Debiti

Mi muovo lentamente sul parquet chiaro e immacolato di casa Hamilton. Ho l'irrefrenabile voglia di togliermi le scarpe e mettermi a camminare a piedi nudi, così da non rischiare di rigare o macchiare quel legno estremamente ben messo.
Mi guardo intorno: il salone (uno dei tre presenti in casa, nonché il più grande) è arredato con cura ed eleganza. Ci sono ben quattro divani bianchi che circondano un tavolinetto di cristallo posto al centro del grande tappeto persiano. Un enorme schermo al plasma è fissato alla parete di fronte al divano, proprio sopra al camino di marmo. Una libreria di legno bianco visibilmente pregiato gira intorno a tutta la stanza. Sulla superficie immacolata delle sue finissime mensole di vetro sono accatastati libri (edizioni originali dei grandi classici, ovviamente), trofei e cornici, tante, tante cornici.
Ne fisso una in particolare. C'è un bambino che fa il bagno in un lago, avrà sì e no due anni, eppure si tiene già perfettamente a galla nell'acqua. L'afferro e sorridendo ne accarezzo il contorno.

<<Hunter è sempre stato un pesciolino.>> Una voce di donna mi fa sobbalzare, di conseguenza la cornice cade a terra, infrangendosi sul tappeto persiano.

<<Merda!>> Non riesco ad impedirmi di pronunciare quell'imprecazione. La madre di Hunter mi osserva perplessa, mentre io mi copro la bocca con le mani, mortificata. <<Mi scusi, stavo solo... e lei mi... bè, ecco...>>, straparlo, troppo imbarazzata per permettermi di costruire frasi sensate.

Punto lo sguardo su di lei: è una donna estremamente elegante e giovanile, potrebbe essere benissimo scambiata per la sorella maggiore di Hunter. Indossa una gonna blu ampia e lunga, una camicetta bianca di cotone che lascia intravedere una generosa e ben mantenuta scollatura, e un paio di scarpe con il tacco dello stesso colore della gonna. Ha i capelli biondi raccolti in un perfetto chignon, le labbra rosse e carnose, gli occhi verdi ed elegantemente truccati. Ora capisco da chi ha ripreso Hunter. Questa donna è uno spettacolo.
Continua a fissarmi, imperscrutabile. Dopodiché afferra una campanellina dorata da una delle mensole e la muove tra le dita per farla tintinnare. Una giovane cameriera entra a testa bassa nella sala, fa una specie di inchino davanti alla signora e mi guarda, torturandosi le labbra con i denti.


<<Pulisci e sostituisci la cornice>>, le ordina Mrs. Hamilton, guardandola a malapena. Tiene i suoi occhi verdi fissi su di me.

<<Sì, signora, subito.>> La ragazza s'inginocchia a terra e inizia a raccogliere le schegge di vetro a mani nude.

Mi chino anch'io e faccio per aiutarla. Sarà deformazione professionale, ma non riesco a starmene tranquillamente in piedi mentre quella ragazza rimedia ad una mia sbadataggine.

<<Cara, non occorre. Lucy è pagata proprio per occuparsi delle faccende domestiche.>> La voce seccata di Mrs. Hamilton non mi fa comunque desistere dalla mia intenzione di aiutare quella ragazza.

<<Sono io che ho combinato il disastro, Mrs. Hamilton.>> Alzò lo sguardo su di lei, continuando a raccogliere i vetri. <<Non mi sembra giusto che... ahi!>> La mia già nota goffaggine mi procura un taglio lungo tutto l'indice destro.

Il sangue, rosso e denso, inizia immediatamente a sgorgare dalla mia pelle. Odio la vista del sangue e mio padre odia questa mia debolezza. Ricordo che una volta, mentre stavo aiutando Tess a preparare il pranzo nella sua cucina, mi sono tagliata con un coltello estremamente affilato. La ferita era molto profonda, necessitava urgentemente di una sutura. Bè, fatto sta che non so come sono arrivata in ospedale, perché non appena ho visto il sangue sull'acciaio del bancone da cucina ho perso i sensi. Davvero imbarazzante.

<<Lucy, rimedia del disinfettante e un cerotto, per favore.>> Rivolge un'occhiata annoiata al pavimento. <<Qui continuerai più tardi.>>

<<Sì, signora.>> La ragazza scompare fuori dalla porta alla velocità della luce.

