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| I commenti non sono collegati ai capitoli che leggerete. Purtroppo Wattpad ha stravolto tutto. Per evitare spoiler, vi consiglio di non leggerli. Semmai voleste scrivere, siete liberi di farlo|

Le suole delle mie scarpe collidono rumorosamente con i detriti sparsi per tutto il perimetro precedentemente avvolto dalle fiamme. È passata già una settimana dall'incendio che ha completamente distrutto parte dell'edificio ed una settimana dall'avvio delle ricerche sulla presunta causa che ha scatenato l'angosciante distruzione. Il nero, colore predominante, pigmenta tristemente i muri, il pavimento, i mobili per metà logorati ed i letti di cui rimangono solo le reti o, per lo meno, una parte. Le finestre sono rotte ed i pezzi di vetro sono sparsi ovunque come gli innumerevoli oggetti personali disseminati in ogni dove: vestiti bruciati, scarpe del tutto disintegrate, libri ridotti in un ammasso di foglietti rimpiccioliti e quasi del tutto carbonizzati ed infine fotografie incenerite.

Fotografie che ritraggono quadri familiari, amicizie lontane e fidanzati distanti. Feste di compleanno, baci rubati e pose divertenti... Momenti indelebili nel cuore, attimi che scompaiono velocemente ma di cui rimane il ricordo, un ricordo materiale, da poter toccare: tangibile. E adesso non c'è più la possibilità di poter toccare nuovamente questi quadri, di poter accarezzare i visi sorridenti ed i paesaggi meravigliosi che fanno da sfondo. Non c'è più la possibilità di fermarti per pochi secondi, afferrare le foto e sorridere nostalgicamente mentre la mente ripercorre scene già vissute. Non c'è più la possibilità di piangere su di esse per l'angoscia del momento, di ridere per un aneddoto lontano e arrabbiarsi per un'amicizia finita o un amore concluso male. Non c'è più la possibilità di far nulla perché di esse non rimane che solo una testimonianza distrutta.

I miei occhi si posano con tristezza su un quadro rotto da cui fuoriesce una fotografia del tutto consumata. Mi abbasso sulle ginocchia e facendo attenzione ai vetri afferro ciò che ne rimane. Il viso paffuto e sorridente di una bambina è l'unica cosa che si riesce a vedere, la faccia è scolorita ma si riescono ugualmente a distinguere i lineamenti dolci e armoniosi. Le miei iridi scorrono veloci sui piccoli dettagli, come il braccio femminile che circonda la spalla minuta, l'unica cosa che testimonia la presenza di una seconda figura.

Sospiro adagiando la foto ai miei piedi e sollevo lo sguardo puntandolo altrove, alla ricerca di qualche oggetto che sia riuscito a scampare alla violenza delle fiamme ma oltre ad un ammasso di cenere non scorgo nulla.

Il fetore pungente è sempre presente ma decisamente meno ostruente, continua ad aleggiare in ogni stanza come una macchia che non andrà mai più via e forse si comporterà proprio così: come una chiazza indelebile che anche dopo giorni o addirittura anni non si cancellerà, rimarrà eterna come l'inquietudine che continuerà a persistere dentro ogni individuo.

Se provassi a chiudere gli occhi riuscirei a rammentare tutto quello che è successo in quei minuti strazianti: l'affanno e la difficoltà nel non saper come bloccare l'entrata del fumo tossico, la tosse frequente, le urla strazianti, l'indebolimento fisico ed i capogiri continui, la poca lucidità e l'offuscamento della vista ed infine il cuore che batteva sempre più lentamente. I rumori letteralmente sfocati dall'affievolimento mentale ed il martellio incessante sopraggiunto subito dopo.

Non appena metto piede nella prima camera il fumo mi investe all'istante Strizzo gli occhi e comprimo più che posso la felpa sul mio viso ma l'ambiente totalmente annebbiato non mi permette di vedere ugualmente nulla. Non riesco nemmeno a distinguere l'arredamento ma le urla e le richieste di aiuto riesco perfettamente ad udirle. Grida disperate giungono alle mie orecchie e non potendo usufruire della vista mi sforzo ugualmente di sfruttare l'udito.

« Non riesco a vedere nulla, ditemi quante siete e dove siete!» urlo tossendo l'attimo dopo.

Il fracasso dei mobili corrosi dal fuoco è potente, tant'è che devo necessariamente sforzarmi per sentire ciò che le ragazze rispondono.

