric con rabbia. «Questo ha solo dimostrato che la natura non può cambiare. Tu sei il figlio di Lucien Duval, un malato dominatore capace di grandi crudeltà. Un assassino che non si faceva scrupoli ad uccidere donne e bambini!» Urlò, mentre i gentiluomini intorno a lui cercavano di fermarlo.
«Tu, puoi anche mascherarlo, ma la tua vera natura prima o poi verrà alla luce.»
Cédric non emise un suono, accettando quelle accuse come un coltello su una ferita aperta. Infondo, come poteva rinnegarlo, se persino lui lo aveva pensato?
Fece dietrofront, desiderando ardentemente di uscire da lì. Si guardò intorno, cercando l'uscita in mezzo alla folla, la quale lo fissava a occhi sgranati e intimorita. Come se avessero davanti... un mostro.
Con un ringhio di rabbia, passò in mezzo a loro, che si scostarono immediatamente, trovando l'uscita.
Isabelle, dopo il primo momento di sconcerto, colse l'occasione di percepire la mano della madre allentarsi e così scostarsi con violenza da lei, raggiungendo Cédric.
«Isabelle, dove stai andando?» Le urlò dietro la donna, ma per Isabelle fu come non sentirla, tant'era l'apprensione per l'uomo. Poco le importava di ciò che avrebbe pensato la gente di lei, o i suoi genitori. L'unica cosa importante per lei in quel momento era sapere come stesse Cèdric.
Lo intravide uscire dalla residenza in tutta fretta e lei corse, per quanto le scarpette da ballo le permettessero.
«Cédric! Aspetta» gli urlò, scendendo gli scalini.
Quest'ultimo si fermò, sentendo la sua voce, ma rimase fermo dov'era di spalle.
Isabelle fissò la sagoma con apprensione. «Mi dispiace Cèdric. Per tutto ciò che è successo» mormorò, lanciando un'occhiata veloce alla residenza. «Doveva essere la nostra notte, il momento in cui avremmo parlato del nostro fidanzamento ai miei e invece... non so come sia potuto succedere.»
«Isabelle... mi dispiace.»
Nel sentire la sua voce, si sentì rassicurata tanto da avvicinarsi ancor di più a lui e poggiare la fronte sulla sua schiena. «Non hai niente di cui dispiacerti. Vedrai, si risolverà tutto. Parlerò con loro e dirò che quel fidanzamento sarà annullato...»
«No.» La fermò lui, sotto lo sguardo stupito di lei.
«No? Cosa vuoi dire Cèdric...»
«Voglio dire che non devi annullare un bel niente.» La sua voce era ritornata ad essere fredda e distaccata.
«E' evidente, che nulla può cambiare.» Il suo tono era atono, quasi annoiato. «Il destino avrà altri piani per noi. Ci abbiamo provato ed ecco il risultato, la gente ha paura di me e come darle torto.»
Isabelle era allibita, cosa stava dicendo? «Cédric cosa stai farneticando? Che significa ci abbiamo provato? E' tutto questo quello che sai dire? Ci abbiamo provato?»
Nessuna risposta uscì dalle sue labbra, l'uomo continuò a darle le spalle.
Isabelle era ormai furiosa e impulsivamente lo colpi sulle spalle. «Rispondimi!»
Il suo pugno non arrivò a toccare la schiena, poiché fermato dalla mano dell'uomo che la fermò, voltandosi e fissandola con freddezza tale da sgranare gli occhi.
«Mi sono stancato di essere malmenato da voi aristocratici. Sono stufo di dare dimostrazioni.» La sua mano si strinse sul suo polso, portandola a trasalire. «Sono stufo di cercare di essere qualcosa che non sono e che è evidente non sarò mai.»
Isabelle scosse la testa, rinnegando le sue parole e le azioni di quel momento. «Tu sei migliore Cédric, non fare in modo che la gente possa cambiarti...» s'interruppe nel sentire la sua risata.
«Tu non ha capito un bel niente principessa» esclamò quel soprannome, non più con dolcezza o allegria, ma con ironica cattiveria.
«Nonostante tutte le sciocchezze pronunciate da tuo padre, devo ammettere che su una frase aveva assolutamente ragione.»
Isabelle cercò di togliere il polso dalla sua presa, ma lui la teneva ben salda, mentre lo sguardo di Cédric rimaneva fermo. «Per quanto voi mascherarlo, la tua vera natura verrà sempre alla luce.»
Isabelle scosse la testa, sentendo il corpo tremare sia per il freddo che per la rabbia. «Non ci credo, non posso credere che tu lo stia dicendo con convinzione. Sei arrabbiato è norm...»
