• 7

Non sono mai stata il tipo di persona che si abbandona alle frivolezze, che ama il divertimento e che ama perdere la testa fino a non ricordare più nulla il giorno dopo. Tanto meno non amo condividere il mio tempo con persone del genere. Non per niente, appunto, mi trovo fuori da quello spazio – fin troppo piccolo e pieno di teste vuote – appena dieci minuti dopo aver varcato la soglia. La convinzione che molta gente non capisca il vero significato della loro esistenza, infatti, è palpabile. Credo sia lecito lasciarsi andare a questi piaceri terreni, qualche volta, come l'alcol o semplicemente il sesso di una notte o poco più, ma è anche vero che tutte queste cose, alla fine, si perdono. Semplicemente arrivano, si afferrano e poi si molla la presa, lasciando così un vuoto che non si riempirà più. E non parlo di un vuoto di memoria dettato dal troppo alcol ingerito, bensì di un vuoto interiore, profondo. Alcuni mi considerano troppo impostata per i ragionamenti che la mia mente partorisce e tanti altri, invece, pensano che non mi goda davvero la vita, che seguo un percorso unidirezionale, senza piccole scappatoie che potrebbero, in un certo senso, aiutarmi. Io non do molto peso alle loro parole perché, fortunatamente, riesco ad indossare quella maschera di indifferenza che tutti temono. Parto dal presupposto che le critiche provengano da individui superficiali, che non badano troppo alla sostanza bensì all'apparenza. L'apparenza, di fatti, è ciò che mi premuro di curare di più. Non mi interessa che gli altri conoscano la vera me e ciò che sono davvero. Non voglio che tutti sappiano cosa ho passato, cosa mi ha resa tale ed il motivo per cui sono così troppo impostata e fin troppo fredda e apatica. Mi basta solo che mi stiano lontani perché sto bene da sola, chiusa in quella bolla costruita da me stessa in tutti questi anni.
Le feste non fanno per me, non ho bisogno di affogare i miei dispiaceri nell'alcol perché oltre ad annebbiarti i sensi non ti lascia nulla. Solo un immenso vuoto in più aggiunto a quello che già possiedi. Un puntino nero che via via si trasforma in una vera e propria voragine.

Inoltre, se avessi la testa in completa perdizione, non potrei penetrare oltre la superficie. La caratteristica che mi rispecchia di più, infatti, è la mia indole coltivata sin da piccola: osservare minuziosamente e curiosamente tutto quello che mi circonda, sperando e cercando di ottenere quel particolare che fa la differenza, che distingue l'essere da tutto e da tutti. Amo il particolare, l'inusuale, quella caratteristica fuori dal comune, l'insolito.

E non è qualcosa di molti. Non tutti si fermano davvero a guardarti e a chiedersi se l'immagine che dai e che rifletti al mondo sia autentica, vera. È una dota di pochi, di coloro che si distanziano da quel tipo di mondo fatto di futilità, estrema leggerezza e vacuità.

Ed è ciò che accade in questo momento. La mia indole sale a galla, spingendo via – furiosamente –  la razionalità che mi intima ad arretrare e pensare ai fatti miei. Eppure non riesco, l'istinto vince su tutto, e per questo motivo – invece di nascondermi e tornare dentro – affilo di più lo sguardo ed espongo il mio viso.

Osservo la figura alta e slanciata, senza farmi beccare, che riesco a riconoscere immediatamente e che probabilmente riuscirei ad individuare tra tanti. Trevor si trova esattamente a qualche metro di distanza dalla mia figura nascosta mentre, per mia sorpresa, tiene tra le dita una sigaretta quasi del tutto consumata. Il suo corpo è poggiato totalmente al sostegno dietro di lui, con una gamba piegata in modo tale da far combaciare la pianta del piede con l'esterno del capannone, le braccia incrociate ed il viso rivolto verso l'alto, incorniciato dai suoi ricci e dal suo ciuffo ribelle che di tanto in tanto si sposta a causa della brezza.

Gli occhi sono rivolti al cielo privo di stelle, quelle piccole porzioni di luci che accompagnano la vita notturna, e sembrano persi in chissà quale pensiero. Il suo profilo è poco illuminato dal bagliore che emana la luce all'interno del luogo, eppure risulta essere esattamente bello quasi come tutte le volte che ho avuto la possibilità di vederlo in viso. Se non conoscessi il suo carattere simile al mio – se non peggio – direi che in questo momento sembra essere infinitamente frangibile, indifeso. Perso nel turbine di pensieri nascosti e cupi che solo egli stesso potrebbe esternare. Perché in fondo conosco quello sguardo: uno sguardo che non ammette aiuti esterni, che non ammette alcun tocco di speranza.