Mi guardo attorno e mi accorgo che le finestre sono chiuse, ciò provoca una concentrazione maggiore del fumo e l'oppressione di quest'ultimo che tenta di attraversare gli altri locali.

« A letto! Non riesco a scendere, le fiamme sono ovunque!»

Quelle fiamme che continuavano a salire e a distruggere tutto quello che incontravano, la sensazione di impotenza che mi ha travolta quando ho capito che in camera non c'era solo Harley ma anche un'altra ragazza... Non mi sono mai sentita impotente in vita mia, non ho mai sentito quella sensazione di incapacità né in vita privata e né durante gli addestramenti. Non ho mai sentito tutte quelle sensazioni negative, come la paura di non riuscire a salvare qualcuno o il panico che impedisce anche di muovere un singolo arto. Sono cresciuta con il cuore duro come il ghiaccio, con la paura inabissata sotto cumuli di coraggio e forza, e trovarsi davanti ad un fatto compiuto del genere ha completamente stravolto il mondo idealizzato negli anni.

« Arabella?»

I miei occhi si aprono all'istante non appena la voce insicura e tremolante di Harley arriva alle mie orecchie.

Fisso un'ultima volta le macerie e sospirando pesantemente mi sollevo da terra. Non incontro i suoi occhi perché non mi sento di farlo e perché - con tutta onestà - non ne ho voglia; dopo tutto quello che è successo tra me e lei, dopo le fangose parole senza base alcuna e dopo i suoi sguardi di fuoco causati dalla sua malsana gelosia nei miei confronti, non intendo continuare a darle importanza. Le ho salvato la vita, questo è vero, perché in fondo non sono come mi dipingono, come la cattiva e maligna della situazione. Ogni essere umano con del buon senso lo avrebbe fatto ed io non mi sarei tirata indietro per nessun motivo al mondo, anche a costo di perdere la mia stessa vita. Ciononostante, non mi interessa avere un rapporto o un legame con lei perché non la ritengo una persona vera e spontanea.

« Dimmi»

Lascio una delle stanze ormai distrutte e percorro a passi lenti il corridoio. I muri sono completamente anneriti e più attraverso la stretta corsia e più il colore si avvicina al nero pece. L'ambiente è cupo, non si respira aria pulita e trasmette un senso di angoscia profondo; è dannatamente vero quando si dice che i posti, gli sguardi o semplicemente le parole possono cambiare l'umore o semplicemente trasmettere sensazioni e percezioni, e positive o negative che siano, riescono ad arrovellarti dentro in una maniera strana, fastidiosa.

« Non ti ho ringraziata» parla d'un tratto, interrompendo i miei pensieri.

Avevo dimenticato la presenza della mora e udendo i passi alle mie spalle deduco che non abbia mai smesso di seguirmi.

« Di cosa?» ribatto indifferente, provocando rumori continui ogni volta che avanzo verso la fine del corridoio.

Prende un respiro profondo e velocemente mi affianca. Sbircio con la coda dell'occhio la sua figura e mi acciglio quando mi accorgo del nervosismo nei suoi gesti. Ha il capo chino, morde di continuo le sue labbra e pizzica costantemente i polpastrelli delle sue dita; non ho idea del motivo per cui stia così ma evidentemente una spiegazione ci sarà e sono curiosa di conoscerla.

«Mi hai salvato la vita e ti sono debitrice per tutta la vita» deglutisce fissando il mio profilo.

Scuoto di poco il capo e dopo minuti interminabili incrocio i suoi occhi anch'essi scuri ma con un'unica differenza che ci distingue: le sue iridi sono avvolte da un alone di pentimento, quasi vergogna e anche un pizzico di riconoscimento mentre le mie rimangono illeggibili, spente e indifferenti.

« Non devi. Lo avrei fatto con chiunque» replico tranquillamente.

Sorride amaramente. « Non me lo meritavo. Dopo tutte le cattiverie che ti ho detto non meritavo il tuo aiuto. Avresti potuto lasciarmi lì e non lo hai fatto. Perché?» chiede deglutendo il groppo in gola.

Questo argomento la rende molto vulnerabile ma è comprensibile, chiunque rimarrebbe traumatizzato da un evento del genere. Vedere la morte con i propri occhi è terribile e poche persone riuscirebbero a sollevarsi senza riportare danni, fisici o psicologici che siano.

Blocco i miei passi e la fisso senza accennare nemmeno una sillaba.

Il suo viso è distorto in una smorfia affranta, confusa, ed il nervosismo continua a divorarla viva.

