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| I commenti non sono collegati ai capitoli che leggerete. Purtroppo Wattpad ha stravolto tutto. Per evitare spoiler, vi consiglio di non leggerli. Semmai voleste scrivere, siete liberi di farlo|
La scena a cui sto assistendo è surreale. I miei piedi rimangono piantati a terra come se due mani mi stessero ordinando di non spostarmi per nessun motivo al mondo, mentre i miei occhi continuano a fissare increduli ciò che sta accadendo in quest'ala dell'accademia. Il mio corpo non intende ascoltare gli impulsi del cervello, tant'è che continuo a guardare allarmata la porta che velocemente corrode a causa delle fiamme. La nube che fuoriesce è densa e pesante, come l'odore soffocante che pian piano istruisce le vie respiratorie e mi costringe a tossire. Non si riesce a vedere quasi nulla, tranne le fiamme che fuoriescono dalla porta socchiusa di una camera e che precocemente si aggrega alle altre stanze adiacenti. Tossisco e strizzo gli occhi poiché il fumo provoca pizzicori alle mie iridi. Stringo le mani in due pugni ed impongo al mio corpo di muoversi per cercare aiuto o, meglio, qualche allarme antincendio posto da qualche parte in corridoio. Non capisco perché nessuno si sia accorto del fumo opprimente e delle fiamme che avvolgono quasi metà edificio eppure non c'è traccia di individui. Mi guardo attorno tossendo e senza pensarci due volte tolgo la felpa che indosso e copro le cavità orali, in modo da non inalare il fumo tossico che potrebbe anche uccidermi. Torno indietro ripercorrendo lo stesso tragitto e mi precipito senza ripensamenti verso l'impianto collocato proprio a metà corsia. L'apparecchiatura prevede una serie di allarmi sonori e visivi per segnalare alla guardiola e ai soccorritori l'incendio in corso. Senza controllare le mie azioni presso il pulsante e all'istante il suono assordante e acuto risuona in tutti i locali possibili.
Tossisco e, cercando di mantenere la calma nell'attesa che qualcuno venga in soccorso, – anche se risulta impossibile farlo in certi casi –, raggiungo la parte del corridoio avvolta dalle fiamme. Tutte le stanze sono occupate e la paura che qualcuno stia soffrendo è tangibile. Il mio cuore scalpita agitato nel mio petto ed il sangue pompa anche nelle mie orecchie. Tento di avvicinarmi alla camera, attualmente aperta, con l'intenzione di controllare che ci sia qualcuno ma le fiamme me lo impediscono. Tuttavia, non mi faccio intimorire e, armandomi di coraggio, supero il tratto bruciante con un salto abbastanza alto.
Non appena metto piede nella prima camera il fumo mi investe all'istante. Strizzo gli occhi e comprimo più che posso la felpa sul mio viso ma l'ambiente totalmente annebbiato non mi permette di vedere ugualmente nulla. Non riesco nemmeno a distinguere l'arredamento ma le urla e le richieste di aiuto riesco perfettamente ad udirle. Grida disperate giungono alle mie orecchie e non potendo usufruire della vista mi sforzo ugualmente di sfruttare l'udito.
« Non riesco a vedere nulla, ditemi quante siete e dove siete!» urlo tossendo l'attimo dopo.
Il fracasso dei mobili corrosi dal fuoco è potente, tant'è che devo necessariamente sforzarmi per sentire ciò che le ragazze rispondono.
Mi guardo attorno e mi accorgo che le finestre sono chiuse. Ciò provoca una concentrazione maggiore del fumo e l'oppressione di quest'ultimo che tenta di attraversare gli altri locali.
« A letto! Non riesco a scendere, le fiamme sono ovunque!»
Harley grida ma la sua voce alzata di qualche ottava non riesce a mascherare il singhiozzo disperato che fuoriesce dalle sue labbra.
« Cerca un modo per scendere, sto arrivando!»
Sobbalzo quando una vampata si avvicina pericolosamente ai miei piedi e devio immediatamente il percorso sbattendo contro il muro. Respiro malamente e la testa inizia a girare ma mi impongo mentalmente di salvarla, di salvare quante più persone possibili.
