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| I commenti non sono collegati ai capitoli che leggerete. Purtroppo Wattpad ha stravolto tutto. Per evitare spoiler, vi consiglio di non leggerli. Semmai voleste scrivere, siete liberi di farlo|

Intraprendere la carriera militare è sempre stato il mio desiderio più grande. Ricordo ancora come rifiutavo categoricamente di giocare con le altre bambine, solo per correre dai miei amici maschi e aiutarli a creare macchinine o aeroplani di carta. Le bambole non mi sono mai piaciute, i giochi troppo femminili li schifavo, e non lo nascondevo, eppure non mi importava delle strane occhiate dei miei coetanei o delle maestre che, preoccupate, non facevano altro che contattare mia zia riferendo le mie stranezze. Non mi importava dei vari pettegolezzi che giravano su di me e la mia famiglia e non intendo paroline velenose delle mie compagne, probabilmente gelose per le attenzioni che i maschi riservavano solo a me, ma veri e propri pettegolezzi da parte di madri bigotte. Sapevo bene quanto potesse sembrare ambigua la cosa, in effetti erano davvero poche le bimbe che preferivano una macchina ad una bambola di pezza o porcellana, ma per me tutto questo era la normalità.
La zia diceva sempre che non c'era niente di male se invece di passare il mio tempo con le femmine lo passavo con i maschi ed io, ascoltando le sue parole, ho cominciato a non rimanerci più male. Sono cresciuta insieme a lei, senza una madre ed un padre, imparando a non dare troppa importanza al giudizio degli altri, pregustando la consapevolezza che se amavo qualcosa, indipendentemente da tutto, ero libera di farla. Ho imparato a non prendere tutto sul serio, a rispettare il parere sbagliato o giusto che fosse degli altri e a replicare pur di fare valere le mie convinzioni. Ho imparato che nella vita non tutti hanno la fortuna di poter contare su una madre amorevole ed un padre geloso del sesso opposto ed ho imparato che le ferite si curano con il tempo, senza l'aiuto di nessuno. Ho imparato ad incassare i colpi senza lamentarmi, a difendermi da sola senza alcuna balia.

La zia mi ha sempre detto che non bisogna mai dipendere da qualcuno, che non bisogna mai mostrarsi deboli di fronte agli altri perché il mondo è un posto fin troppo cattivo, e la gente cattiva è nascosta in ogni angolo, pronta a divorarti senza pensarci due volte.

Annerosie mi ha insegnato che il rispetto è fondamentale solo se reciproco, mi ha insegnato a non permettere a nessuno di calpestare l’orgoglio perché è anche questo che ti rende la persona che sei.
Mia zia è stata fondamentale nella mia vita, una parte importante che mai nessuno sarà in grado di strappare via e lo sarà per sempre.
Ha visto in me diversità che ha sempre apprezzato ed elogiato, ambiguità che mi hanno indirizzata verso l’unico posto in grado di perfezionare tutte le qualità che possiedo e che mi hanno trascinata lontano da lei.
Ammetto che starle lontano non è stato facile; mia zia è la mia famiglia e se ad oggi sono così è solo grazie a lei.
È proprio per questo motivo, ogni giorno, affronto la vita con determinazione e senza alcuna paura.
Gli anni passati, la mia esperienza ed il mio vissuto hanno forgiato una corazza molto spessa, quasi indistruttibile. Una corazza che utilizzo soprattutto nel mio lavoro.

Non ho paura di affrontare il male perché, anche se in maniera diversa, io l'ho vissuto in prima persona e affrontarlo nuovamente non mi spaventa.
Ho passato interi giorni a chiedermi se fare il militare fosse davvero lo scopo della mia vita, la mia vocazione, e sono giunta ad una conclusione che rafforza maggiormente le mie convinzioni iniziali.
Sono nata per fare questo, sono nata per combattere i demoni.
Sono nata per cercare di cancellare tutte le macchie nere che invadono il mondo.
Sono nata per cercare di salvare più vite possibili, e sì, sono nata per fare parte di una squadra che persegue i miei stessi obiettivi.

Non ho idea di come sia nata questa mia indole da eroina della giustizia, l’unica cosa che so è di averla sempre posseduta nel mio DNA.

