Capitolo 55: Un souvenir speciale.

Aideen

«Tieni» porgo la tazza di tè caldo alla strega, che si affretta a ringraziarmi e comincia a bere.

Mi siedo di fronte a lei, e incrocio le braccia al petto mentre aspetto che si riprenda. Dopo averla fatta svegliare era sempre debole, quindi siamo tornate in cucina e le ho preparato un tè. Nel frattempo ha mangiato del cioccolato, per evitare di svenire di nuovo.

«Stai meglio?»
«Sì! Cavolo, devo aver usato più energia del previsto» mormora, un sorriso imbarazzato sulle labbra.

Annuisco, e mentre lei torna bere, ripenso a tutto quello che ho visto. Stella, Dark, la casa di vetro e tutti quei fiori...

«Allora? Che cosa hai scoperto? Se vuoi dirmelo, certo! Altrimenti... be', fammi sapere se ha funzionato...» dice la strega, e alzo le spalle.
«Sono arrivata nel giardino che mi avevi detto di immaginare.»

Le racconto il viaggio che ho fatto nella mia mente, delle altre me, delle erbacce e dei due fiori più grandi del giardino. La strega ascolta in silenzio, e annuisce, felice che la sua specie di sessione di meditazione abbia funzionato.

«Hai delle idee di che cosa possano significare i fiori?» chiede ravviandosi una ciocca di capelli scuri dietro un'orecchio a punta.
«Sì...» mormoro, «Ma adesso che ho tolto le erbacce e i fiori morti che cos'è cambiato?»
«Ti senti diversa?»
«Un po'» aggrotto le sopracciglia, «È solo... vedere quel girasole morto...»

Penso di sapere, adesso che sono più cosciente, che cos'era quel girasole. Quel fiore mi fa tornare subito in mente un momento magico: era in un campo di girasoli che Peter mi aveva detto per la prima volta che si era innamorato di me.

Ma era morto. Appassito. L'ho detto io stessa: "forse non l'hai annaffiato abbastanza?". Per questo Dark era così protettiva nei confronti del fiore: Peter ha amato anche la mia parte più oscura. Se ci penso, fa ancora male, ma molto meno di prima, e non perché ho strappato via il fiore... più perché l'ho visto appassito. Se c'era ancora una speranza in me, ormai è sparita. Non potevo salvare quel fiore. Non potevo salvare quello che c'era tra me e Peter, e forse sto cominciando a farmene una ragione. Dopo aver visto quello che mi ha mostrato Cassandra non sapevo più che cosa pensare, anche se sapevo che andare in quell'universo parallelo sarebbe stata una cattiva azione.

Ma non sarà mai indolore il ricordo del suo viso. È bello pensare di nuovo ai suoi occhi marroni... ma fa anche male sapere che non lo vedrò più.

«Capisco. Non c'è bisogno di spiegarmelo. Basta che adesso tu abbia capito che cosa provi davvero.»
«L'unica cosa che ho capito è che la mia mente è una specie di giardino dove tutte le esperienze, relazioni o persone che mi hanno cambiata sono rappresentate come dei fiori, ma quello che provo io non lo so» mormoro.

So che cosa provo per Peter, quello lo sapevo da un po', ed è vero che vedere quel girasole mi ha aiutato, ma devo ammettere che ero venuta da Beatrice per Royal.

«Io penso che le due ragazze che hai incontrato spiegano molte cose» sorseggia il suo tè.
«Non ho due personalità» dico, perché forse le è venuta in mente questa cosa.
«Lo so! Loro sono due parti diverse del tuo carattere, non sono davvero delle persone» ridacchia.

Annuisco, contenta che non pensi che io sia malata. Forse lo sono, ma non in quel senso lì, almeno.

«Il punto è che Stella è la tua parte curiosa, anche se sembra comunque affezionata al passato, però vuole scoprire nuove cose. Mentre l'altra... è più impaurita, forse ha paura di cambiare, perché è già stata troppo cambiata e non saprebbe come comportarsi se le cose dovrebbero cambiare di nuovo» riflette, guardandosi intorno, come se stesse interpretando delle carte, «Hai liberato Stella, quindi la parte curiosa di te potrebbe tornare a galla, e questo è un bene!»
«Sì...»
«E la rosa?» chiede d'un tratto.

