6. Se facciamo un incidente muore solo il marcescente
Jazlynn non fu la prima a vedere la carrozza che sbandava in cielo, ma fu l'unica ad avere il coraggio di muovere un passo verso di essa, quando si fu schiantata al suolo con un disperato sferragliare, dritta dritta nei campi di fragole.
Non poteva crederci. Quello non poteva essere altro che un incubo.
"Oddio, Jasper." Bisbigliò terrorizzata, portandosi entrambe le mani al viso quando notò le lunghe striature scarlatte che colavano lentamente sul parabrezza, all'interno del mezzo.
Non poteva essere. Non poteva essere successo davvero.
Jasper non poteva essersene andato così, in un terribile incidente aereo.
Jazlynn fece un altro passo avanti ma poi dovette fermarsi, non riuscendo a guardare quegli orribili schizzi di sangue. Come era potuto accadere? Cosa era successo mentre erano in volo?
Pensò a come lei e Jasper si erano lasciati, un paio di giorni prima. Uno dei loro soliti litigi, niente di nuovo. L'aveva lasciato per la trentatreesima volta dall'inizio della loro relazione, sicura però di tornarci assieme appena fosse ricomparso al Campo.
Era così che vivevano la loro storia d'amore. Era sempre stato così, fin da quando avevano tentato di stare assieme, quasi un anno e tre mesi prima.
E ora tutto sarebbe finito? Davvero?
Jazlynn cadde in ginocchio, dimentica della gente che attorno a lei accorreva e vociava, urlando il nome di Scarlett, di Sue e di Grant. Era tutto troppo irreale. Troppo orribile. Troppo...
"Jasper, sei un demente!"
La voce stridula di Iris sovrastò il baccano delle persone giunte in soccorso. Jazlynn alzò di scatto la faccia che aveva affondato tra le mani, già sopraffatta dal dolore, per trovarsi a fronteggiare un improvviso evento che assomigliava per davvero a una resurrezione di gruppo. Iris aveva calciato via una portiera malamente divelta ed era balzata fuori, spettinata, spiegazzata, con un visibile bernoccolo sopra l'occhio sinistro, ma sufficientemente arrabbiata per essere giudicata viva. Fissava inferocita l'interno della vettura e Jaz fu incredula testimone della comparsa di una mano con un brutto anello a forma di teschio, del polsino di una orrenda camicia damascata e infine di una testa piena di capelli neri. No, non era Kurt Kobain. Forse gli sarebbe piaciuto, ma non era lui.
"Jas... Jasper!" Esclamò, prima stupita, poi sempre più sollevata e felice, esponenzialmente. Si alzò di scatto e con due falcate raggiunse l'ex Sirius Black che, sentendosi chiamato in causa, si era voltato con il grugno duro di chi è pronto a negare ogni colpa. Jasper lanciò un'esclamazione poco elegante quando Jazlynn lo estrasse dalla carrozza distrutta e lo abbracciò stretto.
"Stai bene!"
"Perché, dovevo morire?" Rispose lui scontroso. Jaz ignorò la sua solita maleducazione, in fondo non era colpa sua se era uno scimmione coi poteri da semidio in piena crisi adolescenziale. L'importante era che fosse vivo.
"Hey, ragazzi."
Il tono di voce piuttosto sarcastico fece intendere a tutti che Winton non stava apprezzando il trattamento.
"Oh, scusa, Win."
Jaz scostò l'ex fidanzato sopravvissuto, tese una mano al ragazzo ancora seduto abbastanza composto, ma sdraiato su un fianco, e si rese conto di avere le dita improvvisamente appiccicose. Ritirò la mano proprio nel momento in cui Win stava per afferrarla e le annusò. Fece una smorfia: sapevano di dolce e fruttato, l'odore della frutta matura lasciata al sole.
"Jaz, ti dispiace..?"
"Scusa, scusa."
Questa volta riuscì a estrarre anche Winton e con lui, attaccato al suo cappotto, tirò fuori anche un ragazzetto di circa tredici anni, con ricci capelli neri, una maglietta nerd e la faccia di uno pronto a entrare in analisi.
"Cos'è successo?" Chiese finalmente, cercando di unire i pezzi di quell'immenso e assurdo puzzle.
"Abbiamo avuto un incidente." Rispose brevemente Jasper.
"Diciamo così." Continuò Win.
"Se così si può dire." Rincarò la dose Iris.
"Ha evocato qualcosa di morto armato di ascia e la melagrana è esplosa." Completò il ragazzo nuovo.
Ah, ecco. Ecco cos'era successo. Jazlynn si diede della stupida per aver pensato alla risposta più ovvia quando, ormai aveva imparato, con Jasper la soluzione più semplice era sicuramente quella sbagliata.
La carrozza era arrivata e ancora non credeva che Jasper fosse riuscito quasi a far fallire la missione. Ma era il suo solito modo di procedere, non avrebbe potuto fare diversamente. A grandi passi raggiunse il confine del Campo dove ogni anno nuovi semidei arrivavano spauriti e confusi ma finalmente al sicuro. Il colpo al cuore che aveva ogni volta che un nuovo ragazzo arrivava, era sempre lo stesso. Non era mai diminuito negli anni, così come quello di Scarlett. Avrebbe fatto di tutto per i suoi ragazzi, di tutto per il campo. Le novità erano state tante subito dopo la battaglia di New Troy, ma gli anni erano passati e il destino sembrava ormai stabile sui suoi binari. Non che fosse proprio cambiato tutto tutto, certo che no. Per quanto fosse duro da accettare, semidei e semidee di ogni tipo morivano ancora ogni giorni per via dei mostri che li inseguivano, o perché abbassavano la guardia per un momento.
In nome di tutti loro, in particolare di uno solo che aveva dato la vita per tutti, Sue sentiva sempre più forte l'impellenza di prepararli come meglio poteva, accompagnarli e, se soccombevano, farli vivere nel loro ricordo.
Per questo esatto motivo, quando Dwayne Hussain fu tirato fuori dai rottami della carrozza sentì un groppo in gola. Era giovane, spaurito ma con gli occhi luminosi. Così come erano luminosi gli sguardi dei suoi pasticcioni. Jazlynn stava abbracciando Jasper vicino alla carrozza mentre Iris aiutava suo fratello a controllare un brutto taglio sulla guancia. Dalle retrovie nella piccola folla che si era creata comparve la bionda e ordinata chioma di Gabriel, mezzo in armatura per via del suo allenamento con Jack. Aveva il fiato corto ma nonostante tutto sorrise e si fece subito avanti mettendo piede nel cerchio attorno a Dwayne.
"Benvenuto al Campo Mezzosangue" disse sorridendo e poi aggiunse vedendo lo sguardo confuso del ragazzino "Ti sarà spiegato tutto a tempo debito, non ti preoccupare. Ora sei tra amici"
"Speriamo ti troverai come a casa tra di noi, Dwayne. Io sono Sue, responsabile delle attività qui al Campo assieme ai miei due colleghi". Con gentilezza Sue offrì a Dwayne una mano e gliela strinse cortesemente a mo' di presentazione.
Non aveva idea di chi fosse figlio il nuovo arrivato, ma il sorriso che sfoggiò guardandosi attorno le fece subito capire che gli avrebbe voluto bene, proprio come a tutti gli altri.
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