parte seconda

Ludovico non ne fu affatto sorpreso, anzi. Alzò un sopracciglio, poi alzò anche l'altro e alla fine chiamò Giovanni per un breve consulto, lasciando Rosa di guardia a quello che fu velocemente etichettato come "loro prigioniero".
In realtà, Hermann del prigioniero aveva ben poco; era seduto sulla panca fuori dalla chiesa, senza armi, con le braccia incrociate sul petto e una sigaretta delle sue in bocca.

Era particolarmente assorto nei suoi pensieri e il silenzio era tale che Rosa riusciva ad origliare stracci dell'accesa conversazione che si stava tenendo all'interno del loro rifugio.

Giovanni era convinto che al tedesco dovesse essere data fiducia, mentre Ludovico, perennemente all'erta e mai troppo pronto a fidarsi del prossimo, era più propenso a un drastico colpo di fucile.
Lei, ovviamente, non era stata invitata a prendere parte alla discussione. Il suo parere non era richiesto e, molto probabilmente, nemmeno considerato degno di riguardo.
«Sono inutile», si rammaricò, pensando ad alta voce. Per un momento si era assurdamente convinta di essere sola.
Hermann si voltò immediatamente verso di lei, sorridendole con gentilezza.
«E perché saresti inutile?»

La guardava come nessun altro l'aveva mai guardata prima: nel suo sguardo c'era il rispetto.
Rosa arrossì, vergognandosi per un istante dei suoi sentimenti, ma poi, con una punta di curiosità, si trascinò vicino ai piedi dell'uomo. Le piaceva stare seduta sull'erba, al sole e con la schiena appoggiata alla panca di legno.
«Mio fratello crede sia ancora troppo stupida per prendere decisioni e i miei genitori non fanno altro che dargli corda. Persino Giovanni adesso si è schierato dalla sua parte!», sbottò, passandosi le dita tra i capelli. «E la cosa più brutta è che hanno ragione: non so fare niente, non sono brava in niente e se mi muovo sono talmente goffa che finisco sempre per combinare qualcosa!»
Era una maledizione, la sua goffaggine. A Firenze i suoi compagni la prendevano sempre in giro e non era certo una bella figura quella che aveva fatto più di una volta in chiesa quando, nel bel mezzo della funzione, si era alzata per ricevere la comunione ed era finita col naso per terra.
«Non mi sembri poi così maldestra», la rassicurò Hermann, spegnendo la sigaretta sotto la suola dello stivale. «Semplicemente non sforzarti di essere ciò che non sei, ma lotta per rimanere ciò che sei. Non devi cercare niente, devi solo prendere coscienza di te stessa. Credici di più, prova ad avere un po' di autostima.» Fece una breve pausa, scrutando il cielo con aria assorta. «Sai, quando ero un ragazzino a scuola mi chiamavano 'Occhi di Ghiaccio' per via del colore delle mie pupille. Era un soprannome che odiavo, mi faceva sentire un mostro e credevo che per questo motivo non avrei mai trovato nemmeno un amico. Ma poi mia madre mi disse ciò che io ho detto a te. Da allora ho sempre cercato di adattarmi, di convivere con ciò che mi aveva messo a disagio per anni. E sai cos'è successo?»
Rosa scosse il capo.
«È successo che ho imparato ad apprezzare i miei occhi e, essendo più sicuro di me stesso, sono riuscito a farmi anche degli amici.»
«Non succederà mai, non a me. Non sono capace di apprezzare nemmeno il mio nome!»
«Succederà. È più facile di quello che sembra.»
Istintivamente, Rosa si portò una mano alle labbra per nascondere una risata. Era una strana sensazione, quella che provava per la prima volta. Un solletico allo stomaco, una piacevole fitta nel ventre che aveva rilasciato in lei un curioso senso di serenità. Si sentiva improvvisamente rilassata, in pace con tutto ciò che la circondava.
«Hermann», cinguettò, muovendo appena i piedi tra l'erba alta. «Come faceva la tua canzone?»
L'uomo le rivolse un'occhiata pacata.
«La mia canzone? Quella che cantavo poco fa?» Ci pensò un po' su, poi sorrise. «Ah, ma certo!» Esclamò, illuminandosi in volto come avesse appena scoperto la verità della vita. «"Hai occhi di ghiaccio ed un cuore di terra, ti chiudi a sognare nelle notti d'inverno ..." ti riferisci a questa!»
Rosa annuì, estasiata.

«Sì, ha delle parole così dolci!»
«Sfortunatamente non ne ricordo il seguito. Ero piccolo, la mia bambinaia veniva da Venezia e me la cantava spesso.»
«E' per questo che parli italiano?»
Scrollando il capo, Hermann annuì, vago.

«Sì, qualcosa del genere. Più che altro avevo un sacco di tempo libero e non troppe cose da fare.»
Ludovico arrivò in quell'istante e buttò a terra la giacca quasi volesse richiamare l'attenzione su di sé. Giovanni li osservava con la schiena appoggiata al muro della chiesa, nascondendo il viso paffuto nella sciarpa che si ostinava a portare intorno al collo nonostante fosse agosto. Entrambi squadravano la scena con serietà, tenendo l'orecchio ben teso nel caso un'imboscata fosse pronta ad attaccarli non appena avessero iniziato a parlare. Rosa sospirò, stringendosi i palmi chiusi contro il petto.
«Ludovico ...» gemette, provando ad alzarsi, ma suo fratello la interruppe immediatamente.
«Ti portiamo con noi fino a Pontignano», dichiarò, torvo. «Dopodiché sarà il battaglione, a decidere cosa fare di te.»
Rosa trattenne il respiro. Il battaglione non avrebbe avuto pietà. Arrivati a Pontignano l'avrebbero torturato per giorni e, quando non sarebbe stato più utile per i loro scopi, l'avrebbero lasciato morire di fame lungo le rive dell'Arno.
«Preparatevi, comunque: torniamo a Monte Giovi.»
«Ma, Ludovico!», protestò la ragazza, alzandosi finalmente in piedi. «Perché dobbiamo tornare indietro?! Sono quasi sei ore di cammino!»
«Laggiù ci sono posti migliori per nascondersi e organizzarci. E poi, visto che è stato lì che ci siamo incontrati, è logico pensare che qualcuno sia rimasto ad aspettare gli altri compagni. Se invece ci si sono accampati i crucchi, beh, non faremo altro che riportare a casa il signorino.»

E detto questo, scoccando un'ultima occhiata carica d'astio a Hermann, suo fratello se ne andò.
Scoraggiata, Rosa sospirò. Non osava contraddire suo fratello, eppure non aveva nessuna intenzione di vedere quell'uomo morire davanti ai suoi occhi. Per anni aveva atteso qualcuno in grado di comprendere i suoi sentimenti e, quando finalmente questo qualcuno era arrivato, l'assurda situazione in cui si trovavano la costringeva a rinunciare a tutto.
«Andiamo», mormorò. «Monte Giovi è lontano.»
Hermann la guardò, serio, e annuì piano.

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