Deglutisco, toccandomi la nuca. Sì, ecco... penso che quello sia più legato alla cosa che volevo scoprire. So che non rappresenta Jessica, perché sarebbe stata una rosa bianca, e anche perché sono sicura che non avrebbe avuto bisogno di una campana di vetro. Stella ha detto che era lì da tanto tempo, quindi deve per forza essere Royal.

«Io penso dovresti lasciarla libera» la strega sorride piano.
«Cosa? Ma è così per non farla appassire, l'ha detto... Stella» mormoro, imbarazzata di dover dire Stella come se parlassi di un'altra persona.

Stella sono sempre io, Royal mi chiama sempre così. O almeno... mi chiamava sempre così. Adesso lo fa di rado, forse perché vede troppo Dark per chiamarmi Stella.

«Se la lasciassi libera potrebbe diventare qualcosa di ancora più bello! Potrebbe crescere!»
«Che cosa c'è di più bello di una rosa? E poi... potrebbe appassire.»
«È un rischio» annuisce, «Ma se ti prendi cura di lei, allora andrà tutto bene.»

Aggrotto le sopracciglia e ci penso su. Ma sì... forse ha ragione, se lasciassi libera quella rosa, le cose con Royal potrebbero migliorare! Chissà, forse mi sbloccherà qualcosa, o che so, mi farà capire qualcos'altro... e comunque si tratta solo di un fiore nella mia testa, so che comunque sia non lascerò andare Royal.

«Allora devo tornarci. Rifacciamolo» mi alzo, e Beatrice spalanca gli occhi.
«Adesso? Oh, adesso temo sia un po' presto... che ne dici di domani sera? Un po' prima di partire, okay? Questo posto mi dà energia» dice, e io mi tocco un po' i capelli.
«Okay» mormoro, perché non mi ricordavo che partiremo tra pochi giorni.
«Che adesso sono ancora un po' stanca» dice nervosamente.
«Hai ragione, è meglio domani sera.»

Faccio per andarmene ma poi mi blocco, e sento un prurito alla bocca, come se dovessi dire qualcosa di molto importante.

«Ehi, uhm, sai...» mormoro, «Grazie.»

Royal

«Che cos'è che vuoi davvero, Anakin?» aggrotto le sopracciglia, incrociando poi le braccia al petto.

Lui smette di parlare a raffica e sorride piano, con le ombre che gli coprono piano il collo, come se si fosse fatto scoprire.

«Io mi chiedevo... come stessero andando le cose con Aideen» abbassa un po' gli occhi, «L'ho vista un po' strana in questi giorni, e ti ho visto un po' strano, allora...»
«Niente di cui devi preoccuparti.»
«Avete litigato?»

Quando ho visto Anakin arrivare saltellando verso di me, ho capito che mi sarei dovuto preparare ad alcune domande alle quali non avrei voluto rispondere.

Io stavo seduto tranquillamente sul una poltrona del salotto, e me lo sono ritrovato seduto com'è adesso sul bracciolo, con le sue ombre che mi solleticano la testa.

«Non abbiamo litigato» ribatto, toccandomi i capelli.
«Ma tu sei arrabbiato.»
«Non sono...» borbotto, «Sono soltanto stanco, okay?»

Ricordo benissimo questa notte e come abbiamo ballato... so benissimo che era ubriaca, e mi sono lasciato andare soltanto per quella ragione, forse sperando che la mattina dopo le cose sarebbero cambiate. Invece non è cambiato nulla. Abbiamo dormito insieme, sul divano, e l'avevo stretta come non avevo fatto da tempo, soltanto per risvegliarmi da solo, come al solito.

«Lo sai da quanto conosco tua sorella. Ne ho avuto abbastanza di essere il suo giochetto. Sono stato la cosa che tirava fuori quando si annoiava, quando voleva distrarsi, per troppo tempo.»