«No Isabelle» la fermò, scuotendo la testa. «Non c'è niente di normale in me.»
La sua espressione cambiò, trasmettendole non più freddezza ma... dolore.
«Ci ho provato Isabelle, ci ho provato per davvero.»
La donna fece per avvicinare l'altra mano al suo viso ma lui si scostò. Quel gesto la ferì, molto più di quella mano stretta intorno al suo gomito.
«Cédric...» mormorò, ma le sue parole ebbero fatica ad uscire.
La sua mano la lasciò improvvisante, compiendo qualche passo indietro. Come se necessitasse di mantenere le distanze da lei.
«Sposa il Marchese.»
Isabelle lo fissò allibita. «Cosa? Come puoi dirmi di...»
«Non credi che invece sia la cosa migliore che ti abbia mai detto, da quando mi hai conosciuto?» La interruppe lui. «Sarà anche un idiota, ma è innegabile l'affetto che prova per te.»
Fu il turno di Isabelle di fissarlo con freddezza. «E tu saresti felice di vedermi con un altro uomo?»
L'uomo non rispose e ciò servì solo a infastidire la donna che non cedette. «Ti starebbe bene che un altro uomo mi baciasse, accarezzasse?»
Il solo pensiero le creava un brivido di disgusto, ma continuò a infierire. Voleva sapere.
Cèdric strinse le labbra e cercò di voltarsi per andarsene, ma lei non glielo permise, e girò in torno per frenarlo. «Vuoi che il Marchese mi prenda e mi baci?» toccò con le dita il collo e il petto. «Qui, negli stessi punti che tu hai battezzato con le tue labbra... vuoi questo?» Urlò a quel punto esasperata, ma l'urlo venne fermato dall'uomo che l'afferrò per le spalle e con fermezza s'impossessò delle sue labbra, invadendo la sua bocca e stringendola a lui.
Isabelle sentì le lacrime scendere sulle sue guance, mentre sentiva il calore di Cédric su di lei.
«Non prendermi in giro, Isabelle» bisbigliò sulle sue labbra, mentre le sue mani scorrevano sul suo seno, facendola rabbrividire di desiderio. «Taglierei le braccia a chiunque osasse toccare il tuo corpo.»
Le sue labbra scesero nei punti prima segnati da lei, facendola gemere. «Ed è proprio per questo che devo andarmene da Parigi.»
Quelle parole furono come una doccia fredda per lei, che lo spinse lontano da lei. «Cosa stai dicendo?»
Cédric fece un respiro profondo, mettendo una mano sui capelli. «L'unico modo per vivere senza che l'ombra di quell'uomo invada la mia vita è andar via... dove nessuno possa conoscermi» esitò un attimo, prima di continuare «e così non dovrò assistere al tuo matrimonio.»
«Non ci sarà alcun matrimonio!» Urlò lei, indignata. «Né con il Marchese né con un altro uomo che non sia tu...»
«Isabelle!»
La voce della madre perforò l'aria, ma la figlia non si voltò, continuando a fissare Cédric, così come lui.
«Come farò senza di te? Io ti amo...» mormorò con la gola stretta Isabelle.
Cédric fu sul punto di dire qualcosa, ma si trattenne. «Farò in modo di risolvere la situazione dei bambini rapiti e di Paul, non temere per quello. Addio Belle.»
Isabelle lo guardò allontanarsi, lasciandola lì da sola col freddo che invadeva l'aria. Eppure lei non sentiva freddo, non sentiva più niente. La sua felicità era appena scivolata via come lo scialle che sfiorava in quel momento la sua pelle.
Isabelle raggiunse casa in un silenzio assoluto, così come i suoi genitori, consapevole che quello fosse solo un silenzio passeggero.
Non appena arrivarono, Isabelle fu la prima ad uscire, senza aspettare il valletto e raggiungendo casa in fretta, ignorando la voce dei genitori che chiamavano il suo nome.
Varcò la soglia con furia, dando velocemente il cappotto e la borsetta al domestico del momento, salendo velocemente le scale.
«Isabelle Mureau, non fare un altro passo.»
La voce di suo padre fermò la sua corsa, ma non del tutto e aspettò da dove si trovava che l'uomo continuasse a parlare.
«Ci devi delle spiegazioni» cominciò lui.
Isabelle fissò allibita il padre. «Io devo delle spiegazioni a voi?» Domandò, scendendo a quel punto le scale in fretta. «Io vi devo una spiegazione? E quando pensavate di dirmi del matrimonio?»
L'altro sembrò inizialmente a disagio su come fosse meglio rispondere e Isabelle non perse occasione per continuare a colpire. «A cosa si riferiva Arsènè, quando parlava delle difficoltà avute per un Orfanotrofio a causa vostra?»
