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«Beh? Che ne dicii?».
Alice fece delle giravolte leggiadre in quell'abito svolazzante, sorridendo come una bambina piccola nel suo vestitino nuovo.
«Alla grande, Ali. L'azzurro ti sta troppo bene».
Stavo stravaccata sul letto a guardare la mia migliore amica che provava tutto ciò che aveva acquistato in quel pomeriggio di shopping estremo. Io ovviamente avevo finito per non acquistare niente, come al mio solito. Non che avessi gusti particolarmente raffinati, era solo che non mi vedevo mai nulla addosso. Ad Alice invece, con il suo fisico slanciato, stava benissimo qualsiasi cosa.
«Magari lo metto stasera...», fece lei osservandosi allo specchio.
Sbuffai.
«E dai, Sofi! La scuola ora è finita! Non hai scuse!».
Alice mi stava costringendo ad andare ad una festa di cui qualche secondo prima non conoscevo neanche l'esistenza.
La vidi posare le mani sui fianchi ed assumere un'espressione accigliata.
«Non dirmi che non ci vuoi venire! Che scusa hai ora?», chiese lei con tono da rimprovero.
«Ma...», finsi un musetto dispiaciuto, «...non ho un cambio...Non ho niente da mettere per stasera!».
Indicai il mio outfit che era rimasto identico a quello della mattinata. Come se presentarmi ad una festa con jeans, canottiera e scarpe da ginnastica fosse una novità per me.
Alice fece una smorfia, intuì subito che stavo adducendo scuse solo per evitare l'ennesima festa e trascorrere la serata in compagnia di uno dei miei libri.
«Ti presto qualcosa io!».
La mia amica si esaltò nel pronunciare quelle parole, ma siccome io non condividevo la sua stessa passione per i vestiti, poco mi importava di provare quegli abiti carini e femminili che era solita indossare.
Con la testa sul cuscino mi voltai alla mia destra e guardai Harry dritto negli occhi.
«Ha detto Marty che ci sarà anche Gianluca stasera...».
Alice abbozzò quella frase e fu abbastanza per farmi distogliere lo sguardo dalle foto di Harry Styles che tappezzavano la camera della mia amica.
Gianluca.
Ogni volta che sentivo quel nome mi si fermava il respiro al fondo della gola.
«Ma come... non dovrebbe studiare per la maturità?», feci io, leggermente sorpresa.
«Sì, ma che centra? Il tempo per andare a divertirsi lo trova! Sono mica tutti come te, Sofi!».
"Tutti come me?". L'espressione di Alice mi rimase impressa e non potei fare a meno di notare l'accento negativo di quelle parole. Probabilmente se detta da qualcun altro, quella frase m'avrebbe dato fastidio, con lei però non riuscivo a mostrarmi permalosa. Soprattutto perché la sua non era un'offesa, anzi. Tutti mi consideravano una ragazza troppo seria, troppo focalizzata sulla scuola e con troppa poca voglia di divertirsi. Per me non c'era assolutamente nulla di negativo in questo.
Nonostante ciò, un piccolo broncio apparve sulle mie labbra e la mia amica se ne accorse.
«Sofi, scusa. Sai cosa volevo dire...Che ora non hai verifiche da preparare, né compiti da fare...». Alice si gettò sul letto accanto a me, poi proseguì. «...Che ti costa venire con me a questa festa? In più se hai la possibilità di vedere Gianluca...».
Sospirai.
«Ci pensi ancora a lui?», chiese iniziando a passarsi uno smalto color vermiglio sull'unghia del pollice.
"Se penso ancora a Gianluca? Se penso ancora a quel ragazzo bellissimo che due anni fa, alla festa di compleanno di un suo amico, mi prese la mano e mi diede un bacio talmente bello che giurai di non baciare mai più nessun altro? Nah, che assurdità!", mi dissi. E immediatamente cominciai a perdermi nei ricordi.
All'epoca frequentavo la prima superiore, mentre lui faceva la terza.
Ovviamente non avevo bevuto alcolici quella sera, ma la testa prese a girarmi come un vortice quando Gianluca mi chiese se potevamo parlare un po'.
Dio, mi sembrò un sogno.
Non mettevo ancora le lenti a contatto in quel periodo e sotto consiglio di Alice, decisi di presentarmi senza occhiali, sperando che lui ci fosse e che mi trovasse più carina del solito.
"Mai presa decisione più stupida", mi dissi, una volta giunta a quella festa. Quando lo seguii tra la folla, vidi in lontananza una chiazza scura, "il divano" pensai, cieca come una talpa com'ero.