E non voglio più esserlo. Non so come io stia facendo a resistere alla tentazione di girarle intorno continuamente. Lei è una calamita alla quale sono legato per sempre, e anche se raggiungerla mi dà sollevo, poi staccarmene è sempre orribile.

Anakin spalanca gli occhi, poi scuote la testa, come se tutto fosse soltanto un malinteso che può risolvere con qualche parola.

«Ma per Aideen non sei più solo un giocattolo, almeno, non da quando è stata capace di amare di nuovo. È cambiato tutto, da lì in poi...»
«Non è cambiato niente. Anche se adesso non le permetto più di usarmi... lei pensa a me così, lo so, l'ho sempre saputo.»
«E quando ha pianto come una disperata sul tuo corpo che credeva morto per sempre?»

Aggrotto le sopracciglia, ripensando al suo viso scioccato quando le avevo detto di smettere di stringermi così forte. E allora? Ero l'unico innamorato di lei che le rimaneva, e so che ha pensato così...

«Roy, dai, smetti di fare il broncio.»
«Non faccio il broncio, Anakin, ma non voglio più lottare per qualcosa che dovevo lasciare andare da molto tempo. Non è quello che sta imparando Aideen, lasciarsi il passato alle spalle? Dovrei farlo anche io. Sono restato attaccato a lei per così tanto tempo... e mi sono dimenticato di prendermi cura di me stesso.»
«Ma non puoi abbandonarla adesso! Dopo tutto quello che ha passato, finalmente sta tornando la Stella che conoscevamo tutti e vuoi lasciarla andare proprio adesso?» si alza, leggermente irritato.

Aggrotto le sopracciglia. Perché diavolo deve dirmi queste cose? Stavo cercando di pensare ad altro, stavo cercando di togliermi la sensazione di delusione che ho provato quando mi sono svegliato solo, e lui viene a rigirare il coltello nella piaga.

«Quand'ero io che avevo bisogno di lei... lei dov'era? Se n'era tornata all'inferno, ecco dov'era! E Stella... Stella non c'è più da tempo e io non ho voluto accettarlo. La incontro solo nei sogni... e quando è ubriaca» mormoro, cercando di tenere la calma, «Io proteggerò sempre Aideen, lo sai. Ma non posso più correre da lei appena si sente triste e ha bisogno di pensare ad altro. Non mi ha nemmeno raccontato di quando era all'Inferno, prima, di come si è liberata di Kai... fa come se non fosse mai successo niente.»

Anakin non dice niente, mentre le ombre gli salgono verso le orecchie. Poi alza la testa, con un sorriso, come se gli fosse venuta un'idea brillante.

«E se potessi provarti il contrario?»
«Mhm?»
«Scommettiamo» dice, sorridendo.
«Che cosa?»

Lui comincia a girare intorno alla poltrona, saltellando un po'.

«Scommettiamo che stasera ritrovi Stella.»
«Stasera?» aggrotto le sopracciglia.
«Vi manderò a fare una passeggiata insieme.»
«Cosa-»

Anakin si ferma e annuisce, molto fiero del suo piano, mentre io lo guardo confuso.

«Se vinco io, mi dovrai abbracciare per almeno cinque secondi, invece se perdo... non so... sceglierai qualcosa!»

Abbracciarlo per cinque secondi? Sto per ribattere ma lui continua a parlare.

«Vado da Aideen!» esclama, battendo le mani.
«Aspetta-» ma lui è già uscito fuori dalla porta con una corsetta.

«Un souvenir speciale, ha detto?» ripete Aideen, aggrottando le sopracciglia.
«Il più speciale di tutti» borbotto, toccandomi i capelli.

Non ho seguito Anakin per fermarlo dall'avvertire Aideen, perché comunque so che avrebbe trovato un modo per farci andare lo stesso. Non so che cosa fare: Aideen sembra già essere concentrata sul suo obbiettivo, cioè il souvenir di suo fratello, mentre io non riesco a pensare ad altro se non la serata di ieri e alla vera intenzione di Anakin dietro questa uscita.

«Facciamo un giro e vediamo che cosa troviamo?» mi chiede, «E comunque si accontenterà, eh.»

