Il mio angelo

- Dove stava andando, Kunz! Per quale motivo è sparito per tutto questo tempo? -

Fu il commissario Barzagli a rivolgergli la prima domanda.
Ivan Kunz era arrivato pochi minuti prima - accompagnato da due agenti della polizia stradale di Chiavari - in stato confusionale e in condizioni igieniche pressoché discutibili.
Era un omone di circa un metro e novanta di altezza, con lunghi e stopposi capelli biondicci, vestito con abiti logori e maleodoranti.
Portava con sé uno zaino verde militare e la custodia contenente il proprio violino: entrambi in quel momento venivano perquisiti negli uffici accanto.

- Cercavo il mio angelo, dov'è il mio angelo? -

Barzagli e Ferro si scambiarono una fugace occhiata, indecisi su come proseguire. I due agenti che lo avevano individuato, avevano infatti riferito la sua apparente estraneità ai fatti e la domanda che per tutto il tragitto l'uomo, che parlava in modo corretto l'italiano, aveva posto loro.

"Dov'è Chiara... dov'è il mio angelo"

- Perché non vuole un avvocato? Se non può permetterselo provvederemo ad affidargliene uno d'ufficio. - chiese Ferro a sua volta.

- Io sono un avvocato! Ditemi perché sono qui! -

Barzagli si schiarì la voce e prese in mano il fascicolo che era davanti a lui, sulla scrivania.
- Chiara Zorzi era la sua compagna, ce lo conferma? -

- Era? È la mia compagna! L'avete trovata, vero? - chiese sporgendosi sul tavolo, abbandonando l'espressione strafottente di pochi secondi prima, per sostituirla con una carica di attesa e angoscia.

- Sì, l'abbiamo trovata... è stata assassinata! - riferì il commissario fissando l'uomo dinanzi a lui dritto negli occhi.

Videro il suo viso già pallido assumere una sfumatura quasi traslucida, mentre apriva e richiudeva la bocca senza riuscire a proferire parola.
- Marchisio, porta dell'acqua! - ordinò Ferro.

- Davvero non ne sapeva niente? Dove è stato per tutta la settimana? - continuò Barzagli, dopo che Kunz ebbe riassunto un colorito accettabile.

- No, io non ci credo! Portatemi da lei, voglio vederla con i miei occhi! -

Ferro annuì in direzione di Barzagli, che a sua volta aprì la cartellina dalla quale estrasse un plico di fotografie; quelle scattate a Chiara sulla spiaggia dopo il ritrovamento.
Le avvicinò a Ivan, attendendo una reazione che non tardò ad arrivare.

L'uomo, a dispetto della sua foggia intimidatoria, scoppiò infatti a piangere come un bambino sotto lo sguardo attonito, ma velato di sospetto degli inquirenti. Trascorsero diversi minuti prima che i singhiozzi si placassero e per accelerare il processo Barzagli dovette riporre le fotografie all'interno del loro fascicolo.
- Allora, signor Kunz, ci spieghi cosa può esserle successo e soprattutto il motivo per cui lei è sparito. -

L'uomo fissò il commissario con sguardo assente.
- Io la stavo cercando, credevo fosse fuggita da me... -

- Perché avrebbe dovuto fuggire da lei? Avevate litigato? -

- No. Ma ultimamente lei non mi dava più retta e io... io la vedevo sempre più distante da me. -
Abbassò la testa, coprendosi gli occhi con le mani, l'unica parte curata del suo corpo. Erano le mani di un musicista.

- Quando vi siete visti l'ultima volta? -
chiese Ferro.

- Non ricordo il giorno esatto, credo poco più di una settimana fa... era notte e avevamo acceso un fuoco sulla spiaggia, vicino alla scogliera dell'ultimo stabilimento. Lei era silenziosa e non mi dava nessuna attenzione... così mi sono incazzato e me ne sono andato. L'ho lasciata lì, da sola. -

- Non le ha spiegato cosa la turbasse? -

- No... perché io... - crollò di nuovo, ma continuò a parlare, seppur a stento - Io non l'ascoltavo mai, quando lei iniziava a fare quei suoi discorsi sul senso della vita io... io la interrompevo subito. Volevo che fosse forte, che non si lasciasse sopraffare da sentimenti inutili... aveva me! Doveva bastarle. -

Ferro assottigliò lo sguardo, tornando poi a rivolgersi a Kunz.
- Un comportamento egoista da parte sua, Ivan. Comunque, quando si è accorto che Chiara tardava a tornare? Quando ha capito che era scomparsa? -

- Il giorno dopo, quando mi sono svegliato e lei non era accanto a me... non era mai successo prima e mi sono subito preoccupato. -

- Quanto aveva bevuto la notte prima? Come ha fatto ad addormentarsi sapendo la sua donna in giro da sola, in piena notte! - continuò accigliato l'ispettore.

