L'ultima estate

Per @LWM_ps394

∼∼∼✨🩰💦✨∼∼∼

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Pensò ancora una volta che avrebbe fatto di tutto per tornare lì un giorno.

Prima del rientro a scuola la sua famiglia sarebbe partita definitivamente dall'Italia, per motivi che ancora non aveva capito.
Sembravano essere al contempo ragioni lavorative e familiari.
Suo padre l'aveva già iscritta alla nuova scuola e la fanciulla cercò di scacciare il pensiero che le lezioni sarebbero state in inglese riportando l'attenzione sulla palla infuocata che si rifletteva nell'acqua.

Si era ripromessa di godersi ogni attimo di quella vacanza, di memorizzare ogni tramonto, di stampare quel piccolo gioiello di luogo nel suo cuore e di salvarlo come un porto dove rifugiarsi anche quando sarebbe stata lontana.

Le nuvole iniziavano a dipingersi con i colori delle rose e una sopra di lei, che sembrava avere la forma di un cuore, si dipinse di un blu cobalto che sembrava riflettere i suoi occhi.
Camilla appoggiò la schiena alla torretta e chiuse gli occhi, mentre l'acqua salata si infrangeva contro qualche roccia lì intorno e gli schizzi le danzavano intorno.

Le onde sembravano invitarla a ballare e fu quello che fece. Accennò qualche passo di danza con piedi scalzi e la gonna che le ruotava intorno a ogni giravolta, mentre il piccolo mondo della bionda prendeva vita nella sua mente.
L'acqua intorno alla torretta era ancora bassa così saltò e lasciò che i piedi toccassero delicatamente il fondo sabbioso. Il piede sinistro si scontrò subito con qualcosa di duro e la giovane fece un piccolo salto per quel lieve dolore inaspettato, quindi guardò attraverso i riflessi dell'acqua e vide un piccolo luccichio colorato sul fondale.

Si chinò e sfiorò l'acqua con le dita, immergendo la mano destra per prendere quel piccolo oggetto.
Quando lo tirò fuori scoprì che non era altro che un sasso, anche se molto particolare. Aveva infatti delle venature turchesi e rosate, che creavano un disegno affascinante e attraente. La ragazza strinse quel piccolo oggetto sul palmo della mano e sentì la superficie fredda quasi accarezzarle la pelle.

Quando rialzò lo sguardo le sembrò di trovarsi su un palco che la aspettava. La natura pareva chiamare il suo nome chiedendole di danzare per loro un ultima volta.
Sentì la malinconia crescere e così sorrise, acconsentendo a quella proposta inconscia.
Si sfilò il top di cotone e lo appoggiò insieme alle ciabatte sul pontile di pietra, che portava dalla torretta alla sabbia asciutta.
Una volta rimasta con la gonna corta e il costume a due pezzi sembrava quasi una sirena uscita dall'acqua.
Salì sulla punta del piede destro e alzò la gamba sinistra per fare un arabesque delicato ed elegante. Sentì i muscoli tesi e la forza che esplodeva con lei, mentre i pensieri si riordinavano.
Quando iniziò a ballare per davvero, spostandosi dietro la torre per essere più nascosta, i ricordi che la legavano a quel luogo iniziarono a prendere vita nella sua mente.

Le venne in mente di quando aveva incontrato un polpo e si era messa a urlare d'istinto, per poi ricordarsi di essere sott'acqua. Era dovuta uscire per sputare l'acqua. Quando aveva realizzato quello che aveva appena visto era tornata sotto la superficie per osservare il mollusco, incantata da quell'abitante marino.
Il suo legame con l'acqua, come con la danza, era sempre stato presente. Sin da piccola sognava di diventare una sirena e di esplorare mondi sottomarini.

Crescendo, il suo carattere si era evoluto rendendola una ragazza estroversa ma solitaria.
Questo spiegava perché stava danzando da sola in acqua prima di andare a casa a prepararsi. Quella sera sarebbe andata all'ultima festa tra i ragazzi del gruppo.
Con il piccolo sasso sempre in mano continuò a piroettare schizzandosi d'acqua e di sale.

Era tutto come piaceva a lei. Silenzioso, con i colori del tramonto che la illuminavano, senza che nessuno la potesse disturbare.

Quando iniziò a stancarsi si tornò a sedere sui gradini della torretta.
Osservò le venature della pietra. I colori che prevalevano erano l'azzurro e il lilla. Si chiese se era davvero solo una coincidenza. L'azzurro le ricordava l'infinità del mare e il lilla le ricordava le sue scarpette di danza.

Sorrise con quel piccolo tesoro in mano, un tesoro che sembrava racchiudere il suo cuore dentro di se.
Poi si alzò e andò, si rimise il top e tornò a piedi fino alla bicicletta.
Quella sera, la pietra rimase nascosta in fondo alla tasca segreta del suo abito da festa.


Pochi mesi dopo, quando arrivò nei camerini della nuova scuola di balletto, Camilla prese un mano un piccolo ciondolo e lo strinse forte per non lasciar andare quel bellissimo ricordo.
I provini per entrare all'accademia di ballo di quel paese erano molto meno rigidi che in altre città e i giovani ballerini potevano presentarsi vestiti come preferivano, a condizione che il lavoro delle gambe fosse visibile.

La bionda aveva scelto senza esitazione.

Si sfilò la tuta larga che aveva e rimase con un paio di leggins neri.
Sopra indossò un top di cotone, lo stesso del giorno in cui aveva trovato il sasso, e una felpa chiara a collo alto, che copriva la collana.

Quando la direttrice chiamò il suo nome si diresse a passo sicuro fino al palco. I capelli, raccolti in uno chignon basso, le incoronavano il volto, mentre gli occhi lasciavano intravedere l'entusiasmo accennato anche dal sorriso della fanciulla.
Prese un respiro profondo e quando la musica partì seguì le note con la sua grazia.
Ancora una volta si sentì una piccola (ninfa??) del mare. Le luci blu che la illuminavano sembravano i raggi del sole visti da sott'acqua e il legno del palco aveva lo stesso colore della sabbia umida.

Camilla danzava come se fosse stata in spiaggia, dietro la torretta, da sola con il suo mondo fatto di volteggi e schizzi.

E prima di fermarsi ancora una volta in un arabesque sfiorò il piccolo rigonfiamento sotto la felpa, dove c'era il suo ciondolo con il sasso.

Ripensando a quell'ultimo giorno in spiaggia concluse con due giri su di sé e si fermò con delicatezza, le mani al cuore strette sul sasso che la rappresentava e che la teneva unita con la sua spiaggia preferita, quella che per lei restava sempre una seconda casa.

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