Annuisco mentre la seguo, e poco dopo arriviamo in città. Non è molto grande, questo paesino, ma ci sono tante locande e negozietti con delle creazioni artigianali. Forse potremmo prendere qualcosa in uno di quelli...

«Qualcosa lì dentro?» suggerisce Aideen, indicando quello che sembra un sexy shop.

La guardo sconvolto, ma mi accorgo che è già andata avanti, ridacchiando fra sé. Indossa una maglietta nera che le lascia scoperte le spalle, ma che le copre le braccia con un tessuto più largo, e una gonna di pelle anch'essa nera. Ad un certo punto si ferma, e quasi le vado addosso.

«Royal, guarda!» esclama, alzando il dito e puntandolo verso un ristorante a pochi metri da noi.
«Che diavolo è quello?» borbotto, camminandole accanto fino all'edificio.

Non è un posto enorme, però ha già due piani, ciò che lo rende un po' diverso dagli altri locali qui intorno. Quando ci avviciniamo all'entrata alcuni miagolii si fanno sentire, e aggrotto le sopracciglia, ma tutto diventa più chiaro quando alzo la testa sull'insegna del posto: "Cat caffè", c'è scritto.

«È questo il souvenir perfetto per Anakin!» esclama Aideen, leggendo il biglietto con sopra scritto le regole del posto.
«Vuoi portarlo qui?»
«No... prendiamogli un cucciolo di gatto! Vedrai che gli piacerà» annuisce.

Aideen dev'essere impazzita. Comincia a guardare dentro al ristorante per capire di che cosa si tratta, mentre io cerco di farla ragionare.

«Non saprà nemmeno prendersene cura...»
«Lentiggini lo aiuterà» fa un gesto come per dirmi di non preoccuparmi.

Incrocio le braccia al petto ma non ribatto, tanto è inutile con lei, lo devo ammettere.

«Okay, ma come facciamo per prenderlo? Non possiamo mica rubarlo.»

Aideen si gira verso di me e mi guarda come se avessi mandato in fumo il suo piano geniale. Quasi sorrido, ma poi mi ricordo di questa mattina e cerco di non essere troppo gentile. «Aideen!»

«Va bene... a me non sembrava una cattiva idea» borbotta fra sé.

Mi viene da ridere ma cerco di trattenermi, poi apro la porta e la lascio entrare. Dannazione, con lei è impossibile. Non riuscirò mai a non correre da lei appena è triste... ma devo pensare a me stesso, no?

«Possiamo andare a chiedere» suggerisco, e lei annuisce.

Non appena mettiamo piede nel locale, un gatto mi si struscia sulle gambe, e Aideen lo guarda tutta curiosa, come se non avesse mai visto un cucciolo di gatto. Cerco di distrarla e ci incamminiamo verso un cameriere.

«Possiamo prendere un gatto?» chiede Aideen, senza nemmeno dire buonasera, o qualcosa del genere.
«Come scusi?» il cameriere fa un sorriso imbarazzato, e mi faccio avanti prima che la cosa finisca male.
«Abbiamo visto questo posto, e ci chiedevamo se i gatti fossero in vendita.»

Il cameriere si gira completamente verso di me, come se Aideen fosse scomparsa, poi fa un sorriso.

«Oh no, quelli no! C'è il menu dello chef però!» esclama, «Ne abbiamo così tanti che prendersi cura di tutti è un po' complicato... e nessuno resiste a un gattino.»
«Che cos'è questo menu?» chiede Aideen.
«C'è un menu speciale, molto, molto sostanzioso, che comporta un gattino in premio se si riesce a mangiare tutto. Pochissimi ci sono riusciti.»

Mi giro verso Aideen, che sta già facendo un ghigno nell'udire la sfida.

«Lo facciamo.»

«Un tavolo per due, per favore» mi schiarisco la gola, mentre Aideen si è già seduta.

La raggiungo e cerco di non guardarla male: si sta comportando... in modo strano. Forse è ancora un po' ubriaca. Guarda quello che c'è scritto nel menù e ridacchia, poi ordiniamo al cameriere da bere e lui se ne va.

