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| I commenti non sono collegati ai capitoli che leggerete. Purtroppo Wattpad ha stravolto tutto. Per evitare spoiler, vi consiglio di non leggerli. Semmai voleste scrivere, siete liberi di farlo|

Il ripiano in acciaio è completamente nascosto da cumuli di fogli, i quali presentano numeri senza – in apparenza – alcun senso logico, affiancati da sigle il cui significato rimane indecifrabile. Tra le tante carte emergono anche foto, molto simili agli scatti precedentemente trovati al piano di sotto, con pochissime differenze tra i soggetti immortalati. Stesse incisioni al cranio, all'addome, alle caviglie, ai polsi e, ovviamente, medesime mancanze oculari. Il fatto piuttosto inquietante è la scelta incisiva, che principalmente si basa su punti del corpo inconsueti. È, oramai, appurato il lavoro macabro che svolgono in questo edificio, in questi laboratori che di normale non hanno proprio nulla. Gli arnesi adocchiati sono strambi, difficili persino da intuirne l'uso, come l'utilizzo dei contenitori in vetro esposti come se fossero trofei. Gli organi, dall'imminente e personale deduzione, vengono esportati dai corpi – morti per cause anomale – e immersi in un liquido semitrasparente, dalla finalità ancora incognita. Lo scopo, sostanzialmente, non si conosce, come il senso di queste dissezioni ambigue. Quando si effettuano le autopsie, solitamente, si tende a circoscrivere il cranio e l'addome, incisioni principali per scoprire le cause del decesso mentre più analizzo e studio queste foto e più i dubbi e le perplessità assillano la mia testa. Disconosco le pratiche ospedaliere, come i meccanismi che si innescano durante le differenti procedure ma le singolarità saltano all'occhio.
Agguanto una cartellina e con estrema titubanza la sfoglio, aggrottando la fronte confusa quando i miei occhi perlustrano ogni parola incomprensibile. Sembrano dati scientifici, chimici... legami. Vi sono una serie di parole, appunti ai margini dei fogli ed inserimenti dell'ultimo minuto trascritti con inchiostro di colore discorde. I primi fogli, essenzialmente, non mi conducono da nessuna parte; non essendo esperta in materia, diventa inutile persino perdere del tempo a rifletterci su. Un foglio in particolare, però, desta la mia curiosità. La prima parte sembra essere proprio una descrizione sia fisica che di vita dell'uomo: nome e cognome, data e luogo di nascita, descrizione fisica e segni particolari. Una banale biografia, se non fosse per la seconda parte che, invece, illustra in maniera dettagliata il gruppo sanguigno e la conformazione di tutti gli organi. Mi acciglio inconsapevolmente occhieggiando altre cartelle diverse ma allo stesso tempo simili; ogni individuo citato godeva di perfetta salute ma, insolitamente, era dotato di particolari capacità.

« Non riesco a togliere questi teli» asserisce Drew provando a scostare ogni copertura presente.

È da un paio di minuti che tenta di scoperchiare questi enormi recipienti in vetro ma sembrano incollati. Il massimo che si riesce a vedere è la porzione sottostante che, ovviamente, non ci dà alcun modo di capire cosa si possa celare là dietro.

« Magari non si possono togliere manualmente,» interviene Lily, sbirciando tra il minuscolo squarcio creato. « pensa quanto tempo impiegherebbero a scoprire tutti questi cosi»

Il moro le lancia un'occhiata guardinga e si allontana, adocchiando il computer più vicino. Cerca di avviarlo ma con scarsi risultati, come immaginavo non basta pigiare il tasto di accensione. È tutto così controllato, monitorato, come se sapessero che oggi ci saremmo infiltrati con l'unico scopo di svelare le informazioni da loro nascoste.

