La fiamma proibita

Storia scritta per il contest "I cinque sensi senza un senso" indetto da magicartist2018 , in coppia con RomBones 😍😍😍

La Fiamma proibita

Le bianche colonne risplendevano alte e slanciate nella luce del mattino, una affianco all'altra in un abbraccio protettivo che custodiva il sacro fuoco della dea.

Una fiamma che, per compiacere Vesta, mai avrebbe dovuto spegnersi.
Un onore quindi, o almeno così si diceva tra le genti, che molte fanciulle negli anni avevano potuto vantare. E quel giorno altre ragazze avrebbero votato la loro libertà a una vita monastica, fatta di doveri nei confronti del culto.

Aleo era lì, tra la folla che assisteva alla cerimonia del captio, con una smorfia contrariata sul volto; osservava quelle fanciulle, in fila davanti al podio, al cospetto del Pontefice Massimo e delle altre vestali che prima di loro avevano percorso gli stessi passi.

Il Pontefice Massimo si avvicinò alla prima novizia e la prese per mano:
«Ego te amata capio» disse. E con quella frase sancì la sua consacrazione a Vesta.

Qualcosa sul fondo però catturò l'attenzione di Aleo, un luccichio in un paio di occhi color di giada: sembrava tristezza, o rammarico, o ribellione, se mai fosse stato possibile.

Perché quegli occhi appartenevano a una delle vestali più avanti nel servizio: una donna, non più fanciulla, con capelli ramati raccolti nei seni crines, eppure facilmente riconoscibili sotto il velo; le guance tonde e rosee, le labbra tese nell'intento di reprimere disappunto e comunque voluttuose.

L'uomo sentì formicolare la punta delle dita, tanto che dovette sfregarle sui palmi; sentì il suo corpo reagire alla presenza di quella donna, al suo essere, al suo riempire il mondo di sé.

Si fece largo tra la folla, cercando di avvicinarsi e tendere man mano a colei che sembrava chiamarlo senza neppure saperlo. A pochi metri dal podio si soffermò a contemplarla col fiato corto: le vesti del culto tentavano invano di celare le sue forme; Aleo riusciva infatti a indovinarne la curva generosa dei seni, i larghi fianchi, le lunghe gambe.

Una donna. Una vestale.
Inarrivabile.
Intoccabile.

***

Seduta alla finestra della sua piccola e spoglia stanza, Leda Flaminia era intenta a intrecciare strettamente le lunghe ciocche ribelli, in modo che neanche una sfuggisse alla severa acconciatura; quei gesti meccanici, ripetuti senza esitazione ogni mattina, erano però disturbati dai singhiozzi della nuova arrivata.

La ragazza aveva ascoltato il suo pianto soffocato per tutta la notte, con il cuore diviso tra esasperazione e pietà: alle Vestali, custodi del fuoco e dei testamenti, tutrici di giuramenti antichi come la città stessa, erano tributati onori che nessun'altra matrona romana, per quanto potente o anziana, avrebbe mai potuto sperare di ricevere.

Era anche vero che l'onore aveva un prezzo molto alto... E Leda dubitava che la bambina al di là del muro fosse in grado di comprendere l'uno o l'altro.
Lei stessa, che era entrata nel tempio più di dieci anni prima, aveva solo un'idea vaga e confusa di ciò che significasse essere libera dal velo.

Eppure, a differenza delle sue consorelle, lei anelava a quella libertà, ancora prima dello scadere dei trent'anni previsto dal culto: desiderava con ostinata passione poter uscire dalle mura della Casa delle Vestali senza voltarsi indietro, poter essere esentata dalle cerimonie sacre che la stordivano con l'odore acre dei sacrifici, potersi sposare...

Ecco, a quel punto la sua fantasia vacillava. L'unico uomo che Leda conosceva era il Pontefice Massimo, un vecchio dai capelli radi e bianchi come la neve – non riusciva proprio a immaginare di poter giacere con lui, o dargli dei figli.

Alcune tra le Vestali più anziane l'avevano redarguita per quella silenziosa e tenace avversione per le vesti sacerdotali, spiegandole che molte donne avrebbero preferito la loro vita di castità al matrimonio.

"No, deve esserci qualcos'altro, lì fuori." pensava "Qualcosa di più che impastare ingredienti per i riti sacri e mantenere vivo un focolare!"

Assorta in quei pensieri, lasciò vagare gli occhi lungo il tratto della Via Sacra che poteva osservare oltre la tenda e gli scuri accostati; l'acciottolato bianco brillava sotto i raggi del sole appena sorto, ferendo gli occhi delle poche persone già sveglie a quell'ora del mattino.

