Capitolo 6 (Pt. 2)

Beatrice aveva sempre immaginato la bellezza come qualcosa di stonato, una corda sfilacciata, un tasto poco accordato, l'errore d'un professionista durante l'esecuzione d'un brano qualunque, non necessariamente il più difficile. 

Era convinta, a tal proposito, che non dovesse esservi bellezza nel mondo, nessun calcolo avrebbe potuta generarla se non così, per puro caso, in seguito ad un' erronea commistione di eventi. 

 Eppure, la bellezza c'era! Era ovunque ma non per lei, non per Beatrice.

Nei gesti, nelle discussioni, nelle porte sbattute e nell'eco del mare, il vento, la pioggia, il silenzio, qualunque cosa era gravida di bellezza. 

Quel genere di bellezza che sa essere accondiscendente, calma, semplice.Perfino nel dolore, nella separazione, nell'indifferenza. 

Era praticamente impossibile non notarla, non odiarla. Di questo era convinta, al mondo esistevano persone che trascorrevano il tempo tentando di ricostruirla, altre, si adoperavano con altrettanta parsimonia per distruggerla. E lei, lei che non sapeva da che parte stare, provava una profonda invidia, nel rammarico, nella solitudine.

Le fu chiesto di comporre un testo, durante la terza liceo che parlasse d'un argomento che le stesse a cuore, che la tormentasse,che fosse degno d'esser raccontato, così, di fronte ai proprio compagni disse: 

"Un passo. 

Ancora un altro. 

Il cielo è chiaro questa mattina. Una leggera brezza autunnale percorre le strade. I pensieri si aggrovigliano mesti, rimangono nascosti. 

L'odore della minestra calda ribolle nel cortile interno d'un palazzo vicino. Pochissima nebbia mi sbarra la strada. 

L'acqua scorre. Scorre via. 

Scivola, chissà dove. Ha importanza? 

Mi guardo le dita leggermente intirizzite, i miei occhi vedono una bellezza che non so spiegare. Una vergogna che non dovrei provare. 

Ci sentiamo soli quando ci dirigiamo al largo, con speranze che verranno sicuramente illuse. Perché è così che va, no? 

Nessuno mi chiamerà questa sera. Resterò a fissare incantata qualcosa che non c'è. 

Accecata da una sfioritura lenta, desiderata, che verrà scambiata per malata. 

La mia malattia. 

E sorriderò al passante che mi crederà altro. Mentre io rimango me stessa, seppure mutando forma. 

Ho un sogno nella mia testa. Rimango in bilico, su questo cuore spezzato. Tuttavia, mi reggo ancora in piedi. E mentre cammino, nel vuoto di una realtà che sfigura a confronto, osservo i dettagli e la frenesia, rimanendo impassibile. 

Mi spengo. 

Mi spengo questa sera. Come se l'interruttore si fosse corroso e non si accendesse più, mi spengo vedendo ciò che non c'è. Vedendomi piegare. E mi sento terribilmente sola in tutto questo. 

Un passo. 

Un passo ancora. 

Ho abbastanza. Non troppo. Ma abbastanza. 

Ho bellezza."

Una volta terminato, qualcuno sorrise, qualcun altro nascose il viso nell'incavo del proprio braccio. Qualche ragazzo scoppiò a ridere, uno storse il naso, in due presero a borbottare fra loro. 

Nel mentre, dalla finestra, fece capolino una coltre di nuvole bianche, le fronde degli alberi oscillavano lente, s'era levato in volo qualche sparuto corvo.

E se il docente non avesse ringraziato, complimentandosi con lei, Beatrice si sarebbe messa sicuramente a piangere, cadendo su quelle stesse ginocchia che avevano trasportato una tale insofferenza verso il mondo, da renderla cieca, a qualunque altra cosa e persona.

Qualunque altra se non la propria esistenza.

Ma con Matteo tutto cambiò. 

Dopo l'incontro all'uscita dalla discoteca, dopo quelle quattro chiacchiere scambiate frettolosamente e le mani, sudate e ghiacciate che erano rimaste composte nelle reciproche tasche, al di là di qualche sparuto momento, l'adolescenza di Beatrice aveva preso, in conclusione, una piega inaspettatamente bella e drammatica.

S'innamorò, per la seconda volta. E fu come se fosse la prima, e fu come se nient'altro più importasse, fu così che nacque il suo interesse, quello stesso interesse che s'era spento, che volava via,ormai assiderato, come una qualunque foglia d'autunno. Una foglia che ha incontrato la sua statua, sempiterna, alla quale appoggiarsi per sempre.

E tuttavia, anche l'eternità può tradire, può lasciarti scoperta nel donarti una bellezza che non avresti mai pensato di provare, nella quale non avresti mai dovuta essere trasformata. 

Mai, volendo considerare la pochezza d'un fuoco 'sì effimero, per quanto caldo, per quanto rassicurante. 

Molti sostengono che le prime impressioni sono autentiche mentre ciò che accade subito dopo s'intenerisce alla vista d'un ipotetico "amare" che tutto rapisce e confonde, in nome della speranza.

Quando Beatrice vide Matteo e Vanessa camminare per la piazza, volse lo sguardo alla Gran Madre e socchiuse gli occhi. 

Fu allora che capì, senza alcun ombra di dubbio, che sarebbe stata nuovamente transitoria la bellezza, una nota corrotta che prima o poi sarebbe stata corretta. La disattenzione si paga cara e vuole in cambio tutto ciò che si possiede, tutto ciò che si è ottenuto per mano sua, perfino se stessa. In questo la moltitudine degli uomini avevano avuto, ancora una volta, ragione.

Il tram svoltò veloce, procedendo in direzione Superga. 

Non frenò neppure. 

E Nessuno s'accorse di quanto scuro fosse il viso di lei, dopo appena qualche isolato di distanza. 

Strinse le mani al petto e solo per un istante, fu colta da un ondata di dolore.

***

Le persone cambiano idea di continuo, non sanno fare altro. 

Prima decidono di cavalcare l'onda, bruciarsi corpo a corpo, sperare, poi, come se nulla fosse, tornano ai civici, alle battute del telegiornale, alle famiglie d'una volta. 

 Volgono il loro sguardo al passato, con la stessa identica voglia di commettere errori, di tornare ad essere bambini ma subito dopo s'addormentano, e poiché non sognano, si distraggono. 

E' questo che fanno davvero? Si distraggono da sé, dalla verità. 

Si proteggono, distruggendosi.

Quella bellezza, la bellezza di cui parlano tutti, dov'è? 

Beatrice la vedeva ancora, la desiderava ancora. Però si sa, è più facile distruggere che ricostruire, è più facile dimenticare che ricordare. 

Beatrice non aveva molto di sé da offrire. Non era intelligente, non era esattamente un tipo divertente o spigliato, non eccelleva a scuola e non ascoltava buona musica. Non sapeva niente di sé e del mondo e non aveva bellezza.

In sostanza, non era ancora abbastanza.















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