«Scommetto che potrei mangiare tutto da sola.»
«Guarda che ci sarei anch'io» aggrotto le sopracciglia.
«Ma se non ti piace nemmeno!»
«E allora devo stare lì a guardarti mentre mangi?» sorrido scuotendo la testa.

Stella mi fa un verso, poi tira fuori qualcosa dalla sua borsa. Non ho nemmeno bisogno di guardare che cos'è, perché potrei riconoscere l'odore del suo sangue lontano chilometri. Prende il mio bicchiere e di vino rosso e ci aggiunge il sangue.

«Aideen, guarda che siamo in pubblico» mormoro, senza riuscire a reprimere un sorrisetto, perché non direi mai di no ad un po' del suo sangue.
«E allora? Tanto gli umani non si accorgono mai di niente» alza le spalle, sorseggiando la sua cocacola.

Osservo la lattina rossa e mi domando perché l'abbia ordinata. È da tanto tempo che non ne beve più, però mi ricordo la prima volta che l'avevamo assaggiata: Stella si era messa a ridere per le bollicine che le pizzicavano il naso. A quei tempi era ancora un po' sciolta con me, era prima degli anni bui, prima che cambiasse tutto.

Aideen fa i grattini al muso di un cucciolo di gatto, e la vedo sorridere.

«Perché sorridi così?»
«È solo che era da un po' che non c'era una sfida divertente da fare... le ultime sono state...» si mordicchia il labbro, e io resto un po' incantato, «Be', l'incantesimo per liberarmi di Kai.»

Penso di fare un'espressione sorpresa: non me ne aveva mai parlato. Mi aveva detto che non era più legata a lui, e poi l'avevo visto perché non ha più il tatuaggio, però aveva sempre cambiato argomento... forse adesso potrei provare di nuovo a chiederle di parlarmene?

«Parlando di quello... non mi hai mai spiegato niente.»

Lei spalanca gli occhi, come se se lo fosse incordata soltanto adesso. Aggrotta le sopracciglia, poi comincia a parlare.

«Ecate mi aveva dato quest'incantesimo troppo complicato, e io sono dovuta andare da Caronte perché era scritto in una lingua super antica. Gli ingredienti erano tre: il sangue di un demone, un granello di sabbia della spiaggia del Purgatorio e un fiore del Paradiso.»

Quasi spalanco la bocca, perché davvero non mi aspettavo che me ne parlasse, e poi così dettagliatamente.

«Poi c'era l'ingrediente segreto: il fuoco di Kai in un barattolo!» esclama come se stesse raccontando una storia, penso per non rendere il tutto troppo serio, anche se lo è.
«E come ce l'hai messo?»

Aideen comincia a raccontarmi tutto, di come la sua amica Katherine abbia sedotto Kai eccetera, però non mi azzardo a chiedere altri dettagli per paura di farla smettere di parlare. Riesco a chiederle soltanto com'è andato il suo corto rientro all'inferno, poco fa.

«Katherine sembrava la stessa, forse sorrideva un po' di più, mentre Kai ha detto che era acqua passata. È stato strano, però sono contenta.»

Annuisco, e ripenso a quando mi aveva detto che "mi aveva scelto".  Non ci crederei nemmeno se me lo giurasse.

«Quale prenderemo, di gatto?» chiedo per cambiare discorso, visto che non vorrei che si richiudesse in sé stessa.
«Non saprei... dev'essere speciale, no? Non possiamo prenderne uno a caso.»

Annuisco, e poco dopo arriva il cibo. È vero, è piuttosto sostanzioso, ma niente di che per noi. Aideen sembra addirittura delusa, però non dice niente e comincia a mangiare. Io la guardo e sorseggio il mio bicchiere di vino - con il delizioso sangue di Aideen.

Quando abbiamo finito pago il conto e facciamo per alzarsi, Aideen che si lamenta un po' perché la sfida era troppo facile. Ad un certo punto si sente un miagolio e Aideen spalanca gli occhi.

«Per tutti i gironi... stavo per uccidere questa... piccola peste!» si china e raccoglie qualcosa da sotto il tavolo.