Tengo il dito alzato per impedire al sangue di gocciolare ulteriormente sul tappeto visibilmente costoso. Merda, l'ho comunque imbrattato di tante piccole goccioline rosse. Chissà quanto costa questo tappeto. Di sicurò mi verrà chiesto di ripagarlo e dovrò vendere un rene al mercato nero degli organi, per potermelo permettere.
E poi dove diavolo è Hunter?! Non appena sono entrata in casa, mi ha detto di accomodarmi in salone, mentre lui andava in cucina a rimediare qualcosa da bere. E invece adesso mi ritrovo insanguinata, prossima alla perdita di un rene e in compagnia di sua madre.
Mrs. Hamilton si accomoda su divano bianco e m'invita a fare lo stesso. Prendo un profondo respiro e mi siedo accanto a lei, accavallando elegantemente le gambe. Bè, più o meno. Mrs. Hamilton ha le gambe elegantemente accavallate, io sembro più che altro intenta a trattenere la pipì.
La cameriera di poco prima rientra con tutto l'occorrente che le è stato chiesto dalla padrona di casa. Si avvicina a me e mi porge un panno bianco, del disinfettante e un cerotto rettangolare.

<<Grazie mille, Lucy>>, le dico, sorridendo. Lei mi guarda sorpresa per un istante, dopodiché fa marcia indietro ed esce nuovamente dalla stanza. Evidentemente non si aspettava che mi ricordassi il suo nome. La capisco, al Country Club io ho la sua stessa identica considerazione.

<<Cara, stai sanguinando sul pavimento.>> La voce di Mrs. Hamilton mi fa riscuotere dai miei pensieri.

<<Oh, mi scusi.>>Tampono la ferita con il panno bianco imbevuto di disinfettante verde, dopodiché applico con cura il cerotto sulla mia pelle. Mrs. Hamilton mi porge un cestino di metallo e io getto al suo interno tutto l'occorrente da me utilizzato per medicarmi. <<La ringrazio. Chiaramente vi risarcirò la cornice.>>

Lei si concede una risatina divertita, prima di poggiarmi delicatamente una mano sulla spalla con fare affettuoso. <<Non occorre. Ne ho a centinaia, in mansarda.>> Afferra un bicchiere traboccante di un liquido trasparente che riconosco essere Vodka grazie all'odore pungente, dopodiché se lo porta alle labbra e ne beve un generosissimo sorso, lasciando impronte di rossetto sul bordo. <<Tutti gli anni, per Natale, ne ricevo almeno una dozzina di quelle cornici. Le mie amiche del Country Club peccano di originalità, a quanto pare.>>

<<Bè, mi creda, la capisco.>> Scuoto la testa, perdendomi nei disastrosi ricordi dei miei festeggiamenti natalizi. <<Mia nonna ha la fissa dei calzettoni di lana con le renne cucite sopra. Ne avrò almeno cinquanta paia nell'armadio.>>

Mrs. Hamilton si sforza di sorridere, ma sul suo volto si legge chiaramente la perplessità. Lei mi parla di cornici di cristallo e io metto a paragone i calzettoni cuciti a maglia da mia nonna. Sto diventando svampita come Dawn. Chi va con lo zoppo...

<<Allora... mio figlio mi ha detto che lo stai aiutando con il corso di letteratura.>> Sorride, mettendo in mostra i suoi denti bianchissimi e perfettamente allineati. <<E' molto gentile da parte tua, cara.>>

Ho il forte sospetto che mi chiami continuamente "cara", perché non ricorda minimamente il mio nome e... un momento! Letteratura?

Corrugo la fronte, confusa. <<Io, veramente...>>

<<Mamma, papà ti sta aspettando in macchina.>> Hunter entra nel salone con un enorme vassoio d'acciaio tra le mani. Lo deposita sul tavolinetto e poi si strofina le mani sui jeans, nervoso. <<Sarà meglio che ti affretti a raggiungerlo, o farete tardi al ristorante.>>

Mrs. Hamilton sorride amabilmente a suo figlio, dopodiché mi saluta con un abbraccio appena accennato, mi raccomanda di tornare a trovarla presto e s'incammina verso l'uscita.
Hunter sospira e si lascia sprofondare tra i morbidi cuscini del divano, sfiorandomi casualmente con la stoffa rigida dei suoi jeans, la pelle delle gambe lasciate nude dal vestito che indosso. Tiene gli occhi chiusi e ha un'espressione corrucciata. Sembra pensieroso. Le labbra sono leggermente aperte, delle ciocche di capelli gli ricadono disordinatamente sulla fronte.