Nel sentire il nome dell'uomo che l'aveva umiliato dinnanzi a centinaia di persone, il viso del Conte divenne rosso. «Non nominare più quell'uomo! E per quanto riguarda l'orfanotrofio è una questione da uomini, di terre che dovevano servire per fabbriche e...»
«E quindi avreste fatto in modo di abolire la costruzione di un orfanotrofio?» Chiese lei ancor più sconcertata. «Vi siete dimenticato da dove sono arrivata, padre?»
L'uomo le punto il dito contro. «Non usare quel tono con me, signorinella.»
Nel frattempo la madre era appena entrata e stava assistendo alla scena senza muovere un muscolo. Isabelle, dopo che Cédric se n'era andato, non era più rientrata dentro e la Contessa non aveva insistito. Poco dopo era rientrata, uscendone pochi minuti dopo insieme al marito per tornare a casa.
Isabelle stava ancora pensando a tutto ciò che era successo e a come quella serata, dalle basi meravigliose, fosse finita in modo disastroso.
Non avrebbe più rivisto Cédric, pensò affranta. Peggio ancora, avrebbe sempre vissuto con la consapevolezza di essere sbagliato, non accettato. Come aveva pensato di esserlo lei.
«Io sono grata per tutto quello che avete fatto per me» disse improvvisamente, facendo tacere il padre. «Ho perso la memoria sul mio passato e mi sono ritrovata a vivere per la seconda volta una nuova vita. Vivendo in orfanotrofio orribile, ma per fortuna voi mi avete adottata dandomi tutto ciò che una persona possa desiderare.» Il suo tono era calmo e sicuro come non lo era mai stato in vita sua. «Ma è arrivato il momento che decida io il destino della mia vita. Io e nessun'altro.»
Il Conte rimase allibito dalle sue parole, come se non avesse più davanti la figlia che aveva sempre visto, ma un'estranea. E forse era proprio così, pensò Isabelle.
Per anni aveva fatto in modo di costruire l'ideale che i suoi genitori stavano cercando. Non avendo più una personalità, aveva pensato di modellarsene una a piacimento e desideri dei Conti.
Ma non era reale. Lei non era stata reale, ma solo un fantoccio nelle mani della società. E tutto questo l'aveva capito grazie a Cédric
«E' arrivato il momento che cerchi la mia strada.»
In quel momento la Contessa decise d'intervenire, avvicinandosi a loro mantenendo lo sguardo sulla figlia. «Dimmi cara, essendo da tutta una vita monopolizzata da noi, come puoi sapere che le tue idee e i tuoi pensieri possano portarti sulla giusta strada?»
Quelle parole erano crudeli, e lo sapevano entrambe, ma era anche la realtà dei fatti.
La donna cominciò a fare avanti e indietro con passi lenti ma decisi. «Se sono colpevole, per averti guidato quando eri solo un esserino indifeso, mi dichiaro colpevole.» Il suo tono cominciava ad essere rabbioso e i suoi passi più affrettati. "Se sono colpevole di aver protetto dalle cattiverie della gente la bambina di allora, rinchiudendola nei boschi per anni, sono colpevole."
Il marito preoccupato dalla reazione della moglie fece per avvicinarsi e fermarla, ma essa si divincolò avvicinandosi alla figlia, invece. «Se sono colpevole per aver fatto in modo di impedire che tu commettessi una sciocchezza, fidanzandoti con un uomo dal passato oscuro come quello, allo sì sono una cattiva madre e lo dichiaro.»
Isabelle sospirò pesantemente. «Non siamo in un tribunale, madre.»
«Ah no?» Chiese causticamente la madre «perché a giudicare dalle tue parole mi sembra tutto il contrario.» Ci fu un attimo di silenzio e la donna cambiò di nuovo tono, addolcendo i suoi tratti e avvicinandosi alla figlia, accarezzandole le spalle e le braccia. «Sei consapevole di quanto ti voglia bene, bambina mia. Ti perdonerò questa, diciamo marachella del momento, sposerai il Marchese e tutto ritornerà come prima.»
Isabelle fissò il viso della madre, uno sguardo speranzoso di chi chiedeva disperatamente che tutto ritornasse come prima. Sarebbe stato semplice pensò, riavrebbe indossato la sua maschera e tutto si sarebbe dimenticato in pochi giorni e niente avrebbe più interferito negativamente con la loro vita.
«Madre» mormorò con voce atona. «Mi dispiace ma la maschera è ufficialmente caduta e non credo di poter indossarla un'altra volta.»
La donna la fissò allibita, mentre Isabelle si staccava dalla sua presa e saliva le scale. «Isabelle!» Sentì i richiami della donna, ma per la prima volta Isabelle li ignorò. «Torna qui, Isabelle!»