L’Hummer percorre il sentiero sterrato da un paio di ore, schiacciando di tanto in tanto i sassolini che si ritrova lungo il percorso come se fossero palline di carta di poco conto. Il rumore del motore non è eccessivo, tant'è che poggiata di spalle, con le gambe stese ed il volto rivolto verso l’esterno mi beo dei suoni, alcuni lievi, altri, invece, marcati; suoni che si intrecciano con il chiacchiericcio dei ragazzi, di cui non riesco a seguire nemmeno una singola parola.

Lily e Jessy sonnecchiano al mio fianco, l’una sorregge l'altra, mentre Harley è completamente assorta nei suoi pensieri lanciando qualche occhiata verso Zoe, la quale cerca un modo per avvicinarsi maggiormente a Trevor. Lo spazio ristretto non mi rende le cose facili e sebbene non voglia osservarli sono costretta, molte volte, a doverlo fare. Zoe è seduta al suo fianco, Liam e Tom proprio di fronte mentre controllano le coordinate sulla mappa che tengono in mano ed infine Drew sta al volante, spalleggiato da Paul seduto proprio al suo fianco.

Osservo le facce dei presenti, soffermandomi maggiormente su Harley ed il suo mutismo che ormai potrei considerare normale. Non è la prima volta che la becco assorta e se da una parte la mia testa mi impone di lasciarla stare, dall’altra mi spinge a scoprire qualcosa di più.
Sarà, forse, la presenza della nuova arrivata a renderla così strana? Oppure l’episodio devastante di qualche settimana fa?
La osservo per qualche minuto ma quando percepisce i miei occhi sulla sua figura si volta incrociandoli.

Sobbalzo quando il veicolo prende qualche buca e abbozzo un sorriso di circostanza nel momento in cui la vedo deglutire.

C'è qualcosa che non va, decisamente.

« Tutto bene?» le mimo ricevendo una scrollata di spalle ed un ‘ si, solo un po’ stanca’.

Dopo tutto quello che è successo questa è la prima volta che parliamo civilmente, dire che ciò mi stia sorprendendo è un eufemismo.

Aggrotto la fronte insicura sulla sua risposta ma decido di non spingerla oltre, d'altronde ho già superato il limite chiedendole se stesse bene.

Volta il capo nuovamente per poi chiudere gli occhi.

Sbatto le palpebre lentamente e capisco immediatamente che la stanchezza sta per prendere il sopravvento su di me. Lancio una breve occhiata al mio orologio e sospiro constatando che sono ancora le cinque del mattino ed il viaggio, come predetto, sarà molto lungo. Considerato lo stress degli ultimi giorni, credo che un po’ di relax possa solo giovarmi.

È da un paio di notti che non chiudo occhio, troppo impegnata a svolgere i vari incarichi richiesti da Marxwell. Dal fatidico episodio di qualche settimana fa sembra essere cambiato tutto, persino il colonnello sembra aver maturato una sorta di ossessione per l’ordine ed il controllo; la vigilanza, i mezzi di sorveglianza interni… tutto triplicato.

Non so fino a che punto questa decisione possa considerarsi positiva ma se ciò garantisce la sua tranquillità, e quella degli altri, non sono nessuno per intralciare i suoi piani.

Cerco una posizione comoda ma sbuffo frustrata quando lo spazio minuscolo mi impedisce di appoggiare la testa da qualche parte. È frustrante non poter dormire quei pochi minuti che abbiamo a disposizione e fissare le altre totalmente appisolate non fa altro che accentuare l’irritazione.

Una risata silenziosa mi costringe a sollevare il capo. Le mie iridi si scontrano con quelle verdi di Trevor, il quale mi osserva divertito dalla sua postazione.

Zoe dorme beatamente al suo fianco, con la testa poggiata su una sporgenza, ed una sensazione di sollievo si insinua in me nel constatare che la distanza tra i loro corpi è abbastanza per non mandarmi in escandescenza.

« Comoda, eh?»

« Per niente» borbotto arrendendomi.

È inutile cercare una posizione, sarò costretta a tenere gli occhi aperti per tutto il viaggio.

Trevor si guarda attorno ma poi si alza avvicinandosi alla mia figura accovacciata, seguo i suoi gesti confusa.
« Fammi spazio» mormora con voce bassa, in modo tale da non svegliare nessuno.

Lancio un'occhiata ai ragazzi troppo presi dal loro lavoro per badare a noi e annuisco accigliata.
« Che fai?»

Prende posto al mio fianco sfiorando le nostre braccia.
« Vuoi dormire?» chiede guardandomi dall'alto.