- Sì, avevo bevuto e fumato parecchio, per questo sono crollato. - sussurrò Ivan, fuggendo il suo sguardo.

Barzagli si alzò e andò ad aprire la finestra, il fetore stava diventando insopportabile. Si appoggiò con la schiena all'imposta spalancata e dopo essersi acceso una sigaretta continuò.
- E che cosa ha fatto dopo essersi accorto che Chiara non era tornata? -

Ivan si prese la testa tra le mani, perso nel ricordo di quella mattina.
- Sono andato là dove l'avevo lasciata, ma erano rimaste solo le braci ormai esaurite del fuoco di quella notte... L'ho cercata per tutto il paese e nei posti dove ci fermavamo di solito. -

- E poi ha deciso di lasciare Sestri Levante. Perché? - continuò Ferro sporgendosi verso l'uomo.

- Per cercarla nelle località limitrofe. Do... dovevo trovarla! - rispose risoluto.

Barzagli spense la sigaretta e tornò vicino alla sua scrivania. Rimase in piedi, appoggiando le mani sul bordo.
- Non sarebbe stato più semplice andare a denunciare la sua scomparsa? Perché non lo ha fatto? -

L'uomo scattò in piedi, subito affiancato da Marchisio che lo trattenne per un braccio.
- Sono andato alla polizia! Io ho denunciato quel giorno stesso la sparizione di Chiara! -

In seguito Kunz venne condotto in stato di fermo presso la questura di Genova. Fu informato il pubblico ministero, che in accordo col giudice per le indagini preliminari, si mosse immediatamente per fissare l'udienza di convalida.

Ivan Kunz al momento era l'unico sospettato per l'uccisione della Zorzi, l'ultima persona ad averla vista viva e finché l'autopsia, fissata per il giorno successivo, non avesse chiarito le esatte dinamiche dell'omicidio, l'uomo sarebbe rimasto a disposizione delle autorità competenti: il rischio di fuga era altissimo.

Venne inoltre chiarita la posizione del commissariato gestito da Belotti, che ammise di non aver preso sul serio i vaneggiamenti di Kunz, il quale in effetti si era recato da loro per sporgere regolare denuncia.

Una pattuglia fu inviata sul posto per ritirare le immagini di videosorveglianza delle telecamere della stazione ferroviaria, dove i due dormivano ogni notte e per verificare la presenza di testimoni che quella sera potessero aver visto Kunz e la Zorzi bivaccare sulla spiaggia.

Senza che se ne rendessero conto erano giunti a tarda sera. Ferro, tornando dopo essere sceso per prendere una meritata boccata d'aria, rimase sconcertato nel vedere il via vai di Erik tra i magazzini e l'ufficio di Barzagli. Quando lo vide trascinare una poltroncina da ufficio, cominciò a capire cosa stesse accadendo e quel senso d'insicurezza, che grazie all'intensa mole di lavoro del pomeriggio gli aveva concesso una forzata tregua, tornò implacabile a fargli visita.
Si avvicinò quindi all'ufficio di Alessandro, che accortosi della sua presenza salutò la moglie, con la quale era al telefono.
Giorgio si era appoggiato allo stipite della porta con le mani infilate nelle tasche e osservava Erik, in quel mentre alle prese con gli attacchi di un modem.

- Credo sia la soluzione migliore... -
disse Barzagli indicando la scrivania posizionata sul lato destro della stanza. Rivolse poi a Giorgio, che lo ignorò, un cenno di invito ad entrare, troppo concentrato sul quel moto organizzativo in vista dell'indomani.
- Non mi... sembrava il caso di riassegnarle la postazione nel nost... tuo ufficio - continuò alzandosi per raggiungerlo - Né tanto meno affiancarla alla Salvini. Non ho preso poi nemmeno in considerazione il fatto di trattarla come un qualsiasi agente, relegandola nello stanzone insieme agli atri... -

Giorgio gli rivolse uno sguardo fugace, estraendo il pacchetto di sigarette da una delle tasche, per poi avvicinarsi al motivo di quella discussione.
- Il monitor devi sistemarlo sulla sinistra, a Martina piace così... - disse rivolto a Erik, che nel frattempo stava bestemmiando contro il cavo della stampante. Dopodiché fece dietrofront e con calma uscì.

