18. Manuale dei giovani Dwayne: come trovare un'amica
Jesse Joan McRath aveva un cognome che assomigliava un sacco a rat quindi tutti avevano preso la cattiva abitudine di chiamarla Ratto.
E con "cattiva abitudine" intendo vizio.
E con "tutti" intendo il gruppo di accoliti di Callan Riddock.
E con "avevano preso" intendo erano stati indotti.
Sarebbe opportuno che voi faceste la vostra traduzione, date le corrispondenze appena fornite, ma Jesse Joan viveva bene la sua vita comunque. Ogni mattina si alzava dal suo lettino nella cabina di Ares e si faceva le trecce guardandosi allo specchio che usava anche una delle sue sorelle. Intrecciava meticolosamente la sua fine criniera rossa e poi si guardava riflessa, e provava a fare la faccia cattiva. Ma non veniva mai cattiva come quella di Dwayne. Lui sì che sapeva fare una faccia minacciosa voi fiocchi, peccato che poi fosse innocuo come un cotton fioc abbandonato nella tazza del gabinetto.
Il campo le piaceva un sacco e non avrebbe potuto chiedere di passare l'estate in un posto migliore. Il casino era scoppiato a fine aprile. E con "casino" intendo tutta la faccenda di avere del sangue divino. Così sua madre l'aveva portata lì dai sobborghi di New York dove il resto della numerosa famiglia MacRath era rimasto a godersi il ronzio del condizionatore. Cinque fratellini e un gatto scorbutico erano compresi nel pacco famiglia. Per questo era scafata, essere la più grande non è affatto divertente se non ti sai far valere sugli altri. Per questo era divertente stare con Dwayne. Lui era evidentemente figlio unico e lo si vedeva da tutto ciò che faceva. Non importava quante volte affermasse di essere cresciuto assieme alla cugina, Kelly.
"Finché non ci condividi il tetto e il bagno e i biscotti tutti i giorni della tua vita non è fratello e non è sorella" gli diceva minacciosa. Una piccola foresta di lentiggini le occupava metà della faccia mentre l'altra metà era occupata da un paio di piccole sopracciglia perennemente aggrottate.
Acchiappò il suo asciugamano e si lanciò fuori nell'aria già tiepida della mattina estiva per andare a lavarsi i denti. L'avrebbe fatto di certo se la porta del bagno non fosse stata sbarrata da Lou Avery e dalle sue due spalle. Lou era una persona. Punto. Jesse non voleva spingersi troppo in là nel suo giudizio, ma ogni tanto dubitava anche di quella definizione.
"Ehy Rattina! Buongiorno!"
Scherzi a parte, Lou Avery era una piccola figlia di Apollo. Anni? 12. Occhi? 2. Accoliti? 2.
"Buongiorno, Lou" ringhiò in risposta Jesse infilandosi tra due di loro per raggiungere il primo lavandino disponibile. Prese il dentifricio dalla tasca posteriore dei pantaloni e poi lo spazzolino decorato con delle piccole motociclette che impennavano. Avrebbe anche iniziato a lavarsi i denti se un mugolio dal bagno chiuso non avesse attirato la sua attenzione.
"Avete chiuso un satiro in bagno?" chiese aggrottando tutto ciò di aggrottabile.
"No, tranquilla Rattina. Non è nessuno di importante" commentò Saul, aka accolito numero 1, con una risata grugnita. Le dava fastidio, Saul. Aveva tredici anni e un incisivo lievemente storto. Come avrebbe detto la mamma: le disturbava l'equilibrio interiore. Il mugolio da dietro la porta di legno recentemente verniciato continuò e Jesse sospirò. Avrebbe riconosciuto quel suono da piattola in pericolo ovunque e comunque, soprattutto perché lo sentiva anche abbastanza spesso. Si infilò lo spazzolino in bocca e diede un colpetto alla porta che si aprì senza opporre resistenza. Seduto sulla tazza con mani e piedi legati c'era Dwayne Hussain.
"Bovini a motore! Dwayne!".
Il ragazzino spalancò gli occhi quanto più poteva, speranzoso che la sua salvatrice fosse così gentile slegarlo e togliergli il calzino dalla bocca prima di rivolgere l'attenzione al trio che dalla porta stava assistendo alla scena trattenendo le risate.
"Lo sai che questo è il bagno delle ragazze, Dwayne?" domandò Jesse che pareva non essersi accorta dell'attuale lista delle priorità che aveva davanti. Sentendosi rivolgere una domanda del genere, il giovane gentiluomo Hussain, educato da sua madre a dire sempre la verità quando interrogato con tale ferocia, non poté fare altro che annuire con foga.
"E lo sai che i maschi non entrano nel bagno delle ragazze?"
Dwayne annuì di nuovo. Avrebbe voluto dirle: Sì, okay, ma adesso liberami e tirami fuori di qui! Ma quello che uscì dalla sua bocca imbavagliata fu "mpf mpffmpfpfp".
Jesse sospirò. Guardò Dwayne. Guardò il trio. Tornò a guardare Dwayne.
"Come vedi Saul è rimasto fuori dalla porta. Ma siccome sono gentile ora ti aiuto".
Detto questo richiuse la porta. Finì di lavarsi i denti e poi, solo poi, riaprì la porta per slegare la piattola.
"Grazie, grazie grazie grazie davvero, Jesse. Mi hanno imbavagliato due ore fa! E mi volevano picchiare!"
Non fece in tempo a riprendere fiato per continuare nel suo piattolume che le risate da parte di Christine, aka accolito numero 2, divennero incontrollate.
“Fate un sorriso per la stampa!” disse sguaiata. Tra le sue mani qualcosa di nero e lucida rifletteva la luce del sole che entrava dalle finestre. Era un cellulare e loro erano appena stati filmati assieme.
