32. Stairway to Heaven
C'è un'autostrada che porta all'inferno, così come c'è una scalinata che porta in paradiso, o comunque da qualche parte molto in alto. Di ciò ora siamo certi, ma non per tutti la divisione tra le mete è così ovvia.
Quella mattina non era stata così diversa dalle altre. Sarebbe molto poetico dire che tutti avevano sentito sul fondo dello stomaco una sensazione strana, ma sarebbe anche una menzogna. Quella mattina tutti si svegliarono e iniziarono a fare quello che ormai facevano da una settimana. Chi andò a controllare i generatori, chi andò a controllare che non ci fosse neve da spalare e chi andò ad appendere i turni delle docce alle porte di ogni cabina abitata. Quelle abbandonate avevano ormai mucchietti di neve spalata davanti e al limitare dei campi d'allenamento si potevano vedere le sagome di tanti pupazzi di neve fatti da tutti gli ospiti. Alcuni avevano le orecchie e uno era stato decorato con due pom-pom un po' afflosciati da neve e ghiaccio.
La notte era stata clemente, regalando solo una lieve spolverata di nevischio sul tetto degli edifici. Da due settimane il freddo teneva stretto nella sua morsa l'intero Paese ma, da quanto avevano saputo in molti dalle chiamate Iride con le famiglie, non era una cosa limitata ai soli Stati Uniti. Anche in Europa era calato il gelo mentre nell'altro emisfero uno strano caldo aveva riportato indietro l'estate di qualche mese. Sembrava che il mondo si fosse invertito e gli scienziati non riuscivano a spiegarsi il perché, quindi se non ci riuscivano loro non potevano farcela nemmeno dei semidei di nemmeno diciotto anni.
Dwayne aveva pattuito con sua madre delle chiamate settimanali ma da quando le temperature erano calate le chiamate si erano fatte più frequenti. Sarah Hussain era preoccupatissima per suo figlio. Lo stesso faceva Marion Willow che sapeva quanto il freddo dava fastidio al suo Gabriel, ma a differenza del primo, Gabriel non parlava a tutti di quanto spesso lo chiamasse la madre. Capitava che la chiamata fosse sfortunatamente condivisa con quel muso lungo di Jasper, dato che le due donne erano ancora molto amiche e vivevano vicine. Erano i momenti più imbarazzanti, senza dubbio. Era come mettersi a nudo davanti a qualcuno che nemmeno ci sta tanto simpatico, in fondo. Entrambi tacevano di cosa si parlava in quelle chiamate, entrambi tacevano i nomi con cui le madri li chiamavano. Era un accordo che andava avanti da anni e che non avrebbe terminato la sua validità tanto presto.
Sue faceva del suo meglio. Le ninfe del lago venivano accudite da gruppi di ragazzi volontari tutti i giorni per assicurarsi che non si gelassero dentro, ma per il resto le attività avevano solo preso una strana piega invernale. Il riscaldamento della mattina era diventato obbligatorio per tutti. Per questo motivo era lì in leggings e pile tecnico azzurro cielo a fissare come tutti i ragazzi, chi più addormentato chi meno, arrivavano assonnati all'appello. Li faceva correre più del solito e per questo la odiavano, lo sapeva. Ma li faceva stare caldi. La cura dei bambini più intirizziti spettava a uno stranamente materno Grant, che pareva proprio tenerci tantissimo ad accoccolarsi vicino ai bimbi infreddoliti e a scaldarli con il suo animo da stufetta vivente. Lei solitamente correva dietro ai ragazzi per incoraggiarli e quel giorno si trovava a fare da balia a Lou e altri due ragazzini dei meno volenterosi. Si erano dimenticati i propri pile termici, gentilissimo regalo di Afrodite, e stavano correndo con le giacche pesanti. Arrancavano nella neve e Lou era già caduto faccia a terra un paio di volte.
"Vedi cosa succede a svegliarsi tardi, Lou?"
"Mi tremano le gambe, Miss Peak!"
"Perché sei ancora freddo – lo rimbecco Sue aiutandolo ad alzarsi – dirò al tuo capocabina di stare attento ai tuoi orari d'ora in poi".
Lou si alzò e riniziò a correre. La neve si trasformava in poltiglia marroncina sotto gli scarponcini dei ragazzi. Correvano dritti fino a che Sue non notò che la folla si divideva in un punto del percorso. Qualcuno doveva essere caduto o essersi fermato. Accelerò il passo chiedendo permesso ma quando gli ultimi energumeni della casa di Ares lasciarono il passo, non si trovò davanti niente del genere. Gabriel si era impuntato in mezzo alla corsa, nuvolette di condensa che gli uscivano dalla bocca. Aveva il fiatone e fissava il cielo con la fronte corrucciata.