Daniela, rientrata in quel momento dalla questura, gli rivolse un'occhiata stanca invitandolo ad aspettarla per staccare dal lavoro insieme.
- Ci vediamo domani, Daniè. Sono stanco morto, vado a farmi una birra e poi me ne vado a dormire. -

Prima arriva domani, prima questo senso di oppressione andrà a farsi fottere...

Il vice commissario lo guardò scomparire lungo le scale, sobbalzando quando una voce arrivò improvvisa alle sue orecchie.
- Non è un bel periodo per lui, non rimanerci male... -

Daniela si voltò sbuffando e sorrise amaramente quando incontrò l'espressione compassionevole di Barzagli.
- Ti avevo detto che non era una buona idea quella di far rientrare la Bassi. - sputò fuori con astio, guardando oltre le sue spalle la nuova postazione appena allestita. - E ora che fai? Te la piazzi in ufficio? Non capisco perché darle tutta questa importanza! -

- Daniela, non ricominciamo! Ti ho già spiegato quanto sia in gamba la ragazza e lo sai anche tu, per cui evita di tornare sempre sullo stesso argomento! - la riprese lui dandole le spalle, selezionando poi dal distributore l'ennesimo caffè di quella lunga giornata.

La Salvini gli andò dietro e posandogli una mano sulla spalla lo costrinse a voltarsi.
- Invece quello che so è ben diverso! So che per la sua spregiudicatezza e per il suo continuo disobbedire agli ordini ha quasi buttato all'aria mesi e mesi d'indagine, rischiando oltretutto di far uccidere un suo superiore per tutti questi motivi. -

Alessandro bevve il suo caffè, prendendosi tutto il tempo necessario per rispondere, poi, dopo aver schiacciato con la mano il bicchiere, lo gettò e si abbassò per poterla fissare dritto negli occhi, puntandole in faccia il dito indice.
- Tu non sai un cazzo! E ti avverto, Daniela, non metterle i bastoni tra le ruote, lasciala lavorare. Non ti porterà via il tuo trofeo, Giorgio non la perdonerà mai e comunque troppa acqua è passata sotto i ponti... - insinuò indicandola, lasciandole intendere che, in ogni caso, anche Martina non sarebbe stata felice dell'evoluzione del rapporto tra ispettore e vice commissario - Ti terrò d'occhio, non giocare sporco o sarai tu a finire altrove. -

Daniela batté le mani l'una contro l'altra, in un applauso beffardo.
- Complimenti, commissario! Un soliloquio degno di un premio Oscar. Sappi che non ho intenzione di mettere i bastoni tra le ruote di nessuno, non ne ho affatto bisogno e credo di avertelo ampiamente dimostrato... o sbaglio? -
Prima di continuare gli lasciò il tempo di incassare il colpo. - Adesso scusami ma devo andare a firmare i rapporti degli agenti in servizio a Sestri Levante. Per tua informazione, hanno parlato con il capostazione, il padre di Elia De Luca, che sostiene di averli visti litigare prima che di entrambi si perdessero le tracce. -

Barzagli si schiarì la voce e prese in mano il fascicolo che lei gli stava porgendo.

- I filmati della telecamera antistante la stazione sono al vaglio dei colleghi della scientifica e domani sapremo cosa avranno trovato... - terminò piccata, riprendendo il documento dalle mani del collega. Poi, dopo un'ultima occhiata carica di risentimento, si voltò e raggiunse di nuovo il proprio ufficio.

Barzagli tirò un pugno sul fianco del distributore di bevande, frustrato per il continuo complicarsi di ogni sua azione.

- Ispettore, è successo qualcosa? -
Erik si era materializzato al suo fianco e lui si voltò a guardarlo sbuffando.
- Qualcosa, Erik? Solo qualcosa? - all'espressione confusa del ragazzo scosse la testa, posandogli una mano sulla spalla - Sono le undici, vattene a casa... domani sarà una lunga, lunghissima giornata... -

"E io vorrei avere una bacchetta magica o qualsiasi altra diavoleria usata da quel maghetto di cui Leonardo va pazzo, per poter sparire da questo posto di merda..."

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