41 - Fortuna che Matthew Graham Queensly non stava dormendo
Il difetto principale dell'osservare le stelle è che si svolge di notte. Per tante persone questo è un problema molto grave, quasi invalidante direbbe Alexys della casa di Hypnos.
Per fortuna, ciò non aveva mai rappresentato un problema per Matthew, ancora più magro, ancora più spilungone e ancora più irrequieto di prima. La maturità gli aveva fatto crescere una specie di cespuglio di capelli indomabili in coordinato con delle chiazze di barba, più legittima e dignitosa di quella di Jasper e dei suoi Baffi Escobar. Non sembrava aver messo su un singolo etto in due anni, probabilmente a causa della sempre presente carenza di sonno, ma di sicuro appariva meno alienato. Tutti avevano notato il grande cambiamento quando era tornato a casa dalla guerra di New Troy due anni prima, in primis sua madre, che aveva visto per la prima volta in anni suo figlio fare un pisolino sul divano. Era diventato più calmo, più attento agli altri, una luce luminosa, ma quieta e silenziosa. Aveva anche iniziato a fare ricerche per il college, dopo aver insistito per anni sul non essere tagliato per lo studio.
Il freddo che era piombato al campo gli aveva tolto la possibilità di partecipare a molte attività, era troppo magro per resistere al freddo, e l'arrivo delle muse gli aveva tolto la tranquillità.
"Hai già qualcuno con cui lavorare?" chiese a Lancel mentre gli passava accanto. Lancel fece un sorriso dispiaciuto: "Ho promesso che avrei fatto gruppo con Paula e Nigel". Matthew sorrise. "Nah, tranquillo, è solo che non mi sono organizzato prima e non ho idea di chi possa ancora avere posto".
"Ho visto Sia che si allontanava prima, non so se ha trovato qualcuno".
Matthew si bloccò un secondo. Non aveva avuto occasione di parlare con Sia da quando era tornato suo fratello.
"Magari stava cercando Rob. Con quanto le è mancato vorrà fare osservazione con lui magari".
"Robert l'ho visto seduto con Shoshanah. Insomma ci sta, è la sua ragazza. Perché non c'è niente che Robert Hart non possa fare a quanto pare, pure la ragazza. Non gli bastava essere già il migliore e il più famoso semidio in circolaz-"
"Lancel, tutto a posto? Non hai ancora detto niente a Paula?"
"Stasera è la volta buona".
"Con Nigel presente?"
"Tanto Nigel andrà a disturbare Helen a un certo punto. Sarò il primo della casa di Nike ad accaparrarsi una morosa. Sta a vedere".
Matthew sorrise e si allontanò dal giovane figlio di Nike. Sarebbe stato inutile dirgli che non è così che funzionano le relazioni, ma aveva completa fiducia in Paula, figlia di Afrodite. Glielo avrebbe detto senza mezzi termini.
Si fermò nelle retrovie osservando i gruppetti ormai quasi del tutto formati, solo qualche ritardatario in piedi a guardarsi attorno per poi prendere posto vicino al primo telescopio libero. Nina era stata chiara: per una buona osservazione era necessario essere in massimo tre per telescopio. Non di più, o l'osservazione sarebbe stata imprecisa e l'esperienza rovinata. Strinse le mani nelle tasche e vide qualcosa con la coda dell'occhio. Una figura bionda si avvicinava a grandi passi con il piumino dell'arancione più offensivo che avesse mai visto. Si girò e all'inizio pensò che stesse venendo dalla sua parte per prendersela con lui, dubitando che Callan avesse altre azioni di default oltre al prendersela con qualcuno, poi vide Sia in piedi tra alcuni gruppetti di Efesto. Sola.
"Sia! Sei da sola?" chiamò Callan alzando la voce, con una smorfia di finta bonarietà che sarebbe stato facile da immaginarsi perfettamente nonostante la penombra impedisse di vederla. Il cuore le balzò nel petto, si fermò anche per qualche istante, Sia ne aveva la certezza. Purtroppo, a quel richiamo, i suoi occhi avevano risposto immediatamente, alzandosi dal sacco a pelo marrone che, per sua solita fortuna, si era srotolato proprio nel momento meno opportuno, ovverosia mentre cercava disperatamente di accaparrarsi un compagno di telescopio, senza essere costretta a strisciare ai piedi di Rob e disturbare il suo appuntamento romantico con Shoshanah. La sua bocca non si aprì, così Callan continuò, mentre si avvicinava, puntandola come il cane da caccia che era sempre stato.