E non sarebbe stata l'ultima volta.
«State in guardia» Raccomandò Cédric attraverso la maschera, mentre si guardavano intorno. Si trovavano a nord di Parigi, dove il fiume Senna compiva il suo percorso, e nonostante fosse solo pomeriggio inoltrato, il buio era sovrano per strada.
La zona dove si trovavano sembrava deserta, ma essendo un luogo non conosciuto proprio per la sua civilizzazione, era più che normale.
«Siamo sicuri di essere nel posto giusto?» Chiese Youri, guardandosi intorno con circospezione.
«Le informazioni raccolte hanno portato a questo, Paul e il suo gruppo dovrebbero essere qui» spiegò velocemente Renée, anche lei non tranquilla.
Cédric, dopo aver saputo finalmente un eventuale luogo dove potesse trovarsi Paul, non aveva perso tempo, ordinando a tutti di prepararsi, nonostante non fosse ancora notte.
Aveva bisogno di uno stimolo, qualcosa per andare avanti e fermare Paul era una buona motivazione per non impazzire.
Non chiudeva occhio da giorni, era irascibile con chiunque avesse osato avvicinarsi. Si era rinchiuso nel suo appartamento, con delle cartine delle zone di Parigi dove quell'uomo potesse essersi nascosto, dando anima e corpo a quella missione.
Richard aveva cercato più volte di rintracciarlo, ma senza successo, rifiutando di rispondere anche alle lettere di Claude.
Aveva bisogno di stare solo con i suoi demoni, alla consapevolezza che il suo futuro era già predestinato. Un futuro senza Isabelle.
Anche se distraeva il cervello, gestire il suo cuore era più complicato.
Renée non aveva smesso di osservarlo, come se fosse un cucciolo bisognoso di affetto e ciò lo irritò molto. «Hai ancora intenzione di fissarmi in quel modo?» Domandò a bruciapelo alla donna, non reggendo più.
L'altra lo incenerì con lo sguardo. «Scusami se sono preoccupata per te» commentò, causticamente.
Cédric si fermò, riservandole la stessa occhiata. «Non ho bisogno della tua pietà Renée.»
«La mia non è pietà. Non hai fatto altro che gridare ordini a destra e manca a tutti noi e quello sguardo corrucciato non aiuta di certo»
«Non siete certo obbligati a seguirmi. Se non vi va bene come lavoro siete liberi di andare dove volete» le disse con ferocia, girando i tacchi e volendo chiudere lì la conversazione, sotto lo sguardo allibito di tutti.
«Bene!» Urlò a quel punto Renée, furiosa quanto lui. «Non abbiamo certo bisogno di un capo che non riesce a reggere le sue emozioni o i suoi malumori» gli gridò contro, ma lui continuò a camminare. La tensione era palpabile e nessuno sapeva come sistemare le cose.
Fu Youri a quel punto a intervenire, cercando d andare dietro a Cédric. «No, aspetta Cédric, non facciamoci prendere dalla rabbia...»
Si interruppe non appena uno sparo tagliò l'aria, bloccando tutti.
«Chi è stato?» Chiese uno guardandosi intorno, prendendo le armi. Youri lanciò un'occhiata in alto e non appena intravide un luccichio, corse verso Renée. «Attenzione!» Urlò, gettandosi sulla donna.
Altri spari colpirono l'aria. «Copritevi» avvertì Cédric, che nel frattempo era ritornato indietro.
Era stata una trappola, comprese immediatamente l'uomo.
«Maledizione!»
Era stato tutto progettato affinché arrivassero lì e potessero prenderli come volpi.
Notando che Reneè stava aiutando Youri ad alzarsi, corse da loro e il trio raggiunse in fretta un punto coperto. Youri si sedette con un gemito di dolore, toccandosi il fianco.
«Ti hanno colpito» sussurrò la donna, vedendo il sangue cominciare a macchiare la sua camicia.
Cédric fissò la ferita, imprecando con rabbia. «Maledizione, siamo caduti nella loro gabbia come degli allocchi.»
La rabbia di quei giorni era stata così intensa da non farlo adeguatamente ragionare e comprendere che c'era qualcosa di strano in quella situazione.
Diede una veloce occhiata, da dove avevano aperto il fuoco, ricambiato adesso anche dai suoi, dove riuscì a distinguere una sagoma, coperta da un cappotto nero.
Perché stava lì, si domandò stranito Cédric, preoccupato che fosse solo uno sventurato finito in quella baraonda.
Era coperto da un copri capo e quindi non poté distinguere il sesso dell'individuo.
«Maledizione, c'è qualcuno la infondo» l'informò.
