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Non appena li videro apparire all'orizzonte, le tre serve uscirono di casa. Nashima fu la prima ad arrivare, e spalancò gli occhi. <<Marzia!>>
<<Che c'è?>> Poi anche l'archimagira vide ciò che aveva destato lo stupore della giovanissima ancella, e sbottò: <<E allora? Frena la tua morbosa fantasia, ragazzina.>>
Hermona, comparsa per ultima, vide per ultima e il suo cuore perse un battito. Il volto divenne pallido sotto l'abbronzatura, le labbra livide e sarebbe caduta se non si fosse prontamente aggrappata allo stipite della porta. Osservò il cavallo pomellato avanzare con due carichi, l'uno che sosteneva amorevolmente l'altro. Lui conservava la sua solita espressione di faraone di pietra, mentre lei sorrideva e aveva lo sguardo lontano, e il sorriso era vago, retaggio di un divertimento che non avrebbe dovuto provare. Se il piano avesse funzionato...
Marco lanciò un grido e subito comparve Calisio, che andò a prendere le redini, mentre Gala si avvicinava al gruppo delle donne.
<<Abbiamo avuto un piccolo contrattempo, Marzia>> disse il dominus. <<Occupati di Gala. Calisio, voglio che tu venga in biblioteca non appena hai finito con Aliseo.>>
Le passò davanti degnandola appena di uno sguardo. Per un attimo rallentò e Hermona pensò che le avrebbe chiesto qualcosa, ma infine tirò dritto e lei deglutì, mentre un nervo iniziava a pulsarle sulla palpebra destra. Gala... Il suono di quel nome, pronunciato da quelle labbra, le agitò il respiro.
L'archimagira e l'ancella avevano fatto gruppo intorno a Gala, tra esclamazioni e imprecazioni. Hermona vide lo squarcio della tunica, ma non provò l'esaltazione che si era aspettata di provare. Rivide quel sorriso vacuo, la rivide tra le sue braccia. Niente era andato come si aspettava.
<<Che ti è successo, ragazza?>> stava chiedendo Marzia.
<<Nulla per fortuna. Alcuni uomini hanno tentato di aggredirmi, ma per fortuna il dominus è giunto in tempo per portarmi via.>>
Hermona sentì il cuore rallentare e pensò che questa volta si sarebbe fermato. <<Marco ti ha salvata?>> sussurrò, mentre la vista si appannava.
<<Diciamo così. E ha fatto anche una lavata di capo ai convitati. Era furibondo perché mi avevano stracciato la gonna. Temevo fosse arrabbiato anche con me...>>
Marzia la interruppe con veemenza e le ordinò di andare subito a letto. Alla veste ci avrebbe pensato Lucrezia. Nashima la scortò sottobraccio dentro casa.
Hermona rimase sola, stordita, immersa in una nebbia che le offuscava lo sguardo e la faceva vacillare. Riusciva a pensare solo ad una cosa: lui l'aveva salvata. Quando loro si erano gettati su di lei, esattamente come aveva previsto, lui non aveva esitato ad intervenire in suo aiuto.
Perché, perché non aveva fatto lo stesso con lei, tre mesi prima? Perché non l'aveva soccorsa, perché aveva lasciato che si divertissero con lei? E soprattutto, se lei fosse stata al posto della schiava romana, Marco l'avrebbe tratta in salvo questa volta?
Hermona si appoggiò al muro, piangendo. Quando se ne rese conto, strizzò gli occhi, serrò i pugni e digrignò i denti. Loro non erano nessuno per farla piangere. Gala era solo una schiava, e Marco un uomo che l'aveva usata finché non si era stancato e l'aveva mollata quando ormai lei era stata perduta e quando aveva promesso a sé stessa che avrebbe servito e amato quell'uomo fino alla morte. Ma lei non gli era mai entrata nel cuore, sempre occupato dalla moglie morta, da quell'Agrippina che lei non aveva mai conosciuto. Le avevano raccontato della loro tragica storia, le avevano detto che dopo l'incidente il cuore di Marco si era raffreddato ed indurito. Lei non aveva voluto crederci, aveva provato a scaldarlo con i baci, le carezze, con tutto il suo amore, e non era poco. Si era messa in gioco per lui, anche se si era ripromessa di non cascarci più, anche se credeva di aver imparato la lezione.
E anche quando quel magico sogno era terminato, non aveva smesso di sperare, di lavorare, di faticare, per renderlo consapevole della forza della sua dedizione. Era sicura che sarebbe riuscita nel suo intento. L'arrivo di Nashima l'aveva fatta vacillare, ma non distolta dai suoi proponimenti. Quella sciocca non rappresentava un ostacolo per lei, presa com'era da quel suo stalliere. Ma ora...
Ora Marco era ritornato a casa reggendo il suo più recente acquisto tra le braccia. Una schiava giovane e bella come poche, una degna rivale, Hermona l'aveva capito subito. Gala sì, avrebbe potuto nuocerle. Doveva sparire, prima che potesse fare del male a Marco. Ne era capace. Leggeva l'astuzia dietro quei suoi occhi neri da serpente. Era già riuscita ad ammaliare Marco. Lui non aveva mai tenuto lei tra le braccia a cavallo in quel modo. Ancora pochi giorni di sotterfugi, e Gala avrebbe ottenuto ciò che a lei era interdetto. Ma lei era intelligente, avrebbe aspettato, si sarebbe fatta desiderare, come Hermona, preda di Cupido, non aveva saputo fare.
Non intendeva farle del male. Aveva cercato di sbarazzarsene nella maniera più raffinata, mandandola alla festa di Domizio. Lei c'era stata, aveva vissuto l'esperienza più terrificante della sua vita e ne era uscita scossa. Se non ci fosse stato l'amore di Marco a sostenerla, sarebbe crollata. Ma Gala era nuova, sola, senza amicizie. Lei non avrebbe retto all'infamia. Le alternative erano due: se era davvero l'ingenua verginella che faceva credere di essere, si sarebbe tolta la vita emulando la pudica Lucrezia.
Altrimenti, Hermona l'avrebbe incoraggiata alla fuga. Le avrebbe raccontato di fasulle perversioni di Marco, avrebbe ingigantito i soprusi da lei stessa patiti tre mesi prima, le avrebbe procurato il necessario per partire. Una volta lontana, tutto sarebbe tornato come prima. Era un piano perfetto. Aveva dovuto drogare Lucrezia, Nashima, Calia e sé stessa per farlo funzionare. Radici di emetina, dose allarmante. Aveva danneggiato la sua stessa salute, per amore di Marco.
E lui la ringraziava abbracciando Gala ed esibendola come un trofeo davanti ai suoi occhi.
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