17.


- LORO... MI VOGLIONO MORTA ...-

Viserya fissò incredula il pavimento in pietra nera.
Vexen alzò un sopracciglio, il sigaro sottile, che tanto amava, tenuto con noncuranza tra l'indice e il medio.

Il più vecchio avrebbe corretto la ragazza dicendo che, in verità, era solo una singola persona che attentava veramente alla sua vita; dell'altra o altre, sempre che ci fossero più persone di quelle che pensava che volessero Viserya morta, non doveva preoccuparsi più di tanto.

Di quel pensiero, Vexen non fece lasciare ad una singola le sue labbra.

-È una domanda?- chiese sarcastico alla ragazza davanti a lui.

La ragazza fissò il vecchio, e quegli occhi grigi gli misero i brividi.
Non tanto per il significato incerto dello sguardo, il quale andava dal " potrei ucciderti qui ed ora" al semplice "mi stai forse prendendo in giro?", ma per ciò che riportavano alla sua memoria.

La ragazza aveva i suoi occhi.
Entrambe li avevano.
E probabilmente, possedevano molto di più di quei pozzi grigi.

Ci fu un attimo di silenzio spezzato, dopo non poca esitazione, dalla ragazza.

-Lui... com'era?-

la domanda uscì flebile dalle sue labbra ma nonostante ciò il più anziano la sentì.

Com'era?

Eccola lì, infine, la domanda che il più vecchio desiderava e temeva allo stesso tempo; una domanda a cui non avrebbe saputo comunque rispondere completamente.

Sarebbe stata una risposta troppo vaga e, probabilmente, anche una grossa bugia.

Soffiò nuovamente, altro fumo usci dalle labbra sottili dell'uomo.

-A chi ti riferisci? - Vexen finse di non capire.
Ma la verità era che non voleva ricordare.
Faceva troppo male.

Davanti a lui, ora non c'era più la ragazza, ma un uomo, la piena rappresentazione dei suoi peccati ed incubi.

E quell'uomo ora sorrideva, un sorriso strano.
Labbra rosso sangue contro denti bianchi come la neve.

Colui appena comparso davanti a Vexen, seduto a gambe incrociate, inclinò la testa di lato.
Le ciocche nere dei suoi capelli gli danzavano vicino alla spalla.

I suoi occhi non si vedevano, ma Vexen poteva dire con certezza che lo fissavano divertiti, sfidandolo a proseguire.

Sfidandolo a raccontare qualcosa che avrebbe voluto dimenticare.

Sfidandolo a sporcare un'anima piena di innocenza.
L'anima di una delle due bambine che aveva imparato ad amare e che aveva giurato di proteggere.

Guardò la porta della camera di sua sorella, indecisa se entrare o meno.
La sua testa era un caos completo .
Un labirinto in cui non riusciva neanche a intravedere l'uscita, solamente la sua lunghezza.

Morale della favola?
Aveva capito che per ottenere risposte ci avrebbe messo tempo.
Che ciò che cercava, la verità su un padre che non aveva mai conosciuto, era ben nascosta sotto di un castello di carte.
Un castello di carte che aspettava solo la giusta scossa, per cadere.
Ma lei ancora quella scossa non ce l'aveva.

Vexen, l'unica persona che poteva aiutarla, l'aveva fissata con uno strano sguardo negli occhi: quegli occhi gelidi avevano lasciato intravedere un'emozione che non li aveva mai scossi, prima di allora. Possibile che fosse paura?

Vexen, l'unico che aveva deciso di rompere, quantomeno un minimo, il silenzio sulla faccenda, si era chiuso a riccio quando lei gli aveva chiesto chi era suo padre.

Non solo mio, anche Lyse è sua... pensò.

Già, anche la sua sorellina era suo sangue.
Ed era la cosa a cui teneva di più, in quella che aveva sempre considerato fosse la sua casa e che, in un battito di ciglia, stava cominciando a diventare la sua tomba.
Era la cosa che voleva proteggere ad ogni costo.

Forse era per questo, che esitava ad entrare.
Aveva paura che tutta quella oscurità, tutte quelle menzogne che ora le riempivano la mente l'avessero seguita dentro e avrebbero corrotto anche la più piccola.

Non lo poteva permettere.
Nessuno avrebbe toccato sua sorella, non finché lei fosse rimasta in vita.

Rimase lì, con la schiena contro la porta della camera.
Fu più o meno in quel momento che sentì i sussurri, dall'altra parte del corridoio.

-... è lui, è sempre stata solo sua.
Loro sono sue, scorre il suo sangue nelle loro vene.... quello di una minaccia...-

Vehearys sussurrava, ma le sue parole arrivavano chiare alle orecchie della ragazza.

-Se lo scoprissero.... la pace del regno sarebbe a repentaglio... -

la sua voce fu interrotta da quella di una donna.
Non era sua moglie.

-Vi preoccupate solamente di quella cosa che portate sulla testa.
Volete eliminare anime...-

-Questo è il mio regno! Il mio castello! Ho faticato per averlo!- Il re alzò la voce, per poi abbassarla subito dopo.

-Non è solo questo!
C'è troppo in gioco... se solo quel bastardo non mi avesse fermato... ora anche lui sarebbe qui... accanto alle sue figlie...-

Sarebbe qui... accanto alle sue figlie...

Quelle parole rimasero nella testa di Viserya .
Indelebili come il brutto presentimento che le scavava nel cuore.


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