Quello che non vidi fu un tavolino di legno contro il quale sbattei vigorosamente il ginocchio.
Piagnucolai così forte che Gianluca si accorse di me e si voltò con fare premuroso per chiedermi se stavo bene. In un attimo mi passò tutto, le sue attenzioni furono su di me per l'intera serata e, quando ci sedemmo sul divano e prese a baciarmi, mi sentii in paradiso.
Poi non so cosa accadde dopo: quando posò la sua mano fredda sulla mia schiena scoperta, mi irrigidii come uno stoccafisso. Per non parlare di come mi scansai spaventata quando con l'altra mano provò a toccarmi il seno.
«No. Sei troppo piccola, Sofia. Magari quando crescerai un po'...», disse Gianluca poco dopo, quando le nostre labbra si separarono.
Lo affermò come se io gli avessi chiesto di metterci insieme o qualcosa del genere.
Certo non fu una cosa carina da dirmi, dato che ci eravamo appena baciati, finii comunque per interpretarlo come un gesto di galanteria da parte sua.
«Ci stai ripensando, Sofi...», insinuò Alice con un sorrisetto furbo, facendomi tornare alla realtà.
«No macché!», esclamai imbarazzata, prima di alzarmi dal letto e aprire l'armadio ad ante scorrevoli della mia amica, che schizzò in piedi sventolando la mano per fare asciugare lo smalto.
«Ti aiuto a scegliere!», aggiunse poi.
«Questo va bene», tagliai corto indicando un abito a righe bianco e nero.
«Ma non dire cavolate! Non vedi com'è sciatto? Lo metto per andare al mare quello!».
Alice fece scorrere le dita fino ad un abito senza maniche, color rosa cipria. «Metti questo!».
Lo ispezionai per valutare se non fosse troppo elegante, ma alla fine decisi che andava bene, era lungo fino al ginocchio, con la gonna leggermente svasata.
Mi misi davanti allo specchio, poi scrollai le spalle, rimanendo completamente indifferente al riflesso di quella ragazza anonima.
«Ok, andiamo», feci sbrigativa, ma la mia amica mi fermò.
«Hei hei, non sei pronta! Se magari togli questi...».
Alice sfilò con delicatezza i miei grandi occhiali.
«...E metti delle lenti a contatto, magari qualcuno noterà i tuoi occhioni».
Non potei non accorgermi dell'inflessione che fece sulla parola "qualcuno".
«E poi quella crocchia non va bene, sciogli i capelli così si vedono meglio le meches bionde che hai fatto l'altra settimana!», aggiunse Alice.
"Che mi hai convinto a fare l'altra settimana!", pensai tornando al mio riflesso nello specchio.
Sfilai l'elastico e presi a massaggiare i lunghi capelli castani, non potendo fare a meno di notare come i riflessi color cenere si mescolavano al nocciola.
«Comunque io non farò tardi perché domani partiamo presto», asserii decisa.
Alice dapprima mi squadrò stranita, poi si mise a ridere.
«Che palle, Sofia! La scuola è finita! Divertiamoci per una fottuta volta!».
Le ultime parole famose.
🌸
Quando arrivammo alla festa l'odore di alcool era leggero nell'aria, ma quello che sentivo indistintamente era il fumo di sigaretta.
Mamma mia quando odiavo quell'odore detestabile!
La casa di Claudio Salvetti era il posto più adatto per dare delle feste. Lui non era di certo un tipo festaiolo, anzi, era un ragazzo mite, studioso, nonché uno dei pochi che portava degli occhiali più spessi dei miei, eppure alla fine ci si ritrovava sempre da lui.
I ragazzi della mia scuola che amavano le feste, amavano anche la sua villa perché era grande e bella spaziosa. Nonché lussuosa. Il pezzo forte era la terrazza con vista mozzafiato sui colli romani.
Fortunatamente stavolta le lenti a contatto le avevo messe per davvero, così fui in grado di vedere tutto ciò che mi circondava: ragazze in abiti succinti, gente che ingoiava cocktail a profusione e schiamazzi rumorosi provenire da ogni angolo della casa.
E poi eccolo. Gianluca.
Peccato che come al solito non era da solo, ma stava insieme a Lisa, la sua ragazza bionda.
«Finalmente siete arrivate! Venite!».
Mattia ci salutò e ci fece strada tra ragazzi che bevevano e intingevano stuzzichini da una grossa tavolata colma di prelibatezze. Giungemmo nella zona che preferivo di più: la terrazza. Mattia ci fece spazio accanto a lui, mentre io e Alice ci accomodammo sui divanetti che ornavano il balcone.
«Allora, ragazze? Siete pronte per partire?»