Renée alzò il viso dalla ferita dell'amico, guardando l'altro preoccupata. «Uno di loro?»
«Non ne ho idea, ma da qui sembra spaesato. Non posso lasciarlo lì» dichiarò, caricando l'arma.
La donna lo fermò con la sua mano. «Aspetta non vorrai raggiungerlo? E' pericoloso ti farai uccidere!»
L'altro esitò un attimo, ma poi si alzò di scatto. «Ci sono stati fin troppe morti inutili.»
Uscì in fretta allo scoperto, ignorando i richiami di Renée. «Copritemi» urlò dietro di sé, prima di attraversare la zona di fuoco.
Fortunatamente il buio aiutava il suo passaggio, permettendogli una maggiore invisibilità.
Uno sparo sfiorò per un pelo la sua caviglia, coperta dallo stivale. «Diavolo» emise per la sorpresa, tenendo d'occhio l'individuo che sembrava guardarsi intorno, disorientato.
Alla fine riuscì a raggiungerlo, non fermandosi neanche in quel caso, afferrandolo per il mantello e trascinandolo con sé.
Riuscirono a raggiungere un luogo riparato in pochi minuti e Cédric poté fermarsi e prendere aria. «Spero... spero che stiate bene» cominciò lui, avendo il respiro corto. «Allontanatevi da qui, non è un luogo sicuro» lo avvertì in fretta, facendo dietrofront per raggiungere di nuovo gli altri.
«Hai sempre avuto quest'indole da cavaliere. Non ti ha un po' stancato?»
Cédric si fermò sui suoi passi, sentendo un brivido freddo percorrere la sua schiena.
Si voltò lentamente, verso la sagoma dietro di lui che non aveva mosso un muscolo.
«Non credo di comprendere» mormorò interdetto.
La persona incappucciata rise di gusto e Cédric risentì di nuovo quel brivido, suonandogli fin troppo familiare.
«Credo che tu abbia compreso perfettamente, mio piccolo Cédric.» La sua voce era dolce e calma, cosa che disgustò ancora di più l'uomo.
«Finalmente sei uscito allo scoperto» mormorò Cédric, togliendosi la maschera, ritenendo inutile mantenerla ancora addosso. «Paul.»
L'altro emise un'altra risata divertita, scoprendo le mani e alzando il cappuccio, rivelando così anche lui il suo volto.
«Ti sono mancato?»
Cédric lo fissò attentamente, notando dei leggeri cambiamenti in lui.
Il suo viso era stato sempre piacente e con gli anni era stato risparmiato,aveva solo qualche ruga intorno ai suoi occhi neri e alcuni capelli grigi sulla tempia dei capelli castani.
Non era mai stato molto alto, infatti adesso Cédric lo superava di qualche pollice, ma all'altro non aveva mai dato particolarmente fastidio. Avendo altri modi molto più efficaci per mettere ai suoi piedi la gente.
«Credevo fossi molto più furbo di così» disse lui, ignorando la sua domanda.«Tornare a Parigi dopo essere stato perseguitato per anni.»
L'altro sollevò con disinvoltura le spalle. «Mi mancava la mia terra e avevo bisogno di rivedere il mio prediletto.»
L'altro sbuffò, disgustato. «Noi due non abbiamo niente da dirci. Se non fosse che ho scoperto dei tuoi traffici, non ti avrei mai cercato.»
Paul sembrò felice della cosa. «Quindi mi stavi cercando, ne sono felice» mormorò, facendo qualche passo avanti. «Vedi, anch'io ti stavo cercando. Mi sono sempre chiesto cosa sarebbe successo se non ti avessi fatto quella cicatrice, che ora orna il tuo viso.» Il suo sguardo andò su essa e Cédric ne fu infastidito, come se con il solo suo sguardo stesse macchiando quella parte dove spesso Isabelle aveva posato le sue labbra.
«Non sarebbe cambiato niente, poiché me ne sarei andato comunque.»
L'altro sbuffò infastidito. «Non dire queste cose, ti ho insegnato tutto ciò che so, come se fossi sangue del mio sangue e ciò non è cambiato» dichiarò guardandolo come un padre orgoglioso.«Ma guardati, non hai perso del tutto la ragione, volendo avere rapporti con quella famiglia. Sì, ho fatto le mie ricerche» disse dopo, notando la sua perplessità. «Dovevo sapere, dopo che hai deciso di allontanarti da me. Sei diventato un bandito, e non uno qualunque, ma colui che interferisce con la vita dei nobili.»
Cédric si sentì rassicurato, pensando che Paul non era riuscito a rintracciare ogni dettaglio della sua vita, soprattutto sull'orfanotrofio.
