07.
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L'ESILE FIGURA INCAPUCCIATA di Vexen si stagliava nel mezzo della stanza circolare, seduta a gambe incrociate.
Nelle dita bianche e sottili, l'uomo teneva un sigaro sottile e lungo.
Viserya osservò il più anziano per un attimo, incerta se andare avanti o tornarsene sui suoi passi.
Stava per scegliere la seconda opzione, dopotutto Vexen era imprevedibile e non si sapeva mai cosa avrebbe fatto.
Era questo, quello che più di tutto spaventava e attirava la giovane argentea verso quella figura.
E sempre per questo motivo, Vehearys non gli aveva mai dato la sua fiducia.
Di quest'ultimo particolare, l'uomo davanti a lei non se ne era mai curato, anzi probabilmente, gli andava più che bene.
Il più anziano vide l'incertezza della ragazza ma sapeva anche che, se era venuta a cercarlo, c'era una motivazione e anche piuttosto seria, a giudicare dalla sua rigidità.
-Beh?-
A quella semplice parola, la principessa si girò verso di lui.
Guardò la sua figura coperta dal cappuccio, di cui si intravedevano solo un paio di trecce bianche, ricoperte da fili argentei.
-perdonatemi, Maestro, io...-
Una risata.
-Maestro??!-
Il vecchio fece uscire una nuvola di fumo dalla bocca.
Fin da quando ne aveva memoria, Viserya l'aveva sempre visto con quel sigaro in mano.
Ciò che fumava, però, era un mistero, anche se la ragazza avrebbe scommesso non fosse niente di sano, poiché l'uomo era sempre "strano", o per meglio dire eccentrico, rispetto al resto delle persone che conosceva.
Non che fosse un male, Viserya adorava segretamente quell'uomo, anche se ne guardava bene da ammetterlo, soprattutto davanti a lui o a Lyseris.
-Da quando mi chiami "Maestro"?- sputò la parola con disgusto e quando la guardò, a Viserya parve deluso.
È vero, in sua presenza non l'aveva mai chiamato così, nonostante ogni volta che lo fissava, la parola attraversava spontanea le strade della sua mente.
-Stai cominciando a parlare come quel senza palle.-
sorrise divertito, cercando di velare, almeno un minimo, la delusione che poco prima aveva colpito la sua voce.
La ragazza lo guardava senza capire il perché della mancanza di rispetto verso suo padre, a dire il vero, ne rimase molto stupita anche se evitò di aprire la bocca per indicare lo stupore che l'aveva colpita.
Invece, si accomodò su una sedia, non badando di sedersi come una vera signora avrebbe fatto, ma mettendo una gamba sotto l'altra, in una posizione scomposta e all'apparenza per niente comoda mentre lo sguardo gelido di Vexen la seguiva e sorrideva divertito da quella nuova posizione.
Poi annuì, approvandola.
Come lei, anche lui odiava la rigidità delle regole, soprattutto quelle di corte che, va precisato, lui non rispettava.
-Perché ?-
Chiese lei, non capendo il motivo dietro il visibile astio che provava verso la sua figura paterna.
-uh?-
-.Perché mancate di rispetto al Re, a mio padre?-
Alla parola padre, il vecchio respirò altro fumo, guardandola divertito.
Viserya credette che, anche questa volta, non avesse gradito il termine.
L'uomo si alzò dalla posizione in cui era rimasto per tutto quel tempo , facendo qualche passo verso la finestra, per sbloccare le gambe da tutto quell' intorbidimento che la posa gli aveva dato.
O forse, per non guardare in faccia la giovane.
Viserya non poté non notare con quanta eleganza il vecchio si muoveva.
-Quante cose che non sai, bambina.-
L'aveva chiamata bambina.
Vexen non l'aveva mai chiamata cosi, per quanto le volesse veramente bene, sia a lei che a sua sorella.
L'aveva chiamata bambina, così come l'aveva chiamata il drago con la testa a teschio nel suo sogno.
Viserya ebbe il dubbio che le due cose fossero collegate o che l'uomo davanti a lei sapesse qualcosa.
Ma era veramente possibile, una cosa del genere?
Possibile che Vexen centrasse qualcosa con i sogni che, recentemente, disturbavano il suo sonno più di frequente?
-Stai diventando paranoica- pensò
Le avevano sempre detto che a volte era meglio ignorare certe cose, non farsi troppe domande...
Questa era sicuramente una di quelle volte.
Eppure le parole lasciarono le sue labbra, spinte da una volontà propria.
-Faccio strani sogni- esordì.
Il vecchio guardò la nuvola di fumo davanti a lui.
-e....?-
-io...non so cosa siano. Cosa significhino...-
-Immagini distorte della realtà, ecco cosa sono, i sogni -
-No, non può essere così.... i miei sono...strani.... Non hanno nulla a che vedere con il mio quotidiano.-
Viserya scosse la testa, guardando il pavimento della stanza.
Deglutì, non rendendosi conto che il vecchio la stava fissando, come se volesse gelarla con il suo sguardo.
-Teschi, sangue.... macerie.... draghi dalle ali forate- continuò lei, mentre nella sua testa le immagini degli ultimi sogni si mischiavano, senza permetterle di seguire un filo logico.
Un drago morente.
Una donna che piangeva il suo bambino.
Due bambini che si inseguivano l'un l'altro, in un semplice gioco da fanciulli.
Archi di una città una volta splendida.
Di tutto questo il fuoco e la cenere non avevano risparmiato niente.
Viserya fissò il pavimento con più intensità, sentendo il suo cuore accelerare.
Perché stava provando la sensazione fredda e sinistra della paura?
-...echi di una città distrutta...-
le fece eco lui.
Viserya alzò lo sguardo.
Una ciocca di capelli le sfuggì dell'orecchio.
-distrutta su ali di fuoco e con respiri di cenere...-
e nei suoi occhi freddi, Viserya ci vide il riflesso sorridente di una giovane donna, mentre un'altra scossa gelida dettata dalla paura le attraversava il corpo.
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