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| I commenti non sono collegati ai capitoli che leggerete. Purtroppo Wattpad ha stravolto tutto. Per evitare spoiler, vi consiglio di non leggerli. Semmai voleste scrivere, siete liberi di farlo|

Le ore notturne sono diventate il mio peggior incubo. Ho sempre amato la notte, il silenzio che avvolge tutto ciò che incontra e la calma apparente che placa gli animi. Ho sempre adorato abbandonarmi alla dolce sensazione del piacere, della beatitudine che sopraggiunge nel momento in cui il caos sparisce e la percezione di benessere istantanea che colpisce ogni particella del corpo rendendolo sottomesso, perso, ed in balia dell'imminente distacco dal mondo reale. È una sensazione che capita un po' a tutti. C'è chi apprezza, chi riesce a scavare fino in fondo e chi, come me, chiude semplicemente gli occhi e inabissa in una parte remota del cervello l'intera giornata appena conclusa.

I sensi si attivano e la mente varca soglie inimmaginabili.

Solitamente è questo ciò che accade ma tutte le informazioni che la mia testa ha assorbito mi hanno solo resa nervosa e decisamente troppo pensierosa. Non che le mie notti precedenti siano state l'apice del relax e del sollievo, tuttavia il mio corpo si rifiuta di acconsentire ai comandi e la mia testa segue il suo corso rendendomi irrequieta. Fin troppo.

Le parole di Marxwell frullano nella mia mente come un disco rotto. Non pensavo che dietro ai suoi atteggiamenti si nascondesse questa vicenda macabra e crudele. Perché è proprio questo l'aggettivo che descrive perfettamente Iabo ed il suo folle piano: crudeltà. È impensabile la sola idea di strappare alle madri i bambini ancora in fasce, solo per creare mostri assetati di odio e rancore verso il prossimo. È inconcepibile sfruttare i centri missionari per il malato potere che offusca ogni senso ed è estremamente abominevole la sua malsana testa ed il suo scopo.

Cosa spinge quest'uomo a comportarsi così? Cos'hanno fatto di male tutte quelle povere persone che sono costrette a sottostare alle sue leggi? E perché tutta questa crudeltà e atrocità?

Mi posiziono supina poggiando le mani sul mio grembo. Incastro le dita e pizzico i polpastrelli non prestando attenzione ai miei gesti.

Il retro della mia testa poggia sul cuscino morbido mentre il mio corpo, coperto fino a metà busto dalle coperte, aderisce perfettamente al materasso sottostante.

Fisso il soffitto bianco sporco e ripenso alla frase enigmatica di Jeffrey. Sono passate ore dall'incontro eppure non riesco a pensare ad altro. Il suo tono di voce, la sua espressione ed i suoi occhi inquisitori... non ho la più pallida idea del significato della sua frase.

Non ho mai avuto alcun tipo di rapporto con quest'uomo, solo un minimo cenno ogni qualvolta che ci scontravamo tra i corridoi.

Ho sempre pensato che fosse un tipo strano, un po' troppo sulle sue. Non si è mai sbilanciato e a malapena ho sentito la sua voce. Eppure oggi non solo ha spiegato parte della storia ma ha persino rivolto la parola a molti di noi, soprattutto a me.

Sospiro frustrata. Non riesco a formulare un pensiero concreto, un'idea che si ricolleghi a tutto questo. Non ci capisco più niente, non trovo risposte alle mille domande che frullano dentro la mia testa. È tutto così confusionario che a breve mi scoppierà il cervello.

Volto il capo alla mia sinistra e abbozzo un sorriso notando il viso rilassato e leggermente imbronciato di Lily. Almeno lei riesce a dormire sogni tranquilli, senza le ombre che infestano come macchie d'olio ogni parte dei pensieri. Vorrei tanto essere come lei, a volte. Riesce perfettamente a scindere le preoccupazioni dal rilassamento assoluto mentre io, semplicemente, mi abbandono troppo facilmente a ciò che mi turba.