Uno sguardo che non vuole e non desidera presidio, tranne che solitudine.

Conosco bene l'oscurità che gli occhi raggiungono, nell'istante in cui permetti alla tua testa di aprire quella porta chiusa a chiave. Una porta che ti garantisce l'accesso ad un mondo che non vuoi aprire, e tu lotti con le unghie e con i denti affinché questo non avvenga ma poi non ce la fai.

Quando il tutto è fin troppo anche per te, alla fine, cedi e non puoi far altro che farti risucchiare da quei momenti.

La sigaretta che tengo tra l'indice e il medio si è quasi del tutto consumata, non a causa delle mie labbra e delle mie azioni, bensì dall'aria gelida che si abbatte su tutto quello che incontra. Rimane lì a corrodersi da sola, come Trevor.

Quest'ultimo aspira dal filtro la nicotina ed espira subito dopo, non prima di aver inalato una lunga e profonda scia di fumo. Rimango bloccata nella mia posizione, a fissare il suo pomo d'Adamo che compie movimenti dettati dai suoi gesti istantanei, a guardare come le sue narici si dilatano provocando la fuoriuscita del fumo e le sue labbra che si dischiudono, garantendo la minima possibilità di respirare.

I miei denti affossano sul mio labbro inferiore, non badando minimamente alla forza che ci metto e al fatto che possa provocare un taglio.

« La tua è proprio un'ossessione»

La sua voce è roca, profonda ma tranquilla. Sobbalzo sul posto e continuo a guardarlo; non sembra essere davvero arrabbiato del fatto che mi abbia beccata con le mani nel sacco a fissarlo  come se non ci fosse un domani. D'altro canto, non mi stupisco più di tanto delle sue parole: è fin troppo attento ai dettagli, così simile a me da non incutermi alcuna paura.

Ed è per questo che vengo fuori dal mio nascondiglio del tutto improvvisato avanzando verso la sua figura, del tutto indifferente alla mia presenza.

« Ossessione?» ripeto, confusa.

« Non dovresti essere qui» evita la mia domanda.

« Nemmeno tu e non hai risposto alla mia domanda» osservo piccata.

Continua a portare, tranquillamente, la sigaretta alle labbra e con disinteresse guarda davanti a sé. Non so come si è accorto della mia presenza, sono sicura di non aver mosso un passo eppure anche senza girare il viso è riuscito non solo a capire che qualcuno lo stesse osservando ma anche chi.

« Sei troppo curiosa, metti il naso in questioni che non ti riguardano» spiega subito dopo.

Capisco immediatamente l'antifona e, come sempre ho fatto, metto su la solita maschera di apatia.

« Non capisco di cosa tu stia parlando» rispondo tranquillamente.

Sbircio nella sua direzione notando un sorriso che gli increspa le labbra. È palese che non mi abbia creduta.

« Origliare le conversazioni altrui, ti dice qualcosa?» chiede ironico, beffeggiandomi quasi, utilizzando quel tono che tanto mi irrita.

Indurisco lo sguardo, aspiro un ultimo tiro e, infine, getto la cicca ai miei piedi. Non posso mentire, sarebbe infantile farlo quando so già che mi ha vista. Perché è così, lui sapeva già ma non ha detto nulla.

« Hai paura che possa aver scoperto qualcosa di troppo scomodo?» ribatto senza alcuna paura della sua risposta.

Per la prima volta, dopo alcuni minuti, mi guarda. Il suo viso è serio, la sua mascella è indurita ed i suoi occhi sono scuri, avvolti da un alone di mistero. Sono impenetrabili.

Mi fissa senza battere ciglio, l'intensità del suo sguardo è così forte e magnetico da non riuscire a distoglierlo. Forse ho esagerato, sto ficcando il naso in qualcosa di troppo grande per me ma al momento non mi importa.

Alzo il mento come a sfidarlo, come a volergli dire che non sono come tutti gli altri, che non abbasserò gli occhi per paura e per sottomissione. Non sono così.

Prende un respiro profondo e, come se non lo abbia appena provocato con la mia domanda alquanto pungente, cede. Ritorna a fissare il cielo scuro consapevole dei miei occhi ancora proiettati sulla sua figura. Mi aspettavo una sua sfuriata, un Trevor che perdesse il controllo o semplicemente una delle sue frasi taglienti ma non è stato così.

« Ho centrato in pieno, non è così?»
Avanzo verso di lui incrociando le braccia al petto, aspettando una risposta che non arriva. Il suo mutismo mi infastidisce, il fatto che eviti le mie domande mi irrita e la consapevolezza che non consideri minimamente le mie parole, cresce come una fiamma dentro di me.

