La cantina
La cantina.
Matthew tirò su i piedi e li poggiò sulla scrivania. Se Anthony lo avesse visto lo avrebbe ucciso, detestava che lui mettesse le mani tra le sue cose, figuriamoci i piedi. Il pensiero gli procurò un certo compiacimento.
Stava mangiando con le bacchette da un barattolo di noodles di quelli già pronti, non erano molto appetitosi, ma doveva accontentarsi, aveva un lavoro da portare a termine. Decise che quei due nuovi ragazzini lo avrebbero fatto impazzire: come se potessero permettersi il lusso di decidere a quale clima trasferirsi- roba da matti - lui non era un'agenzia viaggi.
Matthew ripensò a come si era messo in quella situazione. Aveva già abbastanza da fare al campus, questo impegno era un di più, e gli stava portando via un sacco di tempo e di energia.
Doveva riconoscerlo: avevano provato a dissuaderlo, ci aveva provato soprattutto June. Forse non lo considerava all'altezza -pensò – ma scacciò subito il pensiero: l'aveva vista sinceramente preoccupata per lui e la cosa gli piaceva, ma sapeva che lei non era più raggiungibile, non lo era mai stata in effetti. Il modo in cui guardava l'alieno... scosse la testa - frustrato- lei non lo aveva mai guardato così. Per consolarsi si disse che forse il loro legame non era una cosa comunque sana, per quanto apparentemente meravigliosa.
I suoi pensieri furono interrotti da uno strano fenomeno: lo spazio di fronte alla scrivania iniziò ad ondeggiare, come se lo osservasse attraverso un velo d'acqua.
Matt sollevò gli occhiali sulla testa e si massaggiò la radice del naso: forse stava diventando presbite, pensò con terrore, un invecchiamento precoce balenò nel suo cervello facendo a botte con la sua vanità.
Ma non si trattava di presbiopia: lo spazio si separò come una tenda da palcoscenico e un ragazzo all'apparenza di circa sedici anni balzò nella cantina tirandosi dietro una figura completamente ricoperta di pelle, legata da una cordicella sottile tenuta dal ragazzo.
Matt balzò in piedi talmente in fretta che inciampò sulla sedia con ruote sulla quale era seduto sino a un attimo prima e slittò con poca eleganza contro la parete finendo nuovamente seduto pesantemente. La cena finì a terra, ma non se ne curò. Osservò le due figure appena comparse a bocca aperta, incapace di spiccicare parola.
Il ragazzo aveva capelli neri e indossava un paio di jeans e una giubba strana, sembrava quella usata un tempo dai fattorini degli hotel. Si schiarì la voce e fece una sorta di inchino. "Salve, vi ho riportato l'essere che vi siete persi!". Sembrava estremamente soddisfatto e per nulla turbato dalla presenza di Christopher che accanto a lui lo sovrastava di parecchi centimetri. Lo teneva con quella cordicella come se fosse un cagnolino per niente aggressivo.
Osservò Matt con aspettativa e compiacimento.
Matt da parte sua riuscì solo ad allungare un dito e puntarlo in direzione di Christopher. "Noi... non lo abbiamo perso". La sua voce gli uscì talmente strozzata che faticò a riconoscerla.
Il ragazzo non comprendeva cosa intendesse l'umano, anzi non comprendeva del tutto il suo atteggiamento. Sembrava terrorizzato! A un tratto pensò di aver compreso e spalancò la bocca, sorpreso. "Ho capito! Era un regalo!". Si voltò a guardare Christopher, lo squadrò dal basso verso l'alto ed era piuttosto chiaro che si stesse domando che accidenti dovesse farci con quello là, ma l'educazione prevalse.
Si schiarì la voce e con fare pomposo si rinchinò. "Il mio popolo vi ringrazia per lo... splendido dono!". Il ragazzo non poté fare a meno di gettare un'ulteriore occhiata perplessa all'essere ricoperto di pelle. Sperava di aver aggiustato le cose, tuttavia il terrestre sembrava ancora spaventatissimo. Per rassicurarlo gli fece un bel sorriso e anche il segno del pollice in su. Aveva letto che quei due gesti combinati erano rassicuranti. A quel punto - leggermente esasperato - scrollò le spalle e si voltò per riattraversare il varco.
"Aspetta!", urlò Matt.
Il ragazzo si voltò, curioso.
Matt prese coraggio: se non avesse indagato Anthony e Jason lo avrebbero perseguitato per l'eternità. "Ma la vostra... non è una dimensione orribile?".
Il ragazzo lo osservò con concentrazione cercando di dare un senso alle parole. Poi comprese e un lampo di consapevolezza gli attraversò gli occhi blu. "Ma certo che la nostra è una dimensione orribile!", pronunciò con tono finto tenebroso, dopodiché sorrise. "Per cui non mandateci più regali", concluse col divertimento nella voce.
Il ragazzo entrò nello squarcio tirandosi dietro il suo recalcitrante regalo. "Su, su chop chop".
L'ultima cosa che Matt registrò fu lo sguardo carico di odio del guardiano. Rimase a osservare per interminabili minuti il punto da cui si erano dileguati, temendo un loro ritorno. Senza smettere di osservare la stanza si riavvicinò alla scrivania, facendo scorrere le rotelle della sedia. Allungò freneticamente le mani cercando a tentoni il telefono. Digitò un numero e portò il cellulare all'orecchio.
"Sì Anthony, abbiamo un problema".
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