<<Hai intenzione di continuare a guardarmi ancora per molto?>>, mi chiede, aprendo gli occhi di scatto.

M'imbroncio e incrocio le braccia al petto. <<E tu vuoi dirmi cosa ti passa per la testa?>>

<<Che vuoi dire?>>

<<Hai raccontato a tua madre che dobbiamo studiare insieme.>> Lo fisso, seria. <<Perché?>>

Scrolla le spalle, mettendosi a sedere. <<Preferivi che le raccontassi il vero motivo?>> Indica con un cenno della testa il bicchiere di Vodka ormai vuoto di Mrs. Hamilton, abbandonato sulla superficie lucida del tavolino. <<E poi era completamente ubriaca, non te ne sei accorta? Domani neanche ricorderà di aver parlato con te.>>

Bè, in effetti quando mi ha abbracciata ho avvertito perfettamente il suo profumo di vaniglia mescolato all'odore pungente dell'alcool, ma non avevo realmente compreso che fosse ubriaca. Magari un po' brilla, ecco.

La naturalezza con cui Hunter si riferisce alla sbronza di sua madre, mi fa capire che non è una novità, per lui. <<Capisco.>>

Afferra una bottiglia di Corona e me la porge. <<Tieni.>>

Scuoto la testa. <<Io non bevo alcolici.>> Non è affatto vero, ma non posso di certo dirgli che non voglio bere in casa sua per evitare di fare cose di cui poi mi potrei pentire.

<<Ah ah, Nashton, niente storie.>> Mi prende la mano destra e appoggia la bottiglia di vetro sul mio palmo, incitandomi ad afferrarla. Poi sgrana per un istante gli occhi e mi sfiora con il pollice il dito ferito, dove s'intravede chiaramente del sangue rappreso sulla pelle. <<Cosa ti sei fatta?>>

<<Ho rotto una cornice e... bè, mi sono tagliata con una scheggia mentre raccoglievo i vetri.>> Distolgo lo sguardo da lui e mi decido ad afferrare la bottiglia di birra, tanto per togliermi dall'imbarazzo che mi causano i suoi occhi.

Hunter ridacchia, afferrando la sua birra dal tavolo. <<Sai che qui abbiamo una servitù che è pagata per ripulire, non è vero?>>

Lo fisso, sconvolta. <<E tu sai che non siamo più nell'ottocento e che puoi tranquillamente chiamare "camerieri"  i tuoi dipendenti?>>

<<Con te lo faccio, mi sembra.>>

<<Io non sono una tua dipendente, fortunatamente.>>

Lui mi osserva pieno d'interesse. <<Bè, in realtà, in un certo senso lo sei.>>

Scuoto la testa e bevo un sorso di birra. <<Nei tuoi sogni, forse.>>

<<Fidati, Nashton, nei miei sogni occupi un ruolo decisamente più interessante.>> Si morde le labbra, abbassando lo sguardo sulla mia scollatura decisamente troppo generosa.

Ucciderò Tess, è ufficiale.

<<I tuoi sogni da pervertito non m'interessano, grazie.>> Accavallo le gambe e cerco di copre quanta più pelle possibile. Il suo sguardo su di me mi destabilizza. <<Parliamo di cose serie: cosa vuoi in cambio della cancellazione di quel maledetto video?>>

Hunter si prende un momento per fissare sfacciatamente le mie gambe nude, mentre sorseggia quella birra in modo decisamente... provocatorio. Dio, se non lo odiassi così tanto, probabilmente gli salterei addosso. Ma lo odio, quindi me ne rimango dove sto.

Alla fine, dopo aver osservato minuziosamente ogni lembo di pelle esposto alla sua vista, alza lo sguardo sul mio viso. <<L'abbiamo già chiarito, mi sembra.>> Allarga le braccia e fissa l'ambiente che ci circonda. <<Voglio questo: tu ed io, per tre appuntamenti, insieme.>>

Scrollo le spalle. <<Perché?>>

<<Perché no?>> La stessa risposta che mi ha dato anche la mattina precedente, nello spogliatoio del Country Club. Sembra più che altro un modo per eludere la mia domanda.