«Sì non vedo l'ora di starmene a mollo a fare un cazzo tutto il giorno!», rispose Alice.
«Scommetto che Sofi ha già pronte le valigie da due mesi!», mi prese in giro Mattia, conoscendo quanto fossi previdente.
«Ah ah. Simpatico», replicai con una spallata amichevole.
La terrazza si popolò in fretta di ragazzi che uscivano per fumare e ne approfittavano per godersi il tramonto inoltrato.
«Ce li vorrei pure io tutti i soldi che ha Salvetti, porca miseria!», esclamò Mattia, prima di buttare giù una lunga sorsata di birra.
Mi guardai intorno, annusando nell'atmosfera quella piacevole arietta estiva, mentre il sole moriva lasciando spazio alla notte che incombeva lenta sui colli romani.
«Beh sì la vista è perfetta...», dissi un attimo prima che la vista sulla città eterna fosse rovinata da una sgradevole presenza.
Lorenzo Gherbini.
"Fa che non mi veda!", pregai silenziosamente tra me e me, non appena mi accorsi di lui e dei suoi amici maleducati.
Poi però mi resi conto che Lorenzo era troppo preso da sé stesso per guardare nella mia direzione. Non faceva che sistemarsi il colletto della camicia bianca e massaggiarsi i capelli con fare nervoso.
Una ragazza della sua classe gli disse qualcosa che non riuscii a sentire, poi lui le fece un cenno con la testa, prima di mandarle un bacio da lontano.
Rivoltai gli occhi da un'altra parte, per non stare a guardare quell'idiota, quando Alice richiamò la mia attenzione.
«Oh! Oh! Guai in paradiso!».
Mi indicò Gianluca e la sua ragazza Lisa che parlavano animatamente in un angolo della terrazza.
Le gambe, magre come fuscelli, sembravano ancor più deboli quando Lisa portava quei tacchi vertiginosi. Stava poggiata alla ringhiera del balcone con aria annoiata, mentre ascoltava Gianluca intento a parlarle. Non capivo di cosa discutessero, ma ben presto lei scosse il capo, poi girò i tacchi e lo lasciò solo con un'espressione esterefatta.
«Sofia e Alice! Mi hanno detto che quest'estate andrete in giro per il mondo come Thelma e Louise!».
Salvetti, il padrone di casa, fece l'apparizione con la sua tipica espressione da snob, nascosta dagli occhiali giganteschi.
«Sì, sì...proprio come Thelma e Louise! Se paragoni il Messico ad un camping di Santa Marinella!», rise Alice mentre allungò il braccio verso Mattia, pretendendo un altro sorso di birra.
«E poi vorremmo non fare la fine di Thelma e Louise, grazie Salvetti», aggiunsi io, prima di accennare un "no" con la testa quando Alice provò a passarmi la bottiglia di birra.
Salvetti continuò a chiacchierare con noi, lanciando lunghe occhiate alla povera Alice alla quale non importava nulla delle attenzioni del ragazzo.
«Non preoccuparti Salvetti, staranno sole per poco perché poi le raggiungo io. Torneranno sane e salve», fece Mattia con un sorriso beffardo, sapendo della cotta che Salvetti aveva per la mia amica.
Alice gli diede uno spintone e per poco non gli rovesciò la birra addosso.
«Non bevi niente, Ferrari? Vuoi che ti prenda qualcosa?» L'attenzione di Salvetti si spostò su di me, così Alice e Mattia presero a fare delle smorfie divertite, imitando l'espressone seria del ragazzo.
«Ehm... Magari vado a farmi un giro, così vedo cosa c'è di là...», mormorai, per sviare l'attenzione da "Sofia non beve alcolici".
Quando rientrai in casa, il mio sguardo fu subito rapito da Gianluca, che stava a fissare il vuoto seduto sul bracciolo di una poltrona.
Se fossi stata una ragazza più sfacciata sarei andata lì a chiedergli se andava tutto bene, ma siccome ero timida e piuttosto impacciata in quelle situazioni, decisi di lasciar perdere e di curiosare tra le bottiglie disponibili sul tavolo.
Una ragazza con una minigonna ascellare versava gli alcolici con destrezza, come se lo facesse di mestiere, era veloce e precisa.
«Che vuoi?»
Lo chiedeva a raffica e rapidamente preparava le bevande che le venivano richieste.
«Che vuoi?»
«Una birra, grazie», disse la voce dietro di me.
La riconobbi: era di Gianluca.
«Oh, scusa...Ti sono passato davanti? C'eri prima tu?», mi domandò.