Distolgo lo sguardo dai due, intenti a trovare un modo per accendere quel monitor, riportandolo sui fogli che tengo in mano ma la mia attenzione viene catturata da un fruscio e poi da un movimento furtivo. Inarco un sopracciglio seguendo perfettamente le sue dita che agguantano una cartellina qualsiasi, infilandola poi nello scomparto interno del suo giubbotto.
« Che fai?»

Getta un'ultima occhiata al bancone in acciaio, per poi rivolgermi uno sguardo indecifrabile. La sua fronte è aggrottata in un'espressione dubbiosa mentre le sue labbra sono serrate in una linea sottile.
« Prendo in prestito una di queste. Liam è esperto in queste cose, saprà delucidarci sicuramente » taglia corto allontanandosi dalla mia figura.

Non sapendo, ovviamente, che in precedenza avevo già pensato a farlo anch'io. Il margine della foto ripiegata sbuca dal nascondiglio e mordo il labbro inferiore scrollando le spalle. Servirà anche questa, ne sono sicura.

Lo affianco allungando il passo, ispezionando le pareti bianche, – un colore asettico, che trasuda solo inquietudine – ed il pavimento color pece che crea un perfetto contrasto con i grigio metallizzato dei ripiani. Due banconi laterali, forniti di arnesi e macchinari, percorrono l'intera stanza, creando una sorta di percorso divisorio, che ci induce dinanzi ad una porta serrata. Non passa molto prima che Trevor si decida ad entrare, come la sottoscritta, che curiosa lo segue.

Una sensazione di gelo penetra le mie ossa non appena varco la soglia, persuadendo le mie braccia a circondare il busto in una tacita richiesta di calore immediato. Le luci sono soffuse, di un verdognolo cupo, proveniente da neon affissi al soffitto. I miei occhi danzano da una parte all'altra, scrutando come queste quattro mura siano spoglie di oggetti o semplicemente di ripiani. L'unica cosa che salta all'occhio è il pannello in acciaio alla mia sinistra, costituito da quadranti piuttosto grandi suddivisi in due piani da sei.
Ha tutta l'aria di essere una cella frigorifera, sia per il freddo pungente che per l'aspetto lugubre.

« Che posto è questo? Sto gelando» balbetto schiudendo la bocca. Una nuvola bianca abbandona la mia bocca, dissolvendosi nell'aria.

Trevor ferma i suoi passi dirimpetto al pannello. Pressa un pulsante, il quale si illumina aprendo così uno dei tanti quadranti. Compie qualche passo indietro, nel momento in cui da esso esce fuori un tavolo non molto spesso, sul quale giace un corpo coperto dalla vita in giù, dal colorito cereo.

« Immaginavo,» mormora tra sé e sé,  « i corpi morti vengono spostati qui»

Rabbrividisco fissando la pelle lattea, in alcuni punti deturpata, spostando poi il mio sguardo sul viso di Trevor contratto in una smorfia.

« Cosa ci fanno con tutti questi corpi?» la mia domanda sorge spontanea ma al momento non si ha una risposta, o per lo meno, ciò a cui abbiamo e stiamo ancora assistendo potrebbe in un certo senso indirizzarci ad un'ipotetica idea.

« Me lo chiedo anch'io » bisbiglia fissandolo per qualche secondo, prima di chiudere la cella definitivamente.

Rimango ferma all'ingresso, non avendo il coraggio di proseguire oltre. Non ho paura, – anche se il posto trasmette solo inquietudine –, piuttosto una sorta di ansia per ciò che potrei ancora trovare se solo mi spostassi da qui.
Ho già visto troppo, qualcosa che non pensavo avrei potuto sopportare sia mentalmente che fisicamente, e l'idea che possa esserci ancora qualcosa da vedere e scoprire mi demoralizza.

« Abbiamo una stanza per le autopsie,» marca l'ultima parola perché autopsia non credo sia il termine giusto per descrivere quello che fanno lì dentro. « una cella o chiamala pure camera mortuaria ed un laboratorio che, ad occhio e croce, impiegano per esperimenti su cavie, » elenca pensieroso. « sempre se possiamo definirli così» aggiunge incuriosendomi.