«Non l'ho fatto per te, ma perché non voglio più aver a che fare con ciò che riguardava la vita di Lucien.»
Cédric si chiese come stesse andando lo scontro, ma non poteva allontanarsi adesso che aveva davanti Paul.
Quest'ultimo annui, come se comprendesse le sue motivazioni. «Ti ho sempre detto di diffidare di tutti, mio caro Cédric.»
«No Paul» lo interruppe lui, non potendo sopportare ancora quelle sciocchezze dalla sua bocca. «Hai cercato di rendermi tuo succube, manipolandomi, e ci sei riuscito anche se per poco tempo.» La sua voce aveva smesso di essere fredda e la rabbia che da anni teneva in corpo sembrava non voler uscire. «Hai approfittato di un ragazzino orfano di madre e indesiderato dal padre, per i tuoi scopi e io te l'ho permesso. Ma dopo che sono scappato da te, ho incontrato altra gente che mi ha amato per ciò che sono e non per uccidere, poiché figlio di un assassino.»
«Persone come Inés?» Pronunciò in tono atono Paul, mandando in confusione Cédric.
«Come... come fai a sapere di lei?»
Paul lo fissò alzando le spalle, come se ciò che stesse per dichiarare non fosse nulla d'importante. «Ho cercato di nascondere la verità per quanto mi è stato possibile, per il tuo bene Cédric, ma tu non mi lasci via di...»
«Parla!» Urlò lui, stufo di quei giri di parole.
L'altro non si scompose e disse ciò che sapeva. «Non ho mai smesso di fare ricerche su di te, anche se tu non volevi sapere più niente di me. Avevo bisogno di qualcuno che stesse molto vicino a te.»
Cédric non riusciva a credere o a realizzare la sola idea di ciò che stava per pronunciare. «Inès...»
«Era stata assoldata da me.» Dichiarò per lui Paul «una donna vedova, con un bisogno disperato di denaro. A me serviva qualcuno che mi desse le informazioni necessarie, è stato uno scambio equo...» Venne colto alla sprovvista quando fu assalito da Cédric, che lo scaraventò alla parete di un muro, dietro di lui, bloccandolo come una morsa. «Tu sei un maledetto bastardo! Non c'è niente di equo in ciò che stai dicendo!» Cédric era annebbiato dalla rabbia, così tanto da non riuscire a distinguere il luccichio di soddisfazione negli occhi dell'altro.
«È la verità Cédric. Quella donna era stata pagata per starti accanto...» emise un gemito quando un pugno colpì la sua mandibola, facendolo sanguinare.
Cédric non si fermò e continuò a colpirlo e a stringere dopo la sua gola con le mani, ma Paul non si oppose e continuò a infierire. «Nessuno ti ha mai amato Cédric, fattene una ragione. Se preferisci, continua pure. Uccidimi, ma sei ben consapevole che ciò non cambierà la realtà.»
Fu quello a fermare la sua sete di sangue. Cédric si fermò, staccando le mani tremanti e ricoperte di sangue come le macchie sul suo volto.
Paul era uno straccio, con il labbro spaccato e vari tagli, tossendo in cerca d'aria.
«Sei proprio figlio di tuo padre, Cédric.» Bisbigliò l'uomo, per poi ridere di gusto.
Cédric lo fissò senza emettere fiato sentendo il cuore battere all'impazzata, percependo ancora sconcertato, che la sua furia non si era ancora placata.
«Tuo padre godeva nel far soffrire la gente, a far del male. Non riusciva a calmare il suo demone interiore, anzi, non ne aveva alcuna intenzione.» Cercò di sollevarsi, poggiando le mani sulla parete per sostenersi.
«Il tuo l'hai solo sopito, ma non cacciato via Cédric. Io ho bisogno proprio di questo» mormorò, sollevando la mano affinché potesse toccarlo. «Ritorna con me e ti prometto che insieme faremo grandi cose, domineremo questo paese.»
Cédric fermò il polso dell'uomo, che stava per toccarlo, stringendolo fino a farlo gemere e fissandolo nello stesso modo intenso di anni fa, che fece comprendere a Paul il perché lo volesse con sé.
Ma questa volta il suo sguardo non era oppresso solo dall'odio, ma da qualcos'altro che lui non riuscì a identificare. «Cèdric...» s'interruppe, gemendo dal dolore, sotto la sua presa.
«Io, non sono come te» bisbigliò con freddezza il giovane. «Non uccido per piacere, come era solito fare mio padre. E non uccido per arricchirmi e diventare più potente, come te. Ho usato altri mezzi per quello.»
Lasciò il suo polso in malo modo, come se il solo toccarlo lo disgustasse. «Non so che farmene, di un tipo come te.»
