Capitolo 5 (Pt. 1)
Smettila, smettila di pensarci. Tu non sai cos'è accaduto e forse, è meglio così. Non devi sapere. Ti farebbe del male, ti farebbe pensare a chi sei davvero, in fondo, qua, sotto questa montagna di ricordi che hai selezionato, modificato, infangato. Tu non sei potente, tu non sei niente, sei la marionetta di te stessa e questo ti è sempre bastato.Che ti basti anche ora, quando è il momento di vivere davvero,intensamente, come avresti dovuto fare già da molto tempo, ci sono io, è il mio momento. Lasciami vivere e non farti domande, è così che deve andare. Devi lasciarti andare.
No, non posso pensare questo, è quello che vorrebbero gli altri. Che vorrebbero tutte le persone che non hanno mai contato su di me, che pensavano non sarei arrivata neppure qui, con lui, con questo bambino o bambina o più semplicemente l'ombra di quello che potrebbe diventare, se decidessi di farlo crescere, liberarlo dal dubbio che attanaglia già me e nessun altro. Con Simone non ne avevamo mai parlato se non dirado, alla medesima maniera in cui si parla del futuro, di ciò che avremmo fatto una volta cresciuti, una volta divenuti adulti. Nessun progetto, la convivenza di per sé costituiva già un enorme passo in avanti, un gigantesco e splendido passo al buio. E adesso? Un bambino cos'era? Un azzardo, un investimento? E se fosse stata una meravigliosa sorpresa?
Davvero? Ne sei così sicura? Hai fatto esattamente, sempre e comunque, ciò che gli altri ti hanno detto, ah. Pensi di essere te stessa, di averli battuti, sconfitti ad un gioco in cui loro non hanno mai giocato? Ma noi sì, tu, e io. Per forza di cose anche io, mi ci hai messo in mezzo. Non ti rendi conto, no, come se fossi anche lontanamente intelligente. Sai cosa sei? Una stupida, sei la stupida che ha accettato di confrontarsi ad un tavolo al quale, siamo rimaste sedute unicamente io e te e, per quanto mi riguarda mi sono stufata di ascoltarti, di vederti, di pensare come tu mi dici che è giusto pensare. Tu non esisti. Esisto solo io, esisterò solo io d'ora in poi.
Non è possibile, no, non capisco. E' un incubo? Un pensiero distratto. Che cosa sei? Che cosa vuoi?
Cosa? Chi, vorrai dire, come se non lo avessi ancora capito, come se fossi totalmente inconsapevole. Non farmi ridere per cui, non me lo chiedere e basta, fai ciò che ti dico, perché è l'unica cosa da fare e non ti arrovellare, non piangere e non implorare, non servirebbe a niente. Non sei neanche lontanamente vicina ad essere forte tanto quanto lo sono io, specialmente ora. E lo sai, lo senti,non mentirmi. Non osare neanche! O mi metterò a urlare, a urlare così forte che desidererai strapparti le orecchie, afferrare un coltello e aprirti la fronte o forse, forse potresti accecarti e prima perforarti entrambi i timpani ma sai, cosa succederebbe?Rimarremmo solo io e te, come sempre, qui dentro, come è sempre stato, solo che non vedresti i colori, non sentiresti i suoni, i risultati di ciò che faremo insieme, di ciò che farò. Rimarresti in trappola, l'esatto contrario di ciò che entrambe vogliamo, in un modo o nell'altro. Perciò ascoltami e fammi fumare, dio, come sei bacchettona, lasciami stare nel posto in cui merito di esistere,non ti strapperò via nulla di ciò che non vorrai, me ne starò buona, almeno per ora, finché mantieni la promessa, ognuna avrà la sua metà, ognuna di noi due avrà "un posto per ogni cosa".
Perché, perché dovrei ascoltarti? Sei folle, sei, stai blaterando cose senza senso,non capisco neppure dove tu sia, se davvero ci sei. Sono io, siamo io e il bambino, dannazione.
Sono qui, ci sono sempre stata, dentro di te, sono una parte di te. Ma, se non mi lascerai lo spazio che necessito, che pretendo di avere, allora,allora mi prenderò tutto e stanne certa, certissima, che Vittoria vivrà, vivrà e senza il tuo consenso, integralmente, come le spetterebbe di diritto, e che tu, tu morirai, cancellata, affondata nella sua di memoria e sperimenterai davvero, cosa vuol dire il dolore. Che cosa vuol dire, essere anonima, senza identità, non riconosciuta. Morta, perché non sarai neppure nata qui dentro. Che spreco, ti sto offrendo un'alleanza e tu, tu mi resisti così? Ti ricordi, ti ricordi cosa abbiamo fatto quando Matteo ci ha tradite?Te lo ricordi? Eppure eri tu, non io, al comando, a scegliere di macellargli il cuore e tutte quelle volte in cui avevi bisogno di essere difesa, chi ti ha difesa? Chi è stato Beatrice? Non gli altri, non Simone, non te stessa, io, solo io.
Shhh stai zitta! Zitta. Tu non esisti, non riesco a concentrarmi. So impazzendo, impazzendo, a parlare così, che cosa vuole questa da me? Ma poi, perché ora?