« Esperimenti?»

Stuzzica il suo labbro corrucciando lo sguardo. « Esperimenti, sì,» ripete. « gli uomini sono le cavie, ciò spiega le incisioni in ogni parte dei loro corpi ma non capisco perché, qual è lo scopo»

« Ci sono anche gli organi, non si limitano a scorticare i corpi» storco il naso a questa considerazione.

« Magari lo psicopatico si occupa anche di traffico di organi... solo che non mi convince» afferma non troppo convinto.

Lo osservo inorridita ma, da una parte, potrebbe davvero essere una possibile spiegazione. « Che cosa orribile» sussurro.

Incrocia i miei occhi sorridendo amaramente. « Non hai idea di cosa potrebbe fare. È folle, ha una mente perversa, malvagia... non mi stupirei se durante i suoi viaggi cercasse agganci per il traffico di organi,» il suo timbro di voce è basso, glaciale, rammaricato. « ma non credo faccia solo questo»

Incrocio le braccia al petto, in un abbraccio solitario. « Credi faccia qualcos'altro? Cosa c'è di peggio del traffico di organi?»

Prende un respiro profondo aprendo e chiudendo la bocca innumerevoli volte ma la risposta non arriva, evidentemente solo pronunciarla costa fatica.

« Che diamine è questo posto?» sobbalzo al terza voce che si fa spazio tra noi due.

Tom osserva sconcertato queste quattro mura, soffermando poi maggiormente lo sguardo sul pannello. Deglutisce allargando gli occhi mormorando qualche imprecazione silenziosa.

« È malato» decreta con disgusto.

Già, penso distogliendo poi lo sguardo.

« Quanto manca?» domanda Trevor affiancandomi.

Lo osservo di sottecchi percependo un pizzico di calore, nel momento in cui le nostre braccia si sfiorano.

« Venti minuti scarsi, dobbiamo andarcene da qui» ribatte Tom, allarmato.

I minuti successivi Trevor fissa qualche gingillo in punti nascosti della stanza, per poi invitarmi ad uscire da qui e raggiungere gli altri. Drew, Lily e Zoe bisbigliano tra di loro, attorniando il monitor – sorprendentemente – acceso. Quest'ultima digita qualcosa sulla tastiera mentre la schermata si alterna in una serie di schede aperte e combinazioni pressoché utili, o almeno credo.

I minuti scivolano inesorabili, ed il ticchettio dell'orologio al polso non fa altro che scuoterci e inveire per il poco tempo che ancora ci rimane. L'agitazione è palpabile, come l'ansia che sembra giungere in ognuno di noi in maniera differente. Zoe velocizza le sue azioni, Drew fissa senza battere ciglio lo schermo mentre i due ragazzi, non molto lontani, lanciano occhiate alla porta ogni due e tre, come se da un momento all'altro possa sbucare qualche guardia.

« Ci vuole una password o un codice per azionare il macchinario» confabula Zoe senza, effettivamente, rivolgere la sua constatazione alle persone qui presenti.

Drew si abbassa per vedere meglio aggrottando la fronte. « Credi di riuscirci?»

La ragazza morde il labbro inferiore ignorando la domanda. Il rumore ritmico della tastiera accentua solamente la mia agitazione ma quando le sue dita si arrestano, il mio respiro fa lo stesso.

« Bingo!» esulta voltando il capo verso i recipienti in vetro.

Seguiamo la stessa traiettoria, nel momento il cui i teli sembrano attivarsi istantaneamente. Cominciano a sollevarsi scoprendo sempre di più il contenuto misterioso ed i miei occhi si allargano, sbalorditi e inorriditi, quando il suono meccanico cessa di sussistere.