Fu allora che lo vide.

A differenza di tutti gli altri, l'uomo non si affrettava verso la sua meta, ma se ne stava appoggiato al muro del tempio di fronte, con le braccia scure e possenti incrociate sul petto.

La carnagione color del bronzo indicava che era di umili origini, probabilmente un artigiano o un contadino che si guadagnava da vivere con il sudore del proprio corpo; però c'era in lui una certa fierezza e un orgoglio malcelato che lo rendevano, ai suoi occhi, bello e nobile come un dio.

Lo sconosciuto stava fissando la dimora delle Vestali con un'intensità tale da spaventarla e affascinarla al tempo stesso: sembrava volesse buttar giù le pareti che li dividevano con la sola forza dello sguardo.
"Che sciocchi pensieri, Leda!" si redarguì "Di certo non sta guardando te!"

Non poté comunque impedirsi di chinarsi in avanti e aprire un poco le imposte, in modo da osservarlo meglio: come se fosse stato trascinato da una corda invisibile, lui sussultò e fece qualche passo verso la Casa, gli occhi fissi sul profilo che si intravedeva nella penombra della finestra.

Leda si ritrasse di scatto, portandosi le mani alle guance per nasconderne il rossore, il corpo agitato da un fremito sconosciuto, ma caldo e piacevole: gli occhi di quell'uomo bruciavano della stessa luce calda e pericolosa che animava la fiamma di Vesta.

***

Passò il giorno, seguito dalla notte, ma mentre il primo teneva occupato Aleo col lavoro nei campi, la seconda lo lasciava libero di tornare a percorrere i vicoli che lo conducevano a quella sorta di prigione.

L'aveva scorta, quella mattina, attraverso una finestra: era sicuro fosse lei e decise che doveva avvicinarla in qualche modo.
Le strade erano deserte a quell'ora e le sacerdotesse ormai ritirate nelle loro stanze.

Doveva vederla, ancora una volta.

Si avvicinò circospetto al muro di cinta, quasi tastandolo, provando a nascondere il suono dei propri passi ancora impolverati di terra, finché raggiunse il punto in cui sapeva di trovarla.
Eppure si scoprì a trattenere il fiato, quasi spaventato dall'intensità di quel sentimento che gli esplodeva in petto.

Poi improvvisamente un profumo dolce gli fece puntare il naso verso l'alto: fu così che si accorse di una candida mano, fine e delicata, poggiata sul davanzale.
«Ahimè...»

La sua voce.
Era il suono più armonioso che avesse mai sentito, una musica che mosse la sua mano verso quella della fanciulla.

Ma la mente tornò padrona del suo corpo e fermò il braccio a mezz'aria, appena in tempo.
Eppure fremeva, le gambe tremavano, il cuore galoppava.
«Figlia di Vesta» sussurrò, richiamando la sua attenzione.

La sentì trasalire, così decise di mostrarsi, venendo fuori dall'ombra.
Era così bella, rischiarata dalla luce della candela... Se solo avesse potuto sfiorarle una guancia... Se solo avesse potuto assaggiare il sapore di quelle labbra... Se solo...
«Tu... sei...»

Un sorriso illuminò il suo volto affaticato dal sole: «Sai chi sono?»
Scorse il suo rossore, mentre distoglieva lo sguardo. «Perché sei qui? Dovresti andar via!» lo ammonì.
«È ciò che le tue labbra dicono, ma non è quello che vogliono.»

La donna si guardò alle spalle, come per controllare che nessuno fosse entrato nella sua cella:
«Se scoprono che sto parlando con te, ci uccideranno.»
«Non mi importa della mia vita, se non potrò passarla al tuo fianco.»

«Non sai cosa dici...» continuava ad allontanarlo, eppure era ancora alla finestra.
«Come ti chiami?»
Tentennò: «Leda Flaminia.»

«Leda...» assaporò quel nome come un bacio, socchiudendo gli occhi. La sentì sospirare.
«Il mio nome è Aleo» le disse, tornando a sorriderle.
«Aleo... Devi andar via, ti prego» gli chiese ancora una volta, supplichevole.
Scosse la testa:
«No, non prima di sentire il tepore della tua pelle sotto le mie mani.»

La ragazza sgranò gli occhi, ma non aveva fiato per ribattere: l'aria sembrava fuggita dai suoi polmoni.
«Vorrei accarezzare i tuoi capelli, rossi come le fiamme di quel maledetto fuoco che mantieni vivo con le tue sorelle.»
«Le tue parole non piaceranno alla dea» lo rimproverò, mantenendo però gli occhi fissi in quelli di lui.

