CAPITOLO 6

"Il mare è tutto azzurro
Il mare è tutto calmo.
Nel cuore è quasi un urlo
di gioia. E tutto è calmo."
(Sandro Penna)

Mi sentivo come una bimbetta intenta a scartare i regali a Natale: curiosa, smaniosa, entusiasta di tutto quello che andavo scoprendo di quel mondo fiabesco, trasfuso, magnificamente, in quello reale.

Federico godeva del mio genuino stupore.

« Finalmente, ho fatto centro in qualcosa.», mi disse soddisfatto.

« Non cantare vittoria. Ancora non ho deciso se ucciderti per la paura che mi hai fatto prendere su quel bolide o ringraziarti per questo splendore.»

Camminavamo a piedi perché l'accesso con i veicoli, in quel luogo, era concesso solo ai residenti.

Antichi palazzoni s'affiancavano a casette colorate, come vecchie matrone a chiassose damine, facendo da chaperon alle coppie di innamorati, e non solo, che percorrevano il borghetto, che si snodava lungo un'unica stradina serpeggiante, fatta tutta di ciottoli.
Quasi riuscivo a contarli ad uno ad uno sotto i piedi, nonostante le sneakers che calzavo quel giorno.

Intersecavano il cammino brevi scalette di pietra che portavano direttamente sul mare, dove scogli e scoglietti facevano capolino fra le creste marine e su cui la mia vivida immaginazione vedeva, benissimo, accoccolate bellissime sirene, affaccendate a intonare i loro canti ammaliatori.

Una leggera brezza mi scompigliava, dolcemente, i capelli che avevo lasciato sciolti e mi ricadevano sulle spalle, in lunghe lingue di fuoco.

Federico si era disfatto del casco e della giacca della tuta, lasciandoli nel bauletto della moto.
Ora, era più lui.
I folti capelli bruni, di media lunghezza, arruffati più del solito, con il ciuffo ribelle che gli ricadeva sugli occhi; il viso rasato di fresco e quel sorrisetto sbarazzino che, ad intermittenza, gli increspava gli angoli della bocca.

Un sorriso capace di scalfire la spessa armatura che mi corazzava l'anima.

Camminavamo appaiati.
Ad un tratto, la sua mano sfioró la mia, esitante, quasi in una timida preghiera.

Io, mi ritrassi.
Poi, le mie dita, come provviste di volontà propria, s'avvinghiarono alle sue.

"Come vecchi buoni amici.", rassicurai me stessa.

«Dai, vieni.», mi disse.

Scendemmo una scaletta, coperta da un tunnel, e sfociammo su una banchina di pietra, sul mare.
Alle nostre spalle, le casette colorate si issavano direttamente dalle onde, disponendosi a raggiera fino ad arrivare al castello che, dall'alto, ci sovrastava.

Ero senza parole.

D'istinto, mi sfilai le scarpe e m'avventurai sulle rocce, disseminate a realizzare un sentiero naturale fra i flutti.
Tuffai un piede nell'acqua.
Era di un tepore paradisiaco.

«Attenta!»

Sobbalzai, spaventata.

«Che succede?»

«Si narra che questo posto sia la dimora di un orribile mostro, a sei teste canine e tre fila di denti.
Non vorrei facesse un ghiotto spuntino con il tuo piedino. "

«Cretino! »

Ridacchió e mi raggiunse.
Si chinó ad accarezzare a pelo l'acqua.
E poi... sentii colarmi sul viso un rivolo salmastro.
Annaspai, sorpresa.
Mi aveva schizzato.
Ed io, vendicativa, ingaggiai contro di lui una battaglia all' ultimo fendente d'acqua.

Giocavamo sguaiati.
Eravamo zuppi ed ebbri di giubilo.

«Ahi! "

Stavo riempiedomi le mani quando, alzando gli occhi, lo vidi a terra.