Sbatto le palpebre confusa dalla sua domanda. « Sì ma non capisco…».

« Siediti su di me» intima provando ad afferrarmi dalla vita.

Mi allontano immediata. « Cosa? No!»

Ruota gli occhi al cielo. « Non urlare, sveglierai tutti,» mi rimprovera. « non fare storie e vieni qui».

Lo fisso confusa e combattuta. La sua schiena aderisce perfettamente al mezzo, le sue gambe sono leggermente divaricate mentre le sue braccia attendono che mi avvicini.
Mordo il labbro inferiore non sapendo cosa fare, vorrei dormire è vero ma non su di lui.

« Bella, non rimuginare così tanto. Vieni qui e basta» sorride divertito e sospirando profondamente mi avvicino.

Mi inginocchio proprio in mezzo alle sue gambe e sollevo la testa interrogativa.
« Dove dovrei sedermi?»

Mi afferra dai fianchi trascinandomi a cavalcioni su di lui, di istinto circondo il suo corpo con le mie gambe mentre le mie braccia racchiudono il suo collo. La posizione è alquanto ambigua, dovrei sentirmi a disagio soprattutto per il modo in cui i nostri corpi aderiscono perfettamente ma l’unica cosa che sento, al momento, non è fastidio bensì benessere.

Rovescia la testa all'indietro sospirando mentre nascondo il viso nell'incavo del suo collo.
Per i primi minuti cerco una posizione buona e quando la trovo Trevor appoggia le sue mani sulla mia schiena.
Le sue dita cominciano a giocare con le ciocche dei miei capelli e quasi all’istante il mio corpo si rilassa.
Sfioro la sua pelle calda con la bocca e sorrido impercettibilmente.

« Meglio?» sussurra al mio orecchio.

Annuisco. « Molto meglio».

Massaggia la cute delicatamente e socchiudo gli occhi in balia di tutte le sensazioni di benessere che al momento sembrano invadere sia il corpo, che la mente.
Il suo tocco è dolce ma allo stesso tempo deciso; mi sta soggiogando totalmente.

Le mie braccia stringono la presa sul suo collo e inconsapevolmente le mie dita si intrufolano tra i suoi ricci.

« Sei taciturno » osservo.

Il suo profilo è illuminato dalle prime luci dell'alba e mi incanto nell’osservare la mascella prorompente coperta da uno strato di barba, le sue labbra piene dischiuse, la sua fronte aggrottata ed i suoi occhi verdi e profondi puntati altrove.

Trevor è bello, di una bellezza fuori dal comune, e diamine, mi sento una stupida in questo momento.

Il calore della sua pelle, il suo corpo possente che racchiude il mio ed il suo viso a pochissima distanza non mi rendono le cose facili.

Rabbrividisco quando una mano si intrufola al di sotto della giacca e della maglia che indosso, il contrasto di temperatura è evidente e spontaneamente mi stringo in lui.

« Sono stanco» mente.

Ho imparato a conoscerlo bene: capisco quando dice la verità, quando straparla e dice cose che realmente non pensa, e soprattutto quando mente. I suoi muscoli si irrigidiscono ed i suoi occhi non incrociano i miei.

Sollevo la mano appoggiandola sulla guancia, costringendolo delicatamente ad incrociare le nostre iridi.

« Perché non ti credo?» mormoro inclinando il capo.

Continua ad accarezzare la mia chioma rossa ma non accenna ad aprir bocca, mi fissa solamente.

« Dormi, Ara» dice, provando a togliere la mia mano ma il tentativo è vano.

« Non cacciarmi,» sussurro. « non farlo»
Sembra ammorbidirsi al mio tono supplichevole, tant'è che morde il labbro combattuto sul da farsi.
« Non allontanarmi, lo fai sempre».

« Tom, controlla quanto dista la base»

« Un'ora » ribatte qualche secondo dopo.

« Gira a destra»

Un sospiro scappa dalle mie labbra. Trevor è una persona che si chiude a riccio, soprattutto quando le cose non vanno come devono andare. Non è il tipo che sfoga le sue frustrazioni apertamente, piuttosto preferisce tenersi tutto dentro e magari manifestarlo per mezzo di gesti e comportamenti forti.
Come trattare male qualcuno, me compresa, o agire d'impulso senza pensare alle conseguenze.
Imbattersi in Trevor è come ritrovarsi su una giostra costantemente, gli alti e bassi non mancano mai ma quando arrivo in cima non mi sento in bilico bensì libera.

