La carrozza

Penelope montò in carrozza e sentì Colin indicare al vetturino il suo indirizzo, ordinandogli di sentirsi libero si scegliere "la strada più lunga". Erano partiti da circa mezzo minuto, quando le consegnò il contenuto della pergamena. "Credo che questo sia vostro."

Penelope ripiegò il foglio con estrema precisione, sfruttando quel tempo per cercare di ricomporsi e immaginare cosa avrebbe dovuto dire in un momento simile. Almeno la fronte sembrava non sanguinare più così copiosamente. Spostò per un attimo il fazzoletto mascherando una fitta. La testa cominciava a batterle terribilmente.

"Lo avevate capito?"

Colin non commentò, quindi fu costretta a sollevare lo sguardo, ma se ne pentì immediatamente. Colin non sembrava più lui. Il sorriso disinvolto era scomparso e il buon umore che di solito gli brillava negli occhi pareva essersi volatilizzato in quella oscura sera. L'uomo che conosceva, che aveva amato per così tanto tempo... non sapeva più chi fosse.

"Lo considererò un no" sussurrò quasi sperando non l'avesse sentita.

"In realtà sto cercando di stabilire per cosa sono più infuriato con voi, perché i motivi sono talmente tanti, che trovo estremamente difficile concentrarmi su uno soltanto. Per esempio, cosa diavolo è quel foglio?"

"Pensavo fosse ovvio."

"Sì, voi siete quella maledetta scrittrice e probabilmente avrete riso di me per settimane mentre mi lamentavo di come venivo costantemente appuntato sulle vostre cronache, mentre io vi avevo aperto il mio cuore e vi avevo rivelato le mie più profonde paure." Colin faticava a trattenere un tono fermo e tranquillo nella voce, quasi che gli si fosse spezzato qualcosa nell'anima e il pensiero ridusse Penelope nel più assoluto sconforto.

"No! Colin, credetemi, non riderei mai alle vostre spalle!" tentò Penelope, ma dalla sua espressione, si capiva chiaramente che non le credeva. C'era umiliazione in quegli occhi color del cielo, un sentimento che lei non aveva mai visto e che non avrebbe mai pensato di vedere. "Non potevo dirvelo, lo capirete bene anche voi" tentò invano di giustificarsi.

Colin restò in silenzio per un lunghissimo e doloroso momento e poi si sovvenne. "Ora capisco perché Lord Fife vi ha aggredito, l'avete denigrato nella vostra ultima cronaca, ma se lui vi ha scoperto, avete pensato cosa succederà quando tutti lo sapranno?"

"Non lo starete giustificando per caso? Se può farvi stare più tranquillo, non penso affatto che abbia capito chi sono. Mi ha solo accusato di aver spettegolato alle sue spalle."

"E se avesse letto quel dannato articolo che avevate addosso? Avete idea di cosa vi potrebbe accadere se la gente dovesse scoprire chi siete realmente?"

"Ho avuto diverso tempo per rimuginare su questa possibilità" rispose Penelope piccata. Era spaventata, certo! Ma non era disposta a rimanere lì inerme mentre lui le riversava addosso la sua rabbia.

"Volete forse fare del sarcasmo?" rispose Colin inviperito.

"Nient'affatto."

"Sarete rovinata, Penelope. Rovinata! Capite ciò che sto dicendo?"

"Vi assicuro di sì, specialmente dopo questa notte."

"La gente smetterà di parlare con voi" rincarò la dose Colin. "Vi estrometteranno..."

"La gente non ha mai parlato con me" sbottò contrariata Penelope. "Praticamente non si accorgevano nemmeno della mia presenza. Come pensate che sia riuscita a portare avanti questo inganno per così tanto tempo? Ero invisibile! Stavo semplicemente lì e ascoltavo e nessuno se ne accorgeva."

"Non è vero" negò Colin, ma mentre diceva quelle parole non riuscì a non abbassare lo sguardo in un moto di vergogna.

