Chapter 63

1 anno prima.
Eloise.

Il giorno prima Peter mi aveva chiesto di scrivere con lui e quelle 24 ore erano letteralmente volate. Non avevo neanche avuto il tempo di prepararmi psicologicamente alla cosa perchè ero super impegnata a studiare. In quel periodo ero piena di test e relazioni da consegnare e non riuscivo a pensare ad altro se non alla scuola.

In un battibaleno era arrivato il momento di scrivere con Peter e io neanche me ne ero resa conto.

Stavo riponendo i miei libri nell'armadietto. Le lezioni erano finite e da lì a poco sarei andata a casa sua. Avevo il latte alle ginocchia.

Sentii qualcuno battere un colpo sulla mia spalla e mi voltai di scatto per lo spavento.

"Sei tu" bisbigliai mettendomi una mano sul petto.

"Come stai?" Mi chiese Peter con voce calda fissandomi intensamente negli occhi. Appoggiò una mano accanto al mio armadietto bloccandomici contro. Aveva un sorrisetto malizioso stampato in faccia, sembrava felice.

"Sto bene... e tu?" Chiesi cercando di mantenere la calma vedendo come i nostri corpi erano così vicini.
Fissai per un attimo il suo petto e poi il mio cercando di calcolare la distanza di sicurezza che ci allontanava.

Probabilmente si accorse del mio disagio dovuto alla vicinanza e subito si scostò facendo finta di nulla.

"Tutto bene! Non c'è male" scrollò le spalle e si mise una mano in tasca mentre con l'altra teneva un raccoglitore ad anelli blu.

Era bello. Quella maglietta a righe bianche e marroni, di un paio di taglie più grande di lui gli stava benissimo.

"Andiamo?" Mi chiese piegando la testa un po' di lato e facendo cenno con la mano verso l'uscita di scuola.

"Sì certo" risposi. Presi la mia giacca, i guanti e il cappello e richiusi l'armadietto.

Peter prese dal suo armadietto il suo giaccone blu se lo infilò e poi mi invitò a seguirlo alla macchina.

Quel giorno non pioveva ma faceva un freddo cane, la temperatura si era ufficialmente abbassata e l'inverno era arrivato.

Ci infilammo in macchina velocemente e Peter si strofinò le mani pallide per scaldarsele.

Nel tragitto fino a casa sua non parlammo granché se non di scuola e compiti. Peter mi chiese se mi trovassi bene coi professori e mi raccontò di qualche suo problema con la professoressa di biologia. Quella donna non la sopportava nessuno. Io invece mi lamentai della scuola e del mio periodo infernale in cui non avevo altro da fare se non studiare, studiare, studiare. Era bello prendersi un pomeriggio di pausa dai libri.

Arrivammo a casa sua. Peter parcheggiò l'auto nel vialetto e subito dopo scendemmo dalla macchina correndo verso l'ingresso di casa. Fuori si congelava ed entrambi non vedevamo l'ora di metterci al caldo. Tirò fuori le chiavi di casa dalla sua giacca e aprì la porta d'ingresso.

"Mamma! Sono a ca..." Peter non fece in tempo a finire la frase che un cagnolino sbucò fuori dall'ingresso del salotto correndogli incontro con la lingua a penzoloni.

"Salsiccia..." bofonchiò Peter facendo una smorfia e non degnandolo neanche di uno sguardo.

"Ma chi è questo splendido cagnetto?" Mi inginocchiai ed iniziai ad accarezzare quella fantastica palla di pelo. Mi saltò addosso e iniziò a leccarmi ovunque.

"Lui è Salsiccia" disse Peter con aria scocciata.

"Da quando hai un cane?" Gli chiesi. Non ricordavo di averne visto uno quando lo riaccompagnai a casa ubriaco.

"È stata mia madre... voleva farmi un regalo... o qualcosa di simile" si tolse il suo giaccone blu e posò le chiavi della macchina sopra il mobile di legno in ingresso.

"Salsiccia sei meraviglioso!" Continuai a coccolare quel cagnolino tra le mie braccia che mi stava riempendo di peli.

"Ehi! Ehi! Adesso basta! Salsiccia! Fila via!" Peter rimproverò il cane.

"Ma lascialo stare, Peter" sorrisi mentre Salsiccia si avvicinò a lui iniziandogli a fare le feste attorno alle gambe.

"Va' a cuccia!" Lo intimidì.

"Ti vuole bene!" Osservai mentre il cane continuava a scondizolargli attorno non volendone sapere di obbedire ai suoi ordini.

Peter mi lanciò un'occhiata mentre ero ancora in ginocchio.

"Che c'è?" Gli chiesi.

"Sei la prima persona a cui presento Salsiccia" disse inginocchiandosi anche lui e concedendo al cane solo una carezza.

"È una cosa importante?" Domandai.

"Nah..." sminuì l'affermazione con un sorrisetto sbilenco.

Ci scambiammo uno sguardo e per l'ennesima volta mi persi nelle sue pozze nere.

"Andiamo a scrivere qualcosa?" Propose. Solo al pensiero mi veniva la tachicardia. Non riuscivo ancora a credere al fatto che volesse davvero scrivere della canzoni per i Peter's machine col mio aiuto.

Non potevo credere che avrei messo la mia firma sotto il nome di qualche canzone per i Peter's.

"Andiamo" risposi io agitata ed emozionata.

Ci alzammo in piedi e mi tolsi giacca, cappello, guanti e quant'altro.

