6. La linea sottile
L'alba si insinuava tra i tetti di Parigi, tingendo il cielo di un rosso cupo, quasi minaccioso. Le prime luci del giorno gettavano ombre lunghe e inquietanti sulle strade deserte, come se la città stessa fosse stata avvolta da un presagio oscuro. Il vento soffiava tra i vicoli stretti, portando con sé un freddo pungente che mi penetrava fino alle ossa. Tutto intorno a me sembrava soffocato da una presenza invisibile, un'energia pesante che aleggiava nell'aria. L'Accademia, un tempo rifugio sicuro per l'arte e la creatività, ora mi appariva come un luogo sinistro, avvolto da segreti oscuri e insondabili.
I miei passi rimbombavano lungo i corridoi deserti, come se stessero battendo il tempo in una marcia funebre. Ogni porta chiusa sembrava contenere qualcosa di inconfessabile e ogni finestra rifletteva volti intrisi di sospetti e paure. La morte di Mariè aveva gettato un'ombra indelebile su tutto ciò che conoscevo.
Nulla era più lo stesso e la fiducia che un tempo ci legava era ormai frantumata, irreparabilmente compromessa.
Il Maestro Lefèvre mi aveva convocata nel suo ufficio e non riuscivo a scrollarmi di dosso il peso di quella chiamata.
Cosa sapeva?
Cosa avevano scoperto?
Le telecamere avevano registrato qualcosa di utile o le loro indagini si sarebbero infrante contro lo stesso muro di ombre e di confusione che avevo dentro di me?
Mi trovavo costretta a rivivere le immagini della notte precedente, un incubo che si ripeteva all'infinito, avvolgendomi in una spirale di ansia e dubbio.
Bussai alla porta del suo ufficio, sentendo l'eco del mio colpo risuonare nel silenzio gelido. Dopo un attimo, la porta si aprì con un cigolio inquietante e il Maestro Lefèvre mi accolse con il suo solito sguardo severo, anche se ora appariva stanco, quasi consumato dagli eventi recenti. Mi fece cenno di entrare e la porta si richiuse dietro di me con un suono netto, quasi definitivo.
<<Grazie per essere venuta, Maddalena>> esordì con la sua voce calma ma carica di una tensione che non riusciva a nascondere.
Mi sedetti di fronte a lui cercando di apparire composta, anche se dentro di me il caos regnava sovrano. Lefèvre si sedette dietro la scrivania, le sue mani intrecciate come se stesse meditando su qualcosa di estremamente delicato.
I suoi occhi mi fissavano con intensità, come se stessero cercando di penetrare ogni angolo oscuro della mia mente.
<<La polizia ha bisogno del tuo aiuto>> disse infine, senza girarci intorno. <<Hanno esaminato tutte le registrazioni delle telecamere. Ma quando le telecamere si sono spente, l'unico frammento utile che hanno catturato è stato te, nella sala di musica. Ti hanno sentito urlare "vai via!">>
Annuii lentamente, cercando di tenere sotto controllo la tempesta di emozioni che ribolliva dentro di me. Ricordavo quella notte, anche se i dettagli mi sfuggivano come sabbia tra le dita.
<<Cosa posso fare?>> chiesi, la mia voce più ferma di quanto mi aspettassi.
Lefèvre sospirò, passandosi una mano tra i capelli ormai grigi. Sembrava portare il peso di qualcosa di più grande, qualcosa che sfuggiva al suo controllo.
<<La tua... condizione>> iniziò con cautela, poi continuò <<Il Maladaptive Daydreaming. Hai detto di poter trasferire le tue visioni agli altri. Vorremmo che tu lo facessi di nuovo. Questa volta, però, in un contesto controllato>>
Le sue parole mi colpirono come una raffica di vento gelido.
Trasferire le mie visioni?
Come avrei potuto farlo su richiesta?
Era qualcosa che accadeva spontaneamente, in momenti in cui nemmeno io riuscivo a comprenderlo del tutto.
<<Non so se posso controllarlo>> ammisi, la mia voce tremante per l'incertezza. <<Però posso provare>>
Lefèvre annuì, la sua espressione si fece più grave.
