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«Che cosa ci fanno loro qui?!», esclamai davanti allo sguardo confuso di Nash.
Gli amici di Lorenzo salutarono Alice, poi quando mi videro iniziarono a ridacchiare.
Mi indispettii subito, ma non appena gli occhi verdi di Lorenzo si accorsero di me, fu anche peggio.
«Uhhhh guarda un po' chi c'è!» fece divertito, forse già ubriaco.
Aveva le guance particolarmente rosate, nonostante la pelle del suo viso fosse già abbronzata.
Era conciato come se fosse appena tornato da una gita in barca: indossava una camicia bianca sopra a dei pantaloni blu navy che gli arrivavano alla caviglia.
«Perché sei qui?» domandai acidamente, causando il ghigno storto che Lorenzo mise su, prima di squadrarmi da capo a piedi.
«Si dà il caso che questa sia casa mia, Ferrari».
Si tormentò le punte dei capelli color cenere bruciata. Non potei fare a meno di notare che la sua capigliatura aveva davvero una posa strana: le ciocche stavano tutte spettinate e seguivano delle direzioni casuali, mi chiesi come mai nel complesso non fossero così male.
«Casa tua? Questa sarebbe casa tua, Gherbini?».
Restai incredula, lui invece sorrise mostrandomi i suoi denti bianchi.
"Addio vacanze da sogno".
«Il camping è dei miei nonni, tesoro», affermò Lorenzo, incrociando le braccia al petto.
«Non dire cazzate, ma soprattutto non chiamarmi "tesoro"!», mi innervosii. Speravo la smettesse di prendermi in giro, ma il mio auspicio si stava rivelando un'utopia.
«Invece è proprio così, quindi vedi di fare la brava o torni a casetta tua...tesoro», ripeté quel nomignolo facendomi adirare ancora di più.
«Sei stronzo o cosa?», sputai impulsivamente.
«Oh oh...».
Gli amici di Lorenzo intonarono in coro un verso divertito, lui invece si accostò al mio orecchio obbligandomi ad indietreggiare.
«Io sarò anche stronzo, ma tu...sei una piccola pervertita, ricordi?».
Avvertii il calore del suo respiro contro il lobo del mio orecchio sinistro. La cosa mi fece diventare paonazza in volto, ma ciò che più mi diede fastidio fu sentire il suo profumo tutt'altro che spiacevole.
«Te l'ho detto che non ne sapevo niente, ero lì per Gianluca», mi scappò una reazione sincera.
«Ancora con questa storia di Gianluca?»
«Che storia?» saltò su Alice, tornando vicino a noi.
Ero stata talmente presa da quel cretino che neanche m'ero accorta dell'assenza della mia amica.
«Niente», mormorai ad occhi bassi.
Pregai che quell'imbecille di Gherbini non dicesse nulla davanti ad Alice, ma lui fece di peggio: si voltò e iniziò a raccontare l'accaduto ai suoi amici.
«Dovete sentire questa. Mi stavo scopando quell'assatanata della tipa di Gianluca e quando sono uscito...».
Sollevai immediatamente gli occhi al cielo, poi trascinai in disparte Alice, allontanandomi da quel gruppetto di ragazzi.
«Questa non ci voleva, Ali», mormorai delusa.
Lei mi osservò incuriosita.
«Ma perché dici così? Che ti importa di quel coglione?! Siamo qui per divertirci».
Ormai quello era il suo slogan, ma dopo aver capito che anche Lorenzo avrebbe passato le vacanze nel nostro stesso camping, per me il significato di "divertimento" stava piano piano svanendo.
«Come facciamo a divertirci se ci starà lui in mezzo alle palle?».
Indicai Lorenzo che stava poco distante da noi. Teneva una bottiglia di birra in una mano, mentre con l'altra cingeva i fianchi di una ragazza dai connotati stranieri.
«Are you ok?».
Jack e Nash vennero a domandarci se fosse tutto a posto, ma io mi voltai verso la mia amica.
«Ho l'impressione che mi abbia presa di mira», spiegai a bassa voce.
Non volevo che Nash ci sentisse. Anche se alla fine lui e Jack non capivano quasi nulla quando parlavamo velocemente.
«Fidati Sofi, ha solo rosicato perché hai riso di lui a scuola, gli passerà! Non pensarci più!».
Feci un lungo sospiro poi scrollai il capo, come se questo bastasse a scacciare il pensiero di Lorenzo Gherbini.
