1 anno prima.
Peter.
Vidi le sue gote arrossarsi.
Eloise era seduta in macchina accanto a me e le avevo appena proposto di scrivere qualche canzone con me.
Si stringeva al petto la sua copia di Orgoglio e Pregiudizio quasi come se fosse uno scudo contro il mondo... contro di me.
Ogni tanto le lanciavo un'occhiata di striscio mentre guidavo.
Il modo in cui le sue guance erano diventate rosse, il modo in cui si passava la lingua sulle labbra per bagnarsele e il modo in cui si metteva una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio prima di iniziare a parlare mi faceva impazzire e mi faceva venire voglia di suonare un intero concerto.
"Quindi vengo da te dopo la scuola domani..." disse. C'era una certa sicurezza in quella frase. Mi lanciò uno sguardo di complicità e fece trasparire dalle sue labbra un sorrisetto audace.
"Vieni da me" ribadii io.
Distolsi lo sguardo da quelle incredibili pozze azzurre dei suoi occhi e scalai le marce mentre ci avvicinavamo al suo civico.
"Grazie del passaggio" disse lei pronta a slacciarsi la cintura di sicurezza.
Stava iniziando a piovere: le prime gocce iniziarono a colpire violente il parabrezza della mia auto. Si preannunciava un bel temporale.
Accostai l'auto di fronte casa sua e lei tirò fuori dalla borsa le chiavi di casa.
"Sarà il caso che vada prima che inizi a piovere a dirotto" si tolse la cintura di sicurezza e appoggiò la mano sulla portiera, ma nell'esatto momento in cui finì di dire la frase, il cielo tuonò e una pioggia tagliente e pesante si abbatté sulla mia auto.
Alzò gli occhi al cielo e imprecò. "Davvero? Sei serio?" Si rivolse al cielo.
Mi fece ridere.
Abbassò lo sguardo e appoggiò i suoi meravigliosi occhi su di me. Non riuscii a trattenermi dall'avvicinarmi a lei e darle un bacio sulla guancia.
"Ci vediamo domani Elle" le sussurrai. Sapevo l'effetto che le facevo.
Anche lei mi faceva un certo effetto... il mio cuore tremava sopra di lei. Era bellissima.
Sussultò e tra i denti, un po' intimidita, tentennò un "a domani" e uscì velocemente dalla macchina, chiuse la portiera e corse sotto la pioggia verso la tettoia all'ingresso di casa.
Restai a guardarla mentre apriva la porta e lì, ancora avvolto dalla leggerezza e spensieratezza di Eloise, dalla sua bellezza, della semplice conversazione che avevamo appena avuto, parcheggiato davanti a casa sua, sotto la fredda pioggia di Portland, mi misi a pensare.
Era appena passata un'altra giornata di scuola, un'altra giornata della mia vita. Una giornata in cui non mi sentivo niente di più di quello che ero il giorno prima, un'altra giornata che mi sembrava sprecata. Una giornata in cui avevo semplicemente finto che andasse tutto bene, finto di essere ancora Peter, di non avere i giorni contati: Peter che suona, Peter che conosce tutti a Portland, Peter che fa il simpatico, Peter che ama stare al centro dell'attenzione, Peter che stravede per l'incredibile bellezza degli occhi di Eloise, Peter che ha solo diciotto anni, Peter che non ha un tumore al cervello, Peter che non sta per morire, ero solo Peter.
E sotto quella pioggia, con le mani messe sul volante, con l'auto parcheggiata di fronte alla casa della ragazza più bella della scuola e di tutta la mia vita, mi sentivo un bambino con una grandissima voglia di piangere.
E piansi.
Piansi per la prima volta dopo anni. Piansi a dirotto. Non pensavo a niente se non a pingere e ad abbracciarmi da solo. Mi stringevo le braccia al petto e piangevo. Appoggiai la testa sul volante, provai ad asciugarmi le lacrime, ma più tentavo di asciugarle e più piangevo.
E piansi.
Mi allungai verso il sedile del passeggero e aprii il cassetto del cruscotto, avevo lasciato lì dentro una serie di fogli e appunti strappati dalla mia agenda, dai libri e dai quaderni di scuola, avevo annotato frasi, parole, possibili rime, canzoni a metà... varie cose... e l'unica cosa che riuscì a calmarmi fu provare a buttare giù qualche riga alla rinfusa.
E piansi.
Pensavo a un sacco di cose, alla scuola, a me, ai miei amici, a Jack, a Sam, a Cristina e a Josh... pensavo a Eloise, a quanto era bella, pensavo all'amore, alla musica, a mia mamma, pensavo alla vita, alla morte.
E piansi.
E scrivevo... e le parole venivano fuori da sole e pensavo che l'unica verità di quel momento era che me la stavo facendo sotto dalla paura. Non volevo morire. Non volevo.
E piansi.
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