<<Blanch ed io pensavamo di ricreare le stesse condizioni di quella notte>> spiegò. <<Vorremmo che tu suonassi lo stesso pezzo. Speriamo che in questo modo emergano nuovi elementi, qualcosa che possa aiutarci a capire cosa è realmente successo>>
Sentii un brivido corrermi lungo la schiena. L'idea di rivivere quell'orrore mi terrorizzava, ma sapevo che dovevo farlo. Non potevo tirarmi indietro. Non ora. Non con Mariè ancora senza giustizia.
<<Lo farò>> risposi infine, la mia voce decisa nonostante la paura che sentivo crescere dentro di me.
Lefèvre mi osservò per un lungo istante, come se volesse assicurarsi che fossi davvero pronta a ciò che mi attendeva.
<<Grazie, Maddalena>> disse infine, la sua voce carica di gratitudine ma anche di preoccupazione.
<<So che non è facile, ma potrebbe essere la nostra unica possibilità>> mi disse Lefèvre.
Mentre mi alzavo per andarmene, Lefèvre mi fermò con una domanda inaspettata, che mi colse alla sprovvista.
<<C'è qualcos'altro che ricordi di quella notte? Qualsiasi dettaglio, anche il più insignificante, potrebbe aiutarci>>
Chiusi gli occhi per un istante, cercando di afferrare quei frammenti di memoria sfuggenti che, come ombre, si annidavano nelle pieghe della mia mente. Dopo un attimo di silenzio, una scena riaffiorò, nitida e disturbante.
<<Il volto... senza volto>> sussurrai, come se pronunciare quelle parole potesse darmi qualche spiegazione <<Non so cosa fosse, ma era lì. E c'era sangue... ovunque>>
Lefèvre annuì, il suo sguardo si fece più intenso, riflettendo una determinazione che pareva voler scavare a fondo nel mistero.
<<Grazie, Maddalena. Faremo tutto ciò che è necessario per scoprire la verità>> fu l'ultima cosa che mi disse.
Mentre uscivo dal suo ufficio, una strana determinazione prese il posto del terrore che mi aveva avvolto fino a quel momento. Avrei suonato, avrei permesso a chiunque di accedere a quelle visioni che mi perseguitavano. Dovevamo trovare la verità anche se mi spaventava l'idea di ciò che avremmo scoperto.
Tuttavia, sapevo che in fondo non volevo farlo. Sapevo che, se ci avessi provato, la negazione che sentivo dentro sarebbe stata l'unica cosa a emergere. Non sarei stata in grado di rivivere quella notte nella forma in cui era stata, solo la mia paura l'avrebbe riscritta.
Rientrai nella mia stanza e, cercando di alleviare il peso dei miei pensieri, misi le cuffie. Le note familiari di Like a Prayer di Madonna iniziarono a riempire la mia mente, quasi a cullarmi in una sicurezza fittizia.
Chiusi gli occhi.
Quando li riaprii, la mia sorellina era lì, davanti a me, piangendo disperatamente. La sua immagine mi colpì come un pugno. Qualcosa era successo, lo sentivo nella sua sofferenza.
<<Che cosa è successo?>> le chiesi, la mia voce sottile come un sussurro.
Lei si gettò sul letto di Isabelle, avvolgendosi nelle coperte come se volesse nascondersi dal mondo. Il suo pianto era un muto urlo di paura che mi colpì nel profondo.
<<È qui>> mi disse con un filo di voce.
Il mio stomaco si contrasse
<<Chi?>> le domandai interdetta.
Lei non rispose subito ma i suoi occhi spalancati e terrorizzati mi fecero intuire la risposta.
<<Lo sai...>> disse infine, tremante.
Un bussare improvviso alla porta mi fece sobbalzare. Il cuore accelerò in modo incontrollato.
<<Chi è?>> domandai, ma nessuna risposta mi giunse.
Il bussare si fece più forte, più insistente.
Il pensiero che fosse l'uomo senza volto mi paralizzò per un istante. Poi, con un respiro profondo, decisi di affrontare la mia paura.
Aprii la porta.
Ferdinando era lì, in piedi davanti a me, alto e sicuro di sé. Un sorriso enigmatico gli increspava le labbra ma i suoi occhi, duri e imperscrutabili, non tradivano alcuna emozione. I suoi capelli scuri incorniciavano un volto affilato, reso ancora più sinistro dall'ombra che lo avvolgeva. Il suo lungo cappotto nero sembrava assorbire la luce, accentuando la sua presenza inquietante.