"Anche io, possiamo fare osservazione assieme. Che ne pensi?"
Il terrore si dipinse sul volto della ragazza, tramutato in pietra nel giro di mezzo secondo, come se quello di Callan fosse stato quello di una Gorgone. "Allora, hai perso la lingua?"
Sia sentì come un serpente gelido e liscio scorrerle sulla schiena e due mani di piombo serrarsi alla gola. Aveva valutato Rob, poi aveva cercato Gabriel, ma non l'aveva trovato, era intento nell'organizzazione della serata. Nemmeno Marissa era in giro, forse ancora convalescente o semplicemente in ritardo dopo la cena. Avrebbe voluto sentirsi almeno tradita, ma dentro di sé sapeva di non poter pretendere che tutti fossero lì sempre per lei. In realtà, non pensava nemmeno di meritarselo.
Però, però... fino all'ultimo aveva sperato che Callan decidesse di passare la serata con altre persone, che ignorasse per una buona volta colei che quando voleva poteva essere invisibile, che magari si spaventasse dalla quantità di pubblico che ci sarebbe stata per le sue azioni, ma aveva sperato invano.
Per Callan c'erano cose ben più importanti che passare una serena serata in compagnia dei suoi amici. Oh, sì. Cercava qualcosa di molto più divertente, il suo giocattolo preferito. E come un giocattolo, Sia fece un passo indietro, rigida come la molla arrugginita.
"Io..."
Callan era ormai a nemmeno tre falcate da lei. Sul suo bellissimo viso angelico bruciavano occhi dorati e maligni. Lo vide allungare un braccio, pronto ad artigliarle la spalla mentre diceva: "Che c'è? Non sei contenta che qualcuno voglia fare gruppo con te, - abbassò la voce e sibilò - lurida mangia-foche?"
"Sia".
Lei quasi non riconobbe la voce sottile ma ferma che l'aveva chiamata. Rimase immobile, gli occhi negli occhi di bronzo del figlio di Apollo, fino a quando una mano dalle dita lunghe e affusolate si posò delicatamente sulla sua spalla destra, vicino al suo collo. Solo allora Callan distolse lo sguardo da lei, il suo viso si distorse in una maschera di disprezzo mentre guardava la persona alle sue spalle. Sia si voltò goffamente.
Il suo cuore si fermò di nuovo, per la seconda volta.
Matthew.
Non poteva credere che le avesse rivolto la parola. Era accaduto così di rado da quando erano tornati da New Troy. Qualche frase gentile e poco altro. Com'era sempre stato e come sempre sarebbe stato.
Matthew le sorrise, una mezzaluna bianca su un viso naturalmente cereo, soprattutto nella quasi totale oscurità della notte.
"Che ne pensi se oggi facciamo coppia?"
"Gliel'ho chiesto prima io". La voce petulante e offesa di Callan arrivò dalle sue spalle, ma Sia quasi non lo udì. Cercava dentro di sì un minimo di coraggio per dire sì a quell'invito, quando, nuovamente, una mano l'afferrò per il braccio.
"Andiamo" ringhiò Callan, che a quanto pare non aveva alcun desiderio di perdere la propria bambola.
Matthew si portò in avanti e avrebbe voluto prenderla per l'altro braccio e tirarla via. Non era nemmeno panico quello sul viso di Sia, era resa. Assoluta resa. Cercò con lo sguardo gli occhi di Callan per farlo addormentare, ma il buio glielo impedì.
Ci pensò un braccio abbronzato a stringersi attorno al polso di Callan, troppo concentrato su Sia per accorgersi della figura bionda e alta quanto lui che era appena comparsa dagli alberi sul limitare. "Che stai facendo?" chiese Gabriel con un tono neutro ma pur sempre deciso.
Il figlio di Hypnos vide chiaramente la smorfia offesa sparire dal viso di Callan, come una maschera calata su un viso malvagio e ora improvvisamente ossequioso. Sentì il disgusto montare dentro mentre il figlio di Apollo rispondeva con un educatissimo "Ehy Gabriel! Scusa, non ti avevo visto. Niente, io e Sia stavamo andando a prendere posto, ma Matthew ci ha interrotti, e non voglio perdermi l'inizio della lezione..."