"E va bene!". Decisi di fidarmi di Alice, così entrammo nel bungalow popolato da un gran via vai di ragazzi, in cerca di qualcosa da bere. Con mio immenso piacere, Nash risultò essere un tipo responsabile: di alcolico prese un solamente uno Spritz, mentre dopo optò per bibite analcoliche.
E a differenza degli altri ragazzi, lui era sobrio, quando, seduto sugli scalini del bungalow, dopo un po' mi disse: «You are really cute, Sofia».
Lo affermò con quel suo accento americano che all'inizio mi era parso tanto strano. Poi però mi accorsi che, facendoci l'abitudine, lo trovavo addirittura adorabile.
«Oh...».
M'imbarazzai dinnanzi al complimento inaspettato, ma l'imbarazzo crebbe quando Nash mi posò una mano attorno alle spalle.
«Oh, wait...come ha detto la tua amica? You are..."fregni"?», fece lui con un sorriso ingenuo.
«In realtà si direbbe "fregna", perché sono una ragazza».
Il mio carattere da precisina uscì fuori per correggerlo, non accorgendomi della figura di merda colossale che avevo appena fatto.
«Fregna», ripeté lui con fare buffo.
«O mio dio! No! Voglio dire..,no! Non devi dirlo ad una ragazza!», mi scusai agitando le mani velocemente.
«Ma tu hai detto così!».
«Sì, Nash ma...cioè, ti correggevo...però è una cosa brutta da dire perché...è una parte del corpo femminile! Ed è volgare!»
«Ohhhhh. Okay», disse lui, capendo perfettamente di cosa stessi parlando.
lo vidi pensarci un po' su, poi disse: «Femminile perché finisce con "a"! Allora con la "o" è quello maschile...», s'indicò imbarazzato il cavallo dei pantaloni.
«No!». Scoppiai a ridere per l'assurdità del malinteso che si era creato con Nash.
Certo lui aveva i rudimenti della grammatica italiana, ma in questo caso non ci stava azzeccando affatto.
«No! L'organo maschile non si chiama così!».
Una scarpa per poco non mi calpestò la mano che poggiavo sugli scalini.
«Senti un po' chi sta a parlare di cazzi quando non ne ha mai visto uno in vita sua!».
Sentii le risate degli amici di Lorenzo, che seguirono la sua battutina scadente.
«Che vuoi?», sbottai mentre scesero le scale sulle quali stavamo seduti io e Nash.
«Che mi stai un po' meno in mezzo alle palle. Vatti a sedere da un'altra parte, non ti voglio dove devo passare io».
Sentii dentro la rabbia ribollire nel guardare il suo sorrisetto strafottente.
«Chi ti credi di essere!?», saltai su puntandogli un dito contro.
Lui mi guardò il dito, poi rise curvando le labbra maliziosamente.
«Te lo ficco in bocca quel dito se non ti levi.»
«Voglio proprio vedere!», esclamai d'istinto.
«Visto? È una pervertita. Ve l'ho detto», rise lui, seguito in coro dai suoi amici. Lo guardai buttare fuori il fumo della sigaretta, poi si voltò andandosi a sedere con i suoi amici sopra a delle coperte in cui c'erano delle ragazze straniere, forse tedesche.
«Stronzo», mormorai tra i denti.
«Is a bad word», constatò Nash, che stava ancora seduto.
«Si ma lui...is a bad boy», sospirai quando vidi Lorenzo afferrare una ragazza dai fianchi e portarsela contro il bacino.
«Vedi Nash...ehm...io non sono sempre così, come mi stai vedendo ora...».
Lui mi lanciò uno sguardo stralunato. Di sicuro non capiva le mie parole, ma io continuai lo stesso, come se sentissi il bisogno di dirlo a me stessa, più che a qualcun altro.
«Non mi arrabbio mai, ed è raro che io perda la pazienza in questo modo».
Nash mi sorrise, non capendo una beata mazza di ciò a cui mi stavo riferendo, quindi sospirai delusa. "Siamo qui per divertirci!". Il motto di Alice faceva acqua da tutte le parti, perché in compagnia di Nash cominciai a sentirmi sola.
"Certo mi divertirei di più se ci fosse anche Mattia", pensai.
Con lui avremmo preso in giro i ragazzi ubriachi e riso per cavolate senza senso.
Nash era carino, ma non era mio amico. In più era straniero, approfondire una conversazione mi veniva piuttosto difficile.
