Chapter 59

Thomas.

Suonai il campanello e aspettai che qualcuno mi venisse ad aprire. Ero un po' teso, un po' tanto teso in realtà. Era la prima volta che Eloise mi chiedeva di andare a casa sua... e quella era anche la prima volta che ci vedevamo io e lei da soli. La cosa mi metteva agitazione, principalmente perché lei aveva la capacità di mettermi in soggezione la maggior parte del tempo.

Avevo portato con me la chitarra acustica, l'avevo infilata frettolosamente nella custodia e avevo raccattato qualche spartito in giro per casa pensando che forse le sarebbe potuto interessare. Improvvisamente però l'idea di mostrarle i miei spartiti mi sembrò terribile -ero terrorizzato all'idea di farle vedere i miei lavori-, e volevo trovare il modo di ficcarli meglio in qualche tasca della custodia per evitare che Eloise li trovasse.

Qualche secondo dopo che mi trovavo di fronte alla porta di casa Horton indaffarato alla ricerca di un nascondiglio per gli spartiti, qualcuno venne ad aprirmi: due occhioni blu sbucarono da dietro la porta. Eloise. Aveva i capelli tirati su in una coda un po' spettinata e indossava dei pantaloni della tutta e un felpone dei Giants da uomo. Era la prima volta che la vedevo conciata in maniera così... casalinga.

"Ciao" mi disse facendomi cenno di entrare in casa.

"Ehi" le sorrisi ed entrai.

"Bel look" commentai sarcastico mentre mi richiudevo la porta alle spalle. In realtà però mi piaceva davvero vederla così. Era come se mi stesse confessando di sentirsi a suo agio con me tanto da farsi trovare mezza in pigiama.

"Non ti piacciono i Giants?" Mi chiese abbassando lo sguardo sulla sua felpa.

"Non guardo il football" risposi strizzando un occhio dispiaciuto. Mi aspettavo che mi urlasse contro dove diavolo fosse finito il mio spirito americano.

"Nemmeno io" sollevò le spalle e si voltò portandomi in salone. Tirai un sospiro di sollievo e la seguii incuriosito. Sembrava davvero di buon umore quel giorno.

"La felpa era di Peter" aggiunse.

"A lui piaceva il football?" Domandai. Ovvio che gli piacesse il football! Idiota.

"A volte guardava il Super bowl" disse e fece quello che sembrò un mezzo sorriso. Cavolo, non era la prima volta che la vedevo accennare un sorriso, eppure lo faceva così poco spesso con me che vederla così ogni volta mi mozzava il fiato.

Restai qualche secondo imbambolato a guardarla senza rendermene conto e la cosa mi sembrò imbarazzarla. Distolse lo sguardo dal mio, si mise un ciuffo di capelli sfuggito dalla coda dietro l'orecchio e nascose le mani nelle maniche della felpa decisamente più grande di lei. Peter doveva essere decisamente alto.

"Ehm..." si guardò attorno quasi spaesata. Lei era sempre stata quella sicura di sé e vederla così a casa sua mi faceva tenerezza. La sua espressione era un misto di timidezza e imbarazzo.

"Beh... fa come se fossi a casa tua, accomodati... ti prendo qualcosa da bere?" Mi chiese.

"Sono apposto" risposi accennando un sorriso. Appoggiai la chitarra ai piedi del tavolino da caffè e mi sedetti sul divano.

"Va bene... allora vado a prendere un po' di appunti che ho lasciato di sopra e ti faccio sentire cosa ho in mente" mi disse strofinandosi le mani.

"Ti aspetto" le sorrisi appoggiandomi allo schienale del divano.

Mi guardai un po' attorno in quell'ampio salotto. Non mi piaceva quell'arredamento, non riuscivo ad associare quei mobili così classici ed impersonali ad Eloise. Mi chiedevo che tipo di persone fossero i suoi genitori: da come si mostrava la casa, sembravano persone molto formali. Così pareva dalle fotografie di famiglia rigorosamente incorniciate e messe in fila una dopo l'altra sul caminetto.

Mi alzai per avvicinarmi al davanzale del camino e andare a sbirciare il volto di Eloise da più giovane. Presi in mano una delle ultime foto, sembrava piuttosto recente: due, tre anni prima al massimo. Era in montagna, da qualche parte chi sa dove... e sorrideva. Aveva un sorriso sgargiante e così naturale: provai ad immaginare quel momento in cui le venne scattata la foto, cosa la faceva sorridere, chi c'era dietro quella macchina fotografica.