" È vero e lo sapete bene. Lo state solo negando perché vi sentite in colpa. Tutto quello che fate per me, lo fate per un senso di colpa! Pensate che non sappia che la vostra famiglia mi compatisce, che ogni volta che voi o i vostri fratelli mi incontrate a una festa mi chiedete di ballare per non farmi sentire esclusa?»

"Siamo cortesi e poi voi siete di famiglia ormai, dopo tutti gli anni che avete passato a complottare con mia sorella... Vi siamo affezionati. Se solo non foste coinvolta in questa storia di Lady Whistledown!"

"Per l'amore del cielo" bofonchiò Penelope. "Parlate di lei come se fosse un'altra persona."

"Be', scusatemi se ho difficoltà a collegare la donna che ho davanti con quella megera che scrive quelle colonne."

"Colin!"

"Vi sentite insultata?" la schernì.

"Sì! Ho lavorato molto duramente a quel giornale." Penelope afferrò con forza il vestito tentando invano di ripulirlo da alcune gocce di sangue.

"Come per prepararvi alla stagione, siete infaticabile in certe faccende. O forse pensavate che rivelare i segreti di mezza Londra avrebbe fatto aumentare il numero dei vostri corteggiatori?" la provocò Colin.

"Mi state forse insultando?"

"Sto cercando di essere realista. Cosa che, a quanto pare, vi è totalmente estranea. Cosa direbbe Lord Debling se sapesse del vostro piccolo passatempo?"

"Non vi credevo capace di tali bassezze, siete davvero un mostro" aggiunse Penelope a denti stretti, meravigliata di non essere ancora scoppiata in lacrime. Forse la tristezza che le stava crescendo dentro era causata dalla fine di un sogno. Si era costruita nella mente una immagine perfetta di Colin e ora, a ogni parola che lui le sputava in faccia, diventava sempre più ovvio che quel sogno era del tutto falso.

Qualcosa nel tono di Penelope lo colpì al petto. Spostò lo sguardo fuori dal finestrino, notando distrattamente la cupola della cattedrale di St. Paul.

"Voi, più di tutti, dovreste capire perché ho scritto quegli articoli, i vostri diari non sono forse un racconto dei vostri viaggi come le mie cronache un resoconto della vita mondana dell'alta società di Londra?"

"Non potete paragonare le due opere. I miei diari non mi rovinerebbero agli occhi della società."

Lei si accasciò sul sedile, sospirando a sua volta, e Colin pensò di avere colpito nel segno. "Bene, allora questo lo strappiamo..." allungò la mano per prenderle il foglio.

"No!" esclamò la giovane, sobbalzando letteralmente.

"Ma avete appena detto..."

"Non ho detto nulla. Ho solo sospirato."

"Oh, santo cielo, Penelope" ribatté stizzito. "Eravate d'accordo..."

"Quando mai vi ho dato il permesso di interpretare i miei sospiri? E comunque," continuò lei, con uno sguardo acceso di rabbia che la rendeva quasi bella "potete distruggere quel foglio, ma non me."

"Mi piacerebbe farlo" mormorò Colin.

"Cosa avete detto?" Penelope era davvero incredula.

"Lady Whistledown" chiarì Colin, mordendosi il labbro. "Mi piacerebbe distruggere Lady Whistledown. Voi mi piacete così come siete!"

"Ma io sono Lady Whistledown!"

"Che Dio ci aiuti."

"Perché siete così infuriato con me? Cosa ho fatto di così repellente? Sono stata più astuta di voi? Ho mantenuto un segreto? Mi sono fatta una bella risata alle spalle della società?" lo provocò Penelope. "Io sono fiera di ciò che ho fatto" riuscì a dire, con voce scossa dall'emozione. "Non mi interessa quello che pensate voi o chiunque altro. Nessuno può privarmi di ciò che ho fatto." Poi si ammutolì, quasi che tutta la foga che aveva provato fino a quel momento fosse evaporata in un istante lasciando quella carrozza in un soffio di vento.