I miei occhi ispezionano, dall'alto verso il basso, il grosso ed alto cilindro presente dinanzi alla mia figura. Dischiudo le labbra non riuscendo a pronunciare nemmeno una singola sillaba, quasi come se abbia perso la lingua o l'uso momentaneo della parola. Ciononostante, ci pensa Tom ad aprir bocca e, in fondo, ciò che dirà non sarà poi così assurdo come pensiero.

« Folle. Tutto questo è fottutamente folle!» sbotta inorridito, fissando i piedi galleggiare.

Deglutisco, quando le mie iridi percorrono tutta la lunghezza del corpo, completamente nudo, immerso in un liquido che definirei acqua, se non fosse per la vocina interiore che scuote il capo in dissenso. Galleggia, come se stia nuotando, non muovendo nemmeno un arto; le gambe sono muscolose, tanto muscolose, l'addome è scolpito, come le spalle ampie e le braccia. La pelle evidenzia le vene, quasi come se fossero disegnate mentre il viso, anzi i visi, sono perfettamente delineati.

« Cosa cazzo... che cosa sono? » balbetta Lily esterrefatta.

« Sono così... mostruosi » erompe Zoe sbattendo le palpebre.

All'improvviso, un rumore proveniente dall'ingresso scuote i nostri corpi e, allarmati, gli sguardi guizzano da una parte all'altra.

« Merda! Zoe, chiudi tutto, abbassa quei cazzo di teli!» Tom si avvicina a passo spedito alla ragazza, la quale sobbalza sulla sedia mettendosi a lavoro.

« Abbiamo poco tempo, non ci arriveremo mai» il respiro di Lily è affannato ed i suoi movimenti frenetici accentuano solo l'ansia che, tutti quanti ormai, abbiamo.

« Due minuti, cazzo!» le spalle di Zoe si abbassano e si alzano velocemente mentre i miei occhi saltano da una parte all'altra, alla ricerca di qualche uscita alternativa. Uscita che, come una manna dal cielo, individuo a qualche metro da noi, nascosta da un mobilio utilizzato per gli arnesi o piccole boccette in vetro.

« C'è una porta lì» indico un punto in fondo alla stanza, ottenendo l'attenzione dei ragazzi, soprattutto quella di Trevor, che con un cenno del capo si avvia verso quella direzione. L'unico a sembrare immune a tutta questa ansia e agitazione è proprio lui, e non capisco come faccia a mantenere questa calma apparente in un momento del genere.

I miei occhi sfrecciano all'ingresso e sbianco quando la maniglia della porta si abbassa.

« Stanno arrivando! Zoe quant-»

« Merda, ho fatto! Andiamo!»

I teli cominciano ad abbassarsi con fin troppa lentezza e prego qualsiasi entità affinché questi secondi passino velocemente.

« È una seconda uscita, andiamo» la  mano di Trevor ci invita a seguirlo e velocemente corriamo raggiungendolo.

I teli si abbassano definitivamente ma, quando ognuno di noi attraversa il varco creato da Trevor, la porta si apre rivelando due figure.

Il pilastro, fortunatamente, nasconde i nostri corpi e tale fortuna vuole che i due non si accorgano della nostra presenza.

Tom passa per ultimo tendendomi la mano che, immediatamente, afferro.

« Forza» bisbiglia silenziosamente.

Stringo la presa varcando la soglia, non prima però di voltare lo sguardo assicurandomi che Trevor sia proprio dietro di me. Sbianco di colpo, quando mi accorgo che di lui non c'è alcuna traccia.

Tom mi trascina via da lì ma la paura irrompe dentro di me, costringendomi a fermarmi sul posto. « No, Tom, Trevor non c'è» esalo tremante.

I suoi occhi scattano alle mie spalle e li strabuzza allentando la presa ma, sorprendendomi in maniera totalmente negativa, aumenta notevolmente la presa costringendomi a muovermi.

« Cosa... Tom, dobbiamo aspettare Trevor! Cosa stai facendo?!»