« Se fossi stata al mio posto e ti fossi ritrovata nella mia stessa situazione, cosa avresti fatto?» chiedo.

Sembra sorpresa dalla mia domanda diretta, ciononostante sostiene lo sguardo. « Non credo che avrei fatto la stessa cosa... » ammette sincera e sorrido istintivamente alla sua risposta scontata.

« Perché?»

« Perché non hai avuto alcun rispetto per me» dice immediata, mettendosi nei miei panni.

« È questa la differenza tra me e te, Harley. Se mi trovassi nuovamente in quella situazione io non ci penserei due volte a salvarti mentre tu continueresti a covare veleno, infischiandotene dell'incolumità degli altri, pensando solo ed esclusivamente ai commenti infantili dettati da insana invidia. Contrariamente al tuo pensiero, non me ne fregherebbe nulla delle offese gratuite perché, quando c'è di mezzo la vita o la morte, non sono queste le cose importanti da pensare. Se non ti avessi salvata, vuoi sapere come mi sarei sentita?» chiedo ma non aspetto una sua risposta. « Male, estremamente male. Avrei vissuto con il rimorso, avrei vissuto ogni giorno con il dolore al petto causato da una scelta sbagliata. Se fossi stata al tuo posto sarei morta ma tu saresti morta insieme a me, e sai perché? Perché il rimpianto per aver commesso la scelta errata ti avrebbe trascinata in un limbo di disperazione e, credimi, non c'è cosa peggiore dopo la morte vera e propria. Ecco perché ti ho salvata»

Le mie parole sono dure e taglienti ma non mi importa, deve capire qual è il vero limite della vita e gli sbagli che potrebbero costarle la sanità mentale ma anche lo squarcio della sua sopravvivenza.

È vero, sono una stronza, tratto male le persone ed è difficile stare al mio fianco ma perché sono io che in primis voglio che sia così. So distinguere cosa è giusto e cosa è sbagliato - al di là del mio atteggiamento scorbutico - e qual è la cosa onesta da dover fare e quale non. E la risposta di Harley mi ha solo confermato quanto sia egoista e meschina e, soprattutto, quanto l'invidia logora le interiora delle persone.

« I-io... mi dispiace» tira su con il naso ed un singhiozzo la scuote. « Mi dispiace per tutte le cattiverie che ti ho detto... ero solo accecata dalla gelosia»

Mi acciglio. « Gelosia?»

Annuisce. « Trevor. È lui il motivo della mia gelosia...»

« Non mi interessa Trevor, mettitelo bene in testa. Questa tua gelosia è insensata e decisamente stupida» esclamo duramente.

Scuote il capo. « Magari a te non interessa ma a lui sì, interessi, e anche tanto»

Rido divertita. « Senti, non intendo affrontare un discorso del genere con te e non intendo minimamente parlare di quel coglione. Se proprio ti interessa prenditelo ma smettila di mettermi in mezzo. Io e lui non condividiamo nulla se non un impegno lavorativo, niente di più e niente di meno»

Deglutisce. « Adesso ho capito che non sei una minaccia...» mormora.

« Bene» dico solamente facendo dietrofront.

« Arabella!» richiama.

Ruoto gli occhi al cielo. « Mh?»

« C'è qualcosa che posso fare per rimediare?» chiede insicura.

Questa sua posizione attuale mi diverte; sono abituata ad un'altra versione di Harley. Adesso somiglia più un agnellino indifeso che ad una stronza psicopatica.

« No. Il latte è stato versato e non serve lottare tra la vita e la morte per rendersi conto degli sbagli commessi. L'unica cosa che puoi fare è migliorare, sia per gli altri ma soprattutto per te stessa» ribatto senza battere ciglio.

I suoi occhi sono inumiditi dalle lacrime di pentimento che scivolano copiose sul suo viso. Annuisce impercettibilmente e distoglie lo sguardo puntandolo altrove.

Mi allontano dalla sua figura - non attendendo una sua risposta - e dal luogo distrutto ma quando sto per girare l'angolo per allontanarmi definitivamente dal posto, ecco che la sua voce, determinata e sicura, mi costringe a bloccare i miei passi.

« Lo farò» sussurra.

Riprendo a camminare decidendo di non risponderle e, quando mi dileguo definitivamente, gli angoli della mia bocca si sollevano in un sorriso spontaneo.

***

« Mi spiegate a cosa sono dovuti questi schiamazzi? Vi sentite dalla mensa» borbotto acida.

Chiudo la porta della mia camera con un calcio ed elimino le gocce d'acqua dai miei capelli lunghi e rossi con un asciugamano umidiccio.