«Vuoi qualcosa da bere?».
Annuii alla domanda di Nash, che si alzò lasciandomi sola sui gradini.
Mi chiesi dove fosse finita Alice, ma poi gettai un'occhiata in una zona appartata, e la vidi con Jack. Si baciavano contro un albero.
"Uffa. Questa vacanza comincia davvero male".
Fu questo il mio pensiero.
Quando tirai fuori il telefono dalla tasca dei pantaloncini, notai il messaggio di Mattia.
State facendo le brave, vero?
Io di certo, Matti
risposi velocemente.
Tieni d'occhio Alice per me! baci e divertiti!
Iniziai ad odiare questa parola, non facevano che ripetermi tutti di divertirmi.
"Di sicuro quell'idiota di Gherbini si sta divertendo", mi dissi quando vidi un'altra ragazza seduta a cavalcioni su di lui. Gli stava facendo un succhiotto sul collo senza alcun tipo di vergogna.
"Che schifo".
Quando Nash tornò gli comunicai la mia decisione di tornare nel bungalow, mi ero stufata di quella baldoria volevo solo mettermi a leggere un buon libro.
«Ti accompagno, okay?», propose lui.
«No grazie, ricordo perfettamente la strada». Sorrisi, poi lo ringraziai per la compagnia.
Non era di certo colpa sua se non riuscivamo ad intavolare una discussione e se mi annoiavo a stare in mezzo alla gente ubriaca.
Notai che Alice era troppo presa a parlottare e baciarsi con Jack, quindi decisi di non disturbarla e di tornare al mio letto a castello.
Imboccai la stradina che portava al mio bungalow, incrociando le dita nella speranza di non perdermi, data la scarsa illuminazione del camping.
L'odore intenso di pini marittimi era così piacevole che respirai a pieni polmoni, mentre i miei sandali calpestavano il terreno, creando un lieve crepitio, sovrastato dal cicalio dei grilli.
«Dio, sì così...».
Ad un certo punto riconobbi dei lamenti e la cosa mi spaventò a morte. Mi si accapponò la pelle nell'udire dei suoni sconosciuti nel buio della pineta, quindi mi fermai per nascondermi dietro al tronco di un albero.
Tesi l'orecchio per qualche istante, ma non sentii più nulla, perciò decisi di proseguire la mia camminata. Aumentai il passo, ma quei dannati rumori tornarono, facendosi più vicini. Il mio cuore prese ad accelerare brutalmente e non potei fare a meno di notare una sagoma nega nella penombra.
Mi bloccai di scatto, con l'intenzione di tornare indietro, di fuggire via...ma ormai era troppo tardi.
I miei occhi lo avevano riconosciuto.
Era Lorenzo Gherbini.
Stava con la schiena contro un albero, una mano reggeva una bottiglia di birra, mentre l'altra poggiava sulla testa di una ragazza chinata davanti a lui.
«Oddio!».
Lo urlai a gran voce, ma subito mi tappai la bocca con entrambe le mani, pentita per aver fatto rumore.
Ovviamente il mio strepitare non passò inosservato, infatti Lorenzo sollevò il mento di scatto. Il suo viso, dapprima contratto in una smorfia di piacere, si deformò in un'espressione attonita.
«Porca merda, Ferrari! La smetti?», sbraitò armeggiando con i pantaloni.
Mi voltai repentinamente, poi chiusi gli occhi nel tentativo di dimenticare ciò che avevo appena visto.
«Che cazzo! Sei proprio una stalker!».
«Io una stalker? Sto tornando al mio bungalow! Sei tu che fai quella roba in pubblico!», indietreggiai schifata, quando venne davanti a me.
«È il mio cazzo di camping e se voglio farmelo succhiare liberamente, lo faccio!», esclamò senza pudore.
«Bravo! Fai comunque schifo!».
Lorenzo si passò le dita tra i capelli spettinati, poi si voltò verso l'albero, dove non c'era più alcuna traccia della ragazza che si era dileguata per la vergogna.
«Cazzo!», imprecò prima di affermarmi dal braccio con forza.
«Grazie tante, Ferrari. Mi hai appena rovinato un lavoretto coi fiocchi!»
«Ew! Sei disgustoso!», replicai guadandolo dritto nelle iridi verdi.
«Ma come ti permetti?! Disgustosa ci sarai tu...che stai a guardare».
Mi fece un ghigno masticando avidamente la gomma. Fu così vicino che sentii l'odore di menta mescolata al profumo di bosco, mare e dopo sole.