Paul per la prima volta, forse in tutta la sua vita, rimase a corto di parole. Quasi in difficoltà.
Ma fu di breve durata e la sua espressione prese forma in rabbia e crudeltà. «Se questa è la tua decisone, così sia.»
Cédric non si scompose, afferrando delle corde dalla sua bisaccia per legarlo. Era finita, lo avrebbe portato in caserma dove sarebbe stato giustiziato.
«Sappi però che ogni scelta presa ha un prezzo» disse improvvisante Paul.
«La pagherò volentieri se questo servirà a toglierti di mezzo» mormorò in fretta Cédric, muovendosi per legarlo.
Fu in quel momento che Cédric incrociò lo sguardo di Paul e lì, per la prima volta, ebbe paura.
«Anche a costo della tua Contessina?»
Cédric sgranò gli occhi, sentendo di nuovo il cuore battere all'impazzata.
«Non ti azzardare ad avvicinarti a lei!» Gli urlò, strattonandolo con forza.
L'altro strinse i denti per trattenere un gemito, ma il suo sguardo era pieno di soddisfazione.
«Oh, mio caro Cédric, non potrei mai» mormorò con calma. «In fondo, io sono qui con te.»
Cédric comprese immediatamente e la paura lo invase. «Maledetto, che tu possa marcire all'inferno!»
Gli diede un pugno talmente forte da gettarlo a terra, per poi abbandonarlo lì, correndo via. Paul sputò sangue, ridendo di gusto. «Oh ci andrò presto, mio caro Cédric. Bisognerà comprendere chi sarà il primo a raggiungerlo.»
Cédric non si sorprese quando non sentì più la baraonda di prima mentre percorreva la stessa strada dove li avevano braccati. Poco dopo riuscì a distinguere i suoi e fece segno a loro della sua presenza.
Renée fu la prima ad avvicinarsi, preoccupata in viso. «Dove diavolo sei stato? Ti stavamo cercando. Quegli uomini stranamente sono andati via poco dopo la tua scomparsa. Mi ascolti?» Gli urlò vedendolo stralunato e solo dopo notò il sangue addosso. «Cosa è successo?»
«Youri dov'è?» Chiese invece lui, correndo dove avevano lasciato i cavalli.
La donna lo segui, fissandolo preoccupata. «L'ho mandato con alcuni uomini a curarsi. Ma vuoi spiegarmi...» s'interruppe non appena l'uomo salì a cavallo preparando al galoppo.
«Devo andare, Isabelle è in pericolo» disse di fretta e, senza aggiungere altro fece avviare il cavallo.
Ti prego, fa che arrivi in tempo!
Per tutto il tragitto non fece che pregare, come mai aveva fatto in vita sua.
In quel momento niente era più importante, il tradimento di Inés, lo scontro con Paul, niente valeva se non il sapere incolume Isabelle.
Raggiunse la residenza dei Mureau in tempo record e con il fiatone, lasciò il cavallo all'entrata bussando come un folle sulla porta di legno. «Aprite!»
Subito dopo il suono di vetri rotti e di urla risuonarono improvvisamente, all'interno. Guardò in alto dove una finestra era aperta e le tende si muovevano con il vento. Il rumore proveniva da lì, pensò Cédric cercando in fretta un modo scavalcare.
Si aggrappò alla ringhiera sulle finestre del primo piano, muovendosi come se avesse le ali, preso com'era dalla disperazione.
Altri rumori risuonarono nella stanza e l'uomo sentì qualcosa di pesante cadere sul pavimento, non appena raggiunse la balconata. «Isabelle» Urlò, scostando le tende e scontrandosi con una sagoma che, cogliendolo di sorpresa, lo spinse a terra.
Lesto, Cédric lo afferrò per lo stivale ma quest'ultimo non sembrava aver intenzione di fermarsi e con l'altro piede riuscì a colpirlo in testa, portandolo a mollare la presa.
Cédric ci mise un po' di tempo a riprendersi, sollevandosi con gli avambracci e gemendo per il dolore, ma venne preso dall'adrenalina non appena comprese dove fosse. Si guardò intorno, dove ovviamente la sagoma di prima era andato via, ma quello aveva poca importanza in quel momento. «Isabelle!» Si sollevò sentendo ancora qualche capogiro e dovette poggiarsi sulla poltrona davanti a lui per guardarsi intorno, notando la scrivania e una libreria dietro, comprendendo che si trattasse dell'ufficio del Conte. La lampada era caduta, come anche il tavolino e il vaso che stava sopra, distrutto a terra.
Sentendo dei gemiti, dietro la scrivania di legno massiccio, Cédric corse li dietro sentendo il sangue gelargli.
