13

Sebbene non fosse ancora riuscita a scavare a fondo nell'animo di Marzia, Gala si ritrovò a provare un'innata simpatia nei confronti di quella donna energica, mista ad un filo di reverenza, perché era chiaro il potere che esercitava sul dominus. Riuscì a scandalizzarla quando ebbe l'occasione di assistere a uno scontro verbale tra i due. Sbarrando gli occhi, osservò il dominus grugnire borbottii e maledizioni di fronte alle lamentele della cuoca. Sebbene non riuscisse a sentire le parole, le era sembrato di capire che Marzia lo stesse rimproverando di non avere fegato, di comportarsi come un bambino e cose simili. Gala era fuggita per timore di assistere alla reazione del padrone. Poi era andata alla ricerca di Marzia. L'aveva trovata in cucina, tranquilla e senza un graffio.

Alle sue esterrefatte domande su come si permettesse di parlare al dominus come se fosse suo figlio, la donna aveva sbuffato. <<A parte che praticamente lo è, mio figlio, dato che sono stata la sua balia. Fabia Cassia era una donna fantastica, ma magra come un chiodo, e anche se avrebbe voluto a tutti i costi allattare personalmente i suoi figli non ne era in grado. L'ho aiutata a far nascere i suoi ragazzi e li ho tenuti alla poppa fino ai due anni, e questo è il modo in cui quell'ingrato mi ringrazia! Ma non posso dargli tutta la colpa. È un uomo, in fondo. E gli uomini hanno costantemente bisogno di essere tenuti con un guinzaglio e un bastone. Finirebbero sempre fuori strada, se al fianco non avessero una donna con spina dosale. Non posso dire che abbia fatto una scelta saggia, prendendo Agrippina, ma neanche che lei sia stata la donna sbagliata. Era perfetta, ma non per lui. Nessuna meraviglia che sia finita com'è finita.>>

<<Chi è Agrippina?>>

<<Ma sua moglie, bambina.>>

<<Che ne è stato di lei?>>

<<Ha perso il bambino che aspettava, è caduta in depressione e ha fatto quello che tutte le donne deboli e graciline fanno.>> Marzia continuava ad affettare verdure e tagliare carni, ma aveva irrigidito le labbra. <<Marco non l'ha mai superata, anche se è passato un lustro da allora. Ha rischiato di seguirla, sai, ma poi qualcosa lo tratteneva sempre. La bottega, la sorella, anche solo il cavallo. Ti consiglio di non tirare mai fuori l'argomento in sua presenza, ragazza. Potrebbe essere rischioso.>>

Gala si offrì di aiutarla, in mancanza di valide alternative. <<Ho trovato un mosaico in biblioteca, dietro un arazzo>> raccontò dopo qualche minuto, durante il quale si erano sentiti solo gli strilli e le risate gorgheggianti delle ragazze nel fiume. <<È della domina?>>

<<Sì. Marco l'ha realizzato nel mese seguente le nozze.>>

Finalmente poteva dare un nome a quella giovane, pensò Gala, ricordando la sua espressione soave, le mani morbide e gli occhi offuscati e sognanti. <<Era molto bella.>>

<<Sì, beh, diciamo che l'ha un po' idealizzata. Agrippina era graziosa, ma con l'aspetto di una bambolina, se mi capisci, con quei capelli biondi che parevano finti e che hanno messo in giro voci che sua madre fosse una schiava celta o britanna, e gli occhioni azzurri sempre trasognati e sorridenti come se nulla al mondo potesse turbarla. Ma nulla da eccepire riguardo il suo comportamento. Dirigeva la casa con sicurezza e ci trattava tutti con molto rispetto. Faticava ad andare d'accordo con gli estranei, e gli unici amici che aveva erano Marcella e gli assistenti di Marco.>>

<<Assistenti?>>

<<Alla bottega. Una volta erano molti di più, ma dopo il lutto li ha licenziati tutti e ha chiuso la baracca. Passato un anno, si è reso conto che quello che aveva fatto era assurdo, e aveva cercato di recuperare, ma molti avevano trovato lavoro altrove o semplicemente si erano stancati di un padrone lunatico. Solo due ritornarono, gli amici di Agrippina, che comprendevano il suo dolore.>>

<<Deve averla amata molto>> mormorò Gala, figurandosi il viso freddo ed inespressivo de dominus e domandandosi se fosse possibile per lui aprire il suo cuore ad una persona.

<<Oh, sì. Agrippina era meravigliosa con lui. Solo il fatto che riuscisse a sopportarlo era straordinario, e si sarebbe meritata una corona civica. Tieni, taglia queste.>> Le passò delle cipolle. <<Stasera capretto. L'hai mai cucinato?>>

<<Non ho mai cucinato in vita mia.>>

<<Imparerai ora>> disse Marzia, senza scomporsi. <<Il capretto alla partica è uno dei piatti preferito di Marci e tutti dovete saperlo preparare, in caso non ci sia io. Lo vuole annaffiato di spezie: pepe, ruta, santoreggia e cipolla.>>

Le sue mani grosse come salsicciotti si muovevano con agilità, tritando, sminuzzando, affettando su un tagliere segnato da numerosi graffi e incisioni. Gala si chiese come riuscisse a non tagliarsi un dito e si sforzò di affrettare un po' i tempo, mentre gli occhi iniziavano a lacrimare per la cipolla, il cui odore le irritava le narici.