"Dove..." volevo chiedere a Peter dove potessi appoggiare la mia roba.

"C'è l'appendiabiti, dammi pure" si allungò per prendere le mie cose gentilmente e le appese lui per me sull'appendiabiti che non avevo visto, accanto alla porta.

Ci dirigemmo nella sua stanza seguiti indiscutibilmente anche da Salsiccia.

"Tua madre è in casa?" Chiesi. Mi sembrava scortese essere lì e non salutarla in caso ci fosse.

"Non credo... sarà fuori con Bill" rispose Peter.

"Il proprietario..."

"Del Monster's, sì... sono amici da tanto tempo. Bill mi ha visto crescere" raccontò. Disse quella cosa con spensieratezza, eppure era una delle cose più personali che mi aveva detto fino a quel momento da quando lo conoscevo. Lo apprezzai.

Entrammo in camera sua. La luce entrava dalla finestra e illuminava tutta la stanza.

L'ultima volta che ero stata in quella stanza mi ero stesa nel letto di Peter a guardarlo dormire da ubriaco. Un brivido mi percorse la schiena al solo pensiero di quel ricordo.

Salsiccia saltò subito sul letto arruffando ancora di più le lenzuola.

La camera non era cambiata: era ancora un disastro e il profumo di Peter mi invase completamente ancora una volta.

"Siediti dove vuoi" disse Peter mentre faceva finta di metter un po' in ordine tirando su alcune magliette dal pavimento.

Come se avessi scelta... pensai.

Appoggiai il mio zaino ai piedi del letto e mi sedetti accanto a Salsiccia.

"Ti serve una mano?" Chiesi.

"No" disse secco e gettò le magliette che aveva raccolto nel suo armadio praticamente vuoto. Chiuse le ante e venne a sedersi sul letto accanto a me.

Mi guardò mentre sedevo rigida sul letto.

"Che c'è?" Mi chiese con un certo sorrisetto stampato in faccia.

"Niente..." risposi arrossendo.

"Non è vero" disse lui piegando un po' la testa di lato.

"Niente... l'ultima volta che sono venuta qui, tu eri ubriaco e io ero arrabbiata con te per come mi avevi trattata" dissi abbassando un po' lo sguardo.

Non so perché glielo dissi. Normalmente me lo sarei tenuta per me fino alla morte. Quel giorno però sembrava un buon giorno. Stavo bene. Io e Peter stavamo bene. Ero contenta ed emozionata all'idea che tra tutti avesse chiesto proprio a me di scrivere con lui.

"Già... scusami Elle" disse e io non potei fare a meno di sorridere. Sì, quella era proprio una bella giornata. Solitamente non mi sarei mai aspettata delle scuse da parte sua. Rimasi piacevolmente colpita. Ero fiera di come si stavano sviluppando le cose tra noi due.

Notai sul comodino di Peter quell'agenda piena di foglietti e scritte che avevo notato anche l'altra volta.

"Che cos'è?" La indicai con un dito.

Peter si voltò a guardarla e la prese in mano.

"Questa qui?" Mi chiese conferma. Annuii.

"Ti interessa davvero?" Domandò.

"Non te lo chiederei altrimenti" risposi.

"Chiaro, ma non era mai importato a nessuno prima d'ora" rispose lui sfogliandola.

Com'è possibile? Io vorrei sapere tutto di te. Pensai. Com'era possibile che a qualcuno non interessasse? Io ero terribilmente affascinata da tutto quello che lo riguardava.

"È la mia agenda... o il mio diario... una sorta, è una cosa scema, lo so" sorrise un po' imbarazzato mentre sfogliava quel quadernino pieno di scritte, scontrini, biglietti, carte e quand'altro.

"Perché credi che sia una cosa scema?" Domandai ancora.

"Da quando dai così tante domande?" Mi chiese.

"Oh scusami... non volevo sembrare invadente" mi stavo per mordere la lingua. Forse ero davvero stata troppo invadente.

"No! No... figurati! Mi piace! Sai, non tutti fanno domande, alla gente piace molto più parlare di se stessi che non chiedere qualcosa agli altri" disse.

"E a te piace fare domande o ti piace parlare di te stesso?" Chiesi ancora a bruciapelo.

"Beh ovviamente mi piace parlare di me stesso!" Esclamò con quella sua espressione da buffone per farmi ridere.

"Seriamente... mi piace molto osservare le persone e le cose che fanno. Qui scrivo tutto quello che vedo e che trovo: dagli scontrini che trovo al bar e immagino chi siano quelli che hanno ordinato certe cose, ai post-it che trovo nei libri usati della biblioteca, le cartacce dei lecca-lecca e delle caramelle... e poi i miei pensieri, frasi, pezzi di canzoni, formule matematiche..." Peter prese a raccontarmi...

"Formule matematiche?" Lo guardai stranita.

"Già... ma quelle le scrivo solo perché non me le ricordo mai, io odio la matematica" borbottò facendomi sorridere ancora.

"Questa agenda... boh è un po' la mia vita ecco" disse, poi la richiuse e la rimise sul comodino.

Ero entusiasta dal modo semplice e spontaneo in cui mi aveva mostrato una parte di sé.

"Grazie per avermela mostrata Peter, è bello sapere qualcosa in più di te" dissi guardandolo negli occhi.

"Grazie a te Elle per avermelo chiesto, è bello farsi conoscere da te" rispose lui. Era una frase semplicissima eppure era una delle cose più belle che qualcuno mi avesse mai detto.

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