Capitolo 4

Avviso :  allora voglio solo dire una cosa, prima che iniziate la lettura e le prossime letture, le seguenti parole e azioni non sono chiaramente state fatte per incentivare o ferire. Scrivendo cerco solo di entrare nella parte di un pazzo ( cercando di scrivere come parlerebbe e come penserebbe lui ). Tutto qui e mi scuso anche per il linguaggio forte che si possa presentare nella lettura, più per le scene delicate e fredde. Detto ciò vi auguro una buona lettura.

Arrivato nella mensa, Jhon con in mano un vassoio contenente solo un piatto di una zuppa in sapore, sedette su uno degli ultimi tavoli disponibili, nella più totale solitarietá.
Poggiò il vassoio e prese il cucchiaino in plastica, immergendolo in quella che sembrava a tutti gli effetti essere una pappetta verde per i sdentati.

Un ragazzo dai capelli rossi lo osservò standosene seduto in uno dei primi tavoli alla destra di Jhon, leccandosi il labbro inferiore e socchiudendo per un momento gli occhi verdi, sino a farlo sembrare più un miope. Ma nessuno, poteva  sapere che quello era più un modo espressivo curioso che metteva su .

Che fosse un ragazzo nuovo ? Non lo aveva mai visto in giro, lui. Lui che conosceva ogni faccia, ogni carattere. Partendo dai più pericolosi a quelli depressi. Tutti lo sosteneva come il pazzo criminale che non si faceva scrupoli a fare fuori il compagno della stanza. Tutti sapevano chi era e tutti sapevano - ed era molto risaputo - sul che cosa avesse fatto per finire lí. Tra quelle mura grigie di quello che ha tutti gli effetti, apposta di un ospedale psichiatrico, sembrava più  una galera di massima sicurezza. Ma lui se ne fregava. Quelle voci che in testa sentiva lo facevano in qualche modo protetto .

Il ragazzo aveva dato segni di pazzia, già a quella che doveva essere la tenera età degli otto anni, quando prendendo in mano un piccolo topo e fissandolo intensamente e inespressivo, sentí la sua prima voce. Quella voce di uomo sulla soglia dei trent'anni che lo aveva chiaramente diretto sull'omicidio di quella piccola e innocente creatura, ritrovandosi a tirargli il collo sino a farglielo  spezzare. Poi come se niente fosse stato lo gettò nella spazzatura con un sorriso inquietante. Per poi sfociare in qualcosa di più grande, quando poco primo di finire lí dentro, aveva cercato di appiccicare fuoco a una fabbrica, ma senza successo. Dacché fortunatamente tutti gli operai era riusciti ad uscire prima che quell'edificio scoppiasse del tutto.

Nel frattempo, Jhon sentí un brivido percorrergli la schiena, ma girandosi i suoi occhi finirono per scontrarsi con quegli occhi verdi, ancora puntati sulla sua figura, sino ad arrivare a fargli sentire un senso di disagio perforargli lo stomaco. Una sensazione di disagio nell'essere l'obbiettivo del campo visivo di qualcuno. Che cazzo aveva quello da guardare?  Jhon continuò a guardarlo con sguardo infastidito, ancora per poco e poi si rigirò.

Il rosso invece  non voleva  assolutamente distrarsi  da quella figura curiosa e  anche un poco attrattiva, che lo stava  attirando come una forza magnetica a sé. Era certo che lo avesse infastidito solo guardandolo con quella espressione impassibile. Di chi in realtà invece pensava di tutto e di più. Quella della inespressivitá era solo una maschera, che lo nascondeva agli occhi degli altri.

Prese il vassoio e presto abbandonò il suo posto, lasciando che i suoi passi svelti lo portassero dall'obbiettivo.

« Sai più che un pazzo assomigli tanto a un piccolo gattino indifeso. Non credo che avresti la forza per fare qualcosa, o mi sbaglio ? » lo derise con un mezzo sorriso, sedendosigli vicino. Ma il ragazzo più piccolo lo ignorò completamente, lasciando il cucchiaino nel piatto di plastica e continuando a guardare dritto davanti a sé.

« Sto parlando con te, sacco di pulci ». Ringhiò, arricciando il naso e gli angoli della bocca.
« Mi hai sentito oppure no ? » aggiunse, rovesciandogli poi il piattino nel vassoio con uno scatto d'ira, che fortunatamente non andò a cadere addosso al ragazzino.

Con quello sguardo di fuoco puntato di sé, fu comunque possibile ignorarlo ancora. Fu possibile per Jhon fingere che quel ragazzo non ci fosse e che non stesse parlando con lui.  Perciò alla fine, senza dire solo una parola  si alzò e con passi spediti se ne andò, sotto lo sguardo nero del rosso indignato.

« COME CAZZO TI PERMETTI ».
Urlò con ira, sotto lo sguardo senza parole per ciò che era appena successo di tutti i presenti.
« Te la farò pentire » .
Sussurrò poi, tirando un pugno al proprio vassoio che fece rivoltare del tutto.

***

Jhon, andò a sedersi sull'orlo del lettino e il suo sguardo - come già altre volte già successo - si perse alla finestrina recintata che si trovava davanti a sé. Gli fu impossibile non fare incrociare le mani che aveva messo sulle proprie gambe scoperte dal camicie. Il viso deturpato da un espressione smarrita e preoccupata.  Mandò giù l'ennesimo groppo e si lasciò sopraffare da quella - quasi - inizio di una nuova crisi di reale identità.

« Chi sono ? Chi diamine sono ? »
Sbottò, con lo sguardo basso e con le mani tra i capelli, mentre per la milionesima volta, inconsapevolmente, prese a dondolare come un'altalena spinta dal piccolo spiffero di vento.

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