"Vi sentite bene?" le chiese Colin colpito dal suo silenzio.

Lei annuì o almeno provò a farlo. Lui si avvicinò e provò a scostarle il fazzoletto ormai intriso di sangue. Penelope sussultò in primis, ma poi non poté che trattenere il fiato nel percepire la presa delle sue mani sul suo guanto. I loro sguardi si incrociarono.

"Non doveva farvi questo, non avrei dovuto lasciare che arrivasse a tanto" sussurrò. Colin aveva visto il suo volto migliaia di volte, eppure aveva imparato a conoscerlo solo nelle ultime settimane. Aveva mai notato la tonalità calda della sua pelle? O che i suoi occhi avevano delle pagliuzze dorate proprio accanto alla pupilla? Aveva ballato con lei decine di volte senza accorgersi di quanto fosse piena, carnosa e attraente la sua bocca. Quando era nervosa si leccava le labbra. Glielo aveva visto fare proprio pochi giorni prima. E chissà quante altre volte in anni di frequentazione, ma soltanto ora bastava la vista della sua lingua per farlo fremere di desiderio. "Siete splendida" fu un sussurro tanto tenue che Penelope pensò di aver equivocato.

"Non vi burlate di me, ho certamente il viso coperto di sangue e ..." Colin appoggiò il suo indice sulle sue labbra e lei si bloccò esterrefatta.

"Splendida" ripeté Colin. Quindi si sporse in avanti e la baciò, senza stupore questa volta, senza sorprendersi di quel desiderio. Voleva solo farla sua. Qualcosa di caldo e delizioso cominciò a diffondersi nel petto di Penelope. Non sapeva spiegare cosa fosse, ma sembrava che qualcuno le avesse scaldato il sangue. Partiva dal cuore per poi diffondersi lentamente nelle braccia, nel ventre e poi giù, fino alle dita dei piedi. Si sentiva inebriata, soddisfatta, completa.

Non era affatto bella, lo sapeva. Anche con le migliori creazioni di Madame de la Croix era stata al massimo graziosa. Lui però la credeva bella e quando la guardava... Penelope si sentiva tale. E non era mai accaduto prima. La baciò nuovamente, con più passione questa volta, mordicchiandola, accarezzandola, facendole risvegliare l'anima e il corpo, tanto che si dimenticarono della ferita, del fazzoletto e perfino il dolore parve attenuarsi. Penelope avvertiva un formicolio al ventre e la pelle si scaldava nei punti in cui le mani di Colin la sfioravano attraverso la stoffa argentata del vestito.

E non pensò nemmeno per un momento: "È sbagliato". Lord Debling non aveva ancora inoltrato nessuna proposta formale, ma lei in quel momento non voleva pensare al domani. Quel bacio era tutto ciò che aveva temuto ed evitato, ma sapeva che nulla era mai stato più giusto. Era nata per quell'uomo; eppure, aveva passato tanti anni a cercare di accettare il fatto che lui fosse nato per qualcun'altra. Scoprire di avere torto era il massimo piacere immaginabile. Lo voleva, voleva tutto questo, voleva il modo in cui lui la faceva sentire. E, mentre la adagiava sul morbido sedile della carrozza, pensò che quelli fossero gli unici occhi che importassero. Lo amava, lo aveva sempre amato. E ora voleva essere sua. Forse non avrebbe mai più sentito il dolce peso del suo corpo su di sé o lo scandaloso guizzo della sua lingua. Aveva un'unica occasione per crearsi un ricordo che sarebbe durato una vita. Un'unica occasione per raggiungere la beatitudine. Il giorno dopo sarebbe stato orribile sapere che avrebbe trovato un'altra donna con cui ridere e scherzare e magari sposarsi, ma adesso... adesso era suo e Penelope avrebbe reso quel bacio memorabile.