Non è qualcosa: è un gattino, tutto nero, che comincia a miagolare come se ci fosse un enorme pericolo.

«Perché sta miagolando in questo modo?»
«A lui non piace il sole, sta sempre all'ombra. È raro che la gente lo veda, è sempre nascosto sotto ai tavoli» il cameriere alza le spalle.

Aideen spalanca gli occhi e si gira di scatto verso di me.

«È lui il prescelto!» esclama, «È fatto per Anakin!»

E così usciamo dal locale, con il souvenir speciale di Anakin.

«Come lo chiamiamo?» chiede Aideen, accarezzando il muso dell'animale.
«Guarda che non è tuo, il gatto.»
«Lo so! Però...»
«Però niente! Lasceremo Anakin decidere» ridacchio, scuotendo la testa.

Stella borbotta qualcosa, poi si zittisce e si gira qualche volta verso di me, ma senza dire niente.

«Sai... io...» mormora, girandosi di nuovo verso di me, «Ecco, mi dispiace per ieri sera. Non avrei dovuto... tu mi avevi chiesto...»

Stringe un po' di più il gatto, che miagola di nuovo, poi distoglie lo sguardo.

«Mi è piaciuto ballare con te... mi piace sempre ballare con te... però avrei preferito fosse quando ero più sobria, ecco, io...»

Torna a guardarmi, le guance rosse. Le guance rosse.

Comincio a sentire caldo dappertutto, e vorrei avvicinarmi a lei e abbracciarla, ma non lo faccio. Non lo faccio perché non è giusto. Non posso, per il mio bene.

«Non importa, non è niente di grave» mormoro, abbassando la testa.
«Sei sicuro?»
«Sì...»

Aideen sorride e annuisce, accarezzando il gattino, e io non riesco a smettere di pensare alle sue guance rosse.

Quando torniamo alla casa dei parenti di Beatrice, Aideen comincia a chiamare suo fratello.

«Anakin! Abbiamo il tuo souvenir!»

Lui spunta fuori dalla sua camera poco dopo, saltellando verso di noi. Mi lancia un'occhiata ma io evito il suo sguardo, perché non voglio abbracciarlo per cinque secondi davanti a tutti, sinceramente.

«Che cosa...»
«Ti piace?»
«Che cos'è?!» esclama Anakin, osservando il gatto che Aideen gli ha dato.
«È un cucciolo di gatto.»

Lui lo guarda e gli accarezza il capo.

«Lo so ma... perché me l'avete messo tra le braccia?»
«Perché è tuo.»
«Mio?!» spalanca gli occhi, tornando a guardare il gatto, terrorizzato.

Aideen sorride un po' mentre aspetta una reazione positiva, ma Anakin sembra essere preoccupato.

«Io... non posso...»
«L'abbiamo scelto perché si nascondeva fra le ombre, e abbiamo pensato che fosse perfetto per te, vero Royal?» dice Aideen, e io annuisco.

Anakin fa una faccia strana, ma quando una delle sue ombre va ad accarezzare il gatto e il cucciolo smette di miagolare di colpo, il viso del demone si illumina di nuovo.

«Oh, per Lucifero...» sussurra, «Theo!! Vieni qui a vedere che cosa mi hanno portato!»

Sorrido leggermente mentre lo vedo andarsene, un po' perché mi piace vederlo felice, ma anche perché spero che l'arrivo del gatto gli abbia fatto dimenticare la scommessa, così che io non debba mai ammettergli che ha vinto lui.

Ciao ragaaa! Come promesso, un nuovo capitolo hehe, piuttosto lungo eh! Sono troppo feliceee, però vi avverto che per il prossimo ci vorrà un po' AHAHAH amatemi lo stessooo!
Allora, in questo capitolo Bea ci illumina sul sogno, mentre Anakin ha messo in atto il suo piano. Che dite, Royal ha ragione? Dovrebbe allontanarsi un po' da Aideen? E questo "Cat Café"? Come vi sono sembrati loro due? Riusciranno a riavvicinarsi? E Anakin? Il gatto lo saprà mantenere?
Baci 😈
-Gaia 💜

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