« Se avessi scoperto qualcosa di davvero scomodo, non saresti qui stasera» dice con voce piatta e neutrale.

Si stacca dalla parete e, diversamente dalle altre volte, aspira la sigaretta quasi con forza. La getta ai suoi piedi, definitivamente consumata, e si avvicina a me guardandomi dall'alto. Probabilmente si aspetta che abbassi lo sguardo come un cagnolino ammaestrato ma non lo faccio, anzi incastro perfettamente i miei occhi duri e seri nei suoi illeggibili ma freddi come il ghiaccio.

Un brivido di freddo attraversa il mio corpo ma non bado molto alla temperatura nettamente calata negli ultimi due giorni. Il freddo è l'ultimo dei miei pensieri.

« Allora qualcosa c'è» lo incalzo, convinta di ciò che sto dicendo.

Ho deciso di intraprendere questo percorso e non ho intenzione di tornare indietro. È vero, posso ancora farlo, ma non voglio.

I suoi occhi mi intimano, quasi mi ordinano, di stare buona, di comportarmi come gli altri simili che pensano a tutto fuorché a questo eppure non mi spaventa.

Sorride, ma non è un sorriso che coinvolge gli occhi verdi bensì un sorriso gelido, amaro. Che potrebbe gelarti senza che tu te ne renda conto.

« Non provare mai più a immischiarti in questioni che non ti riguardano. Stai al tuo posto, Nelson, sei una semplice recluta, qualcuno di poco conto che con qualche cazzata potrei mandare via. Non farmi fare questo passo, so bene che non lo vuoi»

Il sorriso si spegne all'istante quando pronuncia queste parole, sono veleno tra le sue labbra. La sua minaccia è palese, stavolta non è un avvertimento di poco conto ma nonostante tutto continuo a non sottomettermi alla sua pretesa. Evidentemente ha un potere grande su Marxwell o qualcosa del genere se afferma che potrebbe farlo e l'idea, che c'è qualcosa di molto più importante sotto, si fa strada sempre in modo più prepotente dentro di me.

Gli angoli della mia bocca si sollevano in un sorriso falso; non può dichiararmi guerra solo per un niente, perché per quanto possa essere un mio superiore, io non mi tirerò indietro. Non l'ho mai fatto e non intenderò farlo proprio adesso.

Ha gettato il guantone di sfida ed io lo prenderò senza pensarci due volte.

« Credi che questa minaccia possa farmi paura?» chiedo, scuotendo il capo l'attimo dopo. Le sue gemme mi fissano senza assumere nessuna sfaccettatura, impassibili.
« Io non ho paura di niente e di nessuno»

« Dovresti, il fatto che sappia come giocare bene le mie carte potrebbe costarti caro»

Il ciuffo scuro si posiziona sul suo viso coprendo il suo occhio destro, la brezza inizia ad essere sempre più forte e gelida ma a nessuno dei due sembra importare.

Troppo presi a scavalcarci l'un l'altro.

« Io so che c'è qualcosa sotto» cantileno prepotente. Senza alcun sorriso ad incresparmi le labbra.

So che la mia affermazione lo ha inferocito ma è bravo a non far vedere le sue emozioni. Si allontana dalla mia figura e solo adesso mi rendo conto della poca distanza a cui si trovavano i nostri visi.

« Stai al tuo posto, questo è un ultimo avvertimento, Arabella» mi avverte, dandomi le spalle.

I miei piedi rimangono fermi nello stesso punto di prima, non avendo la benché minima giustificazione per seguirlo ed urlargli contro. Le mie braccia cadono lungo i miei fianchi e le mie mani si chiudono in due pugni, un gesto istintivo dettato dalla frustrazione. Smuovere Trevor è come smuovere un muro alto venti metri: impossibile, irraggiungibile.

Con consapevolezza e soprattutto con una bile interiore, – che si impadronisce di ogni nervo e muscolo –, mi costringo ad entrare dentro, sicura che da lui non otterrò mai nulla.

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Spazio autrice;
Salve ragazze, come state? Ho notato che nel precedente capitolo nessuno ha commentato. Un po' mi dispiace perché comunque mi farebbe piacere sapere cosa pensate della storia e cosa vi aspettate possa accadere nei capitoli futuri. Commentare non è un obbligo, sia chiaro, ma sarebbe anche un modo per farmi capire se ciò che scrivo vi stia piacendo o meglio incuriosendo. Tuttavia, vi ringrazio per i voti lasciati, li apprezzo tanto.

Buona lettura x

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