Io, non questa! Io esisto, non negarlo! Non osare! Mai, o te ne pentirai. Ma poi, che domande sciocche che ti fai, stupida, sei proprio stupida, come se io non potessi ascoltarti, sono anche le mie parole queste, non riesci a collegarlo? Hai battuto la testa per caso? O sei così profondamente ingenua da credere di potermi resistere, di poter cambiare le cose?
Sì', la testa, devo averla battuta. Perché tu, non sei niente! Niente. Sono solo stanca.
Ingenua, decisamente ingenua.
BASTA, BASTA! DEVI ANDARTENE, FUORI, FUORI DALLA MIA TESTA. ORA, TE LO ORDINO. TE LO ORDINO!
E suscettibile dunque, poco realistica. Dovevo immaginarmelo, ti conosco troppo bene. Troppo. Ebbene urla quanto vuoi, a me non da fastidio ma devi capirlo, devi capire una cosa solamente da tutto questo ed è che è vero, è tutto vero. E cos'altro? Sì Simone se la fa di nuovo con una infermiera da quattro soldi o che ne so io ed è colpa tua, ah come sono contenta. Mi trasmette una sottospecie di cruda pace dei sensi, perché te lo meriti e, sì lo farei anche io se fossi in lui. Te lo meriti, tu e il tuo fottuto bambino. Ve lo meritate e stanne certa, fra noi due, non finisce assolutamente qui. Ah, neanche ti ricordi della scorsa notte, tanto per dirtene una, perché sei stupida, fragile bambina, che è rimasta all'età di sette anni a piangere sotto un pero oh, che tristezza che mi fai, quasi pena. Anche allora te lo sei meritato. E...
E cosa eh? Allora dimmelo, anziché parlare a vanvera, dimmelo cos'è successo ieri,cosa è successo con Federico? Cosa? Non puoi, oh no, non puoi. Se non me lo dici tu, lo scoprirò per conto mio. Lo saprò e ti farò a pezzi dopo. Perché tu non possa parlarmi più, mai più. Non una singola parola.
Giusto, perché io prendo ordini da te ora, mammina? Non hai saputo fermarmi allora,come pensi di poterlo fare adesso? E no, non te lo dirò giusto perché mi diverte vederti soffrire e lagnarti e spaventarti e tutte queste cose assieme, come in una telenovela da quattro soldi. Ah già, così è tutto più autentico, rispetto alla tv, bisogna riconoscerlo, tu fai decisamente la differenza. Vediamo allora,pariolina, cosa sei in grado di fare adesso. Perché sei nella merda, nella merda tesoro.
DIMMELO! DIMMELO! COS'HAI FATTO?
COSA?
VOGLIO SAPERLO. MI STAI ASCOLTANDO?
CI SEI ANCORA?
NO, NO, NO, NON PENSARE DI ANDARTENE COSI', NON PENSARE DI POTERLO FARE. DILLO, SUBITO! STRONZA CHE NON SEI ALTRO, PARLA! PARLA!
***
- Beatrice? Tutto bene? -
Simone se ne stava fermo, a pochi passi di distanza da me, con una tazza ricolma di caffè caldo in mano e, e mi fissava. Era preoccupato, o perplesso, glie lo leggevo in viso. Dopo tutto, me ne ero rimasta in silenzio a lungo, sommersa com'ero da quella valanga di pensieri che si contraddicevano, urlando, senza trovare né capo né coda.
- Sì, tutto apposto amore. E' per me? - Gli chiesi, indicando la tazza.
- Sì, pensavo ne volessi un po', io l'ho già bevuto. E sul tavolo. -
- Oh sì, già, emh grazie allora. -
- Sicura che vada tutto bene? Ultimamente sei, ecco, come distratta. -
-No, tutto apposto. Davvero. Non ti preoccupare. Sono solo stanca credo e la casa, ci sono ancora un sacco di cose da sistemare. Forse sarà meglio mettersi al lavoro. -
Poggiai la tazza sulla credenza e mi diressi verso la finestra. Scostando le tende notai il cielo stranamente limpido. Che amarezza, eppure mi era sempre piaciuto il sole. Quella mattina avrei voluto le nuvole, avrei voluto la pioggia. Che sensazione strana, pensai lì per lì. Simone era al mio fianco, sentivo la sua mano sulla spalla. Era calda. Dovevo pur fare qualcosa, sistemare qualcosa, sentivo, dentro, un incessante scavare, grattare, come di un gatto che cerca di uscire, come di un gatto che gratta la porta in cerca di attenzione. Dovevo risolvere alcune cose, assolutamente, dovevo capire. Ma no, non volevo restare a casa, dovevo uscire, uscire all'aria aperta. Ne avevo decisamente bisogno. Mi sentivo, mi sentivo come rinchiusa da chissà quanto tempo. Oberata dalle mille piccole cose che da sola non sapevo risolvere. La casa, tutto ciò che se ne stava irrequieto dentro la mia testa. La questione era una, rimanere o andare? Da cosa avrei potuto iniziare? La soluzione più semplice da abbracciare non era, di certo, quella che avevo immaginato qualche istante prima. L'aria aperta mi avrebbe decisamente schiarito le idee.
- Sistemo due cose ed esco. -
- Ma, dove vai? Non avevi detto che...-
- Non lo so, ho bisogno di camminare. Solo, camminare. Non preoccuparti, non starò via molto e, al mio ritorno, sistemerò ogni cosa, te lo prometto. -
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