« Dobbiamo andare, non c'è tempo!» ribatte frenetico spingendomi sempre più lontano.

Provo a divincolarmi dalla presa ma la sua forza è notevole. « No, no, no... T-tom, lasciami!»

« Arabella, dobbiamo andare!»

« Forza, Ara» i miei occhi scattano su Drew, il quale mi fissa implorante deglutendo a vuoto.

Tremo visibilmente, percependo il mio cuore scalpitare nella cassa toracica. Il vuoto si insinua in me, come la paura per l'incolumità del ragazzo di cui al momento non vedo il volto.

« Non lo lascio qui, lasciami!» divincolo la presa con tutta la forza in corpo, sentendo gli occhi pizzicare e offuscarmi la vista.

Tom lascia la presa deglutendo mentre gli altri proseguono senza guardarsi indietro, come se non si fossero accorti che all'appello manca proprio il ragazzo che ci ha salvati dal ritrovamento certo. Mi imbatto nelle iridi chiare, azzurre come il cielo, del mio amico. Quella persona che, scomparsa mezz'ora prima, ho tentato in tutti i modi di ritrovare senza alcuna esitazione. Mi specchio in due oceani intrisi di rammarico, esitazione ma anche rassegnazione e sussulto, il mio corpo sussulta incredulo. Ciò che leggo appesantisce il mio cuore, lo riduce in brandelli, rendendolo solo pezzettini informi.

« Non puoi farlo» il mio è un sussurro, un suono impercettibile ma che perviene come uno schiaffo potente in pieno viso.

« Gliel'ho promesso. Ho promesso che se le cose fossero andate... male non mi sarei guardato indietro» esala distogliendo per qualche secondo lo sguardo, e lo so quanto questo gli stia costando, lo sento dentro di me eppure non riesco a comprendere, non ci riesco nemmeno se provassi.

Lo guardo sbattendo le palpebre, avvertendo le ciglia umide e la mia bocca seccarsi. « Non puoi dirlo davvero»

Dei rumori provenienti dalla fessura immobilizzano i nostri corpi ed il mio cuore che sembra arrestarsi. Delle voci soffuse, dei bisbigli si mescolano creando suoni e rumori indistinti. Non ho la minima idea di cosa stia accadendo ma non promette nulla di buono.

Indietreggio, fissando Tom delusa, per poi voltare le spalle e correre verso quella minuscola fonte di luce. Io non lo lascio qui, non ho intenzione di farlo.

« Arabella!» al suo richiamo chiudo gli occhi scuotendo il capo.

« Ara! Andiamo via, ti prego» la sua mano agguanta il mio polso ma divincolo la presa, incurante del fatto che possa, con i miei movimenti, sferrare colpi dolorosi.

Fisso quella luce, quella fessura, come se fosse l'unica via da prendere. Mi avvicino, corro con tutto il fiato che ho in corpo sperando che, alla mia venuta, possa aiutarlo. Sperando che possa trascinarlo e portarlo in salvo, via dalla morte più che certa, assodata. Ed il mio fiato si fa corto, il battito accelera ed il sangue pompa percependolo scalpitare nelle mie orecchie.

E poi accade.

Il mio cuore si schianta al suolo provocando un tonfo sordo, un rumore che squarcia e dilania ogni arto, ogni cellula del mio corpo.

La luce scompare, la fessura si dissolve e mi immobilizzo, fissando – con sguardo assente – l'unica via per salvarlo chiudersi in un battito di ciglia.

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Spazio autrice;
Okay... pensavo che il capitolo venisse fuori diversamente, magari in maniera meno tragica. Rileggendolo mi sono accorta che , in è proprio un tragico finale.
Non uccidetemi.

Vi amo, lo sapete.

Commentate e votate, fatemi sapere cosa ne pensate e ovviamente cosa pensate della storia!
Aspetto con ansia le vostre teorie a riguardo.

Al prossimo aggiornamento x

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