<<Ciao, Maddalena>> disse con voce calma, quasi ipnotica <<Posso entrare?>>
La sua voce mi attraversò come una corrente fredda, ma annuii meccanicamente.
<<Sì... certo... entra>> risposi, cercando di ignorare la presenza della mia sorellina che, nascosta sotto le coperte, continuava a piangere.
Ferdinando entrò con passo deciso, prendendo posto nel centro della stanza. Il suo sguardo era fisso su di me ma non dava segno di aver percepito l'atmosfera di terrore che impregnava l'aria.
<<Sono contento di trovarti qui>> iniziò, con una calma disarmante <<Ho una proposta per te>>
Una proposta?
L'inquietudine aumentò, ma cercai di non mostrarla.
<<Che tipo di proposta?>> chiesi, la voce stranamente ferma nonostante il battito frenetico del mio cuore.
<<C'è un matrimonio il prossimo weekend>> spiegò con un sorriso che non raggiungeva gli occhi. Poi continuò <<Mi hanno chiesto di trovare qualcuno che possa suonare e cantare per tutta la serata. Ho pensato a te. Ti pagherebbero bene, mille euro per una sola notte. Cosa ne dici?>>
Mentre pronunciava queste parole sentivo la voce della mia sorellina nella testa. Non farlo, mi implorava, il suo terrore era palpabile, come se potesse avvolgermi e soffocarmi. Sapevo che Ferdinando non percepiva nulla di tutto ciò.
<<Non farlo, Maddalena! Non farlo!>> gridava, il suo pianto disperato si fece più forte nella mia mente.
Lentamente, mi voltai verso di lei, il cuore oppresso dal dubbio. Poi rivolsi lo sguardo su Ferdinando, il suo volto ancora impenetrabile, quegli occhi come ghiaccio che non mostravano alcuna pietà.
<<Tutto bene?>> mi chiese Ferdinando, osservandomi con uno sguardo sospettoso.
<<Sì, va tutto bene>> mentii, la mia voce uscì spezzata ma decisa.
<<Allora accetti?>> incalzò Ferdinando, il tono della sua voce ora più persuasivo.
Esitai per un istante ma alla fine annuii, ignorando la crescente disperazione che provavo.
<<Sì, accetto>> risposi con un filo di voce.
Proprio in quel momento, Isabelle e Miguel entrarono nella stanza. Ferdinando si girò verso di loro, il suo sorriso formale ma privo di reale calore.
<<Bonjur! Lei... è qualcuno che lavora per la polizia o qualcosa del genere?>> chiese Isabelle, studiando Ferdinando con curiosità mista a sospetto.
Ferdinando sorrise in modo affabile.
<<No, no>> rispose, tendendo la mano verso di lei. <<Sono Ferdinando, ero qui per proporre a Maddalena un'opportunità di lavoro>>
Isabelle e Miguel si scambiarono uno sguardo fugace, poi Miguel accettò la stretta di mano.
<<Piacere di conoscerti>> disse Miguel.
<<Anche per me>> rispose Ferdinando con il suo solito sorriso enigmatico <<Ma ora devo andare. Sono sicuro che ci vedremo presto>>
Con un ultimo sguardo fiero verso di me, Ferdinando si voltò e uscì dalla stanza.
Quando Ferdinando uscì dalla stanza, l'aria sembrò farsi più densa, come se le pareti si fossero strette attorno a me. Un silenzio pesante riempì lo spazio, interrotto solo dal lieve scricchiolio della porta che si chiudeva alle sue spalle. Isabelle mi fissava, i suoi occhi pieni di domande non dette.
Il suo sguardo, intenso e penetrante, era carico di apprensione.
<<Cosa sta succedendo?>> chiese infine, la sua voce tradiva una preoccupazione profonda, ben oltre la curiosità superficiale.
Cercai di mantenere la calma ma le parole sembravano pesarmi sulla lingua.
<<Ho accettato un lavoro>> risposi, sapendo che quella spiegazione non era sufficiente. Sentivo il peso di quella decisione gravare su di me, come un macigno. <<Ma non so... non so se ho fatto la cosa giusta>>
Sul letto di Isabelle, la mia sorellina continuava a fissarmi, il suo volto contorto in un'espressione di rabbia e paura.
