Altea Sifakisu


Ed ecco il mio secondo oc per la role "Mediterranea" di -lightfull_
Spero vada bene!

INFORMAZIONI GENERALI E STORIA
"Il mio nome è Altea Sifakisu.
Questo nome non mi dispiace, in quanto lo trovo abbastanza altisonante, degno di una giovane donna ambiziosa e che mira in alto come me, e adatto a caratterizzare, ad esempio, anche una nobile kyria. Inoltre, trovo che abbia un bel suono e non è né troppo lungo, né troppo breve.
Il suo significato è "guaritrice".
E' piuttosto azzeccato, direi, dato che sono, in effetti, una guaritrice e un'esperta di arti magiche.
Le mie capacità magiche derivano dalla mia parentela: sono, infatti, figlia della dea Hecate, che mi ha trasmesso una parte, seppur infinitesima, dei suoi poteri e mi ha insegnato le arti magiche, nonché la preparazione di unguenti e filtri dalle proprietà magiche.
Non ho idea, invece di chi sia mio padre.
Il cognome, infatti, l'ho preso dalla famiglia alla quale Hecate mi affidava per undici mesi all'anno, con cui ho vissuto per i primi vent'anni della mia vita, la famiglia Sifakisu, una delle famiglie più in vista di Sparta, i cui uomini appartengono alla ristretta cerchia degli homioi, gli uguali, i valorosi guerrieri, nonché soli cittadini a pieni diritti di Sparta. 
Per loro è stato un grande onore essere incaricati di crescere la figlia di una dea, e hanno sempre cercato di fornirmi tutto ciò di cui potevo avere bisogno: salvo che, purtroppo, non sono mai riusciti a comportarsi in modo spontaneo con me.
Per il padre, la madre, il figlio maggiore Aghias, e le figlie Galatea, Asteria e Tecla sono sempre stata solo la despoininda, la signorina, Altea. Mai nulla di più affettuoso, mai nulla di più familiare.
Per quanto fosse bello essere rispettata e trattata come una persona importante, mi sentivo, in un certo senso, sola. Non che mi lasciassero concretamente sola, anzi c'era sempre qualcuno che, se avevo bisogno di qualcosa, me lo procurava, erano sempre disponibilissimi, ma... era come se non fossi una di loro.
Solo Brithos, il secondo figlio, era diverso. Per lui ero una persona al suo pari, ma non solo: ero... un'amica. 
Aveva quattro anni più di me ed era un ragazzo davvero... davvero... insomma, non è facile trovare le parole.
Gli altri ragazzi, loro, o erano in soggezione in quanto ero una semidea, o non lo sapevano e si sentivano superiori a me in qualità di uomini, ma Brithos no. Brithos era speciale.
Mi riteneva una ragazza intelligente e capace e mi trattava come tale. 
Mi parlava esattamente come ad uno qualunque dei suoi amici, in modo familiare e scherzoso, non mi riteneva un essere superiore, né mi vedeva come più debole solo perché ero una ragazza.
Mi ha insegnato a combattere, a usare la lancia, il giavellotto e il pugnale, e a volte mi prestava la sua spada: un'arma bellissima, con il manico modellato a forma di ali e ricoperto di rame e finiture dipinte di rosso, che ho sempre trovato affascinante.
Quando siamo cresciuti entrambi... beh, abbiamo capito che forse la nostra non era solo una semplice amicizia, ma qualcosa di più.
E così, con la benedizione di mia madre e il consenso, seppure un po' incerto, dei suoi genitori, ci siamo sposati. Io avevo diciassette anni, lui ventuno.
Eravamo tanto felici... ma le cose belle, purtroppo, non durano mai a lungo. 
C'è stata una guerra, e Brithos è partito. 
Dopo sei mesi, l'ho rivisto... ma portato dai suoi compagni, sdraiato sul suo scudo, con la spada appoggiata al petto, con le mani sull'elsa secondo le tradizioni spartane. Era morto. E la morte, la morte, dico, era l'unica cosa che nemmeno la più abile guaritrice avrebbe potuto curare.
Senza Brithos, non sapevo più che cosa fare. 
Finito il suo funerale, sono corsa via. Non aveva più senso restare a Sparta, e in casa... in casa non riuscivo a stare.
Così me ne sono andata.
Sono tornata nel tempio dove, durante la mia infanzia, mia madre, per un mese all'anno, mi insegnava ad utilizzare le mie abilità, e dove l'ho trovata ad insegnare ad altre ragazze. 
Apprendiste, mi ha spiegato. 
Per un po' sono stata con lei, a insegnare a quelle ragazze le arti magiche e la preparazione di unguenti miracolosi... ma non mi sentivo soddisfatta.
Volevo di più dalla vita. 
Volevo fare qualcosa di importante, di grande, dimostrare a tutti cosa sapevo fare, essere degna di essere ricordata dalle generazioni future, perché quella era l'unica vera forma di immortalità.
Un giorno, circa un mese fa, mentre passeggiavo in mezzo alla vegetazione che circondava il tempio, ho sentito delle voci.
Incuriosita, mi sono avvicinata.
Erano un gruppetto formato da cinque soldati, tutti con ferite più o meno vistose. Il più malmesso era sorretto dai due compagni con le ferite meno gravi, e il modo in cui lo tenevano mi ha ricordato il modo in cui i suoi compagni avevano portato Brithos, morto. 
Così li ho chiamati, attirando la loro attenzione, e ho chiesto loro chi erano.
Erano soldati spartani, che stavano tornando da un giro di guardia ai confini quando erano stati assaliti da un gruppo di Ateniesi. Dopo un duro combattimento, li avevano sconfitti e uccisi tutti, tranne due o tre che erano scappati, ma erano rimasti feriti e alcuni dei loro compagni erano morti. Mi sono offerta di aiutarli e, con unguenti e arti magiche, sono riuscita in breve a curarli tutti.
È così che ho scoperto che Sparta e Atene sono in guerra. Di nuovo.
Io la guerra la odio, è stata lei ad avermi portato via Brithos, e il mio primo desiderio quando me l'hanno detto è stato fare finta di nulla e continuare la mia vita in santa pace. 
È vero, mia madre si è schierata, ma non le avrebbe fatto alcuna differenza se io fossi rimasta al tempio, ad aiutarla ad istruire le apprendiste più giovani e quelle che hanno deciso di non prendere parte al conflitto. 
Non è per questo, infatti, che ho deciso di prendere le mie cose, tornare a casa, disseppellire l'elmo di Brithos e partire per Sparta, per la guerra.
È perché non voglio che ci siano altri Brithos, ma anche perché voglio diventare qualcosa di più. 
Voglio essere ricordata come la donna che ha dimostrato il suo coraggio curando e difendendo i feriti durante questa terribile guerra, come colei grazie alla quale tante vite non sono andate perse, tante famiglie non sono state divise.
E quindi andrò in guerra, cercherò i feriti, li curerò e, se un nemico vorrà provare a infierire su di loro, dovrà prima battersi con me."

