Chapter 8

Ciao a tutti!!
Visto che me lo avete chiesto in molti, volevo specificare una cosa:

Negli Stati Uniti, gli anni di liceo, per la maggior parte, sono quattro.

Nei flashback:
-Peter: ultimo anno di liceo
-Jack: ultimo anno di liceo
-Eloise: secondo anno di liceo
-Sam: terzo anno di liceo
-Josh: terzo anno di liceo
-Cristina: terzo anno di liceo

Nel presente:
-Jack: primo anno di college
-Eloise: terzo anno
-Sam: ultimo anno
-Josh: ultimo anno
-Cristina: ultimo anno
-Thomas: terzo anno

Forse in questa cosa non ero stata chiara. Cercherò di migliorare, promesso!

***

1 anno prima.
Eloise.

Avete presente quei film in cui arrivano i ragazzi fighi con la musica di sottofondo e lo slow motion? Ecco, quello era ciò che accadeva nei corridoi della nostra scuola al passaggio di Peter e il suo seguito.

Prima arrivava lui, Voce solista e Chitarra, con quel modo che aveva solo lui di muovere il suo ciuffo di capelli color caramello e che faceva impazzire tutte. Vogliamo parlare poi delle sue labbra? Così morbide e carnose e piene! Lui era il leader indiscusso dei Peter's machine. Li aveva creati lui. Erano lui.

Poi veniva Jack, Tastiera. Alto, più alto anche di Peter. Pallido, con quei suoi riccioli neri che gli conferivano un'aria da eterno dannato e i suoi occhi. Occhi di ghiaccio. Grigi, intensi e congelati.

Sam, Basso. La sicurezza fatta a persona. Slanciato, biondo, occhi azzurri. Bello come il sole che si rifletteva sui suoi lunghi capelli che teneva rigorosamente legati in un codino. Il principe perfetto. Con due parole era in grado di convincere chiunque a fare qualsiasi cosa. Un retore nato e destinato alla giurisprudenza, ma la sua vera passione era la musica.

Josh, Batteria. Lui era quello simpatico. Aveva il sorriso più bello che qualcuno potesse avere. Josh era il ben voluto da tutti e il preferito di tutti. Era l'animale da palco scenico, anche rappresentante d'istituto e quarterback della squadra di football, per lui la musica era per rimorchiare di più.

Michael, Chitarra. Ultimo anno. Bello da star male e assolutamente irraggiungibile, in tutto e per tutto. Lui era come se si fosse già diplomato, non si filava di striscio neanche mezzo liceale. Mento in su e via per il successo. Il suo vero talento? La Medicina. Suonare non lo interessava più di tanto, lo faceva per attirare l'attenzione su di sé, anche se poi fingeva che non gli interessasse.

Passavano davanti al mio armadietto tutte le mattine. Io li guardavo, sbavavo, sospiravo e tornavo alla mia vita da solita pivella del primo anno sfigata.

Mi ero anche messa a imparare a suonare uno stupido strumento sperando di riuscire ad entrare nel loro gruppo.

Sì certo! Come no! Peter sarà felice di accoglierti nel suo gruppo. Mi facevo ridere da sola.

Quando ero ancora alle medie mia sorella mi parlava sempre di loro come i più fighi della scuola e quando li incontrai per la prima volta per i corridoi mi venne quasi da svenire. Erano così belli! E come suonavano! La voce di Peter era da perdere la testa e Sam suonava il basso divinamente e vogliamo parlare del sorriso da capogiro di Josh?

Comunque, nuovo anno scolastico, nuova Eloise. Mi ero esercitata tutta l'estate con la chitarra e non avrei assolutamente sbavato dietro nessuno di loro. Adesso suonavo per me stessa. Ero diventata bravina e probabilmente mi sarei iscritta alla gara tra band come solista l'anno successivo. Volevo provarci, mi sentivo pronta e la musica era diventata la mia passione.

Non sarei stata lo scarafaggio schiacciato da Michael al loro passaggio. Sarei stata quella che li avrebbe battuti alla gara tra band piuttosto, poco ma sicuro.

Per di più Michael se n'era andato al college e li aveva mollati senza chitarrista. Punto in più a mio favore.

L'anno precedente il mio armadietto si trovava vicino all'ingresso della scuola, quindi chiunque entrasse o uscisse passava sotto i miei occhi. Ecco perché incontravo ogni giorno il gruppo di Peter, senza che loro mi notassero, ovviamente.