Ma non era Isabelle.
La persona distesa a terra era il Conte Mureau.
Immediatamente Cédric si adoperò per soccorrere l'uomo. «Conte, riprendetevi» si fermò notando del sangue sul ventre.«Maledizione» mormorò.
Lo avevano pugnalato!
Ma perché colpire lui? Cédric tastò in fretta la vena dell'uomo, sentendola pulsare seppur lievemente.
Corse verso la porta, trovandola chiusa!
«Aprite questa dannata porta!»
Sentì delle urla femminili e poi bisbigli.
Perché lo avevano chiuso lì dentro? Probabilmente avevano approfittato del momento in cui era rimasto stordito per chiuderlo lì dentro.
Sentì altri gemiti da parte dell'uomo e Cédric corse da lui per tamponare la sua ferita e fermare la fuoriuscita del sangue. Per quanto lo avesse odiato, non meritava di morire in quel modo.
Pochi minuti dopo, Cédric era arrivato alle sue conclusioni, nel momento stesso in cui le guardie varcarono la soglia.
Era difficile fraintendere la situazione.
«Arrestatelo, per il tentato omicidio del Conte Mureau.» Dichiarò il capo delle guardie, mentre le altre lo allontanavano dal Conte e lo ammanettavano.
Venne strattonato e trascinato fuori dalla stanza e nello scendere le scale, vide sia la Contessa che Isabelle vestite ancora dei loro cappotti, probabilmente rincasate da poco, dandogli le spalle mentre parlavano con le altre guardie. «Chi? Chi ha tentato di uccidere mio marito, voglio saperlo immediatamente!» Urlò la donna, fuori controllo. Isabelle le era accanto, anche lei preoccupata e in lacrime cercando di calmarla. Non appena sentirono i rumori di passi sulle scale, entrambe le donne si voltarono.
Cédric non dimenticò mai lo sguardo sconvolto di Isabelle mentre lo fissava, incredula e bianca come un cencio.
«Cédric...»bisbigliò, avvicinandosi a lui, ma il capo delle guardie la fermò. «Non avvicinatevi mademoiselle, avete davanti colui che ha tentato di uccidere il Conte.»
Isabelle lo fissò allibita, per poi notare le macchie di sangue sulle sue mani e sul viso. «No... Cédric tu non puoi aver...»
«Maledetto!» Urlò la Contessa, cercando di avventarsi su di lui, ma venne fermata. «Quell'uomo è Cédric Arséné, lo stesso che ha cercato di uccidere mio marito giorni fa. Ci hai riprovato, maledetto...»
Quest'ultimo desiderava ardentemente dirle tutta la verità ma non riuscì ad emettere fiato notando il viso spento di Isabelle.
«Isabelle non è come pensi, devi credermi. Non l'avrei mai ucciso...»
«Come posso più avere fiducia in te Cédric» disse a bruciapelo la giovane. «Mi hai nascosto così tante cose, anche quando avevi promesso che non l'avresti più fatto.»
Cédric non riuscì a comprendere, fino a che Isabelle non gli chiarì le idee. «L'orfanotrofio, mi hai nascosto la verità su mio padre. Tu mi hai nascosto così tante cose che io non so più se crederti!»
Cédric non emise parola, comprendendo che la sua mancanza di fiducia era stata causata da lui.
«Tutto ciò che ho fatto, l'ho fatto solo perché ti amo e non volevo che soffrissi.»
Isabelle scosse la testa, le spalle basse come se non riuscisse più a sostenersi. «Chi ama non nega la verità, non si nasconde dietro una maschera. Non con colei che dici di amare.»
Nessuno dei due emise più parola e le guardie lo trascinarono via, avendo la sensazione di aver distrutto tutto ciò che aveva costruito negli anni con una sola mossa e senza che se ne rendesse conto.
Piccolo spazio a me!!!!!!!!!!
Ciao a tutti! Come promesso ecco il 17 capitolo e come vedete è stato pieno di colpi di scena, non mi odiate, anche se persino io mi sono odiata mentre lo scrivevo. XD
tanti i colpi di scena e tante verità nascoste si trovano in questo capitolo, a cominciare da Paul.
Il tuo demone l'hai solo sopito, ma non cacciato via Cédric.
Sappi però che ogni scelta presa ha un prezzo.
frasi molto forti e che custodiscono segreti profondi.
Cosa sta macchinando Paul?
Isabelle perdonerà Cédric?
Quest'ultimo sarà per sempre perseguitato da un un passato di sangue e dolore?
Manca pochissimo alla fine quindi restate in attesa per gli ultimi capitoli di Oltre la maschera!
CIAOOOOO RAGAZZIIIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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