Parassita
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Tempo: L'incidente.
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Aveva sopportato abbastanza. Non riusciva a perdonarsi per aver lasciato che qualcuno la ferisse. Non comprendeva nemmeno perché la volpe non si fosse impadronita di sé come aveva sempre fatto.
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𝘈𝘭𝘭𝘰𝘳𝘢? 𝘕𝘰𝘯 𝘱𝘦𝘯𝘴𝘪 𝘤𝘩𝘦 𝘴𝘪𝘢 𝘵𝘳𝘢𝘴𝘤𝘰𝘳𝘴𝘰 𝘢𝘣𝘣𝘢𝘴𝘵𝘢𝘯𝘻𝘢 𝘵𝘦𝘮𝘱𝘰? 𝘓𝘢 𝘴𝘵𝘢𝘯𝘯𝘰 𝘥𝘪𝘷𝘰𝘳𝘢𝘯𝘥𝘰 𝘥𝘢𝘭𝘭'𝘪𝘯𝘵𝘦𝘳𝘯𝘰 𝘦 𝘵𝘶 𝘴𝘵𝘢𝘪 𝘧𝘦𝘳𝘮𝘢 𝘢 𝘨𝘶𝘢𝘳𝘥𝘢𝘳𝘦.
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Un fremito le scosse ogni centimetro del corpo: la volpe la stava chiamando; era un invito, non aveva più intenzione di prendere il sopravvento su di lei. Così la ghoul socchiuse gli occhi lasciando che venature scarlatte si ingrossarono intorno ad essi, diventati ormai sotto le palpebre pozze nere nel quale risplendevano due brillanti fiamme rosse.
«Io e te, una cosa sola.» ⠀ ⠀ 𝘐𝘰 𝘦 𝘵𝘦, 𝘶𝘯𝘢 𝘤𝘰𝘴𝘢 𝘴𝘰𝘭𝘢.
La volpe spalancò le fauci in un ringhio di battaglia, lei lasciò che otto protuberanze acuminate prendessero forma dalla sua schiena, liberandola dolorosamente dagli spilli che l'avevano tenuta prigioniera fino a quel momento. La coda principale, quella centrale, si ingrossò al punto da risultare il doppio della sua stazza. Al fianco di essa rispettivamente altre tre code a destra e quattro a sinistra le avvolsero il busto in una corazza non più malleabile. Mancava una coda all'appello, ma ormai essa non le apparteneva più. Una dura maschera anch'essa coriacea le nascose il volto, terminando in due estremità a punta che richiamavano le orecchie dell'animale che le aveva prestato fauci e artigli. Infine, lungo la spina dorsale si liberarono degli scaglioni acuminati quasi fossero un prolungamento esterno delle vertebre.
Quando la ghoul riaprì gli occhi nella realtà si ritrovò davanti lo sgomento di due camici bianchi dalle mani guantate di verde menta, gocciolanti di un denso liquido rosso. Il suo sangue.
Non ebbe facile memoria di cosa accadde in seguito, ma il ricordo della tenera carne di cui aveva fatto pasto permeò nelle sue fauci per diverso tempo. Ricordò di aver riconosciuto l'amica distesa di schiena sul lettino accanto al proprio e di averla presa con sé, fuggendo, brancolando tra il buio e la luce della semi-coscienza. Ricordava il suo respiro debole, l'occhio rosso spalancato ma rivolto all'ignoto, il battito che sembrava rallentare a causa del possibile rigetto del parassita. L'avrebbe persa, era certa che sarebbe finita così.
Le uniche opzioni possibili erano quelle di strapparle il parassita da dosso con le unghie oppure di sfamare quest'ultimo nella speranza che potesse ridarle vita in quella simbosi necessaria.
«Jane, perdonami, ti prego... mangia, devi mangiare, andrà tutto bene. Perdonami...» Aveva affondato i denti su un avambraccio dei propri e da lì aveva strappato un pezzo di carne, per poi premerlo con forza sotto i denti dell'amica all'interno della sua bocca. «Mastica, Jane ti prego... Non lasciarmi, devi reagire, non lasciarmi»
La volpe abbandonò lentamente il suo corpo, sciogliendo da esso la presa dei rigidi ammassi di cellule che avevano precedentemente dato forma alla corazza. Un colpo di tosse aveva smosso con un tremito il petto della minore e la ghoul trattenne il fiato. La costrinse a nutrirsi di un altro boccone strappato dalle proprie membra, sperando in una rigenerazione più efficace.
Sopra di loro il cielo silenzioso era tappezzato di stelle, soltanto una sirena ormai lontana echeggiava nella notte.
La volpe era adesso accucciata insieme al coniglio dall'occhio rosso, il quale questa volta aveva affondato i denti tra le costole dell'animale. Il parassita aveva iniziato la propria ascesa e lei ne era complice.
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