« Aiuto!» un'altra voce giunge alla mia sinistra.
Vorrei urlare e gridare in questo momento per la frustrazione, per il panico che incombe in me e per la paura di non riuscire a salvare nessuno. Non capisco dove siano tutti quanti, perché nessuno sembra venire in soccorso quando l'incendio sta divorando ogni cosa. Non so fino a che punto riuscirò a rendermi utile, il mio corpo non so quanto tempo durerà prima di svenire per la tossicità del fumo.
Intravedo il sostegno del letto ed i miei occhi guizzano da una parte all'altra alla ricerca di una parte meno intaccata dal fuoco. Harley ha gli occhi chiusi e tossisce ritmicamente, sembra non dare più segni di energia ma continua a resistere.
« Harley, sono Arabella. Tieni gli occhi aperti, cerca di resistere»
La mora piange e urla non appena una lingua di fuoco danneggia parte del materasso.
Quando mi avvicino alla sua figura per poco non vengo colpita dalla fiamma dirompente, ma non devo minimamente crollare, devo riuscire a portarla fuori.
« Non riesco a respirare» sussurra afferrando le mie mani.
Tossisco e circondo le mie spalle con il suo braccio. « Forza, usciamo di qui»
Respira malamente mentre i suoi occhi lottano per non chiudersi. Mi guarda riconoscente, con le lacrime agli occhi, e annuisce lievemente alla mia richiesta aggrappandosi maggiormente al mio corpo. E in un tacito 'grazie' mormorato usciamo velocemente dalla stanza. Fortunatamente, non appena sollevo il capo mi accorgo del via e vai di gente, che senza pensarci un secondo soccorrono le ragazze ancora intrappolate nelle loro stanze. Le mie richieste sono state esaudite ed il sollievo si insinua dentro di me.
Accompagno Harley fino alla fine del corridoio e la aiuto a sdraiarsi a terra, in attesa dei corpo sanitario. Alcuni uomini corrono verso il luogo incendiato lanciando brevi occhiate verso le nostre figure ma non si fermano, ci sono ancora tante altre persone da salvare.
Drew e Tom sgranano gli occhi non appena voltano il capo verso di noi e con il fiatone per la corsa improvvisa controllano la situazione.
« Ragazze, state bene?» prende parola Tom che, agitato, perlustra il luogo.
Poggio le spalle al muro e annuisco. « Andate ad aiutare le altre, arriverà qualcuno a soccorrerci.» o almeno, lo spero.
« Sally ed i paramedici stanno arrivando, fate attenzione» ci avvisa Drew.
Lancia nuovamente un'occhiata ad Harley sdraiata a terra e annuisco, confusa.
Non so chi sia Sally ma credo non abbia importanza, l'importante è che vengano a soccorrerci.
Pochi secondi dopo una ragazza dai capelli scuri, seguita da qualche uomo alle sue spalle, si avvicina a passo felpato verso di me e la ragazza ai miei piedi.
Indossa un camice bianco e tiene in mano una valigetta del medesimo colore.
I suoi occhi scuri alternano lo sguardo e perlustrano la zona, soffermandosi maggiormente su Harley che cerca di non chiudere gli occhi.
« Ha inalato molto fumo» dico semplicemente sbattendo lentamente le palpebre.
La ragazza, che presumo sia la Sally di cui parlava Drew, annuisce e velocemente apre la valigetta per soccorrerla.
« Tu stai bene?» chiede armeggiando con il kit.
« Si, credo. Ho bisogno solo di prendere una boccata d'aria» deglutisco.
Mi guarda in modo strano ma alla fine annuisce. « Sarei più sicura se facessi qualche controllo. Sotto ci sono altri miei colleghi, vai da loro» intima.
Annuisco confusa e mi allontano da quel corridoio infernale e decisamente troppo angusto per me. Le mie gambe sembrano molle, quasi fatte di gelatina, ed i muscoli sembrano perdere pian piano le loro funzioni.
