Occhi cielo
Possono passare giorni.
Lenti e inesorabili, ma il ricordo di te vivrà in eternità. Tuo nome sarà più dolce del miele sulla punta della lingua.
Tu sarai marchiato nella mia anima.
Ricordo ancora la prima volta che ti incontrai.
Soave e dolce più di un angelo fusti.
Avevi la melodia più bella di tutte.
E negli occhi cielo avevi imprigionato il sole.
Quel sole che avevi rapito, lasciando invece, spazio alle nubi nel cielo.
Ma mi piaceva anche per questo.
Perché lo portavi tu.
Mi avevi fatto capire e apprezzare poco per volta, l'importanza di questa pioggia.
Quella stessa pioggia che, se solo ora guardavo faceva male.
Ma mi ricorda anche te.
I nostri piccoli momenti vissuti come se fossero stati eterni, una vecchia Elisir.
La nostra prima conversazione avvenne tra i corridoi di una biblioteca.
Ma quella in segreto, non era stata la prima volta che ti vidi.
In silenzio e in disparte più volte ti avevo notato.
Piccola esile figura passeggiava tra quei scaffali.
Dai capelli corti a caschetto dal colore del grano.
E gli occhi così azzurri che, ti rimangono impressi.
Esili dita scorrevano quei scaffali, alla ricerca di un libro ben preciso.
Dietro alla stessa colonna ti seguiva un codardo.
Un traditore.
Una figura che, non aveva corraggio per avviccinarsi.
Come vento ti avevo fatto sfuggire.
Ma in quell'istante una promessa mi ero rifatto.
Avrei preso corraggio per parlarti.
Non so come.
Ne' il perché.
Ma ti volli dal primo istante.
Volli udire la tua voce.
Conoscerla.
E imparere ogni sua sfumatura.
La seconda volta fu al parchetto, al quale eri solito recarti.
Sedevi su una panchina.
Gli occhi seguivano le righe di quelle pagine.
E i polpastrelli ne seguivano le tracce.
Avrei dato qualunque cosa per essere quello che gentile toccavi.
O per essere su colui che quei occhi cielo si posavano.
Nascosto dietro ad un tronco.
Il cuore mi batteva forte.
Più forte di un rombio del tuono.
Più forte di mille suoni da parate.
Mano sul petto presi più coscienza di me.
Con passi delicati mi avvicinai, addombrandoti la visuale.
Ciao, ti dissi a bassa voce.
Più basso del rumore del vento che, si era appena alzato.
Ero insicuro se mi avessi sentito.
Codardo ero quasi pronto per scappare via.
Ma tu mi inchiodasti lì.
Sguardo da bambino.
Occhioni da cerbiatto.
Mi stavano osservando.
Scrutando.
Conoscendo.
Abbassai lo sguardo.
Strinsi le nocche sino a quasi farmi male.
Le rilasciai morbide poi.
Ciao mi risposi.
Non dissi altro.
Mi voltai.
Un tocco freddo mi aveva appena sfiorato la pelle del polso.
Un tocco minuto.
Era la tua piccola mano.
Ti prego non andare, siedi qui con me mi implorasti.
Una piccola e flebile preghiera che mi scaldò il cuore.
Più di una primavera stessa.
Quel pomeriggio tra vento.
Risate.
E secondi passati insieme.
Passò troppo veloce.
Ci salutammo con la promessa del domani.
Ma fui troppo concentrato al domani per non pensare a quell'oggi.
Pentirsene sarà poi troppo tardi.
Due nomi risuonarono come eco.
Il mio, Jean Kirschstein.
E il tuo, Armin Arlert.
Il nome più bello di tutti.
Armin. Armin. Armin.
Divenne come una cantilena per me.
Una musica che ti entra sin dentro l'anima.
La scalfisce.
La smuove.
L'accende.
I giorni passarono.
Sempre insieme fummo da quel giorno in poi.
Con dei libri scambiati.
Sguardi timidi e sfuggitivi.
Piccoli sorrisi dolci nati sempre più pian piano.
Piccoli sfioramenti puri.
In tutto ciò che, facevamo non c'era mai un poco di malizia.
Sembravamo due bambini alla loro prima cotta.
Infantili.
Inesperti.
Ma spontanei.
Con dei gelati scambiati.
Passeggiate sino in riva al mare.
Ma solo poco tempo dopo notai un tasto.
Il cielo.
Aveva smesso di essere azzurro.
Sin dal nostro primo incontro l'astro finì per piangere sempre.
E solo perché eri tu.
Era con te.
Avevo imparato ad amare quella pioggia.
Poi una frase prima di lasciarci
mi dicesti.
Non dovremmo mai pensare troppo a cosa accadrà.
Ma all'oggi.
A ciò che stiamo vivendo.
Non diedi troppo peso a quelle parole.
Ma ancora una volta ti dissi a domani.
Quel domani che, però non ci fu mai.
Le attese divennero infinite.
Tu ti era dissolto completamente.
Io divenni disperato.
Non sapevo più come contattarti.
Finché poi successe.
Chiesi di te alla bibliotecaria .
Ma la riposta mi tagliò in due.
Mi chiesi del perché mi avessi taciuto questo?
Perché non me lo avessi detto prima ?
Fu solo in quel momento che, capì appieno il significato delle parole.
Sapevi che tra poco te ne saresti andato.
In silenzio come neve che cade al suolo.
Io qui solo sarei rimasto.
Senza più il mio occhi cielo.
Senza più una voce.
Senza più un volto.
Senza l'averti espresso ciò che mi facevi sentire.
La notizia della tua morte la metabolizzai dopo un anno.
Dopo notti intere trascorsi nella rabbia.
Poi in dolore.
Pianti ininterrotti.
E in fine più il nulla.
Divenni un involucro vuoto.
Non c'era più sole per me.
Quel sole che, era stato rilasciato.
Quel sole che, ora aveva preso ad illuminare la nostra città.
Ma cos'era quel sole senza di te, alla fine ?
Tu divenisti un fantasma.
Finché poi non mi arresi all'evidenza.
Per quanto io ti avrei aspettato.
Da me, mai più saresti tornato.
Lo realizzai solo in quel momento.
Sulla spiaggia.
Mentre ti ricordavo.
Tra sorrisi e gocce salate che, divvennero una sola cosa con la pioggia che iniziò a scendere.
Dalla morte non si può tornare indietro.
Ma l'anima e i ricordi saranno sempre con noi.
Vivranno in eterno.
The End .
Nota Autrice: non so che, cosa sia uscito, ma mi ha messo una tristezza che non vi dico e solo nel scriverlo . 💔
Oltre questo vi dirò, che ho nelle orecchie la voce di Jean. Non posso farci niente 🤣
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