<<Vuoi sapere perché no?>> Sorrido, sarcastica. <<Tanto per cominciare perché io non sopporto te e tu non sopporti me. Quando ti vedo e ho la possibilità di cambiare strada, lo faccio. E quando tu posi i tuoi occhi su di me, ti apri sempre in un'espressione altezzosa che mi fa venire voglia di prenderti a pugni. Devo continuare o ti basta?>>

Hunter è fastidiosamente divertito. <<Davvero cambi strada quando mi vedi?>>

Mi porto le mani sulla faccia e piagnucolo, esasperata. <<Puoi forse biasimarmi?>>

<<Sei fuori di testa.>> Ridacchia. <<E terribilmente infantile.>>

<<Non sono per niente infantile.>> Sul "fuori di testa" non ribatto perché è evidente che ha ragione. Sono in casa del mio peggior nemico, seduta sul suo divano, a sorseggiare una birra insieme a lui.

Aggrotta la fronte. <<Mi hai squarciato le ruote della macchina. Sei la regina dell'infantilità.>>

<<Senti, mi rendo conto di aver sbagliato.>> Finalmente lo guardo negli occhi e quel verde intenso mi fa venire i campi allo stomaco. O magari è la fame. Oppure la birra che ho bevuto era avvelenata. <<Se vuoi ti ripago le ruote e la finiamo qui.>>

Hunter scoppia a ridere di cuore, tenendosi addirittura le mani intorno alla pancia. <<No, decisamente no. Ma c'è comunque qualcosa che puoi fare per me.>>

Lo guardo, confusa. <<E sarebbe?>>

Afferra di nuovo la bottiglia di birra e ne ingolla più della metà. <<Sabato prossimo ci sarà un party al Country Club.>>

Già, il party dell'anno. E' una serata di beneficenza che si svolge tutti gli anni al Country Club, verso metà settembre o inizio ottobre. Tutta la crema della città si riunisce nell'enorme salone principale, per partecipare ad un'asta benefica che raccoglie fondi per il reparto pediatrico del nuovo ospedale che sta aprendo in centro.
Detesto questo tipo di feste, perché l'alcool scorre a fiumi, causa sbronze, che a loro volta causano vomitate davvero epiche, che la sottoscritta è costretta puntualmente a ripulire con il voltastomaco a fine serata.

<<Lo so, sono di turno anch'io.>>

<<Bè, cerca un modo per liberarti, perché sei ufficialmente la mia accompagnatrice.>> Finalmente finisce la sua birra. Poggia di nuovo la bottiglia sul tavolo e si volta a guardarmi.

Spalanco la bocca, completamente allibita. <<Stai scherzando, spero.>>

<<Affatto.>> Circonda con le braccia loschienale del divano e mi fissa con un sorrisetto irriverente dipinto sulle labbra.

<<Hunter...>> Scuoto la testa, cercando invano di assimilare le sue parole.

<<Cosa?>>

<<Io non ci vengo al party con te. Proprio no.>> Afferro la mia birra ancora piena per metà e la finisco in un solo sorso. <<Mi spieghi come ti salta in mente di chiedermi una cosa del genere?>>

<<Hai presente Alyssa, la ragazza che era con me al party dei miei genitori, due settimane fa?>> Annuisco e lui riprende a parlare. <<Bè, si è un tantino fissata con me. Mio padre e suo padre sono in affari insieme da una vita e ci vedono già sposati, ma io non ci penso minimamente. Quella ragazza serve solo ad una cosa, per il resto è una psicopatica.>>

<<Okay, sei un essere spregevole, ma questo lo sapevo già.>> Alzo le spalle e lo fisso. <<Mi spieghi cosa c'entro io?>>

<<Se vado al party con qualcun'altra, Alyssa se ne farà una ragione e smetterà di perseguitarmi>>, mi spiega, come se fosse la cosa più logica del mondo.

<<E tu hai pensato bene di rivolgerti a me, la persona che più ti detesta su questa terra?>>

<<Esatto.>>

<<Perché?>>

<<Perché sei l'unica che non tenterebbe di saltarmi addosso in limousine, rendendo così il mio piano controproducente, visto che avrei a che fare con un'altra ragazza da tenere alla larga.>> Sorride. <<E poi sei obbligata a dirmi di sì. Mi hai promesso tre appuntamenti, ricordi?>>

Certo, che ricordo! E' proprio vero che i guai non vengono mai da soli.

<<Tu sei pazzo.>>

Hunter sostiene il mio sguardo, dopodiché si sporge in avanti, arrivando a due centimetri dalla mia faccia. <<E tu sei in debito. Trova un bel vestito, Nashton, mi raccomando.>>

Ricordatevi: se odiate qualcuno, non fate mai lo sbaglio di tagliuzzare le ruote della sua maledetta macchina. Sarebbe l'errore più grande della vostra vita!

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top