«A lei forse no, ma vedo il tuo petto... oh, il tuo seno... Si gonfia del mio desiderio e lo rende tuo. Ti prego» la supplicò, «lascia ch'io ti sfiori e saprai che il tocco delle mie mani è ciò che hai sempre desiderato. Le carezze della mia lingua sul tuo volto potranno liberarti dalla tua prigione dorata. Le mie dita...»
Sollevò una mano verso il davanzale:
«Le mie dita risaliranno la china delle tue cosce e si introdurranno nel tuo intimo più puro... e umido...»

Leda aveva le guance in fiamme, le labbra dischiuse, mentre una strana e mai provata pressione le bagnava il pube. Ansimava a tali parole, lasciando che la mente seguisse le immagini che Aleo le mostrava come succulente promesse di piacere.

Una parte di lei, che fino a quel momento era rimasta assopita nel fondo del suo animo, sembrò fiutare l'eccitazione che pervadeva il corpo teso dell'uomo e se ne compiacque: anche nella scarsa luce della candela riusciva a intravedere il rigonfiamento che premeva contro la sua tunica e quella vista le scaldava il cuore e il ventre.

Era come se Vesta stessa avesse disciolto un poco del proprio sacro fuoco nelle sue vene: sentiva il corpo bruciare di una sete sconosciuta e aveva il fondato sospetto che solo l'uomo che aveva davanti sarebbe riuscito a spegnerla, posando le dita e le labbra sulla pelle formicolante del viso, dei seni, delle cosce...

Ormai incapace di ragionare, Leda si sporse ancor di più sulla finestra, lacerata tra il timore di essere scoperta e il desiderio di assaggiare il piacere che Aleo le stava offrendo.

«E tu cosa otterresti in cambio?» bisbigliò, mentre un lampo di malizia accendeva il suo sguardo di una luce nuova, più consapevole e adulta.
Udì un gemito strozzato salire dalla penombra.

«Oh, mia tenera bambina... Otterrei il miele più dolce che si possa gustare, una delizia sconosciuta anche agli dèi! E sarai tu, solo tu, a donarmelo: posso quasi vedere il tuo morbido corpo che si adatta al mio e sentire... i tuoi sospiri... mentre mi accogli in te. Lo farai, Leda? Mi permetterai di toccarti, anche solo una volta? Di' che lo farai!»
Erano così vicini che Leda poteva cogliere il suo odore.

"Oh, profuma di terra e di libertà... Come vorrei poter saggiare anche il suo sapore! Un bacio, per acquietare il desiderio che ha acceso. Sì, un bacio solo: è forse troppo da chiedere, dopo dieci anni di casta servitù? Domina, concedimi quest'unico favore che ti chiedo e prometto di essere la più fedele e pura delle tue sacerdotesse per tutto il tempo che trascorrerò nel tuo tempio!"

Il suo cuore sembrava voler saltar fuori dal petto mentre Aleo si sporgeva verso di lei, gli occhi fissi sulle labbra rosse e tumide che stava per baciare e accarezzare...

Una porta sbattuta.
Un fruscio di vesti nel corridoio.
Un borbottio di voce anziana che si allontanava insieme ai passi strascicati di qualche Vestale insonne.

Fu abbastanza per rompere l'incanto e Leda barcollò all'indietro, inorridita dal crimine che stava per commettere.
«Aspetta!» ringhiò Aleo, disperato.
«Devi andare via!» replicò lei, veemente; ogni traccia di incertezza e curiosità era ormai svanita dal suo tono.

«Ma quando potrò rivederti?»
«Non domani, né il giorno dopo, né quello dopo ancora... Però, forse...»
La ragazza chiuse gli occhi, imbarazzata dalla richiesta che stava per avanzare: «Che sciocca che sono... Chi mai attenderebbe dieci anni per cogliere un fiore appassito?»

Il sorriso di Aleo brillò ancora una volta nell'oscurità e la sua risposta le giunse alle orecchie, leggera come la brezza notturna, ma calda quanto la luce del sole:

«Io lo farò, Leda Flaminia. Io attenderò con ansia il giorno in cui potrò stringerti tra le mie braccia: allora ci muoveremo assieme nella danza più antica del mondo e asciugherò con i miei baci ogni lacrima che avrai versato nell'attesa. Che sia domani o tra dieci anni, in questo mondo o nell'altro, tu sarai mia.»

1999 parole

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