«Lasciami in pace!», mi divincolai proseguendo per la mia strada, poi accelerai il passo.
«Ferrari!».
"Al diavolo quell'idiota!"
Iniziai a camminare come un fulmine, ma questo non bastò perché Lorenzo mi raggiunse.
«Stai sbagliando strada, quattrocchi. Non hai di nuovo messo gli occhiali oggi?».
«Ci vedo benissimo, idiota».
«E allora vedrai che di qui si va al mare, non ai bungalow. Cretina».
Mi venne un nervoso tale che contemplai di tirargli una sberla. Le opzioni erano due: riempire di schiaffi quel suo muso strafottente o fuggire. Feci un lungo respiro per calmarmi, poi presi a camminare il più veloce possibile lontana da lui.
"Non sono una persona maleducata, perché devo comunicare con un individuo che fa uscire la parte peggiore di me?"
« Ti perdi se continui da quella parte», aggiunse sbuffando.
«Che ti frega?»
«Non me ne può fottere di meno di quello che fai, ma sai...non vorrei avere sulla coscienza una povera verginella ottusa».
Mi fermai appositamente per guardarlo in cagnesco, ma lui incrociò le braccia al petto, concludendo la sua frase con un sorrisetto.
«Ottusa e pervertita».
«Io sarei ottusa?».
« Certo tu».
«Lo sai vero che gli aggettivi "ottusa" e "pervertita" non combaciano affatto e formano quasi un ossimoro?».
Lui sputò la gomma a terra, da vero troglodita qual era, poi mi con fare divertito mi rivolse un'occhiata di sfida.
«Ma come cazzo parli? Scommetto che se ti infilo questo in bocca non ti ci entra perché c'hai già un dizionario!», fece un chiaro gesto volgare, indicandosi patta dei pantaloni.
Sgranai gli occhi e mi indignai davanti ad un'oscenità del genere.
«Cosa hai appena detto???», gli tirai uno schiaffo sul bicipite con tutta la forza che avevo in corpo, ma il suo muscolo era più duro di quanto pensassi.
Lorenzo rise di gusto e io volevo chiedergli con chi diavolo pensasse di avere a che fare, ma in quel momento la pineta si diradò e giungemmo ad una spiaggetta appartata.
«Hai visto, tesoro? Che t'avevo detto?».
Si mise le mani sui fianchi, guardando la riva con aria soddisfatta.
"Non ho mai visto sta spiaggia!", mi dissi. Avevo chiaramente sbagliato strada.
«Sei proprio testarda eh, oltre che una guasta feste».
«Ancora con questa storia? Vai! Va a fare quello che stavi facendo!».
Gli indicai la pineta con un gesto nervoso, invitandolo ad andare il più lontano possibile da me, ma Lorenzo non accolse l'invito.
«Ormai ho perso il treno. Per colpa tua», ghignò, mentre il fascio di luce che penetrava tra i pini illuminava i suoi occhi verdastri.
«Oh, sono sicura che ne trovi un'altro di treno, coglione», mormorai riferendomi al fatto che in una serata l'avevo visto in atteggiamenti intimi tre ragazze diverse.
«Ma che cazzo ne sai tu».
Alzò le spalle, poi tirò fuori una sigaretta dalle tasche.
Stavolta non risposi alle sue provocazioni, ma mi addentrai nuovamente nella pineta, decisa ritrovare la strada giusta.
«Perché non parli più ora?», chiese fumandomi addosso.
«Perché mi segui, eh?»
«Te l'ho detto, è il mio camping. Stupida come sei se ti succede qualcosa ci vado di mezzo io.»
« Sì certo», la buttai lì.
«Ah sentiamo, e perché dovrei farlo? Mh? Che ci ricavo? A parte le tue chiacchiere talmente noiose che mi hanno già fatto cadere lo scroto?».
"Quanta maleducazione e scurrilità concentrate tutte in un individuo solo!", mi dissi esausta.
«Oh ti è caduto? Davvero? Sarà dispiaciuta metà popolazione femminile, allora!»
«Ah, sai essere anche simpatica come un pugno nelle palle!»
«Se non la smetti te lo do io un pugno nelle palle!», gli intimai nervosa.
«Ottusa e aggressiva! Ecco a voi Sofia Ferrari, il sogno di ogni uomo!».
Si sbracciò con fare solenne, continuando a camminare al mio fianco.
