25.

⚠️ SCENE DI VIOLENZA FISICA/PSICOLOGICA, INCESTO, SANGUE ⚠️

1 Mese prima.

UNA GOCCIA DI SANGUE dopo l'altra avevano dato origine ad una pozza enorme ai suoi piedi.
E quelle catene, Dei... se bruciavano la carne.
Le campanelle nelle sue trecce davano deboli rintocchi per cui Viserya non sapeva se esserne grata o meno.

Le immagini nella sua testa ora si erano fatte più nitide....più insistenti e anche più reali.

Ormai quello era un luogo pieno di follia, dove il passato si mischiava col presente come se fossero sempre stati un'unica cosa.

Dove i segreti venivano svelati senza il minimo riguardo per niente e per nessuno, le verità mai dette invece, venivano urlate ai quattro venti, senza paura né vergogna.

Aveva visto Vehearys stuprare la sua moglie e sorella mentre lei implorava l'uomo di fermarsi con le lacrime agli occhi.
Aveva visto Jaeras bere da delle boccette liquidi densi e colorati per poi uscire totalmente fuori di sé e fare le peggiori cose che un principe possa fare al popolo, rimanendo impunito: altri avrebbero pagato al suo posto.

Aveva visto Signori, Re ma anche Regine, provenienti dalla sua stessa famiglia fare grandi cose per la propria gente ma anche assistere alla più completa insoddisfazione popolare e non muovere un dito per quelle povere anime affamate che supplicavano per un pasto caldo da dare ai loro figli.

E poi...

E poi c'era lei, Alysanne.
Alysanne che cullava la sua bambina, cantandole dolci ninna nanne in furiose giornate di pioggia.

Alysanne, che ammirava l'immenso drago dorato del marito con occhi pieni d'amore.
Alysanne, che poco alla volta, ebbe ancora una volta il suo ventre pieno di vita, a solo un anno dalla nascita della primogenita.

Alysanne, fissata con gelosia dal cognato poiché sua figlia aveva tutta l'attenzione e gli sguardi pieni d'amore del nonno. Sguardi che Vehearys avrebbe voluto per sé e che invece erano dedicati alla prole di quel figlio di infami natali.
E ogni volta che Vehearys guardava Alysanne, il suo sguardo cadeva anche sull'uomo che gli avevano imposto di trattare come fratello.
L'uomo dai capelli corvini che era uno dei più grandi cavalieri di draghi della sua famiglia.
L'uomo i cui occhi grigi gli facevano provare ogni giorno più invidia.

Rhaegar.




Viserya si ridestò di colpo.
Non era più nella grande sala circolare, incatenata.

Le visioni, all'apparenza, sembravano averle dato un attimo di tregua, dato che non vedeva occhi scrutarla nella stanza.
La testa le pulsava ma nessuna traccia di sangue sporcava la sua pelle.

Una ciocca di capelli le sfuggì dell'orecchio.
Durante la sua permanenza lì, non solo si erano cresciuti molto, raggiungendo una lunghezza tale che avrebbe fatto disperare Serra, ma si erano anche sbiaditi spaventosamente.
Viserya fissò la ciocca bianca davanti a sé, e a stento riconobbe che fosse la sua.

Da quando li aveva bianchi?

Un conato di vomito la pervase all'idea dell'origine di quel cambiamento.
Ormai aveva capito con certezza, che la maggior parte delle volte non aveva il pieno controllo di sé, lì dentro.
In quei momenti diventava una spettatrice impotente.

Ma le conseguenze di ciò che affrontava, provavano sia il suo corpo che il suo spirito.

La maggior parte delle volte si intravedeva inginocchiata su pavimenti impreziositi con bassorilievi.
Altre, vedeva il suo sguardo alzarsi e collocarsi su figure che la guardavano a loro volta.
Due di queste figure avevano i capelli neri e, in una di esse, si intravedeva una ciocca bianca.

Ora, a gambe incrociate sul letto, il suo pensiero non faceva altro che pensare a quelle due figure dai capelli corvini.
Aveva ormai capito che quella con quegli occhi azzurri era Daeron.

Daeron, il fratello che aveva creduto morto.
Daeron, il figlio devoto alla famiglia.
Daeron, il giovane guerriero che non esitava mai a mettere la sua spada tra una canaglia e un povero indifeso.

Vederlo li, alto e slanciato come l'aveva sempre ricordato, le era parso strano, sbagliato.

E più ci pensava, più non riusciva a fermarsi dal pensare cosa era successo, in tutto quel tempo in cui la sua assenza era pesata.
Dov'era stato?
Cosa aveva visto?
Cosa ci faceva in quel luogo dimenticato perfino dagli Dei?
Si sentiva anche lui confuso, imprigionato come lo era lei in quella gabbia dorata?

Si morse il labbro fino a farlo sanguinare.
Una parte di lei, quella forse più razionale, desiderava sapere.
Poco importava se le risposte le risposte le sarebbero piaciute o meno.

Era venuta lì per quello, per avere la verità su chi era veramente, dopotutto.

L'altra parte di lei, invece, non desiderava altro che sgozzare i suoi carcerieri, trafiggerli con la spada fino a vedere il loro sangue sgorgare fuori dal loro corpo come acqua da una fontana e scappare il più lontano possibile da lì, dopo aver ritrovato Rhaexe.

Ancora indecisa sul da farsi la risposta arrivò direttamente da lei, silenziosa come l'ombra che ormai era diventata.
Viserya alzò lo sguardo e, per un attimo, il Daeron che le si parò davanti le parve una delle sue allucinazioni.
Fu solo quando il Corvino si abbassò al suo livello, che il ghiaccio che aveva negli occhi le parve reale.

Viserya appoggiò un gomito alla sua gamba, sostenendosi il mento con una mano.
Si sentiva stranamente tranquilla, per avere davanti una persona che aveva creduto morta per tutti questi anni e che ora si muoveva come se fosse un'ombra.

-Bentrovata, sorella...-

La sua voce era un sussurro innaturale.
Non che negli anni passati avesse mai avuto un timbro deciso ma a Viserya venne comunque un leggero brivido.

-Abbiamo tanto da raccontarci, noi due...-

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