ASPETTO
"Sono una giovane donna di ventiquattro anni, direi, nella media, per quanto riguarda l'aspetto fisico.
Sono, infatti, di statura medio-alta (Author's note: 1,68 m) e di corporatura media: non sono magrissima, ma nemmeno grassa, né tanto muscolosa da avere una costituzione mascolina.
I miei capelli, come del resto anche quelli della maggior parte delle donne del posto, sono scuri, ma ciò che mi differenzia da tante altre donne e ragazze è il contrasto tra i capelli, neri come l'ebano, e la carnagione, che è estremamente chiara.
I miei occhi, inoltre, sebbene da lontano sembrino anch'essi scuri, sono di colore blu notte, una rarità, che non so da chi ho preso. Forse da mio padre, che non ho mai conosciuto, o forse sono particolari a causa del fatto che mia madre è una dea... non saprei."

PREGI
"Un mio pregio è, indubbiamente, la capacità di mantenere la calma. Raramente mi arrabbio e, anche quando mi capita di perdere la pazienza, non perdo quasi mai le staffe.
Inoltre ho i nervi abbastanza saldi, quindi riesco a ragionare in modo lucido anche sotto tensione e a non perdere la testa in situazioni di emergenza, cosa che, almeno credo, mi tornerà estremamente utile quando sarò sulle retrovie dei campi di battaglia a curare e difendere i feriti.
Un'altra mia qualità è quella di saper infondere fiducia e calma nelle persone, grazie alle mie parole e ai miei atteggiamenti. Questa capacità, in realtà, l'ho acquisita al tempio, in qualità di guaritrice, venendo a contatto con persone ferite o malate, che oltre che di cure avevano bisogno di qualcuno capace di rassicurarli e tranquillizzarli.
Infine, riesco a imparare piuttosto rapidamente quasi qualunque cosa mi venga insegnata, dalle arti magiche, alla preparazione di unguenti, alla tessitura, fino all'utilizzo di armi quali la lancia, il giavellotto, o la spada, nel quale ho scoperto di essere ancora piuttosto abile nonostante non sia mai stata una professionista e non mi allenassi da molto tempo."

DIFETTI
"Come tutti, ho sì dei pregi, ma anche dei difetti.
Innanzitutto, una mia caratteristica che è spesso reputata negativa è che sono piuttosto orgogliosa: per quanto mi sforzi di non comportarmi in modo altezzoso, non riesco davvero ad essere umile quanto sarebbe opportuno per una guaritrice, che per natura dovrebbe mettersi al servizio degli altri. Intendiamoci, il mio orgoglio non mi impedisce affatto di svolgere al meglio il mio lavoro, né per me sarebbe un grande problema, ma a volte rischio di dare un'impressione errata di me e del mio carattere.
Un altro mio problema è che, a causa del fatto che non mi arrabbio quasi mai, a volte le persone pensano di potermi mettere i piedi in testa senza che io reagisca: sono proprio quelle le rare occasioni in cui perdo la pazienza, perché posso accettare tante cose, ma, anche a causa del mio orgoglio, questo proprio no.
In più, per quanto mi sforzi di farlo, non riesco ancora a lasciare andare del tutto Brithos.
So benissimo che non vorrebbe mai che io, a volte, mi lasci ancora prendere dalla tristezza e dalla nostalgia tutte le volte che lo penso, so che vorrebbe che io non lo dimenticassi, certo, ma mi rifacessi una vita, ma, per quanto ci provi, proprio non ci riesco."

CURIOSITA'
"La capacità di praticare le arti magiche è scritta nel mio sangue, e questo si riesce, letteralmente, a vedere. 
Infatti, quando faccio un rituale magico o un incantesimo, nelle iridi dei miei occhi si possono vedere dei riflessi luminosi ambrati, e, se si tratta di qualcosa di particolarmente complicato e che richiede anche a me, che pure ho un potenziale ingente, un certo sforzo, si colorano della medesima tinta anche le vene delle mani.
Mentre preparo unguenti o pratico le arti magiche, inoltre, spesso canto: non si tratta di qualcosa di necessario, ma mi rilassa e mi aiuta a non perdere la concentrazione. Infatti, cantare mi è sempre piaciuto e, quando a sentirmi non c'è nessuno, o comunque quasi nessuno, di frequente mi metto a canticchiare."

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