Le sue iridi verdi dicono così tante cose ma puntualmente innalza un velo che nasconde le emozioni più importanti.

« Ci sono cose che non posso dirti,» ammette, guardandomi davvero per la prima volta. « cose che avrei voluto non sapere ma che so».

Mi acciglio stranita e confusa dalle sue parole. « Non capisco...»

« Lo so, un giorno capirai,» ribatte unendo le nostre fronti. « e quando arriverà il momento ricordati queste parole: sapevo prima di conoscerti».

« Trevor… spiegami»

Scuote il capo. « Se potessi lo farei,» mormora combattuto. « non guardarmi così » sfiora il mio labbro con il pollice e deglutisco.

« Ti odierò?» domando in un debole sussurro.

Ho la netta sensazione che tutto ciò che mi sta dicendo non porterà a nulla di buono. È tormentato, oggi più che mai, e non capisco cosa possa indurlo a comportarsi così.

Cosa mi nascondi, Trevor?

« Non lo so»

Stringo le gambe che circondano il suo bacino e avvicino più che posso il suo viso al mio.
Il verde scintilla ma è avvolto da un miscuglio di sensazioni che mi confondono, che mi rendono inquieta.
Siamo un groviglio di corpi e la cosa invece che infastidirmi mi tranquillizza.
È possibile che stare tra le sue braccia mi piaccia così tanto?

« Da quanto tempo sai?»

« Da sempre»

Ammetto che scoprire che c’è qualcosa che mi sta nascondendo, o che mi stanno nascondendo, non mi rende tranquilla, anzi. Ed il suo viso, contorto da un cipiglio profondo, non fa altro che confermare il fatto che tali misteri possano essere pericolosi.
Potrei odiarlo e tale termine mi garantisce l’importanza di tutto questo.

Chiudo gli occhi beandomi del tocco delicato della sua mano sulla mia schiena e sospiro quando accarezza il mio viso che, a contatto con la sua grande mano, appare più piccolo di quel che effettivamente è.
E cavoli, la voglia matta di baciarlo si fa sentire sempre di più, il problema però è decifrare le mille parole che attraversano i suoi occhi.

« Dovresti starmi lontana,» mormora, apro gli occhi fissandolo solamente. « ti farò del male, mi odierai Arabella».

Scuoto di poco il capo sfiorando i nostri nasi. « Perché ne sei così sicuro?»

Serra le labbra in una linea sottile ma non risponde.

Parla con me, Trevor. Parla con me.

Mi avvicino, cauta, attenta ad ogni suo gesto. Le sue labbra sono così invitanti… fin troppo. Vorrei così tanto non sfiorarle, vorrei così tanto non toccare i soffici ricci scuri. Vorrei non specchiarmi in quei due pozzi verdi, vorrei non essere avvinghiata a lui come se la mia vita dipendesse solo da questo.
Eppure sono su di lui, tra le sue braccia forti e possenti, incatenata da due iridi che non mi stancherei mai di guardare e stretta in una morsa ferrea che non mi permette di respirare davvero, di pensare lucidamente.

Io voglio Trevor, lo pretendo.

« Non guardarmi così » asserisce quasi duramente.

Inumidisco le labbra ed i suoi occhi finiscono proprio lì, laddove la lingua fa il suo percorso.

« Non fingere che tu non lo stia sentendo»

Come riesce a fingere?

« Non voglio farti del male» ripete e non posso fermare la mia testa che, velocemente, mi riporta a quella notte.

La notte in cui mi disse che se avesse avuto ancora un cuore, probabilmente, lo avrebbe affidato a me.

Afferro con entrambe le mani il suo viso e inaspettatamente lascio un piccolo e casto bacio sulle sue labbra.

« Sei convinto che tu un cuore non ce l’abbia ma se ti dicessi che non solo ce l'hai ma puoi anche provare qualcosa? » rimane impassibile alle mie parole, sembra un pezzo di marmo. « Perché non vuoi abbattere questo muro che ti sei costruito? Zoe non ti ha tolto tutto».

« Arabella...»