Lavorarono spalla a spalla senza parlare, ma in perfetta sintonia. Gala pensava ad Agrippina ritratta nel peristilio, e al diamante che le stava appeso al collo. Stava per chiedere a Marzia se fosse mai davvero esistito quel gioiello, quando lei l'anticipò: <<Snocciola quelle prugne.>>

Gala ne prese una. <<Sono di Damasco, vero?>>

<<Come lo sai?>>

Gala sorrise. <<Mia madre me le preparava come dolce quando facevo la brava e ubbidivo. Con i vicini si vantava di averle prese da Damasco per fare contenta me.>>

<<Guarda lì, dovrebbe esserci del vino. Quando il capretto è pronto - vedi, è nel forno, sta cuocendo>> e le indicò lo zoccolo di legno che ardeva più in là, <<ci buttiamo su tutta questa roba, più olio e garum. Sai cos'è, vero?>> Gala scosse il capo, continuando a sgusciare le prugne. <<È salsa di pesce, funziona bene con le sardine, è più veloce, ma col salmone viene ottimo. Tu prendi un vaso, lo riempi con il pesce e lo cospargi di sale e erbe aromatiche a scelta. Io di solito prendo menta, serpillo e puleggio. Poi tagli a pezzi un altro pesce e ce lo infili dentro, coprendolo di sale. Mi raccomando, strati molto spessi. Poi ricominci finché non arrivi all'orlo del vaso. Poi lo tappi in modo che non filtri aria e lo lasci a macerare per sei, sette giorni. Per un'altra ventina rigiri il miscuglio e infine racimoli il liquido che cola.>>

<<È disgustoso!>> esclamò Gala, con una smorfia.

<<Non per nulla lo chiamiamo anche liquame, ma assaggia prima di giudicare.>>

Gala continuò il suo lavoro in silenzio, pensando di non essere affatto adatta a cucinare.

...

Ebbe modo di conoscere più a fondo anche Calisio. Era diventato schiavo ad appena nove anni. Sua padre si era molto indebitato e, non riuscendo più a far fronte alle spese, si era tolto la vita, mettendo nei guai l'unico superstite della famiglia, suo figlio, che era stato comprato dal creditore come schiavo. Poi anche quell'uomo era morto e Calisio era passato dalle mani di un mercante di schiavi a quelle di Marco Cherea, che cercava uno stalliere che riuscisse a parlare con gli animali e bandisse la violenza in ogni sua forma, prima ancora che un custode per la sua catapecchia.

<<Ho avuto fortuna>> insisteva nel dire Calisio. <<Cherea mi ha tolto dal fango. Non fosse stato per lui, probabilmente ora vivrei molto peggio.>> Gala gli domandò se non fosse risentito per il comportamento del padre. <<Inizialmente ero infuriato con lui, ma poi è passato, col tempo. Mi sono reso conto che odiare non portava a nulla. Non è che mi rendesse la vita più tollerabile...>>

<<Dunque lo hai perdonato?>>

Calisio fece una smorfia; era la prima volta da quando l'aveva conosciuto che Gala non lo vedeva sorridere. <<Diciamo che ad un certo punto ho semplicemente smesso di pensarci. E le poche volte che lo facevo, vedevo solo un vecchio disperato che non essendo più in grado di sopportare il peso della vita aveva deciso di togliersela. Credo che non immaginasse nemmeno che in quel modo avrebbe messo me nei guai.>>

<<E pensi che se lo avesse saputo, te lo avrebbe risparmiato?>>

<<Non ne ho idea. Penso che mio padre nutrisse per me affetto sincero, anche se non siamo mai stati l'immagine della famiglia lieta. Però era estremamente egoista, imprevedibile e senza autocontrollo. Anche se il dio Giano gli avesse fatto il dono di leggere il futuro, non credo che avrebbe rinunciato a suicidarsi, specie considerando che, se così non avesse fatto, sarebbe stato lui lo schiavo.>>

<<Calisio!>>

Era la voce tonante del dominus. Calisio si scusò e corse verso la stalla. La ragazza rimase qualche minuto a rimuginare, seduta su un muricciolo che dava sul fiume, eretto quasi a caso nel mezzo del campo incolto e infestato da erbacce lunghe fino al ginocchio. Pensò che anche lei era diventata una schiava per colpa di qualcun altro e, come Calisio, credeva che non avesse senso incolpare altri per il destino che Cloto, Lachesi e Atropo, le tre Parche, riservano ai mortali. L'ingiustizia, purtroppo, era cosa molto diffusa e in quel momento comprese che a soffrirne non era solamente lei.





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