39. Chi di Musa ferisce, di Musa perisce

Lì, seduta sul letto, avvolta in una vestaglia di pile molto più grossa di lei, Memo si sentiva come Pollicina. La stanza di Scarlett era di dimensioni normali, come anche il letto, ma tutto il resto era troppo grosso o troppo alto, per essere a misura della donna smisurata che era la signorina Cadmy. Per questo aveva dovuto arrotolare le maniche tre volte per riuscire a trovare le punte delle dita e afferrare la tazza di tisana calda. Seduti nella stanza con lei c'erano anche Winton e Iris. Jasper, pur di non rimanere ancora con le muse, era andato con Sia e Gabriel a controllare che non ci fosse nulla nella cabina di Demetra. Sue era appoggiata allo stipite della porta, mentre le Muse avevano acconsentito a un attimo di quiete per concedere alla giovane semidea di riprendersi. Era stata Clio a estrarre dal suo fashionissimo marsupio di plastica trasparente glitterata una bustina di tisana calmante Ambrosia Bonomelli. L'aveva porta a Sue con un sorriso terrorizzato in faccia.

"Vuoi che chiuda la porta?"

"No," mormorò la ragazza, tranquilla. "Sto meglio adesso. Se dobbiamo parlare di qualcosa possiamo anche iniziare, non voglio tenervi qui più del necessario".

"Stai scherzando?" disse Iris. "Sarebbe molto più importante capire cosa è successo a te".

La figlia di Demetra fissò tutte le muse sedute nell'altra stanza. Tutti glielo occhi perfetti fissi su di lei. Deglutì. "In realtà quello preferirei parlarne più tardi, magari con Scarlett e Sue".

"Non siamo degne di sapere cosa succede al campo, forse?" sbuffò Mel.

"No, semplicemente non avete diritto di sapere cosa è successo nella mia testa" la rimbeccò Memo stessa. Sue, che stava dando le spalle alle sue sorelle, sorrise a vedere il primo germoglio della vecchia Memo uscire dalla valanga che sembrava averla coperta. "Va bene, Marissa. Ne parleremo dopo, non appena la pattuglia tornerà dicendo che non hanno trovato niente alla cabina. Ora la questione in realtà è molto più rilassata di quanto sembri".

"Già, nonostante le apparenze non è un concilio di guerra questo".

"Spero bene – sospirò Winton – non penso sarei pronto a un'altra guerra con questo freddo".

Nessuno rise. Nina si schiarì la gola. Il tintinnio del cucchiaio nella tazza di Iris acquisì l'intensità di un campanaccio da Bufala campana in quel silenzio di tomba. Winton abbassò la testa, rosso come un pomodoro.

"Ti abbiamo chiamata qui in qualità di rappresentate, assieme a Iris e Winton - iniziò Sue adottando la voce da preside - perché ci potrebbero essere dei cambiamenti nel programma pattuito a inizio stagione con voi". 

"Più cambiamenti di quanti non ne abbia già portati la neve in estate?" avanzò Memo. 

"Si spera meno disastrosi per lo meno, si tratta di corsi opzionali in realtà. E vorrei che voi vi occupaste della raccolta firme, ovviamente, da parte degli interessati, ma anche della logistica. Vorrei prenderla come occasione per mettere alla prova non solo le vostre capacità di leadership, ma anche di organizzazione in sé". Iris seguiva le parole concentrata, ma il suo interesse rovinò contro la comprensione di quello che stava per succedere. "Aspetta, vuoi dire loro che insegnano cose a noi?".

"Esattamente, Iris" disse Calliope giocherellando con le punte dei suoi capelli infiniti. "O alla figlia di Atena non vanno bene le Muse come insegnanti". Il tono era profondamente scocciato. 

"Ho degli standard molto alti, non è colpa vostra".

"Iris! Per favore, non rendere questa riunione più difficile di quanto già non sia" esalò Sue alzandosi e andando a prendere dalla sua scrivania i fogli malconci che le aveva consegnato Brice al momento della retata per fermare le muse dall'azzuffarsi.