"Gabriel! Cosa succede?" lo chiamò raggiungendolo. "Perché ti sei fermato?".
"Non lo sente anche lei, Miss Peak?" chiese indicando il cielo coperto di nuvole bianche e dense come albumi montati a neve. Qualcosa dietro le nuvole aveva iniziato a vibrare, lontano lontano e ora che glielo si faceva notare lo sentiva anche lei.
Altri nella coda di persone in corsa si fermarono, Jasper e Callan subito dopo Gabriel e poi altro mentre il cielo iniziava a riempirsi di nuvolette dai colori più scuri. Il primo pensiero di Sue fu che stesse per arrivare una nuova tempesta di neve, poi cercò di trovare la parte divina che aveva nascosto per bene dentro sé stessa e aguzzò vista e udito. Le tempeste di neve non hanno i bassi ritmati e non ha un'eco di trombe molto jazz. Prima che potesse dire qualsiasi cosa le nuvole si aprirono con un moto molto simile a quello di un sipario. La luce dall'altro lato era accecante, bianca e giallo a richiamare i toni del sole. Stava arrivano qualcosa da lontano.
"Oh no... no no no... SCARLETT!" urlò iniziando improvviso a correre verso la collega che la intercettò a metà strada spuntando quasi dal nulla. La musa iniziò a farfugliare senza senso. Il suo peggiore incubo, la cosa che aveva tentato di ricacciare indietro nel suo cervello per quelle due impegnatissime settimane si stava purtroppo avverando. Quella cosa che arriva erano le sue sorelle, se lo sentiva. Era nel loro stile fare un'entrata del genere.
"Le mie sorelle... stanno arrivando! Le nuvole, Scarlett, guarda le nuvole!"
"Susan Peak, calmati! Per amor di Padrone! Sei sicura siano loro?"
"Chi altro è abbastanza pieno di sé da far aprire le nuvole come un sipario?"
Aveva sperato fino all'ultimo che le usuali discordie tra le sue otto sorelle, forse acuite volontariamente dalla buona Urania, avessero potuto ritardare se non annullare la celebrazione della reunion. E invece per l'unica volta che non dovevano essere d'accordo erano riuscite a organizzare tutto in meno di un mese. Apollo le aveva promesso un avviso prima di irrompere al suo campo ma evidentemente era stato troppo impegnato a fissare il buco che si trovava in testa al posto del cervello per rendersi conto che il momento era giunto.
"Bisogna far entrare i ragazzi. Non daremo loro quello che vogliono!"
"Così si offendono e ce ne fanno passare di tutti i colori? Sei pazza, Sue?!"
Una scintilla sul fondo del cielo, di un vivissimo colore dorato, si avvicinava sempre di più e ogni metro che faceva faceva ticchettare il timer verso la fine del mondo di Terpsychore.
"Vogliono venire qui per giocare, staremo alle loro regole!" rispose di nuovo la volpe, mentre sempre più ragazzi si imbambolavano a guardare il cielo. "Non hai molto tempo per decidere".
L'intera vita di Sue, che era lunga, ve l'assicuro, le passò davanti agli occhi. Tutti i litigi infiniti con le sue sorelle, tutte le volte in cui si era sentita umiliata da loro, o lasciata da parte. I loro volti, i loro nomi e i loro umani preferiti. Tutto quanto sapeva di loro le tornava alla mente. Si ricordò di quando erano arrabbiate. Di come avevano tirato il collo agli umani più talentuosi di loro, di come avessero fatto sciogliere le Spice Girls e fatto abbandonare a Zayn Malik gli One Direction. Tutto collimava perfettamente nella sua memoria.
"Signorina Peak!" la chiamò Gabriel che era arrivato correndo. "Sono le sue sorelle, vero?"
La musa annuì.
"Non la deluderemo, signorina Peak" la rassicurò il ragazzo, mettendole una mano su un braccio, dato che alla spalla non arrivava essendo molto più basso di lei. Gli occhi del figlio di Zeus non lasciavano trasparire nessuna esitazione. "Non lasceremo che rovinino il campo".
La Musa vide nella sicurezza di Gabriel tutto quello che avevano insegnato loro e, tirando un profondo respiro, decise che avrebbe affrontato quella sfida esattamente come aveva affrontato la guerra di New Troy: armando i suoi ragazzi di tutto punto.
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