Mi persi per qualche secondo nei suoi occhi scuri. Aveva l'aria intelligente, eppure così sexy.
Deglutii.
«Ehm...no...cioè...», presi a sorridere imbarazzata perché ripensai immediatamente a quel bacio.
«Sei Sofia giusto?».
"Oddio, si ricorda il mio nome!", pensai felice.
«Sì».
«Seconda...», si passò una mano sul labbro, gettando gli occhi al soffitto.
«Terza A.», lo aiutai io.
«Giusto! Comunque io sono Gianluca».
"Lo so chi sei, dannazione!"
Annuii tentando di non sembrare troppo in imbarazzo, quando mi invitò ad uscire in terrazza con lui.
Ci appoggiamo alla balconata parlando di quanto fosse assurda la bellezza di Roma vista da lassù, poi gli chiesi del suo esame di maturità. Sì, forse ero scontata e di poca inventiva, ma non ero solita parlare con ragazzi che mi piacevano, non sapevo mai cosa dire se non discutere di ciò che conoscevo meglio, ovvero l'argomento "scuola".
Gianluca mi raccontò delle materie d'esame, ma lo fece senza smettere di trangugiare alcolici e guardarsi intorno con sguardo desolato. Dopo la quinta birra mi accorsi che la sua voce si era fatta più molle.
«Ti diverti sul serio a queste feste?», chiesi nel tentativo di conoscere qualcosa in più di lui.
«Non molto...», abbassò lo sguardo cupo, «...tantomeno quando litigo con Lisa».
"Oh, oh. Tasto dolente!", pensai, prima di abbozzare un «Mi dispiace».
Mi dissi che sarei stata inopportuna a chiedergli quali fossero i problemi tra lui e Lisa, quindi mi soffermai ad occhi bassi ad sulla manica del suo giubbotto di pelle, non sapevo che altro dire.
«Io e Lisa stiamo insieme da molto tempo...a volte è difficile starle dietro e accontentarla».
Lisa frequentava la quarta ed era una ragazza piuttosto conosciuta al liceo. Non mancava mai ad una festa e andava in discoteca con la sua compagnia di ragazzi più grandi da quando aveva quindici anni. Non sapevo altro di lei, non la conoscevo...ma vista dall'esterno mi era sempre sembrata una tipa piuttosto volubile. A dirla tutta non sapevo neanche che tra lei e Gianluca fosse una cosa seria, l'avevo sempre vista ronzare intorno ad un sacco di ragazzi diversi.
«Ehm... Immagino che il vostro sia un rapporto complicato».
Rimasi senza argomenti, perché fondamentalmente non avevo esperienza in relazioni amorose di qualsivoglia natura. La cosa più buffa era che l'unica cosa che avevo fatto, il bacio, l'avevo dato proprio a lui.
Gianluca si sorresse con la schiena contro una colonna, poi mise il broncio. Sembrò proprio che parlare di Lisa lo rendeva triste, così mi chiese se potevo accompagnarlo a fare un giro.
"Okay, da quando siamo in confidenza?".
Decisi di mettere da parte i dubbi e di seguire l'istinto per una volta. Quando prendemmo a camminare, notai che Gianluca barcollava vistosamente.
«Non è meglio se ci sediamo?», gli proposi con scarsi risultati.
Lui si appoggiò a fatica ad muro, mentre la musica arrivava assordante dalle casse del salotto.
"Possibile che sia così ubriaco da non reggersi in piedi? Santo cielo che incosciente!"
«Forse è meglio che...», mi guardai intorno, cercando una soluzione.
"E ora diavolo che faccio?"
«C'è troppo casino. Ho bisogno di sdraiarmi, Sofia», disse lui socchiudendo gli occhi.
Lanciai lo sguardo sul divano del salotto, ma questo era già occupato da due coppiette che amoreggiavano senza pudore.
«Posso chiedere a Salvetti se puoi stenderti in camera sua...», proposi timidamente.
«Sai dove è camera sua?», biascicò Gianluca , allungando una mano verso la mia spalla.
Lo aiutai a raddrizzarsi, prima di rispondere con un «Sì».
Mi sforzai a sorreggerlo come meglio potevo.
«Mi ci accompagni, per favore?», domandò lui senza perdere il suo tono gentile.
Sentii il suo respiro sul mio collo, c'era della birra ma anche odore di qualche altro alcolico a me sconosciuto.
"In che guaio mi sto cacciando?".
Riflettei rapidamente sul fatto che stavo accompagnando un ragazzo ubriaco in camera di Salvetti. La situazione era insolita per me, ma ancora più strano era il fatto che questo ragazzo fosse proprio Gianluca. Lo accompagnai al piano di sopra, e tentai di non inciampare mentre sentivo il suo peso farsi più grave, man mano che salivamo le scale.