"si tratterebbe di corsi di metrica, astronomia, storiografia, lettura guidata e commento delle antiche commedie e interpretazione degli astri, corsi I e II" si intromise Nina. "È solo un primo modulo sperimentale, ma se adeguato alle necessità, si potrebbe pensare allo SPECC come uno dei servizi offerti dal Campo Mezzosangue". 

Winton si fece passare i fogli da Sue e li osservò con attenzione. "Io li troverei interessanti, e, nonostante quel che sembra, anche Iris e molti figli di Atena. La nostra preoccupazione è un'altra".

"E quale?" chiese Polimnia.

"Che voi non capiate come vanno le cose qui al campo". Un'affermazione così semplice eppure così vera e così scomoda per le otto muse sedute davanti a loro. Sue si lasciò sfuggire un sorriso amaro. Il suo Winton era diventato un giovanotto così coscienzioso, così tranquillo e così attento. "È una cosa che al campo le divinità che non lo frequentano molto fanno fatica a capire. Che qui non ci piace essere trattati come servi, o come piccoli bambini mortali da proteggere. Non ci piace nemmeno essere trattati come inferiori. È vero, siete divinità e noi siamo fino a prova contraria mortali, ma è anche vero che voi  divinità siete dirette responsabili dell'esistenza di tutti i ragazzi qui al campo. Se non ci fosse stato un contatto tra Dei e umani, nessun figlio o figlia sarebbe qui. Ed è ormai anni che non mandiamo più giù bene la storia di è il destino che aveva bisogno che nasceste bla bla bla perché ha sinceramente stancato. Ci manca di rispetto come persone. Vogliamo essere trattati come persone".

Qualcuna di loro sbatté le palpebre confusa. Sue poté chiaramente vedere che molte delle sue sorelle non avevano ascoltato nemmeno una parola di quello che Winton aveva detto. O, ancora peggio, avevano capito quello che volevano loro. Ma ormai era troppo tardi ed Erato stava già prendendo fiato per dare aria a quella sua boccaccia. "Non ci credo. Dopo tutto, e intendo proprio TUTTO, quello che dall'Olimpo si fa per voi". Incrociò le braccia stizzita. "Dovreste portare un minimo di rispetto. Noi siamo qui a condividere con voi il nostro talento per cui, come minimo, dovreste essere grati. A noi muse non piace affatto essere sfidate. Chiedete alle Pierdini, o a Marsia!"

Iris sospirò. "Marsia sfidò Apollo".

Calliope fece una risatina sardonica. "Non mi faccio dare lezioni di galateo divino da una figlia di Atena. Vogliamo ricordare quella poveretta di Aracne? Noi non avremmo nessuno problema a metterci a insegnare a voi, se mostrare un minimo del rispetto che ci è dovuto!".

"Vi stiamo rispettando, non sono io quella che sta urlando" completò la figlia di Atena.

"Iris! Sorelle, per favore. Non era di questo che stavamo discutendo".

"Sì, invece. Il ragazzo lì l'ha reso più che evidente. Le cose al campo sono ben peggiori di quanto pensassimo. Non basta che si impigriscano senza nemmeno più combattere, non basta che si mettano a darci lezioni di buona educazione... ora vogliono pure metterci al nostro posto. Questo comportamento non è tollerabile. E se si tratta di rispetto, sappiate che è solo per rispetto che non vi fulminiamo qui su due piedi. Per rispetto di nostra sorella. Non di certo vostro".

Calò il silenzio. Sue non aprì bocca e andò verso la porta dell'ufficio e la aprì di scatto, facendo volare via da un comodino una piccola pila di appunti e documenti. "Fuori. ORA".

"Che ti piaccia o meno, Terpsichore, ha ragione" disse  Polimnia raccogliendo la sua borsa e alzandosi per prima. "Niente mostri, niente pericolo, niente campo. E più ci penserai più ti accorgerai anche tu che la metà delle cose che il campo rappresentava ai tempi non valgono più adesso. E prima te ne farai una ragione, prima tornerai in ginocchio a chiederci scusa per l'insolenza dei tuoi ragazzi".