Fisso la fine del corridoio ma senza vederla davvero, la mia testa è caotica, i miei pensieri sono confusi. Il vociare, i passi veloci e pesanti, i rumori... tutto sembra echeggiare fastidiosamente, tutto sembra martellare incessantemente il mio cervello. Le orecchie fischiano ed i miei polmoni sembrano quasi supplicare aria.
Perdo per un attimo l'equilibrio e strizzando gli occhi poggio la mia spalla al muro.
La mia mano involontariamente sfiora la tempia. Vorrei dormire, interrompere tutto questo caos che regna in testa.
Sbatto le palpebre ma tutto diventa sfocato, persino le tre figure che si avvicinano ma che appaiono come macchie indistinte e irriconoscibili.
Le forze vengono a mancare e costretta dal mio corpo scivolo a terra. Le mie palpebre si serrano; tutto sembra tacere, tutto smette di funzionare e con sé anche la mia testa.
-
Non so dopo quanto tempo i miei occhi riacquistano lucidità. Non ho idea di che ore siano e del posto in cui mi trovo ma cerco di riprendere il controllo del mio corpo incominciando dai miei occhi che lentamente abbandonano la loro breve quiete. Sbatto le palpebre cercando di abituarmi alla luce che penetra da qualche parte ma la mia testa mi impedisce anche di compiere questa azione banale. Quest'ultima pulsa e istintivamente le mie mani massaggiano le tempie ricercando il sollievo agognato, desiderato, ma sembra non voler ascoltare i miei comandi e pulsa, pulsa più forte.
L'odore pungente di disinfettante solletica le mie narici e storco il naso leggermente irritata.
Nonostante il martellio incessante, tutti gli avvenimenti incominciano ad affollare la mia mente: la puzza di fumo, la nube che mi impediva di vedere, la tosse, le urla, il fuoco, la stanza annebbiata e le fiamme dirompenti. Il via e vai di uomini in camice, Harley, Drew, Tom... e poi il buio.
Sono confusa, non capisco come sia arrivata qui – in un posto ancora a me sconosciuto – e perché la testa mi martella incessantemente.
« Finalmente sei sveglia»
Una voce che riconoscerei tra mille mi riporta alla realtà e aprendo definitivamente gli occhi giro il capo alla mia destra.
Il ragazzo dagli occhi verdi sta seduto comodamente su una sedia, con le gambe divaricate ed i gomiti poggiati sulle cosce. Passa continuamente la mano destra tra i capelli mentre le sue iridi fissano insistentemente il mio viso.
Indossa una tuta e non la solita divisa.
Mi aiuto con le braccia e sollevo debolmente il mio corpo. « Cosa... cosa ci faccio qui?» chiedo con voce rauca, la mia bocca è asciutta e sento proprio la necessità di bere un bicchiere d'acqua. « E che ore sono?»
Trevor continua a fissarmi e poi sospira. « Sei svenuta. Quando sono salito per vedere cosa fosse successo, ti ho trovata a terra» risponde. « Dormi da un bel po', sono le dodici del mattino»
« E mi hai portata tu, qui?» lo interrogo deglutendo.
Annuisce solamente.
Distolgo lo sguardo e fisso la porta scura di fronte. Il motivo del mio svenimento è stato sicuramente causato dall'inalazione esagerata di fumo.
Dopo essermi un po' ripresa, mi accorgo di due cerotti: uno in fronte e l'altro sul gomito. Non ho idea di come mi sia procurata queste due ferite ma a questo punto non mi stupisco più di nulla.
« Sally si è occupata di te personalmente, ha portato Harley in un'altra stanza e poi si è precipitata qui. Non ho idea di cosa ti abbia dato ma adesso stai respirando tranquillamente, qualsiasi cosa essa sia è servita» afferma, mordendo l'interno guancia.
« Harley sta bene?» chiedo.
È vero, abbiamo avuto dei trascorsi, ma non sono così cattiva da voler la sua morte. Dopo tutto, le ho salvato la vita.
« Sì, non ci sono feriti gravi ma se non avessi dato l'allarme non ho idea di cosa sarebbe potuto succedere» mormora distogliendo lo sguardo.