"Non senti la necessità di sciacquarti la bocca dopo aver sparato certe min-" stava per dire una figura bassa accanto a Gabriel, ma questi alzò una mano e la voce si troncò di botto. Invisibile dietro l'ombra dell'altro ragazzo si celava la zazzera di ricci scuri di Jasper, occhi brillanti e sorriso da faina. Per fortuna della trattativa, Gabriel prese di nuovo la parola e strinse ulteriormente il braccio di Callan, costringendolo a mollare la presa.
"Perché invece non vieni con noi? Io e Jasper non abbiamo nessuno con cui fare gruppo!" disse, e poi abbassò la voce, "e io non ho la minima intenzione di passare tutta la serata solo con lui".
Il bullo era all'angolo. Sia si strinse il polso al petto e Matthew le mise una mano sulla spalla e le indicò un posto libero tra gli altri, ma lei pareva essere più concentrata sulla scena di fronte a lei. Jasper capì che era meglio tacere sui loro piani di osservare le stesse con Jaz e Memo, soprattutto se questo implicava poter rovinare la serata a una faccetta di merda come Riddock. Se quello era il piano, allora Gabriel poteva assolutamente contare su di lui. Il sorriso fainesco si allargò ancora di più e togliendo le mani dalle tasche della giacca (rigorosamente nera) prese Callan sotto braccio, imitato immediatamente da Gabriel. Di certo non sarebbero riusciti a sollevarlo (Jasper era e rimaneva il più basso) ma, Dei dell'Olimpo, la sua espressione valeva tutto...
Sia non poteva credere di essersi liberata di Callan. Non le pareva reale. Imbambolata, rimase ad osservare il suo aguzzino venire trascinato via da Jasper e Gabriel, dimentica di Matthew di fianco a lei.
"Sia?" la chiamò incerto lui, dopo chissà quanto tempo.
Lei tornò improvvisamente sulla Terra. In un'altra vita, in un'altra epoca, avrebbe sprizzato gioia da ogni poro, sarebbe arrossita e si sarebbe mangiata le parole.
Ma quella vita, quell'epoca, non esistevano più. Forse non era mai davvero esistite.
Lontana, con la mente annebbiata dalla sua solita tristezza, che aggiungeva ad ogni cosa il sapore della bruma e della cenere, mormorò: "Cerchiamo un telescopio libero. Sì".
Si misero a camminare fianco a fianco. Nessuno dei due parlava, ma Sia non si chiese il perché. Era così abituata al silenzio delle voci e all'inferno nella sua testa, che nulla aveva particolare importanza.
"Forse... quello là in fondo..." accennò il ragazzo, Sia lo udì. Però, sopra quelle parole, udì anche qualcosa d'altro.
"Cos'ha?"
"Non capisco".
"Forse dobbiamo chiamare Sue".
Un crocicchio di persone, a pochi passi da loro, parlava a bassa voce. Sia si fermò, mentre Matthew avanzava senza accorgersene. Aggrottò la fronte. Notò le lunghe trecce nere della persona inginocchiata davanti a lei. Era Jaz.
Mosse un passo verso di loro. Poi un altro. Le voci si fecero più forti.
"Sembra in stato di trance".
"Memo? Memo, che succede?"
Dentro il minuscolo concilio ristretto, Sia notò un lampo d'oro. Capelli ricci, del color del grano. Marissa era seduta sull'erba, un pesante giubbotto verde scuro le nascondeva il collo e parte del mento. Guardava fisso davanti a sé, gli occhi verdi vitrei come biglie. Si dondolava leggermente, avanti e indietro. Sussurrava qualcosa.
"Cosa sta dicendo?"
"Sembra una cantilena senza senso".
"Qualcuno vada a chiamare Sue, cosa aspettate!?"
Uno dei ragazzi, un biondino che Sia non fece in tempo a riconoscere, partì di gran carriera. La ragazza si avvicinò ancora, approfittando dello spazio lasciato libero. Jazzlyn alzò il viso verso di lei, appena se ne accorse. Era bianco come il latte.
"Non capisco cosa stia succedendo. Stavamo parlando delle stelle, e all'improvviso è crollata al suolo, si è messa in posizione fetale e ha iniziato a dire parole senza senso. Sembra che stia cantando una filastrocca".
Sia ascoltò le parole della figlia di Ares, ma le sue orecchie captarono qualcosa di ben diverso. I suoni che uscivano dalla bocca di Marissa non erano senza senso.
No.
Quella era la sua lingua. La lingua del ghiaccio, della banchisa, delle foche e delle bacche.
Quello era Inuktitut.
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