«Ma sta zitto idiota, non sai neanche di cosa parli.»
«Stai insinuando che io non sia un uomo?».
Quando lo disse mi voltai a guardarlo.
In tutta risposta mi mi strinsi nelle spalle, ma non smisi di osservarlo.
Certo non sembrava un bambino. Alto era alto. Aveva pure un pochino di peluria chiara sul volto, senza contare che la sua schiena era più larga di quella di Mattia che andava in palestra tre volte a settimane e giocava a basket.
"Ma che mi prende?".
Smisi immediatamente di scrutare Lorenzo Gherbini, ma soprattutto smisi di fare quegli stupidi pensieri. Durarono un po' troppo, perché lui arricciò la bocca. «Che guardi, Ferrari?».
«Niente che mi piaccia».
«Sì, come no. Quindi stai insinuando davvero che io non sia un uomo?»
«Boh, non saprei.»
«Vuoi chiederlo a tutte le marmocchie che ho soddisfatto?».
Mise su due fossette ai lati del sorriso ricurvo.
«Sei tu un marmocchio!».
«Cazzo, Ferrari! Hai davvero bisogno di rimetterti quegli occhiali da vecchia zitella acida che usi a scuola perché mi sa che prima...non l'hai guardato bene».
S'infilò in bocca un'altra gomma alla menta e io inorridii davanti alla sua esclamazione.
«Non ho guardato proprio niente».
«Sì sì...certo, Ferrari».
«Che schifo! Ma poi...cos'è? Pensi d'avere qualcosa di speciale?»
«Certo. Come tu pensi d'avercela speciale.»
«Che non fossi una cima sapevo anche prima, ma che fossi così stupido, Gherbini...questo non lo immaginavo», sbuffai.
«Beh ti credi speciale, sennò perché non la dai in giro?» insistette lui.
«Perché non sono una facile come te! Ecco perché! Sei contento?».
Mise il labbro tra i denti, divertito del fatto che era riuscito a farmi perdere le staffe con facilità.
«È questo che pensi di me, Ferrari?»
«Certo perché è quello che sei, Gherbini», risposi di getto.
«E tu sei solo una suora del cazzo».
«Coglione», mormorai mentre continuavano a camminare nella pineta.
«Hei Ferrari!»
«Eh?».
«Mi fanno male le palle per colpa tua.»
«Riesci a parlare di qualcosa che non siano i tuoi stupidi organi genitali?»
«No, perché stavo per farmi una tipa e tu mi hai interrotto!»
«Scommetto che non sai neanche il suo nome».
«Beh?».
Scossi la testa.
"Che stupido scimmione".
«Dovevo scopare mica sposarmi».
«Ah certo, hai ragione Gherbini».
Lui mise su una risatina, poi spinse un dito contro la mia tempia.
« Chissà che cazzo ha nel cervello una piccola bambinetta come te», disse con tono curioso.
«Bambinetta ci sarà tua madre!».
Mi morsi la lingua perché subito dopo ricordai che Lorenzo non aveva più entrambi i genitori. Li aveva persi in un incidente d'auto ed era stato cresciuto dai nonni. O almeno così ci dissero gli insegnanti quando la mia classe partecipò ai funerali, qualche anno prima.
Incredibilmente arrivammo davanti al mio bungalow e quasi stentai a crederci che dopo tutto quel parlare eravamo riusciti a trovare la strada giusta. Tirai un sospiro di sollievo, Lorenzo invece non parlò più ma prese ad accendere un'altra sigaretta. Non so cosa mi disse il cervello, forse furono i sensi di colpa per aver tirato in ballo sua madre, ma alla fine lo guardai e me ne uscii con un: «Lo sai vero, che fumi troppo?».
«Sì maestrina di sto cazzo, lo so», ammise guardando a terra.
«E allora perché continui a farlo? Ah, già sei un troglodita imbecille», conclusi prima di dirigermi alla porta del bungalow, senza voltarmi.
«Hei, Ferrari?»
«Che c'è?», domandai ormai al limite della pazienza, infilando la chiave nella serratura.
«La prossima volta non te la scampi, lo sai vero?».
Usò un tono roco e vagamente seducente che mi indispettì.
«Come hai detto, prego?»
«Hai capito benissimo».
Lorenzo mi fece l'ennesimo ghigno da imbecille presuntuoso qual era, poi se ne andò guardando per aria.
💚💚💚💚💚💚💚💚
Al prossimo capitolo! 💖
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