Un rumore mi desta momentaneamente dalle mie azioni. Aggrotto la fronte e cerco di captare la fonte principale del suono ma guardandomi attorno non noto nulla di anomalo. Scrollo le spalle pensando sia solo la mia stupida immaginazione ma quando qualche secondo dopo lo stesso rumore si ripresenta capisco che ciò sia più che reale.

Scosto le coperte e poggio i piedi nudi sul pavimento freddo. Rabbrividisco al contatto ma avanzo verso la finestra senza pensarci due volte.

Il cielo è scuro, nero come la pece e la poca luce riflessa illumina solo il piccolo spiazzale controllato dalle guardie notturne. Gli occhi vigili di questi ultimi guizzano ovunque e capisco che effettivamente il suono percepito non proveniva dall'esterno.

Il mio cervello mi suggerisce di controllare in corridoio e così faccio. Apro la porta senza far rumore e osservo sia a destra che a sinistra alla ricerca di un possibile avvistamento. E proprio quando sto per entrare nuovamente in camera ecco che la sagoma scaltra di qualcuno scompare dietro l'angolo. Mi acciglio confusa ed esco dalla mia stanza per controllare cosa stia accadendo.

A passi cauti avanzo verso la fine del corridoio e prendendo un respiro profondo appiattisco il mio corpo al muro. Il silenzio è pesante e si mescola con i miei sospiri spezzati.

Deglutisco e armandomi di coraggio allungo il collo per riuscire ad intravedere chi si sia nascosto e nel momento esatto in cui lo faccio mi accorgo della medesima sagoma, adesso accovacciata a terra.

Gli abiti che indossa sono interamente neri, le sue spalle larghe mi suggeriscono che sia un uomo ma non riesco a distinguere i lineamenti del suo volto perché esso è coperto da un passamontagna del medesimo colore.

È un infiltrato.

Ritorno alla postazione principale e prendo un respiro profondo. Non so se agire o attendere che se ne vada. Non ho la più pallida idea di cosa fare al momento e la cosa peggiore è che non ci sia proprio nessuno che si aggira per i corridoi.

Faccio mente locale, valutando un modo per raggiungere la camera di Trevor senza farmi scoprire. L'unico che potrebbe fare qualcosa è lui.

Pensa Arabella, pensa.

Tutti i corridoi sono collegati tra di loro ed ognuno porta ad una corsia diversa. Al momento però il percorso più corto è irraggiungibile ma esiste proprio un tragitto che anche se lungo mi porterà proprio dal moro.

Mi allontano svelta moderando il rumore dei miei passi. Velocemente scendo le scale sperando mentalmente che sia proprio in camera e che non stia perdendo tempo.

Dopo essere entrata a conoscenza dei retroscena del posto, tutti gli scenari possibili ed immaginabili fluttuano nella mia testa.

Possibile che qualcuno si sia infiltrato con l'intenzione di combinare qualcos'altro? Che l'incendio sia stato solo un avvertimento? E se quanto sia peggio dell'evento tragico di qualche settimana fa?

Raggiungo con il fiatone la camera di Trevor e senza pensarci due volte busso ferocemente.

Spero solo che sia qui e non altrove a fare chissà cosa. Per quanto mi costi ammetterlo, lui è fondamentale per le faccende del genere.

E per quanto sia preparata, di certo, non posso far nulla da sola.

La porta si apre dopo un alcuni secondi. Il viso assonnato ed irritato del moro sbuca fuori e non passa inosservata l'occhiataccia che mi riserva.

« Arabella?»

Onestamente, però, poco mi importa.

« C'è qualcuno in questo edificio... non posso far nulla da sola, non ho la più pallida idea di cosa stia facendo ma-»

« Ehi ehi, frena! Di cosa stai parlando?»

Prendo un respiro profondo e deglutisco. La sua fronte è aggrottata ed il cipiglio confuso è evidente.

« Ho sentito un rumore. All'inizio pensavo fosse solo la mia immaginazione ma poi sono uscita in corridoio e mi sono accorta di un uomo vestito di nero che si aggirava indisturbato. L'ho seguito e lui è ancora lì. Non so cosa stia facendo ma credo sia un infiltrato» spiego velocemente.

Trevor serra la mascella e annuisce.

