Capitolo 1

Solo una cosa che nella vita spaventa ogni notte il piccolo Jhon.
Solo una cosa alla stessa ora il piccolo Jhon udisce e sente.
E solo una una cosa in un modo o l'altro riesce ad interagire con il piccolo Jhon
Una figura indistinta che gli sussurra come una cantilena parole dal sopore di sangue amaro. Cose cose che non avrebbe mai dovuto fare.

Boston. Anno 2018 ore 10:30 am

Il cuore scalpitò, aumentando l'agitazione, dimenandosi tra quelle braccia che tentavano di tenerlo fermo con forza.

E urlò come un pazzo cose inesistenti. Ma che per lui al contrario un senso c'è le avevano.

Presto un ago si conficcò nella pelle sul braccio destro, percependo sin da subito un lieve dolore.

Voltò la testa dove pochi minuti prima aveva intravisto il demonio in persona, socchiudendo gli occhi.

Poi il più totale dei bui.

* Flashback *

La sera prima...

"J- Jhon calmati. Non c'è nessuno. Lo vedi? Non preoccuparti era solo un incubo " cercò di calmarlo la madre, accarezzandogli i capelli biondi. La pelle imperlata dal sudore da ciò che poco prima nel buio aveva visto. Il respiro affannato e gli occhi rossi e persi.

"Jhon! Jhon guardami. La mamma é qui" gli sussurró dolcemente, baciandogli la fronte coperta dai capelli appiccicati.

"L'ho visto. Lui é davvero qui" disse il figlio in un mormorio lontano, finché poi non si riaddormentò.

La madre lo guardò un'ultima volta e poi voltò lo sguardo verso la stanza messo a soqquadro del figlio. Cocci di vetro a terra e scritte incomprensibili sulle mura. Camminò con attenzione, giusto per non pungersi con qualche pezzo di vetro.

Guardò con attenzione una di quelle scritte inquietanti dove per l'appunto citava : Se non sei tu mio piccolo Jhon a trovarmi. Sarò io a farlo. E in in modo o nell'altro ti porterò via con me.

Rabbrividì persa in quel vortice di paure e angosce che la tirava sempre più dentro a sé. Del resto ora che il suo piccolo Jhon sentiva il neccessario bisogno di sentirsi al sicuro. Lei gli avrebbe dato ciò che cercava. Se questo riusciva a farlo sentire sicuro.

Ma non per lei. Che avendo cresciuta da sola suo figlio era stata impreparata quando gli venne diagnostico una malattia mentale. Tra vari appuntamenti da psicologi vari e richiami per pestaggio a scuola. Lory in quel momento aveva capito che non c'era cura. Sí, c'erano pur sempre delle gocce che li dava per tenerlo calmo. Ma poi a punto e a capo in una certa ora Jhon diventava un altra persona. Più fragile, spaventato e irrequieto.

Erano solo loro due e qualche parente che cercava di stargli possibilmente più accanto. Ma nonostante ciò Lory non riusciva andare a lavoro tranquillamente, anche se sapeva che a casa con suo figlio c'era una delle sue sorelle. Se Lory non era a casa con suo figlio, tranquilla non riusciva a sentirsi.

Voleva solo che il tempo a lavoro finisse, cosicché potesse ritornare ale più presto a casa dal figlio per stringerlo tra le proprie braccia e farlo sentire al sicuro.

Tirò su col naso con rabbia e con sensi di colpa per il essere imponente verso il figlio. Per non riuscire ad aiutarlo. Sentendosi inferiore per un qualcosa che era più grosso di lei, quando invece avrebbe dovuto essere in grado di gestirla.

Non lei e ne la Lory diciottenne che dalla prima volta che aveva tenuto fra le braccia quel piccolo avvolto da una copertina di lana. Il cuore gli si strinse quando un dito del piccolo si agganciò a una delle sue e allora un qualcosa in lei era scattato. Nonostante la giovane età aveva comunque deciso di tenersi il figlioletto.

Si asciugò una lacrima, sentendo dentro di sé quella voglia di cancellare quelle scritte.

Guardò il figlio e si apprestò ad raggiungere il corridoio per arrivare in bagno. Ma solo un passo in più ecco che le urla, accompagnate dai strani rumori la riportano di corsa indietro. Dal figlio.

Guardò in direzione della finestra. Dove sul davanzale in marmo, a piedi scalzi se ne stava suo figlio che sussurrava a bassa voce cose che non riusciva a capirle, avvolto dalle tendine bianche che le leggiadre avevano preso a svolazzare con il vento. E fu lí che mobilizzata al posto dalla paura e dal sgomento vide il mondo crollarsi addosso. E fu sempre lí che come una battito di ciglia nello stesso momento che il più piccolo mise un piede nel vuoto, scattò.

Non una parola. Non urlò. Corse solo più forte de tempo stesso, riuscendo per un soffio ad acchiappare il polso del figlio con una mano.

Lei guardò il figlio, mentre lui guardava perso e vuoto sotto di sé. Lory cercò di fare uno sforzo per cercare di tirarlo su. Ma sola così e minuta le forze gli mancavano. Per la testa al momento aveva solo una cosa. Non lasciare che il figlio si lasciasse andare.

Fece un forzo in più, mentre le lacrime di terrore nel perdere per sempre l'amato figlio le sgorgassero sul tenue viso pulito e ovale. Proprio identico a quello del suo Jhon.

Lo sforzo che stava compiendo lo si riusciva a vedere anche tramite quelle vene invisibile al collo. Le mani che sudavano. E anche se ogni tanto sembrasse che la prese sul figlio si volesse affievolire, cercò di tenerlo ancora più ancorato. Non voleva perdere l'unica cosa bella della sua vita.

Perché John era tutta la sua vita e lei non riusciva ad immaginarsi in una vita senza di lui. Si rifiutava a prescindere.

"No John. Non ti premetto di lasciarmi. Mi senti John Lesse Emilthon. E guardami quando cazzo ti parlo "sbottò in modo da catturare lo sguardo del figlio e farlo ritornare alla realtà.

Alla loro realtà.

Il più piccolo incrociò i loro sguardi e involontariamente una lacrime solcò il suo viso cadendo poi nel vuoto. Si aggrappò meglio alla mano della madre e lei annuí.

"Bravo tesoro. Adesso mamma ti tira su. Ok? Ma tu cerca solo di resistere, perché la mamma non ti lascia " disse sorridendogli maternamente ma allo stesso tempo anche scioccata.

Ci volle ancora un altro sforzo e finalmente riuscí a riportarlo con i piedi sul pavimento.
Lo guardò sgomentata e lo abbracciò fortemente a sé. Nello stesso identico modo in cui lo teneva tra le braccia quando da piccolo svegliato dai pianti tremava.

Jhon a sua volta scoppiò a piangere e si ritrovò a stringere la madre. Come se avesse avuto paura di vederla sparire come altre molte volte nella sua mente aveva visto.
"M-mi dispiace t-tanto mamma". Singhiozzò con la testa appoggiata sulla spalla della donna.

La mano della donna si andò ad appoggiare sulla nuca del figlio. Finalmente in pace di poterlo tenere ancora a sé.

Pianse ancora più forte.

"Va tutto bene. É tutto finito. Siamo ancora insieme, ma non piangere più amore" sussurrò la donna, cullandolo a sé.

E John credette fortemente a quella parole. Si fidò della madre. La donna più forte al mondo che esistesse.

*Fine Flashback*

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