Chapter 64

1 anno prima.
Eloise.

Peter quando scriveva si trasformava. Entrava in un mondo tutto suo fatto di note, spartiti, chitarra e qualsiasi cosa potesse ispirarlo. Era bellissimo.

Mi chiese di rilassarmi. Mi tolsi le scarpe e incrociai le gambe sul suo letto. Mi diede la sua chitarra blu e mi chiese di provare a strimpellare qualcosa e lasciarmi trasportare dal ritmo.

Lui era lì seduto che mi fissava con il suo diario tra le gambe e una penna in mano. Diceva che stava creando: aspettava una melodia, una strofa, un qualcosa di geniale che lo ispirasse. Sembrava in stato di trance mentre fissava le mie mani. Eppure c'era qualcosa nella sua espressione che non mi convinceva, era crucciato, come se ci fosse qualcosa che non andava.

Io invece non ero per niente rilassata come mi aveva chiesto. Mi sentivo completamente rigida e gli unici accordi che mi venivano in mente erano gli stessi di una delle ultime canzoni che continuavamo a provare in quei giorni e non riuscivo a variare... ogni volta che tentavo qualcosa di nuovo tornavo sempre su quel ritmo e su quegli accordi.

Mi sentivo troppo osservata da lui. Il suo sguardo bruciava sulle mie mani e... suonare la sua chitarra mi faceva agitare e non riuscivo a pensare.

"Elle stai di nuovo suonando Teenager, cambia... prova a fare Si e poi Re maggiore nel secondo giro" mi corresse di nuovo. Continuavo a confondermi.

"Scusa" dissi frettolosamente.

"Tranquilla, riprova" disse lui mordicchiando il beccuccio della penna che aveva in mano, poi scarabocchiò qualcosa e tornò a fissarmi.

"No no, non ci siamo. Sei sempre sullo stesso giro. Senti, rilassati... cosa c'è che non va?" Mi chiese e alzò gli occhi su di me. Mi scrutava cercando di capire cosa si nascondesse dietro il mio turbamento.

Non sapevo nemmeno io cosa mi stesse accadendo. Ero semplicemente agitata all'idea di essere a suonare da sola con lui nella sua stanza. La mia musica era ciò che di più intimo avevo. L'unica volta che avevo suonato da sola davanti a qualcuno senza i Peter's che mi accompagnavano era stato all'audizione per la band e non so con quale coraggio lo feci.

"Tu" risposi secca.

"Io?" Scosse un po' la testa spaesato e scioccato dalla mia risposta.

"Sì, tu" risposi suonando un accordo e stoppando con l'indice le corde.

"Mi sento in soggezione a suonare di fronte a qualcun altro" spiegai ancora.

"Ma che sciocchezza!" Esclamò Peter alzando gli occhi al cielo. Poi appoggiò il suo diario e la penna sul letto tra di noi e mi fece cenno con l'indice di passargli la chitarra.

Gliela passai senza esitare e mi lasciai andare in un sospiro sconfortato e goffo che lo fece sorridere. Mi sentivo frustrata. Ero davvero in soggezione di fronte a lui. Eppure ormai sarei dovuta essere abituata alla sua presenza...

"Perché pensi sia una sciocchezza?" Chiesi guardando le sue mani che prendevano posizione sulle corde della chitarra.

Lui non rispose alla mia domanda, ma semplicemente scrollò le spalle. Odiavo quando faceva così, con quell'aria da superiore che sembrava si sentisse il re del mondo.

"Beh... Rispondi!" Lo incalzai.

Non lo fece. Continuò a non rispondere alla mia domanda e ne ignoravo il motivo. Sembrava mi stesse nascondendo qualcosa.

Iniziò a suonare un pizzicato con la chitarra tenendo lo sguardo basso, come se volesse evitarmi.

Io osservavo ammaliata le sue mani. Peter aveva delle mani pazzesche. L'avevo sempre pensato, ma non mi ero mai presa del tempo per osservarle così da vicino. Erano grandi e con le dita lunghe e affusolate, erano ruvide e piene di calli sui polpastrelli per via della chitarra. Quando suonava si vedevano perfettamente due nervi in corrispondenza dell'indice e dell'anulare guizzare sotto pelle.

Osservandole mi venne lo strano desiderio di baciarne i dorsi.

Ma che stai dicendo cretina? Mi destai dai miei strani pensieri quando sentii Peter dire qualcosa.

"Non ci devi pensare troppo. La musica è una cosa che senti dentro. Nella pancia, nel cuore, a volte anche nella mente" disse un po' soprappensiero.

"La fai facile, tu!" Sbuffai. Lui ridacchiò di tutta risposta.

Poi smise improvvisamente di suonare e mi guardò negli occhi.

"Non hai mai provato il mal di stomaco per qualcosa che ti emozionava? O che ti faceva arrabbiare, o che semplicemente ti piaceva da pazzi?" Lui sì, che sentiva tutto quello che suonava. Lo sentiva nelle viscere, glielo si leggeva in faccia mentre cantava.

Sollevai le spalle dubbiosa.

"Non so... io quando suono cado in trance e viaggio in un'altra dimensione, non so spiegarti cosa mi succeda" tentai di costruire una frase che avesse un senso logico.

"E che cosa provi?" Domandò incalzante, mi guardava curioso.

"Pace" riposi semplicemente io.

Riprese a suonare distogliendo lo sguardo dal mio.

"È molto bello guardarti suonare" confessò.