"Osare dirci che siamo maleducate, o sottintendere che siamo permalose è assolutamente inaudito" aggiunse Euterpe. "Stavamo solo provando a dare qualcosa di utili da fare a questi ragazzi. Ma ovviamente no, fai pure come meglio credi".

"Veramente è stata una mia idea, non vostra" si oppose Nina stringendosi la cartelletta al petto. "AVete accettato ma solo purché smettessi di chiedervelo".

"E quindi?" chiese l'altra.

"Quindi non prendetevi il merito di qualcosa che, per una volta, non avete combinato voi. Anche se è stato un disastro, me ne assumo completa responsabilità. Non voglio che nessuna di voi ci metta il becco" si impuntò. 

Le altre muse la guardarono stupite. "Stai dicendo che quindi intendi dire tutto questo è responsabilità tua?" chiese Calliope. Nina annuì insicura.

"Bene - concluse l'altra alzandosi e stirando le pieghe della camicetta con le mani - Sentiremo cosa avrà da dire Apollo sul tuo comportamento indisciplinato allora. Dichiarare così guerra al Campo Mezzosangue, davvero un colpo basso".

"Ehi, no, non voglio prendermi responsabilità di quello che avete detto voi! Non è corretto".

"Ma siamo state costrette a dirlo per via del TUO progetto. Vediamo se questa cosa piacerà tanto al nostro manager".

Nina rimase di sasso. Sue si avvicinò a grandi passi alle muse e indicò ancora loro la porta con il braccio teso. "O dalla porta o dalla finestra. In qualche modo sarò costretta a farvi uscire. Decidete voi come preferite". Le muse, raccolsero le proprio borse e la cassa di CD per gli autografi per poi dirigersi in ordine fuori dalla porta. Clio non si mosse accanto a Nina. Sue le guardò . "Siete sicure?"

Clio si rassettò nervosamente la frangia. "Vorrei prima capire se riusciamo comunque a far partire due corsi. Che ne dicano loro o meno, i ragazzi si meritano qualcosa in cambio da questa invasione e se il prezzo da pagare è l'essere escluse dalle Cloud9 per il resto dei miei infiniti giorni, allora sappi che potrei pensare di trasferirmi qui a tempo indeterminato a insegnare.

Nina fu meno entusiasta. Grossi lacrimoni le sgorgavano dagli occhioni stellari. Sue le offrì di sedersi e le portò un'altra tazza di tisana. Poi guardò Memo, Iris e Winton, fissi sulla soglia. "Voi potete andare. Mi piace sempre molto quando difendete l'onore del campo, ma temo che stavolta abbiate esagerato. Non avevamo bisogno di questo, e dei bravi responsabili maturi si rendono conto di quello che è necessario fare in un momento difficile. Agire d'istinto non è sempre la soluzione migliore". Il tono era calmo ma risoluto. Iris osò risponderle a mezza voce. "Ci saranno conseguenze?".

"Oltre al casino che ne uscirà con Apollo?"

"Nel senso, saremo messi in punizione?"

"Iris, a una certa età l'azione punitiva per sentirsi liberati dalla colpa smette di avere senso. Pensate a quello che è successo e riflettete se davvero avete ottenuto quello per cui eravate qui".

Memo alzò una mano.

"Possiamo parlare un attimo, Miss. Peak?"

La musa sospirò e fece scorrere lo sguardo sulle macerie emotive della riunione appena finita. "Aspettiamo Scarlett, poi discuteremo dell'accaduto. Tu come ti senti? Vuoi rimanere qui ancora?"

Memo guardò le tre muse che occupavano il soggiorno e si sentì fuori luogo. Non voleva assistere a un'altra scena del genere. "No. Preferisco tornare in cabina".

"Fai in modo di non rimanere mai da sola. Ti mando a chiamare appena possibile".

La ragazza annuì e la porta della stanza di chiuse, ma ai tre ragazzi e a Sue sembrò come se si chiudesse un'esistenza intera.



Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top