Jessy trattiene l'ennesima risata ma quando guarda nuovamente il viso di Lily scoppia in una risata fragorosa.

Mi acciglio e scuoto il capo.

Mi muovo in camera alla ricerca di una felpa da indossare e quando la trovo la indosso senza pensarci due volte. I riscaldamenti non funzionano e siamo costretti a coprirci con quello che abbiamo.

« Devo raccontarti una cosa» annuncia la mia migliore amica.

Ruoto il capo e inarco un sopracciglio, « Cosa?»

Prende un respiro profondo e, quando sta per aprir bocca, lancia un'occhiata verso Jessy e scoppia nuovamente a ridere.

Ruoto gli occhi al cielo per l'ennesima volta. « Okay, quando la smetterete avvisatemi» borbotto contrariata.

Pettino i miei capelli e fortunatamente l'oggetto districa perfettamente la chioma folta. Guardo il mio riflesso allo specchio e continuo ad acconciarli.

« Va bene, okay... Allora, oggi ho incontrato Willy e sai com'è, una cosa tira l'altra...»

« Siete andati a letto, ho capito. Ma cosa ti diverte così tanto? Ti sei accorta che ce l'ha piccolo dopo una decina di volte che avete fatto sesso?» ribatto divertita.

« No, peggio» trattiene una risata.

Osservo il suo viso dal riflesso e attendo una risposta. « Cosa c'è peggio di questo? »

China il capo. « Beh, potrei aver incontrato Drew nell'esatto momento in cui ho lasciato la camera di Willy» confessa.

Sbatto le palpebre. « Continuo a non capire»

Jessy alza gli occhi al cielo. « Odio quando non arrivi al dunque» borbotta in direzione della bionda. Sorrido istintivamente. « In poche parole ha fatto sesso con Willy, è uscita dalla sua camera e si è scontrata con Drew. Quel gran figo ha capito tutto e le ha fatto una scenata» spiega velocemente.

« E questo ti diverte?» rido per la stupidità della cosa.

Lily scuote il capo e sorride sghemba.

« Non esattamente... Dopo la sfuriata, la bionda qui presente, lo ha accusato di avere il pene piccolo e come se non bastasse lo ha palpato, confermando la sua tesi»

« In realtà ho detto tali parole: " Se voglio far sesso con Willy non sono fatti che ti riguardano. Cos'è che ti turba? Il fatto che tu abbia il pene più piccolo del ragazzo qui dentro?"» cinguetta muovendo la testa. « Poi mi ha urlato nuovamente contro ed io l'ho palpato»

Strabuzzo gli occhi sconvolta. « Che cazzo... Lily!»

Alza le mani in segno di innocenza. « A mia discolpa, posso dire di essermi difesa. E poi non è vero, ti posso assicurare che il suo mostriciattolo è molto più grande e grosso del pipino di Willy. Però non potevo di certo dirglielo!»

Chiudo gli occhi sconvolta ma non riesco a trattenere il sorriso sulle labbra che si amplia sempre di più. « Sai che hai appena dato inizio ad una guerra?»

Sorride maliziosa. « Se per guerra intendi sesso sfrenato con Drew Ward, sono felice di raccogliere il guanto di sfida»

Scoppio a ridere. « Sento odore di guai» esclamo.

Jessy ride sonoramente e rovescia all'indietro la testa.

« Oh, guai bollenti» conferma.

« Oh, dimenticavo!» Aggrotto la fronte e fisso la bionda seduta malamente sul suo letto. « Trevor ti cercava, gli ho riferito dove ti trovassi e lui mi ha semplicemente detto: " Dille di raggiungermi in camera mia» Imita il suo tono di voce profondo e roco.

« Non ti ha rivelato il motivo?» chiedo perplessa. Che senso ha raggiungerlo in camera? Ci sarebbero mille posti in cui potrei incontrarlo.

Alza gli occhi al cielo. « Ovvio che no ma lo scoprirai a breve» dice maliziosa.

« Piantala» la ammonisco.

« Chissà perché vuole incontrarti in camera sua...» cantilena la mora.

« La pazienza ha un limite»

Entrambe scoppiano a ridere ma sono già rintanata in bagno quando riprendono a parlare.

Prima lo incontro e prima andrò via.

« Vogliamo i dettagli!»

« Non voglio sentirvi!» urlo di rimando, raggiungendo la porta del bagno.

Mi chiudo dentro e scuoto il capo. Non si arrenderanno mai!

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