Rimasi interdetta. Come?

"Cosa... che..." non riuscivo a formulare una frase di senso compiuto. Sentii le guance avvampare.

"Quando sono nel silenzio più totale" Peter ignorò il mio farfugliare "a volte mi capita di riuscire a sentire i battiti del mio cuore. Mi metto lì e li ascolto. Sono loro a dettarmi il ritmo della mia musica e quando poi suono sento la chitarra che va perfettamente a ritmo con il cuore. Strumento e cuore diventano un tutt'uno..." non ero sicura di capire cosa intendesse. Credo stesse usando qualche strana metafora per descrivermi una sua sensazione.

"Non credo di riuscire a comprendere fino in fondo cosa intendi" dissi.

Lui smise di nuovo di suonare. Sembrava stesse riflettendo su qualcosa e arricciò le labbra dubbioso.

"Te lo mostro..." disse e si posizionò meglio sul letto
"appoggia i denti sulla paletta" disse poi.

"Come scusa?" Alzai un sopracciglio.

Lui sorrise, probabilmente consapevole di mandarmi in confusione.

"Sì... appoggia i denti qui sopra" disse indicandomi la parte alta della paletta della chitarra "come se stessi per morderla" disse ancora.

"Ma che stai...?" Ero sempre più confusa.

"Dai, fidati... fai come ti dico" mi incoraggiò.

Sospirai confusa. Mi feci velocemente una coda ai capelli legandoli con un elastico che avevo al polso e provai a... fidarmi.

Lentamente e ancora un po' incerta mi piegai e appoggiai i denti sulla paletta.

Peter suonò solo un accordo e sentii i denti vibrare sulla paletta. Mi ritrassi subito infastidita da quella sorta di brivido e strana sensazione.

"Aspetta... devi abituarti, riprova" mi incoraggiò.

Riappoggiai di nuovo i denti. Peter suonò di nuovo un altro accordo. Sentii di nuovo delle vibrazioni, ma rimasi in ascolto.

Peter prese a suonare un nuovo giro di accordi e tutte le note che faceva le sentivo vibrarmi in bocca.

Le note mi entravano in gola e arrivavano fino allo stomaco. Chiusi gli occhi. Riuscivo a percepire tutti i movimenti di Peter, tutto quello che faceva e non solo nella mia testa, ma anche nella cassa toracica e in tutto il corpo.

Era come se sentissi la cassa armonica dentro di me. Anzi, ero io la cassa armonica. Sentivo tutte le note e gli accordi che suonava ma li sentivo dentro, era come se Peter stesse suonando... me.

Mi sentivo accaldata. Era il momento più intimo che avessi mai vissuto con qualcuno.

"I don't want this moment to ever end"

Peter iniziò a cantare e non potei fare a meno di staccarmi e risollevarmi. Volevo guardarlo negli occhi mentre cantava... era più forte di me.

Davvero non vuole che questo momento finisca?

"Where everything's nothing without you"

Non avevo mai sentito quella canzone o quegli accordi... provai ad allungare il collo per sbirciare cosa avesse scritto, ma c'era solo uno scarabocchio. Stava cantando quelle frasi su due piedi, le stava componendo al momento.

D'un tratto alzò gli occhi su di me. Arrossivo mentre lui cantava quelle parole che mi scaldavano il sangue nelle vene.

"I'd wait here forever just to... to see you smile
'Cause it's true, I am nothing without you..."

Mi fissava e suonava e cantava e io ero lì impalata a cercare di capire cosa stesse dicendo.

Cambiò gli accordi della chitarra e variò la linea vocale della canzone in un crescendo. Senza mai distogliere gli occhi da me.

Guardai le sue mani che si muovevano e più lo facevo e più ne rimanevo ammaliata.

"Through it all, I've made my mistakes
I stumble and fall, but I mean these words"

Sollevò lievemente il mento e cantò seguendo il crescendo della canzone.

Per un attimo mi sembrò che quelle parole fossero per me, che stesse cantando... per me.

Sono sciocca a crederlo?

Cambiò di nuovo il ritmo. Divenne più veloce, cresceva e più cresceva e più io mi sentivo piccola seduta su quel letto accanto a lui. Insieme al ritmo sentii anche il mio cuore iniziare a battere forte. Sembrava quasi che il cuore e la musica andassero all'unisono. Forse era questo ciò che Peter intendeva...

Mi mancava quasi il fiato, stavo annaspando.

"I want you to know
With everything, I won't let this go
These words are my heart and soul"

I suoi occhi mi stavano letteralmente trafiggendo e sentivo brividi lungo tutta la schiena mentre suonava quello che sembrava essere un possibile ritornello.

"I'll hold on to this moment, you know
As I bleed my heart out to show
And I won't let go"

Pronunciata quell'ultima frase distolse lo sguardo dal mio, si fermò di colpo e bloccò con la mano le corde vibranti della chitarra.

Io mi sentii all'improvviso catapultata nella realtà come se mi fossi risvegliata di colpo dopo un sogno così vivido da sembrare vero.

Peter con un gesto veloce appoggiò la chitarra sulla testiera del letto. Poi si voltò verso di me, mi mise una mano dietro la nuca e mi attirò a sé.

Prima che potessi rendermene conto avevo la mia faccia a due centimetri da quella di Peter che mi stava fissando dritto negli occhi. Quelle sue dannatissime pietre nere. Eravamo talmente vicini da riuscire a percuotere il mio respiro mescolarsi con il suo.

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