Entra svelto in camera, afferra le scarpe e senza pensarci due volte le indossa.

« Stai qui, non muoverti» ordina perentorio passando una mano tra i capelli folti.

Sbatto le palpebre e scuoto il capo. « Certo che no! Sei impazzito?! Potrebbe possedere chissà quali armi! Vengo con te» asserisco.

Mi fulmina istantaneamente e blocca i miei passi. « Appunto, potrebbe possedere qualcosa e tu sei sprovvista nel caso in cui dovesse accadere il peggio. Sii ragionevole e per una fottuta volta ascoltami. Stai qui, non muoverti. Vado a controllare e torno» ribatte attendendo un cenno positivo da parte mia.

Distolgo lo sguardo e tentennante annuisco. « Ma se non tornerai tra dieci minuti, ti verrò a cercare» dichiaro.

« Mi raccomando» ripete e dopo un'ultima occhiata scompare dalla mia visuale.

I minuti sembrano non passare mai. Fisso la sveglia sul comodino e mi accorgo che a malapena sono passati otto minuti. Il tempo scorre troppo lentamente ed io mi sento impotente in questo momento. Non sappiamo chi sia quest'uomo, cosa faccia in questo edificio e cosa stia tramando alle nostre spalle. Il semplice fatto che sia riuscito ad entrare, nonostante fuori ci siano almeno otto guardie, è allarmante.

Passo una mano tra i capelli e dopo l'ennesimo avanti e indietro mi siedo sul letto. Il piede non riesce a stare fermo e l'ansia mi divora come mai in vita mia è successo. So bene che Trevor se la caverà anche in casi estremi. È addestrato per questo e sono sicura che tornerà intero ma non è questo che mi preoccupa, ciò che mi destabilizza è la possibilità che qui dentro nessuno sia più sicuro.

Questo posto non è più sicuro e questo mi fa capire quanto la situazione, ogni giorno di più, stia diventando pericolosa.

La mia testa scatta nel momento in cui la porta si apre. La figura pensierosa di Trevor fa capolino e tiro un respiro di sollievo quando non vi è alcuna traccia di sangue.

Evidentemente non è successo nulla di grave.

« Non c'era nessuno» dice solamente.

Mi acciglio. « Sono sicura che ci sia qualcuno, non è possibile»

Mi guarda. « Sei sicura? Il corridoio è vuoto» ribatte convinto.

Scuoto il capo frustrata. « Sarà andato via ma sono sicurissima di ciò che ho visto», lo guardo con estrema serietà. « Era un uomo, vestito di nero. Non so cosa ci faccia qui ma ho la sensazione che c'entri con l'organizzazione»

Un sospiro fuoriesce dalla sue labbra. « Possibile. Ma non capisco come abbia fatto ad intrufolarsi, ci sono ben otto guardie fuori»

Non so nemmeno io come abbia fatto.

« Cosa intendi fare?» chiedo.

Scuote il capo. « Adesso proprio nulla. Sarà andato via non appena sei venuta a cercarmi ma fin quando non verrà a galla il motivo per cui si è intrufolato non possiamo fare altro che attendere. Domani parlerò con Marxwell» mormora.

Annuisco. « Tutta questa situazione non riesco a mandarla giù. Tutte queste informazioni non riesco a digerirle, a capirle... non pensavo potessero esserci così tanti retroscena» confesso.

I miei occhi puntano altrove. Non mi sono mai sentita così, non ho mai provato una sensazione del genere. Tutta questa storia che ci sta dietro è assurda, tanto quanto quello che dovremmo fare per eliminare una volta per tutte Iabo.

« Lo so, ma tutto questo è accaduto davvero», afferma. Giro il capo e fisso i suoi occhi verdi. Stranamente sono comprensivi. « La guerra ha distrutto molte vite e se non agiamo si aprirà un conflitto peggiore di questo e, stavolta, non so se ne usciremo vivi. Iabo è forte ed estremamente intelligente ma io sono sicuro del fatto che possiamo farcela, che riusciremo ad annientarlo una volta per tutte»

La rabbia trapela dalle sue parole, come l'odio che si fonde perfettamente con il suo tono di voce.