« Come lo sai?» mi guarda accigliato e riformulo meglio la mia domanda. « Come sai che sono stata io a dare l'allarme?»
« Harley. Lo ha supposto nel momento in cui l'hai soccorsa ed evidentemente è stato così»
Annuisco.
E pensare che non riuscivo a prendere sonno proprio a causa loro.
« Sai cos'è successo? Il motivo per cui parte dell'edificio è andato in fiamme?»
Si irrigidisce alla mia domanda ma sembra quasi consapevole, come se già si aspettasse un quesito del genere. Non risponde subito, si guarda attorno quasi a voler cercare qualcosa da poter dire ma alla fine punta i suoi occhi nei miei e scuote il capo. « Sicuramente qualche corto circuito, devono ancora controllare cosa possa aver causato l'incendio»
Dalla sua voce non trapela incertezza ma ho la netta sensazione che stia nascondendo qualcosa e che questa risposta sia solo una scusa per tapparmi.
« Lo sai ma non vuoi dirmelo» ribatto sicura.
Serra la mascella. « Cerca di riprenderti» taglia corto e detto ciò si alza dalla sedia prendendo un respiro profondo.
Ci guardiamo in silenzio e senza dire nulla avanza verso l'ingresso ma, prima che possa solo abbassare la maniglia, la mia voce lo ferma.
« Trevor...»
Il mio richiamo lo costringe a voltarsi e dalla mia posizione lo osservo attentamente senza battere ciglio. Ho apprezzato il fatto che mi abbia portata qui, che abbia agevolato il mio soccorso e che sia rimasto attendendo il mio risveglio.
« Mh?» mormora con indifferenza.
« Grazie» abbozzo un sorriso ma il moro si limita ad una scrollata di spalle.
« Alle cinque vieni in mensa, dobbiamo parlare tutti quanti» avvisa, e senza attendere una risposta sparisce dalla mia vista.
La porta si chiude in un tonfo ma non appena abbasso lo sguardo sulle mie gambe ecco che essa si apre nuovamente. Ma la figura che fa capolino dentro non è più Trevor bensì Lily seguita da Jessy.
Le due ragazze, preoccupate, si avvicinano al lettino in sui siedo e senza dire nulla mi abbracciano.
Mi irrigidisco al loro gesto improvviso.
Non sono abituata a questi atti troppo intimi ma tento in tutti i modi di smascherare il mio disagio ricambiando, alla bell'e meglio, l'abbraccio.
« Mio Dio, stai bene» sussurra Lily al mio orecchio, con voce tremante.
Abbozzo un sorriso e delicatamente si staccano dal mio corpo. Entrambe ne scrutano ogni parte, come a volere una rassicurazione, e respirano pesantemente.
« Sto bene» le rassicuro un po' a disagio.
« Pensavo... quando mi sono svegliata non c'eri e ho sentito l'allarme e... Dio, non provarci mai più!» esclama arrabbiata ma la sua voce tentenna e alcune lacrime scivolano giù.
Sono sorpresa da tutto ciò, Lily non piange mai.
« Ehy... non piangere, sono qui. Va tutto bene» la rassicuro nuovamente afferrandola per il polso. Mi abbraccia, ma stavolta la lascio sfogare.
Poggio il mento sulla sua spalle e osservo Jessy con il capo chino mentre tira su con il naso.
Sorrido. « Nanetta, non ti donano le lacrime. Ti preferisco decisamente ubriaca» scherzo e la mora solleva lo sguardo ridendo. Asciuga le lacrime e si avvicina.
« Mi piace la versione addolcita» mi stuzzica, anche se so che il suo intento sia proprio quello di sforzare la tensione che si può facilmente tagliare con un coltello.
Inarco entrambe le sopracciglia e la trucido con lo sguardo. « Non esiste nessuna versione del genere, segnati questo giorno perché sarà l'unico e solo» borbotto infastidita.
Jessy ride e scuotendo il capo si unisce all'abbraccio.
« Consideralo fatto»
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