«Il mio didietro ha subito un sonoro smacco!», si lamentó, mentre tentava di rialzarsi, rimediando un altro ruzzolone.

Lo raggiunsi, cercando di non fare la sua stessa fine.

«Stai bene? Niente di rotto?»

«Praticamente ho l'orgoglio in frantumi. Per il resto è tutto perfettamente ancorato al suo posto.»

Se ne stava sdravaccato, in una posa ridicolmente scomposta.

Lo aiutai a rialzarsi mentre dal ventre mi dipartivano flebili singulti che salirono a scuotermi le spalle, fino a liberarsi in un riso pomposo.
Ridevo come non facevo da tempo, forse secoli.

Lui mise, momentaneamente, il broncio, offeso di essere l'oggetto di cotanta ilarità.
Poi, m'accompagnó nel mio gaudio concitato.

Il tempo sembró fermarsi.
Nell'euforia, m'abbracció.
L'abbracciai.
Eravamo cuore a cuore, quasi a respirarci vicendevolmente.
Troppo vicini.
Il mio essere vibró di piacere e paura al contempo.
Mi divincolai. Lui sembró capire.

«Andiamo, prima che faccia altre figuracce.»

Federico, come se nulla fosse, mi tese la mano e, insieme, rifacemmo il percorso inversamente.

"Si, come vecchi buoni amici.", mi ripetei, come promemoria.

La passeggiata s' era affollata di nuovi figuranti che ci guardavano straniti.
Sembravamo due monelli sciatti, di ritorno da una scorribanda.

L'aria era pregna di salsedine e dei deliziosi profumi che promanavano dai vari ristorantini, sparsi lungo il percorso.

Arrivammo ad un molo, dove facevano bella mostra di sé una nidiata di barche: alcuni pescatori le riparavano; altri veleggiavano, ancora, in compagnia dei gabbiani.

Un vecchietto, sullo spiazzo in discesa, se ne stava ricurvo su una rete, maneggiandola con mirabile maestria.

M'avvicinai, titubante, a non volerne violare il celere lavoro.

L'uomo, avvertendo la mia presenza, alzó la testa e mi salutó.

Alto un soldo di cacio, la pelle riarsa dal sole, occhi azzurri chiari, baffetto e pizzetto bianchi, riprese a muovere abilmente l'ago che teneva fra le dita, forgiando intrecci volti a rattoppare un grosso buco.

Lo guardavo ammaliata.

«Cosa fate?»

«Preparo le reti per mio nipote. Stanotte, alle tre, esce per mare.»
E mi mostró l'intreccio necessario e il filo di nylon usato per i rammendi.

«Questo è un nodo a bandiera.»

«Siete davvero bravo.», mi complimentai.

«Eh, signorinella, questo lavoro lo faccio da quando avevo dieci anni e ora ne ho, quasi, ottanta.
Andavo appresso a mio padre.
Anche lui era un pescatore, così come mio nonno e tutta la mia famiglia.»

M' indicó la distesa d'acqua che si spargeva dinnanzi a noi.

«Ora che non mi vogliono più con loro, perché sono vecchio e il mare è troppo pericoloso per me e sarei d'impiccio, passo le mie ore qui a sanare i buchi e gli strappi.
Le reti bisogna conoscerle e riparare come si deve, altrimenti fai solo disastri e non riesci a pescare.
In pratica esci per mare solo per perdere tempo.»

Il sole stava iniziando la sua fase discendente, pennellando, pian piano, ogni cosa di mille sfumature di viola.

Il vecchietto guardava assorto l'orizzonte.

«Io resto sempre qui a fare questo lavoro e ad aspettare che mio figlio e mio nipote ritornino dalla pesca, ma il mio cuore è sempre là, dove il cielo fa l'amore con il mare, fra il rullio delle onde e le folate di salsedine.»

Il mio sguardo corse dove s'era fermato il suo e un pó oltre.
La mia mente ritornó ad un vivido passato.

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