Incastro le mie iridi scure con le sue e per la prima volta riesco a captare mille sfumature diverse, mille emozioni contrastanti. Riesco a leggere i suoi occhi e non è qualcosa che accade spesso, anzi quasi mai.

Mi stupisce il suo comportamento, tanto quanto l'azione che compio subito dopo.

La mia mano si poggia inconsapevolmente sulla sua e la stringo leggermente.

Trevor sembra sorpreso ma allo stesso tempo curioso del mio gesto avventato, quasi estraneo per come sono fatta.

Non è da me, eppure il mio corpo agisce di sua spontanea volontà.

« Faremo l'impossibile. Iabo verrà cancellato dalla faccia della terra, pagherà per tutto il male inflitto e che continua ad infliggere» prometto con convinzione. Convinzione che vacilla nel momento in cui il moro si avvicina.

La sua mano stringe la mia e d'un tratto l'idea che tutti questo sia sbagliato mi investe.

Non so perché sia qui, perché non me ne sia andata dopo aver capito che l'uomo è scappato. Ciononostante, il mio corpo non intende muoversi, è bloccato, rinchiuso in questa bolla di confusione perenne.

« Perché finiamo sempre per ritrovarci a questa distanza?» chiedo in un sussurro.

I suoi occhi perlustrano ogni singolo punto del mio viso soffermandosi poi sulle mie labbra dischiuse.

È possibile che ogni volta ci ritroviamo ad un palmo di distanza? È come se ci trovassimo in un campo magnetico, i cui poli si attraggono.

E fondamentalmente io e Trevor siamo così.

Due calamite che seppur diverse si attraggono.

Ma non è sana questa attrazione, non lo è per niente.

« Secondo te?»

Secondo me? Non so più pensare, ragionare lucidamente.

« Vuoi una conferma? Sai bene che non otterrai nulla da me»

Il suo viso si tramuta in un espressione del tutto seria.
« Perché hai bussato alla mia porta? Potevi benissimo chiamare Marxwell o Drew, qualsiasi persona... eppure sei qui. Perché hai chiamato proprio me?»

Avvicino nuovamente il mio viso al suo, quasi d'istinto. Non so perché abbia subito pensato a lui e tanto meno non so il motivo per cui sia corsa senza pensarci un secondo, ma l'ho fatto. La sua domanda è lecita, dopo tutto.

« Non lo so» confesso debolmente.

Le sue dita si incastrano con le mie e abbasso gli occhi su di esse notando quanto siano differenti le nostre mani.

« Non possiamo ritrovarci in questa posizione, è sbagliato» asserisco.

« Non è sbagliato se lo vuoi» ribatte respirando sul mio viso.

Mi ritraggo scuotendo il capo. « Trevor, smettila»

Sciolgo l'incastro delle nostre mani e mi sollevo riprendendo le redini della mia razionalità. È assurdo come riesca a far vacillare le mie convinzioni.

« Lo sai anche tu cosa accade ogni volta che ci ritroviamo vicini»

Deglutisco.

« Ci sono ben altre cose a cui pensare. E non accadrà più, mettitelo bene in testa» dichiaro guardandolo.

Serra la mascella quasi infastidito dal mio ennesimo rifiuto.

« Negare non ti facilita le cose»

« Non sto negando, sei solamente accecato dal tuo ego smisurato. Non tutte ti vanno dietro, fattene una ragione» sputo senza esitazione.

Si alza di scatto e blocca i miei polsi. suo viso si trova ad una spanna dal mio, tanto da poter mischiare i nostri respiri.

« Cederai, lo sai bene» sibila.

« Mai» esalo adirata. Strattono la presa allontanandomi da lui e avanzo velocemente verso l'ingresso.

Trevor non mi ferma e, senza guardarlo un'ultima volta, lascio la sua camera.
Irritata da tutta la situazione di merda creatasi e dall'ennesima notte passata in bianco.

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Spazio autrice;
Bene bene, cosa abbiamo qui?
Non riesco nemmeno a scrivere al momento, ho le dita che mi fanno malissimo ahahaha. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, aspetto i vostri commenti!
Al prossimo aggiornamento! x

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