I suoi occhi, grandi e spalancati, riflettevano un terrore che non riuscivo a comprendere appieno ma che percepivo chiaramente. Quel volto mi perseguitava, e improvvisamente capii che forse avevo appena varcato una soglia di cui non conoscevo le conseguenze.
Isabelle non distoglieva lo sguardo. Le sue sopracciglia si erano leggermente aggrottate e quel semplice gesto trasmetteva una serietà che raramente le avevo visto. Era come se riuscisse a leggere i miei pensieri, intuendo l'inquietudine che cercavo di nascondere.
Miguel, d'altra parte, appariva più perplesso che preoccupato. I suoi occhi erano incerti, vagamente confusi, come se cercasse di orientarsi in una situazione che non comprendeva del tutto. Tentò un sorriso, nervoso e fugace ma il suo volto tradiva un'ansia crescente. Si era appoggiato alla porta, le braccia incrociate, una postura che sembrava voler trasmettere calma ma i suoi occhi, fissi su di me, erano pieni di interrogativi.
<<Chi era quello?>> sussurrò Isabelle, quasi timorosa della risposta.
<<Un amico...>> mentii, ma la parola suonò vuota. La tensione cresceva dentro di me, un nodo che sembrava stringersi ogni secondo di più.
Sentivo la presenza della mia sorellina come un'ombra opprimente, la sua figura ancora impressa nella mia mente come un monito. C'era qualcosa di profondamente sbagliato ma non riuscivo a formulare i miei dubbi ad alta voce.
<<Sembrava... strano>> aggiunse Miguel, scuotendo leggermente la testa <<Tutto bene?>> insistette, il suo tono più cauto ora, come se percepisse che qualcosa in me stava cambiando.
Provai a sorridere, ma anche quel gesto sembrava forzato.
<<Sì, certo>> risposi rapidamente <<Era solo... una proposta di lavoro>>
Le loro espressioni non si attenuarono. Anzi, sembravano amplificare la mia ansia, rendendola quasi tangibile. Isabelle fece un passo avanti e prese la mia mano, il suo tocco delicato e rassicurante. Il calore della sua stretta mi fece sentire per un momento ancorata alla realtà.
<<Maddalena, puoi parlare con noi>> disse dolcemente, il suo tono pieno di comprensione <<Se c'è qualcosa che non va, lo saprai affrontare. Siamo qui per aiutarti>>
Quelle parole mi colpirono come un pugno. La sua preoccupazione era sincera e nel suo sguardo intravedevo lo stesso amore protettivo che avevo visto tante volte negli occhi di mia madre. Ma dentro di me, un'ondata di emozioni contrastanti mi travolgeva: l'inquietudine per la proposta di Ferdinando, la presenza inquietante della mia sorellina, le urla disperate che riecheggiavano ancora nella mia mente dalla notte precedente. Non sapevo più distinguere il confine tra la realtà e la mia immaginazione, e questo mi terrorizzava.
<<Dovremmo parlare di quello che è successo la scorsa notte>> dissi infine, la mia voce spezzata da un tremore che non riuscivo a controllare <<C'è qualcosa che non va, e devo capire cosa>>
Isabelle e Miguel si scambiarono uno sguardo veloce, preoccupato. Entrambi annuirono con gravità.
<<Certo, Mad>> rispose Isabelle con voce ferma, stringendomi ancora più forte la mano <<Siamo qui, sempre... lo sai>>
Le loro parole erano un'ancora di salvezza in mezzo alla tempesta che infuriava dentro di me. In quel momento, la loro presenza mi apparve come l'unico appiglio concreto in un mondo che sembrava dissolversi sotto i miei piedi. E anche se non avevo risposte, sapevo di non essere sola in quel caos.
Ogni commento e ogni stellina sono come piccole luci ✨ che illuminano il cammino di Maddalena, rendendo questa storia ancora più speciale.
Sapere che le sue emozioni riescano a toccare chi legge riempie il mio cuore di felicità 💖
La tua presenza qui significa tanto per me, ed è un dono che non do mai per scontato.
Grazie di cuore per essere parte di questo viaggio e per donarmi il tuo tempo e il tuo affetto 💖🌸
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top