Quell'anno invece il mio armadietto era vicino alla sala di musica, lontano dall'ingresso e dai corridoi principali. C'era meno casino e meno gente e io potevo stare tranquilla.

Inserii la nuova combinazione e infilai dentro i libri della giornata convinta che quello sarebbe stato un'anno migliore sotto tutti i punti di vista.

Ero serena, tranquilla. Quella giornata procedeva liscia come l'olio, forse troppo. Sentivo che stava per succedere qualcosa.

Considerata la mia sfiga, quasi sicuramente si sarebbe scatenato un terribile temporale che mi avrebbe investito in pieno e infradiciato i vestiti nuovi comprati apposta per il nuovo anno scolastico.

Mia mamma mi aveva accompagnato a fare shopping e io mi ero sbizzarrita comprando di ogni. Finalmente mi erano cresciute un po' di tette e comprai qualche nuova maglietta un po' più attillata e anche qualche maglione.

Come pensavo, il temporale non tardò ad arrivare.

Indossava una felpa degli Arctic Monkeys e aveva degli occhi che mi trapassavano la schiena mentre chiudevo l'armadietto, con una lentezza pari a quella di un bradipo.

Il mio temporale portava il nome di Peter Andrews e in quel momento mi stava fissando dall'alto del suo metro e ottantacinque appoggiato a quello che presumevo fosse il suo armadietto dall'altra parte del corridoio. Esattamente di fronte al mio.

Mi voltai e restai praticamente imbambolata davanti a lui.

Peter Andrews non mi aveva mai guardata prima di allora e adesso se ne stava lì, masticando una gomma con un'aria da sfacciataggine totale e muovendo leggermente le sue labbra rosee e piene. Una mano in tasca, la schiena appoggiata all'armadietto. Continuava a fissarmi.

Aveva puntato i suoi occhi marroni dritto nei miei. Erano scuri. Di un colore che non avevo mai visto. Penetranti, ma impenetrabili. Dai suoi occhi non trapelava nessuna emozione era assolutamente impossibile leggerci dentro, ma ci si poteva perdere nella loro oscurità.

Non sapevo se andare da lui e chiedergli cosa avesse da fissare o lasciar correre. Ero comunque una del secondo anno che si rivolgeva ad uno dell'ultimo. Così restai lì, a guardarlo anche io, in attesa che suonasse la campanella e finisse quell'agonia, oppure non so... che magari venisse a parlarmi, cosa praticamente impossibile.

Ci osservavamo immobili, lui masticando ed io tenendo in mano il mio libro di biologia.

Sembrava quasi una sfida, il primo che distoglieva lo sguardo dall'altro avrebbe perso. A che gioco stavamo giocando?

Era così bello però.

Era cresciuto anche lui durante l'estate, i suoi tratti si erano induriti, erano diventati quelli di un uomo. Un uomo decisamente affascinante.

C'erano altri nel corridoio. Altri studenti che chiacchieravano, discutevano con professori o pomiciavano sugli armadietti, c'era baccano eppure io non sentivo nessuno e non vedevo nessuno. Solo lui. Ipnotizzata dall'oscurità dei suoi occhi.

Fu lui a mettere fine al nostro gioco di sguardi. Si voltò, si staccò dall'armadietto e se ne andò.

Sentii il mio cuore mancare un battito. Peter Andrews e il suo fascino se ne stavano andando e io come un'imbecille me ne stavo lì con un libro di biologia in mano aspettando un saluto che non sarebbe mai arrivato.

Abbassai lo sguardo facendo un paio di respiri profondi e cercando di capire cosa mi fosse appena successo.

Stupida. Stupida. Stupida. Stupida. Stupida. Continuavo a ripetermi mentalmente.

Credevi davvero che sarebbe venuto a parlarti? Illusa. Stupida. Stupida.

"Ehi" una voce profonda, molto profonda, bassa, molto bassa, calda, bollente, attirò la mia attenzione.

Alzai lo sguardo e un temporale infradiciò completamente il mio nuovo maglioncino bianco.

***

Perdonatemi per il capitolo breve ma mi serviva per presentare i componenti dei Peter's machine... e poi dai, mi serviva un'intero capitolo solo per lo sguardo ammiccante di Peter ahahahah.

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