Allungò le mani per toccargli i capelli. Il tocco delle sue labbra la stava lentamente privando della lucidità. Colin si insinuò lunga la piega del collo fino a individuare il punto in cui percepiva il battito del suo cuore. Lei si limitò a gemere cercando di agevolarlo. Lo scollo dell'abito scivolò giù fino a rivelare la clavicola e le labbra di Colin ne tracciarono il contorno, finché il suo volto non si trovò pericolosamente vicino al seno. Le piaceva quel tormento. Era affascinante vedere il proprio seno nudo sotto lo sguardo di lui.

"Colin, vi prego" lo implorò lei.

Lui sorrise pigramente, soddisfatto. Le dita di Colin passarono di nuovo al capezzolo, tracciando dei lenti cerchi tutto attorno; il suo corpo era sempre più teso. Poi le sue labbra le si strinsero sul seno e prima di sentire il suo calore, Penelope si sollevò, premendo vergognosamente le anche contro le sue.

"Colin" ansimò, abbracciandolo forte, premendosi disperatamente contro i muscoli di lui. Non desiderava altro che tenerlo stretto, senza lasciarlo andare mai più. Lui si sfilò la camicia dai pantaloni e Penelope infilò le mani sotto la stoffa, facendole scorrere sulla pelle calda della schiena. Non aveva mai toccato un uomo in quel modo. Non aveva mai toccato nessuno in quel modo. Colin si irrigidì, Penelope sentì il cuore sobbalzare. Gli piaceva il modo in cui lo stava toccando! Non aveva la minima idea di cosa fare, ma a lui non importava.

"Oh, Penelope." Le labbra e le mani si fecero più frenetiche, poi Colin sollevò la testa di scatto. "Oddio!"

"Che c'è?" gli domandò Penelope cercando di sollevare la testa dall'imbottitura dello schienale.

"Ci siamo fermati."

Le occorse qualche istante per capire il significato di quelle parole. Se si erano fermati, voleva dire che avevano raggiunto la loro destinazione. Ovvero... casa sua. Cominciò a tirarsi su il corpetto con movimenti convulsi. "Non possiamo dire al vetturino di proseguire?"

"Quante possibilità ci sono che il vostro maggiordomo non abbia ancora notato la carrozza di mio fratello davanti a casa vostra?"

"Ben poche, temo" brontolò Penelope.

Colin fece una smorfia. "Rendetevi presentabile, vi aiuto io."

"Avete esperienza coi laccetti dei corsetti?" Penelope lo fissò stupita.

Colin arrossì per un istante, "Volete davvero avere una risposta sincera?" Nel frattempo, aveva già quasi ripristinato la situazione precedente. Penelope si morse la lingua e decise di lasciar cadere la domanda. Era ovvio che ne avesse. Prima di farla scendere le allungò il fazzoletto, le mise le mani sulle spalle e la fissò intensamente. "Promettetemi che non prenderete alcuna decisione affrettata."

Si stava riferendo a Lord Debling, forse? Quello che era successo certo era un impedimento non da poco per le nozze, sempre che qualcuno avesse visto o sentito... Penelope squadrò il vetturino della carrozza preoccupata.

"Promettete, vi chiedo solo un paio di giorni."

"Io..." tentennò per un attimo.

"Ve ne prego, poi se vorrete sposare Lord Debling non mi opporrò, ve lo prometto."

"D'accordo" accettò infine. Le porse quindi la mano per aiutarla a scendere.

"Chiamate un dottore, domani, al più tardi" aggiunse mentre la guidava su per gli scalini. 

Non appena il maggiordomo vide il sangue sul fazzoletto, si apprestò a raggiungerli. Quantomeno, distratto dalla ferita di Penelope, non prestò troppa attenzione alla sua acconciatura che sembrava alquanto variegata in quel momento.















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