“Ehy! Che stai facendo!” sbraitò lasciando perdere il povero Hussain ormai libero e andando a grandi piccoli passi verso i tre aggressori della dignitosa privacy dei bagni, e anche trasgressori di una delle leggi fondamentali del Campo. Niente attrezzi elettronici modificati a dovere.
Christine si allontanò di due passi, fuori dalla sua portata, cosa che non le costò il minimo sforzo dato che era una testa buona più alta di Jesse. “Come avete fatto a far arrivare un cellulare al Campo?! Lo dirò alla signorina Peak!”
“No, rattina. Alla Peak tu non dirai proprio niente o facciamo vedere questa foto a tutti”.
“Ma lo stavo liberando perchè voi ce l’avete legato lì dentro!"
"Ma gli altri non lo sanno" le rispose Saul facendo il verso alla sua voce fin troppo acuta. "Se ti dà così tanto fastidio vieni a prendertelo!"
Pur correndo, però, le sue gambette erano troppo corte per raggiungere Saul, che aveva appena ricevuto il telefono con un lancio ben calibrato da Catherine. A rendere tutto ancora peggiore c'era Lou. Intenta a ridere di Dwayne, che si faceva difendere da uno scricciolo come McRath.
L'età tra gli 11 e i 15 anni è critica per tutti e la piccola Jesse non faceva eccezione. Tutto è amplificato quando hai dodici anni: la gioia e anche la rabbia. Per questo le bruciavano le guance da tanto erano rosse. Sentiva il sangue bollire nelle sue vene, soprattutto quello di eredità paterna ma nonostante ciò non riusciva a prenderli. Hussain dal canto suo era riuscito a uscire per lo meno dai bagni e si vergognava sia della foto che del modo in cui quella piccoletta correva al posto suo. Si gonfió pieno di orgoglio ferito e si lanciò contro Saul, non notando però la gamba tesa di Christine. Lo sgambetto meglio eseguito della storia. E Dwayne finì lungo disteso per terra a masticare l'erba.
"Impedito e impedita!" abbaiò trionfante Lou prendendo il telefono dalle mani di accolto numero 1. "sai adesso dove finisce questo telefono?"
"sì - rispose una voce familiare in un modo poco piacevole - per terra".
Il telefonino incriminato fu sbalzato via dalla mano che lo teneva e finì per terra pochi passi più in là dove fu calpestato da un piede calato da una specie di scarponcino nero e sporco di fango. Lo scarponcino apparteneva a Jasper. Così come il piede e del resto la gamba.
"Cazzo state combinando qui? Perché c'è un cellulare? E perché Hussain è per terra? Perché soprattutto McRath la bocca sporca di dentifricio?"
Aveva i capelli umidi pettinati all'indietro come una specie di piccolo lord Fauntleroy venuto male, era senza maglietta ma con degli stilosissimi pantaloncini a stampa militare nera stretti con una cintura a cui sicuramente erano stati aggiunti dei buchi per stare su quel vitino da vespa.
"nessuno risponde? Allora mi rispondo da solo. Tu tu e tu, trio dell'ave Maria siete in punizione. Ora ve ne andate immediatamente da Sue e le dite che vi ho mandato io. Invece, voi due sfigatelli, venite con me".
Dwayne si mis seduto per terra dolorante e guardo Jas con un misto di paura e rispetto. Quanto cazzo era brutto. Ma quanto stava salvando loro il culo.
"siamo in punizione anche noi?" chiese Jesse incrociando le braccia rabbiosa.
Jasper la squadrò e alzò un solo impertinente sopracciglio scuro.
"penso che ci abbia già ampiamente pensato la vita. E ora aria! Sciò! Via! Il club del dodicenne incazzato è rimandato a data da definirsi. Non voglio vedere nessuno dei vostri musetti imbronciati per tutto il giorno!"
"Ma Jasper!" urlò Saul. "Sono nel tuo gruppo di allenamento oggi..."
"Per quanto me ne frega puoi anche cambiare gruppo. Non ne morirò".
I tre si allontanarlo sbuffando, andando pure dalla parte sbagliata. Non sarebbero andati in presidenza, non sulla parola di Jasper Smith. E Jasper lo sapeva. Tirò anche lui il fiato e si passò una mano in faccia, prima che gli arrivasse un calcio nello stinco.
Rattina l'aveva colpito e ora lo guardava con un visino così aggrottato che nemmeno Marissa avrebbe saputo fare di meglio davanti a una bistecca di Bambi al sangue.
"Piccola stronza! Perché?!"
"Non ci si rivolge così ai più piccoli! Dovresti dare il buon esempio!" disse sibilando.
"ma li hai visti? - intervenne Dwayne - non se ne fanno niente del buon esempio!"
"Lo dirò a Jazzlyn!"
"Non osare, pulce. Avevamo un patto!"
Continuarono a fissarsi in cagnesco mentre Dwayne ancora non collegava bene cosa fosse successo.
"aspetta... Tu hai un patto con lui?"
"già. La tua amichetta è una gran ricattatrice" rispose Jas.
"Amica? Lei non è mia amica!"
"come no? - rispose lei rivolgendo anche verso di lui la sua indignazione - ti ho appena tirato fuori dai bagni delle ragazze! Pensavo fossimo amici!"
"Ma se mi tratti sempre male?".
La voce uscì così piagnolante dalla sua bocca che sia Jesse che Jas iniziarono a ridere.
"Anche il club dei perdenti ha bisogno di una mascotte, che dici Jesse J?"
"direi che lo prendiamo" disse lei, offrendo una mano al suo nuovo amico.
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