« No,» scuoto il capo. « non ti azzardare, non dirmi di smetterla. Quella notte mi hai confessato qualcosa che, ad oggi, non riesco a cancellare. Tu non hai idea...» mormoro deglutendo. « Non mi è mai importato di nessuno, tranne che di Lily, di mia zia e di me stessa. E poi arrivi tu, con il tuo fare da spaccone so tutto io e mi fai perdere le staffe.» abbozza un sorriso ma non si permette di fiatare. « Mi hai stravolta, mi hai cambiata e adesso non so più che fare. Non so più come comportarmi, come gestire questo groviglio che sento».

Mi sento così ridicola a confessargli tutto questo perché so che potrebbe smontare tutto in un nanosecondo, eppure mi sto buttando senza prima aver riflettuto.
Mi ha cambiata così tanto da agire senza più pensare?

« Mi sento così ridicola...» mormoro più a me stessa che a lui.

Stacca la fronte dalla mia per appoggiare la nuca al sostegno alle sue spalle. Mi osserva da qualche centimetro di distanza ed io ricambio, non distogliendo minimamente lo sguardo.
Increspa le labbra in un lieve cenno di sorriso e… arrossisco? Sto davvero arrossendo per la prima volta?

« Sei carina quando arrossisci, Nelson»

« Piantala» borbotto alzando il mento come una bambina.

Scuote il capo e senza impiegare chissà quante forze mi appiattisce al suo corpo, ritrovando le sue labbra a pochi millimetri dalle mie.
Trattengo il respiro, notando come lui appaia tranquillo ai miei occhi mentre io, in questo momento, credo di star perdendo la testa.

« Ci sono cose ch-»

« Che non so, lo so» termino la sua frase ruotando gli occhi al cielo.

« Sarà difficile»

« So anche questo» ripeto alternando lo sguardo dalle sue labbra ai suoi occhi.

« Mi piaci, Bella»

« So pure quest- cosa?» schiudo le labbra sorpresa.

Sorride, mettendo in mostra le fossette che raramente sbucano sul suo viso. Sono abituata a vederlo duro, impassibile, glaciale e mentirei se dicessi che questi piccoli e rari momenti io non li custodisca con gelosia.

Inarca un sopracciglio con aria sfrontata. « Cosa? Non eri tu colei che sapeva tutto?» ironizza tracciando cerchi sulla mia pelle.

« Mai detto» balbetto seguendo il brivido che percorre la mia schiena nel momento in cui i suoi polpastrelli si fermano sulla mia nuca.

Balbetto? Stiamo scherzando?

« Mai detto, eh?» canzona sollevando il mio viso.

La sua lingua traccia la giugulare ed un respiro tremolante scappa dalle mie labbra.

Mi piaci, Bella

« Buona,» sibila lasciando baci bagnati lungo tutta la gola. « dolce» sorride sulla mia pelle.

« Trevor, ci sono i ragazzi»

« Stanno dormendo, tutti quanti»

« Non Drew» osservo.

« È troppo concentrato per prestarci attenzione» morde il mio collo e di istinto intrufolo le mani tra i suoi ricci.

« Non è una buona idea» mormoro non realmente convinta delle mie parole.

E chi diavolo vuole che smetta? Sicuramente non io.

« Sta' zitta» borbotta spazientito.

Ridacchio guardandolo negli occhi. « E se non ti ascoltassi?» il mio tono è piuttosto sensuale.

Acciuffo il suo labbro inferiore e lo tiro lasciandolo subito dopo, lentamente, fin troppo.

Vuole giocare? Allora giochiamo.

Lascio baci, alcuni bagnati e altri casti, sul suo viso. Il suo respiro diventa pesante e sorrido soddisfatta.

« Cos'è? Il gatto ti ha mangiato la lingua?» lecco un lembo di pelle soffermandomi maggiormente su un punto preciso sotto l'orecchio. « Mh?»

« Mi stai provocando?» il suo tono è giocoso ma intriso di puro desiderio.

« Non saprei, secondo te? »

« Siamo arrivati. Trevor, sveglia tutti».

E poi Drew interrompe la bolla che si era creata, catapultandoci malamente alla realtà.  

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Spazio autrice;
Ops, credo che la situazione mi sia sfuggita di mano 😁😁
Alla faccia di chi aveva sonno... Arabella sembra essersi svegliata subito.
Cosa ne pensate del capitolo? Dove stanno andando i ragazzi? E Trevor, cosa nasconde?
Via con le teorie!
Sono curiosa di sapere cosa ne pensate del capitolo e della storia in generale!
Al prossimo aggiornamento x

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