"Eccomi" sentii la sua voce squillante alle mie spalle.

"Spiavi le nostre foto?" Disse facendo il giro del tavolino da caffè di fronte al divano. Teneva in mano con difficoltà il computer e il caricabatterie. Si stringeva al petto anche un malloppo di fogli e schizzi disordinati.

"Ti aiuto" mi sporsi per afferrarle qualcosa.

"Lascia, non toccare!" Si allontanò di scatto, come un cane a cui veniva minacciato di portargli via il cibo. Sul suo volto comparve un ghigno.

"Scusa..." bofonchiai e mi ritrassi.

La sua espressione mutò e riapparve un lieve sorriso imbarazzato. Probabilmente si era accorta di aver avuto una reazione un po' esagerata.

"Scusami tu" rispose abbassando gli occhi dispiaciuta. Lasciò al centro del divano il computer e tutti quei fogli e mi invitò a sedermi da un lato; lei si sedette dal lato opposto.

La raggiunsi e la guardai mentre sistemava i fogli e accendeva il computer. Mi sembrava agitata, si muoveva freneticamente, le tremava lievemente la mano destra ed evitava il mio sguardo.

"Va tutto bene?" Le chiesi impulsivamente.

Pessima domanda. Non si dovrebbe mai chiedere una cosa simile in queste situazioni. Specialmente se si tratta di Eloise. Era ovvio che qualcosa non andasse.

Tirò un sospiro e si sistemò sulle ginocchia i fogli che aveva appena riordinato.

"Scusami se sono sempre così scorbutica con te" sembrava veramente dispiaciuta "è la prima volta che scrivo con qualcuno che non sia Peter e tu... la tua voce, me lo ricordate davvero moltissimo!" disse lei.

"Lo so... lo capisco, stai tranquilla. Io non voglio forzarti a far nulla" allungai una mano per sfiorare la sua.

"Beh ci mancherebbe pure che mi forzassi" sbuffò e mi ritrassi subito.

"Scusami!" Si mise subito una mano sulla bocca. "Sono una str..."

Mi misi a ridere. "Sei divertente" le dissi. Mi faceva ridere il suo essere così bipolare e impulsiva. Diceva subito quello che le passava per la testa, non aveva filtri e la cosa mi piaceva. Anche io ero impulsivo spesso e dicevo un sacco di cavolate, era una cosa che avevamo in comune.

La mia risata riuscì a strappare un sorriso anche a lei. Mi persi per un secondo in quei suoi occhi blu, belli e sorridenti.

"Allora" battei le mani e me le sfregai "da cosa vuoi partire?"

Lei distolse subito lo sguardo ancora sorridente dal mio e si mise a sfogliare i testi che aveva in mano.

"Bene, stavo pensando che potremmo lavorare su qualcosa del genere..."

Mi allungò un foglio e la guardai concentrarsi mentre cercava di spiegarmi la sua idea e mi chiedeva consigli e pareri.

Parlammo per due ore solo di musica e niente mi fece appassionare tanto alla composizione come un intero pomeriggio passato con lei a discutere di canzoni, generi musicali, note, strumenti, testi, basi e tonalità.

Eloise metteva passione in tutto quello che diceva, la guardavo mentre al computer mi mostrava quello che voleva e gesticolava esponendo le sue idee. Poi increspava le labbra ascoltando quello che io avevo da dire cercando di seguire i miei discorsi e le mie idee quando era il suo turno di ascoltarmi.

Furono delle ore produttive per quanto riguarda la scrittura. Non avevamo scritto niente di particolare, se non corretto qualche bozza, ma lei mi aveva esposto le sue idee per quanto riguarda le nuove canzoni e io le avevo dato qualche dritta cercando di non intaccare troppo le sue intuizioni spesso geniali.

Avevo avuto modo di conoscere Eloise sotto un nuovo punto di vista e ancora una volta mi stupiva e ammaliava. Era in grado di creare magia e l'avrei ascoltata per ore parlare di quella sua magia.

Mi piaceva. Eloise mi piaceva tantissimo e non avevo la più pallida idea di come farglielo capire.

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