Arrivammo nel corridoio, ma mi fermai immediatamente quanto udii delle voci.
«Oh dio sì, sei fottutamente fantastico!».
Sbarrai gli occhi all'istante perché riconobbi quella voce femminile.
Era Lisa.
Il mio istinto mi disse che non saremmo dovuti salire al secondo piano, non senza il permesso del padrone di casa.
«Gianluca...non so se è stata una buona idea...».
Lui si appoggiò con la schiena contro la parete del corridoio, liberandomi dal suo peso.
«Shh...ho sentito qualcosa», fece lui con occhi stretti.
«Oh, cazzo sì...».
Una voce roca e maschile arrivò direttamente dalla camera: la porta era chiusa, ma era impossibile non udire dei movimenti mescolati ad ansimi concitati.
Ebbi un bruttissimo presentimento, quindi strattonai Gianluca da braccio, come per invitarlo ad andare via, lui però non mi diede ascolto. Si portò un dito sul labbro facendomi cenno di stare in silenzio.
In quell'attimo la porta della camera si aprì, rivelando una Lisa spettinata che uscì sistemandosi il vestitino aderente sulle cosce. Quando la ragazza si rese conto della nostra presenza, restò a bocca aperta per qualche secondo a fissare Gianluca. La sua espressione era chiaramente colpevole e io non seppi cosa fare, perché i due si guardarono a lungo senza dire una parola.
L'atmosfera era davvero imbarazzante. E io ero di troppo.
«Gianluca...». Bastò una parola di Lisa che lui perse le staffe. «Sei una maledetta stronza!», Urlò barcollando via da quel corridoio.
«Aspetta, amore! ti prego!».
Lei provò a seguirlo e io rimasi scioccata e confusa davanti alla camera di Salvetti.
«Oh, porca merda! Ci voleva!».
Lorenzo Gherbini uscì dalla porta mentre stava intento ad allacciarsi i pantaloni. Lanciò gli occhi verdi al soffitto, prima di sbuffare un sospiro profondo.
Lo vidi passarsi una mano tra i capelli mossi e spettinati, poi il suo sguardo cadde su di me.
«Di nuovo tu?!».
Discostai immediatamente lo sguardo dalla camicia sbottonata che lasciava intravedere un fisico scolpito e atletico.
«Tu! Mi spii, Ferrari?», chiese accigliato.
«Assolutamente no!», replicai acida.
"Ma guarda un po' sto stronzo!".
«E perché cazzo ti trovo qui fuori?! Stai ad origliare la gente?».
Le sue labbra si curvarono maliziosamente.
"Dio che imbarazzo".
«Ma che dici! No!»
Lorenzo non fece a meno di ridacchiare.
Cominciò a camminarmi intorno, compiendo un cerchio.
«E così... Ferrari è una piccola pervertita...».
Arrossii così tanto che dovetti coprirmi le guance con le mani.
«Ma che stai dicendo? Io...».
Lui curvò il collo e il suo sguardo sfacciato ricadde sulla mia scollatura appena accennata.
«Smettila! Ero qui per caso! Ero con Gianluca e...».
«Stai scherzando?» Lorenzo m'interruppe bruscamente, poi s'avvicinò a me.
«Glielo hai detto?».
«Detto cosa? Non so neanche di che parli, Gherbini!»
«Parlo del fatto che mi sono appena fatto una sana scopata con la sua ragazza. Peccato che qualche spiona quattrocchi glielo sia andato a dire».
«Quattrocchi?! Ma hai l'età cerebrale di un poppante?», esclamai indignata, poi scossi il capo con vigore e decisi che ne avevo abbastanza delle sue prese in giro, così gli voltai le spalle per andarmene.
Lui però mi richiamò con un canzonatorio. «Hei, Ferrari!»
«Ma cosa vuoi?», chiesi girandomi infastidita.
«Domani sera mi vedo con Cecilia di 4B».
Mi fece un altro sorrisetto con quella faccia da schiaffi.
«E quindi?».
"Da quando sta confidenza?".
Lorenzo si passò la lingua tra le labbra prima di tirare fuori una sigaretta dal pacchetto che aveva in tasca.
«Magari ti va di venire ad origliare...»
«Fai schifo!», sputai indignata.
«Oh, non sono mica io il pervertito!».
Fece un altro ghigno divertito, prima di infilarsi una sigaretta tra le labbra e andarsene.
🌸🌸🌸🌸🌸🌸🌸
Ecco il secondo capitolo!
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